DIRITTO DEMANIALE – Proroga concessioni demaniali marittime – Perseguimento dell’interesse pubblico – Legge 118/2022 – Legge provvedimento – Gestione beni demaniali marittimi – Divieto di rinnovo automatico di una concessione già rilasciata – Obbligo di effettuare una procedura imparziale e trasparente (Massima a cura di Camilla Della Giustina)
Provvedimento: Sentenza
Sezione: 7^
Regione:
Città:
Data di pubblicazione: 19 Marzo 2024
Numero: 2662
Data di udienza: 13 Febbraio 2024
Presidente: Lipari
Estensore: Bruno
Premassima
DIRITTO DEMANIALE – Proroga concessioni demaniali marittime – Perseguimento dell’interesse pubblico – Legge 118/2022 – Legge provvedimento – Gestione beni demaniali marittimi – Divieto di rinnovo automatico di una concessione già rilasciata – Obbligo di effettuare una procedura imparziale e trasparente (Massima a cura di Camilla Della Giustina)
Massima
CONSIGLIO DI STATO, Sez. 7^ – 19 marzo 2024, n. 2662
DIRITTO DEMANIALE – Proroga concessioni demaniali marittime – Perseguimento dell’interesse pubblico – Legge 118/2022 – Legge provvedimento – Gestione beni demaniali marittimi – Divieto di rinnovo automatico di una concessione già rilasciata – Obbligo di effettuare una procedura imparziale e trasparente.
A prescindere dall’applicazione della direttiva 2006/123/CE, non è configurabile alcun diritto dei concessionari alla proroga del rapporto con l’amministrazione, essendo quest’ultima attributaria di poteri e prerogative funzionali ad assicurare il miglior perseguimento degli interessi pubblici implicati; la gestione dei beni pubblici demaniali, infatti, è retta, anche a livello nazionale, dai principi e dalle norme contenute nel codice della navigazione e nelle disposizioni di contabilità pubblica. Sussiste l’obbligo, per gli Stati membri, di applicare una procedura di selezione imparziale e trasparente tra i candidati potenziali, nonché il divieto di rinnovare automaticamente un’autorizzazione rilasciata per una determinata attività sono enunciati in modo incondizionato e sufficientemente preciso da poter essere considerati disposizioni produttive di effetti diretti. Le previsioni contenute nella legge 118/2022 riferite all’efficacia delle concessioni demaniali marittime contenute in tale testo normativo integrano una legge provvedimento che non dispone in via generale e astratta, ma, intervenendo su un numero delimitato di situazioni concrete, recepisce e “legifica”, prorogandone il termine, le concessioni demaniali già rilasciate.
Pres. Lipari, Est. Bruno – A. s.n.c. (avv.ti Maellaro, Colonna) c. Comune di Lavagna (n.c.)
Allegato
Titolo Completo
CONSIGLIO DI STATO, Sez. 7^ - 19 marzo 2024, n. 2662SENTENZA
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Settima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 6170 del 2023, proposto dalla società Aldebaran s.n.c. di Licordari Fabrizio e Massucco Stefania, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Nicolò Maellaro e Vito Colonna, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
il Comune di Lavagna, in persona del Sindaco pro tempore, non costituito in giudizio;
per la riforma
della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Liguria (Sezione Prima), n. 15/2023, pubblicata in data 3 gennaio 2023.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella udienza pubblica del giorno 13 febbraio 2024 il Consigliere Brunella Bruno e udito per la parte appellante l’avvocato Nicolò Maellaro, anche su delega dichiarata dell’avvocato Vito Colonna;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
La società appellante – titolare di una concessione demaniale marittima ad uso turistico – ricreativo, rilasciata nel 2004 e prorogata ex lege, ai sensi del decreto legge n. 194 del 2009, dapprima fino al 31 dicembre 2015 e successivamente sino al 31 dicembre 2020 –, impugna la sentenza indicata in epigrafe, con la quale il TAR per la Liguria ha dichiarato improcedibile il ricorso, come integrato da motivi aggiunti, da essa proposto avverso le deliberazioni assunte, nel proprio ambito territoriale, dal Comune di Lavagna in materia di concessioni demaniali marittime, nonché la determinazione con la quale l’ente locale ha disposto di “ritirare totalmente” il provvedimento del 18 febbraio 2019, avente ad oggetto l’estensione della durata della concessione nella titolarità della società sino al 31 dicembre 2033, in applicazione dell’art. 1, commi 682 e 684 della l. n. 145 del 2018.
In particolare, con la sentenza appellata è stata ritenuta fondata l’eccezione di improcedibilità del ricorso per sopravvenuta carenza di interesse sollevata dall’amministrazione comunale, in considerazione dell’intervenuta abrogazione, nelle more della definizione del giudizio, delle disposizioni invocate dalla società, in conseguenza dell’entrata in vigore dell’art. 3 della l. n. 118 del 2022, che, nella formulazione originaria, ha previsto la scadenza del termine di efficacia delle concessioni in essere alla data del 31 dicembre 2023, in linea con l’orientamento espresso dall’Adunanza Plenaria di questo Consiglio con le sentenze n. 17 e n. 18 del 2021. Tale conclusione, è stata sostenuta dal primo giudice sulla base della qualificazione della sopra indicata legge in termini di legge – provvedimento, in quanto diretta non già a disciplinare in via generale e astratta lo statuto delle concessioni demaniali marittime bensì a provvedere direttamente e immediatamente per tutte le concessioni con finalità turistico-ricreative in essere al momento della sua entrata in vigore quanto alla relativa efficacia. Sulla base di tale considerazione, peraltro, nella sentenza è stata evidenziata anche l’irrilevanza dei profili riferiti alla disapplicazione delle norme nazionali di proroga per contrasto con il diritto unionale, stante l’introduzione di una nuova regolamentazione interna.
L’appellante critica la sentenza impugnata, in quanto, in tesi, la qualificazione della sopra indicata legge in termini di legge – provvedimento sarebbe erronea, non presentando i caratteri distintivi della specificità e della concretezza, nonché in quanto l’art. 3 della l. n. 118 del 2022 avrebbe dovuto essere disapplicato, alla luce delle statuizioni contenute nella sentenza della Corte di Giustizia del 20 aprile 2023, causa C 348/22, con la quale è stato riconnesso rilievo, ai fini dell’applicazione dell’art. 12 della c.d. direttiva Bolkestein al previo accertamento da parte degli Stati membri della sussistenza o meno della scarsità della risorsa naturale oggetto della concessione. La scarsità della risorsa, in particolare, avrebbe dovuto costituire oggetto di preliminare e approfondita verifica, con conseguente perdurante sussistenza dell’interesse alla definizione del giudizio nel merito. Su tali basi, dunque, l’appellante ha riproposto le censure non esaminate in conseguenza della statuizione in rito, così in sostanza devolvendo tutta l’originaria materia del contendere.
Il Comune di Lavagna, pur ritualmente evocato, non si è costituito in giudizio.
Alla camera di consiglio del 29 agosto 2023, fissata per la trattazione della domanda cautelare, è stato disposto il rinvio al merito della causa.
Successivamente l’appellante ha prodotto memoria, insistendo per l’accoglimento delle proprie deduzioni.
Con atto depositato in data 8 febbraio 2024, inoltre, l’appellante ha richiesto il deferimento del ricorso all’Adunanza Plenaria, alla luce della pronuncia delle Sezioni Unite della Corte di cassazione n. 32559 del 2023, di annullamento della sentenza dell’Adunanza Plenaria n. 18 del 2021, ai fini di un trattamento uniforme delle numerose fattispecie pendenti, anche per quanto attiene ai profili riferiti alla tutela del legittimo affidamento degli interessati e alle implicazioni sulla legittimità costituzionale della l. n. 118 del 2022.
All’udienza pubblica del 13 febbraio 2024 la causa è stata trattenuta in decisione.
DIRITTO
1. L’appello è infondato, per le ragioni di seguito esposte, dovendo la sentenza impugnata essere confermata, sia pure con integrazioni della relativa motivazione.
2. La società appellante contesta la declaratoria di improcedibilità del ricorso originario, come integrato da motivi aggiunti, per sopravvenuta carenza di interesse, alla quale è addivenuto il primo giudice in accoglimento dell’eccezione sollevata dall’amministrazione comunale. Ciò in considerazione della circostanza che, il primo giudice, avrebbe dovuto disapplicare l’art. 3 della l. n. 118 del 2022, per contrasto con la disciplina unionale e, segnatamente, con l’art. 12 della direttiva 2006/123/CE, poiché, come chiarito dalla Corte di Giustizia con la sentenza del 20 aprile 2023, causa C 348/22, la sopra indicata disposizione trova applicazione esclusivamente nel caso in cui sussista la scarsità della risorsa naturale oggetto della concessione da rilasciarsi, che l’Autorità nazionale avrebbe, quindi, dovuto previamente appurare, avendo, peraltro, la Corte fornito anche i criteri alla stregua dei quali operare detta valutazione.
2.1. La deduzione dell’appellante non può essere condivisa.
2.2. In primo luogo, si evidenza che il ricorso originario, come integrato con motivi aggiunti, non reca alcuna deduzione incentrata sui profili sopra indicati, valorizzati dall’appellante solo con il ricorso in appello, i quali neppure sono stati prospettati a seguito della eccezione di improcedibilità sollevata dall’amministrazione comunale, avendo la ricorrente originaria incentrato le proprie argomentazioni su generiche considerazioni in ordine alla valutazione del “caso di specie” e alla tutela del legittimo affidamento rivendicato. In nessun punto del ricorso originario la deducente ha contestato l’omessa valutazione da parte dell’ente in ordine alla sussistenza o meno dell’esiguità della risorsa naturale oggetto di concessione.
2.3. Si osserva, inoltre, che a prescindere dall’applicazione della sopra richiamata direttiva europea, non è configurabile alcun diritto dei concessionari alla proroga del rapporto con l’amministrazione, essendo quest’ultima attributaria di poteri e prerogative funzionali ad assicurare il miglior perseguimento degli interessi pubblici implicati; la gestione dei beni pubblici demaniali, infatti, è retta, anche a livello nazionale, dai principi e dalle norme contenute nel codice della navigazione e nelle disposizioni di contabilità pubblica recate dal Regio decreto n. 2440 del 1923 e dal Regio decreto n. 827 del 1924.
2.4. Risulta, comunque, dirimente il rilievo che, contrariamente a quanto sostenuto dall’appellante, dalla pronuncia della Corte di Giustizia sulla quale è incentrata la contestazione rivolta alla declaratoria di improcedibilità contenuta nella sentenza impugnata non sono ritraibili le conseguenze che la deducente pretende di trarre.
2.5. Con la sentenza del 20 aprile 2023, causa C 348/22, infatti, la Corte di Giustizia ha ribadito che l’articolo 12, paragrafi 1 e 2, della direttiva 2006/123 deve essere interpretato nel senso che l’obbligo, per gli Stati membri, di applicare una procedura di selezione imparziale e trasparente tra i candidati potenziali, nonché il divieto di rinnovare automaticamente un’autorizzazione rilasciata per una determinata attività sono enunciati in modo incondizionato e sufficientemente preciso da poter essere considerati disposizioni produttive di effetti diretti; viene evidenziato, altresì, che “dallo stesso tenore letterale dell’articolo 12, paragrafo 1, della direttiva 2006/123” emerge “che, qualora il numero di autorizzazioni disponibili per una determinata attività sia limitato per via della scarsità delle risorse naturali, gli Stati membri devono applicare una procedura di selezione tra i candidati potenziali, che presenti garanzie di imparzialità e trasparenza e preveda, in particolare, un’adeguata pubblicità dell’avvio della procedura e del suo svolgimento e completamento”.
2.6. La circostanza che detta sentenza rechi riferimento alla valutazione, demandata all’Autorità nazionale, in ordine alla sussistenza o meno della scarsità della risorsa naturale oggetto della concessione da rilasciarsi non dispiega alcuna incidenza nel presente giudizio e, soprattutto, non determina alcun contrasto dell’art. 3 della l. n. 118 del 2022 con la disciplina unionale.
2.7. Come pure chiarito nella medesima sentenza della Corte di Giustizia, infatti, “è necessario che i criteri adottati da uno Stato membro per valutare la scarsità delle risorse naturali utilizzabili si basino su criteri obiettivi, non discriminatori, trasparenti e proporzionati”, seguendo un approccio “generale e astratto, a livello nazionale, e un approccio caso per caso”. Detti criteri, in disparte ulteriori considerazioni, non risultano essere stati adottati. Inoltre, dalla documentazione in atti non emerge alcuna evidenza idonea a comprovare la non esiguità della risorsa naturale nel territorio che viene in rilievo, a prescindere da elementi suscettibili di deporre nel senso esattamente opposto a quello asserito dall’appellante, segnatamente riferiti alle caratteristiche geografiche e morfologiche rilevabili da fonti di generale divulgazione e alla circostanza che trattasi di una delle più significative località del Golfo del Tigullio.
3. Esclusa, dunque, la fondatezza dell’unica deduzione dell’appellante rivolta avverso la declaratoria di improcedibilità del ricorso di primo grado, come integrato dai motivi aggiunti, contenuta nella sentenza impugnata, quanto sopra esposto riveste valenza dirimente ai fini del rigetto del ricorso.
4. È, dunque, per completezza che si ritengono di svolgere considerazioni ulteriori.
5. Il Collegio rileva che con il ricorso originario la società ha sostenuto la spettanza in proprio favore della proroga della concessione di cui era titolare sino al 31 dicembre 2033, in applicazione dell’art. 1, commi 682-683, della legge n. 145 del 2018.
Correttamente, dunque, il primo giudice ha considerato nelle proprie valutazioni e statuizioni quanto dedotto e allegato dalla ricorrente originaria.
6. Dalla documentazione prodotta, inoltre, non emerge che l’atto del 18 febbraio 2019, avente ad oggetto l’estensione della durata della concessione nella titolarità della società sino al 31 dicembre 2033 sia stato adottato sulla base di un accertamento specifico da parte dell’amministrazione in ordine alla peculiarità della propria situazione in conseguenza di “danni subiti” a seguito di “eventi calamitosi straordinari”. E, invero, un simile accertamento neppure era necessario in forza delle previsioni dell’art. 1, comma 683 della l. n. 145 del 2018, con il quale è stato esteso l’ambito dei beneficiari della proroga rispetto a quanto previsto dal comma immediatamente precedente, secondo un meccanismo parimenti automatico, derivante in via diretta dalla legge e non dipendente da alcun accertamento istruttorio quale quello postulato dall’appellante.
6.1. Come già chiarito dall’Adunanza Plenaria nelle sopra richiamate sentenze del 2021, la proroga prevista dall’art. 1, commi 682 e 683, della legge 30 dicembre 2018, n. 145, avviene automaticamente, in via generalizzata ed ex lege, senza l’intermediazione di alcun potere amministrativo. Di tale proroga la società non avrebbe mai potuto beneficiare in quanto, come pure definitivamente chiarito dall’Adunanza Plenaria nelle sentenze nn. 17 e 18 del 2021, le norme legislative nazionali che hanno disposto la proroga automatica delle concessioni demaniali marittime per finalità turistico-ricreative – compresa la moratoria introdotta in correlazione con l’emergenza epidemiologica da Covid-19 dall’art. 182, comma 2, decreto legge n.34 del 2020, convertito in legge n. 77 del 2020 – sono in contrasto con il diritto unionale e, segnatamente, con l’art. 49 TFUE e con l’art. 12 della direttiva 2006/123/CE; tali norme, pertanto, non devono essere applicate né dai giudici né dalla pubblica amministrazione.
7. Il Collegio condivide la qualificazione operata dal primo giudice in relazione alla l. n. 118 del 2022, in quanto le previsioni riferite all’efficacia delle concessioni demaniali marittime contenute in tale testo normativo integrano una legge provvedimento che non dispone in via generale e astratta, ma, intervenendo su un numero delimitato di situazioni concrete, recepisce e “legifica”, prorogandone il termine, le concessioni demaniali già rilasciate; soccorrono, anche al riguardo, le argomentazioni esplicitate nelle sopra indicate sentenze dell’Adunanza Plenaria in relazione all’art. 1, commi 682 e 683, della legge 30 dicembre 2018, n. 145.
8. In ogni caso, anche a prescindere dal suddetto profilo, come già in precedenza rilevato, l’appellante non poteva beneficiare di una proroga inapplicabile perché in contrasto con il diritto dell’Unione, con la conseguenza che “l’effetto della proroga deve considerarsi tamquam non esset, come se non si fosse mai prodotto” (A.P. n. 17 del 2021).
9. Nessun legittimo affidamento dell’appellante può ritenersi sussistente non venendo neppure in rilievo i poteri di autotutela decisoria dell’amministrazione ove solo si consideri che l’atto con cui il Comune di Lavagna ha inizialmente attestato l’avvenuta proroga della concessione ha assunto una valenza meramente ricognitiva, essendo l’effetto di cui si discute scaturito direttamente dalla legge; ciò con l’ulteriore rilievo che detto atto non reca alcuna specifica valutazione della situazione della società, speciale e diversa dalla generalità degli altri concessionari bensì soltanto un generico richiamo alla proroga ex lege disposta dall’art. 1, commi da 682 a 684 della l. n. 145 del 2018.
9.1. Esula, inoltre, dal presente giudizio ogni questione riferita all’eventuale spettanza di un indennizzo per gli investimenti sostenuti, non oggetto del ricorso originario, come integrato dai motivi aggiunti, ritenendosi, al riguardo, sufficiente rilevare che la natura controversa delle proroghe automatiche disposte dal legislatore nazionale costituisce una problematica risalente e che, come rilevato anche dall’Adunanza Plenaria nelle pronunce del 2021, l’ammortamento degli investimenti sostenuti dovrà, ove ne ricorrano i presupposti, costituire oggetto di considerazione in sede di indizione delle procedure competitive di assegnazione delle concessioni, potendo essere supportato dal riconoscimento di un indennizzo in favore dei concessionari uscenti.
10. Il Collegio rileva, altresì, che la circostanza che il rapporto concessorio fosse originariamente sorto in esito all’espletamento di una procedura di evidenza pubblica risulta del tutto irrilevante nel momento in cui detto rapporto ha esaurito la propria efficacia per la scadenza del relativo termine di durata, imponendosi, in tal caso, l’indizione di una nuova procedura selettiva.
11. Contrariamente a quanto sostenuto dall’appellante, inoltre, nessuna incidenza dispiega, nel presente giudizio, la pronuncia delle Sezioni Unite della Corte di cassazione del 23 novembre 2023, n. 32559. Tale sentenza, infatti, ha rilevato il diniego di giurisdizione – in relazione, peraltro, alla sola sentenza n. 18 del 2021 dell’Adunanza Plenaria –, limitatamente al profilo della dichiarazione di inammissibilità degli interventi spiegati in detto giudizio da enti portatori di un interesse collettivo e da enti territoriali, senza quindi affrontare – stante l’assorbimento dei relativi motivi di ricorso – il tema della compatibilità con il diritto unionale della proroga automatica ex lege delle concessioni demaniali marittime.
11.1. I principi espressi dall’Adunanza Plenaria risultano, dunque, insuperati, non emergendo contrasti suscettibili di considerazione ai fini di una ulteriore rimessione ai sensi dell’art. 99 c.p.a..
12. Non vantando la società appellante alcun titolo sull’area oggetto dell’originaria concessione, ormai scaduta, deve escludersi la perdurante sussistenza di un interesse a contestare le determinazioni con le quali l’amministrazione ha doverosamente conformato il proprio operato al diritto unionale, risultando, pertanto, irrilevanti, in applicazione del principio di primazia di quest’ultimo, anche i prospettati profili di criticità riferiti ai rapporti tra la l. n. 118 del 2022 e la l. n. 145 del 2018.
13. Per le ragioni sopra esposte l’appello deve essere respinto.
14. Non vi è luogo a provvedere sulle spese del presente grado di giudizio, in quanto l’amministrazione comunale intimata non si è costituita.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Settima), definitivamente pronunciando sull’appello (R.G. n. 6170 del 2023), come in epigrafe proposto, lo respinge.
Nulla sulle spese.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 13 febbraio 2024 con l’intervento dei magistrati:
Marco Lipari, Presidente
Massimiliano Noccelli, Consigliere
Daniela Di Carlo, Consigliere
Sergio Zeuli, Consigliere
Brunella Bruno, Consigliere, Estensore
L’ESTENSORE
Brunella Bruno
IL PRESIDENTE
Marco Lipari
IL SEGRETARIO