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Giurisprudenza: Giurisprudenza Sentenze per esteso massime | Categoria: Pubblica amministrazione, Rifiuti Numero: 1645 | Data di udienza:

RIFIUTI – Danno erariale da mancata effettuazione della raccolta differenziata – Risarcimenti.


Provvedimento: Sentenza
Sezione: Sez. Giur.
Regione: Camoania
Città:
Data di pubblicazione: 29 Ottobre 2012
Numero: 1645
Data di udienza:
Presidente: Santoro
Estensore: Cassaneti


Premassima

RIFIUTI – Danno erariale da mancata effettuazione della raccolta differenziata – Risarcimenti.



Massima


Allegato


Titolo Completo

CORTE DEI CONTI Sez. Giur. Campania del 29 ottobre 2012 Sentenza n.1645

SENTENZA

 

 

CORTE DEI CONTI Campania Sez. Giur. del 29 ottobre 2012 Sentenza n.1645 
 
 
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
 
LA CORTE DEI CONTI
SEZIONE GIURISDIZIONALE PER LA REGIONE CAMPANIA
 
composta dai seguenti magistrati:
 
dott. Fiorenzo SANTORO            – Presidente
dott. Rossella CASSANETI           – Consigliere rel.
dott. Nicola RUGGIERO               –  Referendario
 
ha pronunciato la seguente
 
SENTENZA
 
nei giudizi di responsabilità, iscritti ai numeri 59004 e 59009 del registro di Segreteria, instaurato a istanza della Procura Regionale della Corte dei Conti per la Regione Campania nei confronti dei sigg.:
 
1. Domenico DE ROSA, nato ad Arzano (NA) il 23.02.1954 ed ivi residente alla piazza dei Martiri n. 8, rappresentato e difeso, giusta mandato a margine delle memorie di costituzione depositate in Segreteria il 25.06.2010 ed il 07.09.2010, da sé medesimo e dagli avvocati Mario Perna (anch’egli convenuto nel presente giudizio), Francesco Vergara e Valerio Barone ed unitamente ad essi elettivamente domiciliato presso lo studio dell’avv. Valerio Barone in Napoli alla piazza San Nazzario n. 71;
 
2. Gianluigi DI RONZA, nato a Sant’Antimo (NA) il 24.08.1975 ed ivi residente alla via San Nicola n. 4, rappresentato e difeso, giusta mandato a margine delle memorie di costituzione depositate in Segreteria il 25.06.2010 ed il 07.09.2010, dagli avvocati Domenico De Rosa, Mario Perna (anch’essi convenuti nel presente giudizio), Francesco Vergara e Valerio Barone ed unitamente ad essi elettivamente domiciliato presso lo studio dell’avv. Valerio Barone in Napoli alla piazza San Nazzario n. 71;
 
3. Gennaro MOCERINO, nato ad Afragola (NA) il 10.05.1964 ed ivi residente al I Vicolo Principe di Napoli s.n.c., rappresentato e difeso, giusta mandato a margine delle memorie di costituzione depositate in Segreteria il 25.06.2010 ed il 07.09.2010, dagli avvocati Domenico De Rosa, Mario Perna (anch’essi convenuti nel presente giudizio), Francesco Vergara e Valerio Barone ed unitamente ad essi elettivamente domiciliato presso lo studio dell’avv. Valerio Barone in Napoli alla piazza San Nazzario n. 71;
 
4. Pietro ANGELINO, nato a Caivano (NA) il 08.12.1951 e residente in Crispano (NA) alla via Piave n. 17, rappresentato e difeso, giusta mandato a margine delle memorie di costituzione depositate in Segreteria il 25.06.2010 ed il 07.09.2010, dagli avvocati Domenico De Rosa, Mario Perna (anch’essi convenuti nel presente giudizio), Francesco Vergara e Valerio Barone ed unitamente ad essi elettivamente domiciliato presso lo studio dell’avv. Valerio Barone in Napoli alla piazza San Nazzario n. 71;
 
5. Mario PERNA, nato a Napoli il 18.07.1964 e residente in Casalnuovo (NA) alla via Roma n. 107, rappresentato e difeso, giusta mandato a margine delle memorie di costituzione depositate in Segreteria il 25.06.2010 ed il 07.09.2010, da sé medesimo e dagli avvocati Domenico De Rosa (anch’egli convenuto nel presente giudizio), Francesco Vergara e Valerio Barone ed unitamente ad essi elettivamente domiciliato presso lo studio dell’avv. Valerio Barone in Napoli alla piazza San Nazzario n. 71;
 
6. Simone PERROTTA, nato a Napoli il 25.04.1974 e residente in Casavatore (NA) alla via Palizzi n. 4, rappresentato e difeso, giusta mandato a margine delle memorie di costituzione depositate in Segreteria il 25.06.2010 ed il 07.09.2010, dagli avvocati Domenico De Rosa, Mario Perna (anch’essi convenuti nel presente giudizio), Francesco Vergara e Valerio Barone ed unitamente ad essi elettivamente domiciliato presso lo studio dell’avv. Valerio Barone in Napoli alla piazza San Nazzario n. 71;
 
7. Vincenzo DEL PRETE, nato a Frattamaggiore (NA) il 10.02.1948 ed ivi residente alla via Genoino n. 67, rappresentato e difeso, giusta mandato a margine delle memorie di costituzione depositate in Segreteria il 25.06.2010 ed il 07.09.2010, dagli avvocati Valerio Barone e Francesco Vergara ed unitamente ad essi elettivamente domiciliato presso lo studio dell’avv. Francesco Vergara in Napoli alla via R. Bracco n. 15/A;
 
8. Giovanni ALTOBELLI, nato ad Acerra (NA) il 10.03.1960 ed ivi residente al corso Resistenza n. 155, rappresentato e difeso, giusta mandato a margine delle memorie di costituzione depositate in Segreteria il 25.06.2010 ed il 07.09.2010, dagli avvocati Valerio Barone e Francesco Vergara ed unitamente ad essi elettivamente domiciliato presso lo studio dell’avv. Francesco Vergara in Napoli alla via R. Bracco n. 15/A;
 
9. Biagio IMPERO, nato a Casavatore (NA) il 01.09.1944 ed ivi residente alla via Marconi n. 20, rappresentato e difeso, giusta mandato a margine delle memorie di costituzione depositate in Segreteria il 25.06.2010 ed il 07.09.2010, dagli avvocati Valerio Barone e Francesco Vergara ed unitamente ad essi elettivamente domiciliato presso lo studio dell’avv. Francesco Vergara in Napoli alla via R. Bracco n. 15/A;
 
10. Salvatore ZANFARDINO, nato ad Arzano (NA) il 14.02.1950 ed ivi residente alla via Conforti n. 46, rappresentato e difeso, giusta mandato a margine delle memorie di costituzione depositate in Segreteria il 25.06.2010 ed il 07.09.2010, dagli avvocati Valerio Barone e Francesco Vergara ed unitamente ad essi elettivamente domiciliato presso lo studio dell’avv. Francesco Vergara in Napoli alla via R. Bracco n. 15/A;
 
11. Michele SIRICO, nato a Caivano (NA) il 22.03.1946 ed ivi residente alla via Alcide n. 41, rappresentato e difeso, giusta mandato a margine delle memorie di costituzione depositate in Segreteria il 25.06.2010 ed il 07.09.2010, dagli avvocati Valerio Barone e Francesco Vergara ed unitamente ad essi elettivamente domiciliato presso lo studio dell’avv. Francesco Vergara in Napoli alla via R. Bracco n. 15/A;
 
12. Salvatore BELLOTTI, nato a Sant’Antimo (NA) il 20.05.1948 ed ivi residente alla via Garigliano n. 8, rappresentato e difeso, giusta mandato a margine delle memorie di costituzione depositate in Segreteria il 25.06.2010 ed il 07.09.2010, dagli avvocati Valerio Barone e Francesco Vergara ed unitamente ad essi elettivamente domiciliato presso lo studio dell’avv. Francesco Vergara in Napoli alla via R. Bracco n. 15/A;
 
13. Salvatore DI LORENZO, nato a Casoria (NA) il 24.03.1959 ed ivi residente alla via Cavour n. 74, rappresentato e difeso, giusta mandato a margine della memoria di costituzione depositata in Segreteria il 07.09.2010, dagli avvocati Valerio Barone e Francesco Vergara ed unitamente ad essi elettivamente domiciliato presso lo studio dell’avv. Francesco Vergara in Napoli alla via R. Bracco n. 15/A;
 
14. Agrippino LEUCOIO, nato a Casavatore (NA) il 03.10.1970 e residente in Casoria (NA) alla via Indipendenza n. 147, rappresentato e difeso, giusta mandato a margine delle memorie difensive depositate in Segreteria il 24.06.2010 ed il 06.09.2010, dall’avv. Carlo Maria Palmiero ed unitamente a questi elettivamente domiciliato presso lo studio dell’avv. Francesco palmieri in Napoli alla Calata Trinità Maggiore n. 4;
 
15. Carmine ADAMO, nato a Casoria (NA) il 20.08.1967 ed ivi residente alla via Manara n. 6, rappresentato e difeso, giusta mandato a margine delle memorie di costituzione e difesa depositate in Segreteria il 24.06.2010 ed il 23.07.2010, dall’avv. Ciro Micera ed unitamente a questi elettivamente domiciliato presso Peruggi in Napoli alla via Marco Aurelio Severino n. 30;
 
16. Felice GIORDANO, nato a Frattamaggiore (NA) il 05.04.1945 e residente in Caivano (NA) alla via Puccini n. 8, rappresentato e difeso, giusta mandato a margine della memoria di costituzione depositata in Segreteria il 22.06.2010, dagli avvocati Domenico De Rosa, Mario Perna (anch’essi convenuti nel presente giudizio), Francesco Vergara e Valerio Barone ed unitamente ad essi elettivamente domiciliato presso lo studio dell’avv. Valerio Barone in Napoli alla piazza San Nazzario n. 71;
 
17. Adolfo ROBUSTELLI, nato a Grumo Nevano (NA) il 11.05.1943 e residente in Frattamaggiore (NA) alla via Vecchia Carditello s.n.c., rappresentato e difeso, giusta mandato a margine della memoria di costituzione depositata in Segreteria il 25.06.2010, dall’avv. Luigi Rispoli ed elettivamente domiciliato presso il suo studio in Napoli alla piazza Trieste e Trento n. 48;
 
VISTI gli atti di citazione della Procura Regionale depositati presso questa Sezione Giurisdizionale il 26.11.2008;
 
VISTE le memorie di costituzione e difesa depositate presso la Segreteria di questa Sezione Giurisdizionale dalle difese dei convenuti;
 
VISTI gli atti di giudizio;
 
CHIAMATA la causa nella pubblica udienza del giorno 28 giugno 2012, con l’assistenza del segretario dott. Alfonso Pignataro, sentiti il relatore consigliere Rossella Cassaneti, il rappresentante del pubblico ministero in persona del Vice Procuratore Generale dott. Antonio Buccarelli e gli avvocati Mario Perna, Domenico De Rosa, Valerio Barone, Francesco Vergara, Carlo Maria Palmiero, Ciro Micera e Luigi Rispoli;
 
Ritenuto in FATTO
 
Con citazione depositata presso questa Sezione Giurisdizionale il 26.11.2008 la Procura Regionale ha evocato in giudizio i signori Domenico DE ROSA, Vincenzo DEL PRETE, Gianluigi DI RONZA, Gennaro MOCERINO, Pietro ANGELINO, Mario PERNA, Simone PERROTTA, Giovanni ALTOBELLI, Biagio IMPERO, Salvatore ZANFARDINO, Michele SIRICO, Salvatore BELLOTTI, Salvatore DI LORENZO, Agrippino LEUCOIO e Carmine ADAMO, i primi due in qualità di Presidenti, i seguenti undici in qualità di membri del C.d.A., Agrippino LEUCOIO quale Dirigente del Servizio Affari Generali e Amministrativi e Carmine ADAMO quale Responsabile del Servizio Tecnico, del Consorzio “Napoli 2”. I convenuti dovrebbero ricevere condanna, secondo la domanda attrice, al risarcimento in favore del Consorzio Unico di cui alla legge 123 del 14.07.2008 della somma di € 2.160.782,78, quale danno patrimoniale, oltre al danno non patrimoniale alla reputazione nei confronti dello stesso Ente, quantificato in € 66.666,60, nonché del danno all’immagine turistica della Regione Campania, anch’esso quantificato in € 66.666,60; il tutto, comunque, oltre rivalutazione, interessi legali, e spese di giustizia.
 
Il danno patrimoniale suindicato sarebbe derivato, secondo la prospettazione attorea, dalla mancata effettuazione della raccolta differenziata, nel periodo 2003-2007, e dunque dal corrispondente mancato introito da vendita del materiale selezionabile, nei limiti quantitativi delle percentuali di legge non raggiunte strettamente relative ai Comuni del distretto di competenza ed ai segmenti operativi con riferimento ai quali l’Ente in argomento aveva assunto l’onere dello svolgimento del servizio di che trattasi.
 
Dopo aver esposto che l’istruttoria ha avuto luogo a seguito di quanto rilevato nella relazione conclusiva della visita ispettiva dell’I.G.F. effettuata presso il Consorzio “Napoli 2” tra il 28.05.2007 ed il 22.06.2007, la Procura ha accuratamente sintetizzato il quadro normativo-regolamentare che disciplina i Consorzi di Bacino, a partire dalla legge che li ha istituiti (legge regionale n. 10 del 10.02.1993) sino a quella che ha riunito i Consorzi di Napoli e Caserta in un unico Consorzio (d.l. n. 90/2008, ora l. 123/2008), attraverso un excursus descrittivo delle disposizioni che ne hanno regolato scopo e missione. L’Ufficio requirente ha concluso, sul punto, osservando che “l’attuazione di un’efficiente raccolta differenziata è un puntuale, razionale, cogente, non derogato e coerente obbligo di legge –oltre che una evidente esigenza sociale ed ambientale- delle amministrazioni comunali, quanto degli organismi ed enti partecipi ed attuatori di un sistema di raccolta più complesso e strutturato su compagini territoriali più ampie ed omogenee”.
 
Con specifico riferimento al Consorzio di Bacino “Napoli 2”, la Procura ha rilevato a suo carico gravi e rilevanti irregolarità gestionali, consistenti nella mancata (prescritta) trasformazione in società di capitali, nella carente e disordinata tenuta della contabilità, nella mancata adozione di un piano industriale, il tutto causativo del totale fallimento dello scopo demandato e di un ingente danno erariale. Invero –ha osservato ancora la Procura attrice– il Consorzio in parola, che ha assunto su di sé nel periodo di riferimento (2003-2007) lo svolgimento dell’attività di raccolta differenziata in maniera complementare agli analoghi servizi predisposti dalle amministrazioni comunali dell’ambito territoriale di attività in nove dei quattordici comuni della circoscrizione, è stato in realtà “totalmente inattivo, cioè non ha svolto materialmente nessuna delle attività che ad esso erano demandate”.
 
La voce di danno pubblico derivante dal mancato raggiungimento degli obiettivi normativi di raccolta differenziata dei rifiuti contestata al Consorzio –e quindi, ai suoi amministratori e dirigenti– consiste nei mancati introiti a titolo di corrispettivo per la vendita di materiale raccolto in maniera differenziata (lucro cessante). Tale nocumento viene quantificato dall’Ufficio requirente nella differenza tra il reddito minimo potenzialmente realizzabile in base alla legge raggiungendo la percentuale –minima, appunto– di raccolta differenziata dei rifiuti in base a quanto previsto dall’art. 24 del d.lgs. 22/97 (35% entro il 2003), e gli introiti incamerati dal Consorzio in ciascun anno solare, corrispondenti alle percentuali di raccolta raggiunte (nella più alta misura rilevata, cioè aggiungendo anche le quantità di materiale raccolte direttamente dai comuni e poi consegnate al Consorzio). La Procura attrice espone inoltre, sul punto, di aver effettuato una quantificazione del danno estremamente prudenziale, che peraltro non ha potuto tener conto di un eventuale scarto marginale di resa dei materiali, perché nel caso di specie vi è stato il completo abbandono al caso degli introiti e delle attività. Tuttavia –ha rilevato ancora il requirente– sino a tutto il 2005 il costo del conferimento del materiale organico risultava superiore al costo di conferimento del “tal quale”, per cui la frazione organica è stata economicamente improduttiva anche per le inefficienze perduranti del sistema di raccolta; pertanto, dal danno quantificato con i suesposti criteri, si è ritenuto di “defalcare in via equitativa un ammontare corrispondente al valore del 10% dei rifiuti globalmente raccolti”, cioè di individuare la percentuale minima di rifiuti da sottoporre a raccolta differenziata nel 25% anziché nel prescritto 35%. Il danno in esame risulta pari ad un totale di € 6.482.348,34 per il periodo considerato (2003-2007). Il requirente ha ritenuto che esso fosse addebitabile nella misura di un terzo, e quindi per € 2.160.782,78, agli odierni convenuti, dovendo la parte restante essere contestata –semmai in separata sede- all’ufficio del Commissariato ed agli amministratori dei comuni consorziati. Il primo, infatti, va ad avviso del requirente ritenuto responsabile di superficialità organizzativa, di assenza di reali controlli ed interventi a correzione dell’operato dei consorzi, di mancanza di assistenza amministrativa, di consulenza tecnica, e di conferimento di mezzi nei confronti dei consorzi medesimi, nonché di una diversa organizzazione delle attività (anche mediante l’avocazione dello stesso compito assegnato di raccolta differenziata). Agli amministratori dei comuni consorziati, invece, va addebitata, secondo la ricostruzione operata nell’atto introduttivo del giudizio, l’assoluta mancanza di collaborazione ai fini della gestione e della soluzione del problema della raccolta differenziata dei rifiuti.
 
Il danno patrimoniale di € 2.160.782,78, comunque, va ascritto –secondo la prospettazione attorea- al totale spreco delle risorse incamerate da parte del Consorzio di Bacino “Napoli 2”, per averle utilizzate soltanto ai fini della soddisfazione delle esigenze degli organi decisionali, della dirigenza e del personale in genere, con contestuale totale indifferenza ed insipienza gestionale in ordine alla programmazione, alla pianificazione ed all’attuazione della raccolta differenziata, “pur a fronte del carattere imprescindibile e fondamentale che tale attività rappresenta istituzionalmente (essa è lo scopo sociale del sodalizio consortile), giuridicamente, economicamente e socialmente …”. Il danno pubblico da ciò conseguito dovrebbe essere ripartito, ad avviso del requirente, come segue: l’85% a presidenti e membri del c.d.a. (ed all’interno di questo gruppo il 20% ai presidenti e l’80% ai componenti del c.d.a. medesimo), il 15% al responsabile tecnico ed il residuo 5% a quello amministrativo; considerato il decesso nel frattempo avvenuto del signor Domenico VASATURO (membro c.d.a.), la quota di danno allo stesso ritenuta imputabile dal Collegio dovrebbe essere assunta in carico alla collettività.
 
Analoga ripartizione viene proposta dall’Ufficio requirente per l’addebito ai convenuti sia del danno di natura non patrimoniale cagionato al Consorzio quale lesione della reputazione e dell’identità dell’Ente (danno-conseguenza) e sia del danno all’immagine turistica, commerciale, ambientale e sociale della Regione Campania lesa a livello e con risonanza internazionale (danno-evento), entrambi quantificati equitativamente in € 66.666,60, tenendo conto –per la prima voce di danno- dell’importanza dell’area servita e della sua dimensione demografica e –per la seconda voce di danno– delle spese necessarie al ripristino dell’immagine della Regione Campania in proporzione alla produzione dei rifiuti di quell’Ente rispetto alla Regione stessa.
 
Si sono costituiti in giudizio con memoria depositata in Segreteria per il tramite dei difensori incaricati il 07.09.2010 i signori Domenico DE ROSA, Gianluigi DI RONZA, Gennaro MOCERINO, Pietro ANGELINO, Mario PERNA e Simone PERROTTA, formulando le deduzioni e le conclusioni che di seguito si sintetizzano:
 
· in primo luogo, i convenuti hanno chiesto che venisse dichiarata la nullità degli atti istruttori compiuti dalla Procura regionale e del successivo atto con il quale venivano chiamati in giudizio innanzi a questa Corte, ai sensi dell’art. 17, co. 30 ter, D.L. n. 78/2009 conv. L. 102/2009, mod. dall’art. 1 , D.L. n. 103/2009, conv. con L. 141/2009, deducendo la mancanza di una notitia damni concreta e specifica in ragione della “violazione del giusto procedimento di legge, in rapporto alle norme relative alla partecipazione degli interessati al procedimento avviato dall’I.G.F. che li riguardava (sub artt. 7 ss. Legge n. 241/1990) e culminato nella relazione da cui muovono i rilievi di parte requirente”, cioè in buona sostanza riproponendo le argomentazioni del ricorso depositato in data 10.05.2010 e deciso con sentenza di questa Sezione Giurisdizionale n. 1135/2010, pubblicata il 21.06.2010;
 
· in secondo luogo, hanno chiesto la sospensione del giudizio in attesa della definizione della questione di legittimità costituzionale dell’art. 17, comma 30ter, del decreto legge 1 luglio 2009 n. 78, convertito, con modificazioni, nella legge 3 agosto 2009, n. 102, come modificato dall’articolo 1, comma 3, del decreto legge 3 agosto 2009, n. 103, convertito, con modificazioni, nella legge 3 ottobre 2009, n. 141, proposta fra le altre anche da questa Sezione Giurisdizionale, in ordine alla regolamentazione dell’azione intesa al risarcimento del danno all’immagine della P.A. ivi contenuta;
 
· in terzo luogo, hanno rilevato la prescrizione dell’azione risarcitoria, almeno con riferimento al primo quadrimestre dell’anno 2003;
 
· dopo di che, passando ad analizzare il merito, hanno rilevato il difetto di legittimazione passiva del Consorzio “Napoli 2” nell’odierno giudizio n. 59004, in quanto solo con le leggi 21/2006 e 87/2007 vi sarebbe stata l’introduzione di obblighi per i consorzi di bacino in materia di raccolta differenziata, come sarebbe dato anche dedurre da quanto statuito nella sentenza n. 1492/2009 di questa Sezione Giurisdizionale, in aggiunta al fatto che il C.d.A. presieduto da Domenico DE ROSA era dimissionario già dal marzo 2002, concludendo sul punto per il proscioglimento dei convenuti da ogni addebito;
 
· inoltre, hanno evidenziato la mancanza dell’elemento soggettivo della colpa grave, in quanto non solo è chiaramente desumibile dagli atti che il presidente DE ROSA ed i membri del c.d.a. in carica sino al 2005 hanno attivato una serie di iniziative intese all’attuazione della raccolta differenziata dei rifiuti a dispetto dell’ostruzionismo degli uffici commissariali e delle amministrazioni comunali interessate, ma anche nell’atto di citazione non si chiarisce affatto quali siano state le disposizioni legislative violate e cioè quali siano le contestazioni mosse ai convenuti;
 
· sono da addebitare al totale difetto di collaborazione sia degli uffici commissariali e sia delle amministrazioni comunali, la mancata trasformazione in s.p.a., la mancata attivazione dei piani industriali elaborati e la mancata realizzazione concreta delle delibere adottate dal c.d.a. per realizzare un efficiente sistema di raccolta differenziata dei rifiuti, che hanno poi determinato la presentazione delle dimissioni dall’incarico nel 2002 del presidente e dei membri del c.d.a., come emergerebbe dalla lettura della copiosa documentazione prodotta a difesa, chiaramente esplicativa dello svuotamento di fatto di ogni attività istituzionale operato in danno dei consorzi di bacino dai Comuni e dal Commissariato di Governo per l’emergenza rifiuti;
 
· la raccolta differenziata dei rifiuti, oltre a rientrare nell’esclusiva competenza dei Comuni, determina costi superiori a quelli derivanti dallo smaltimento del “tal quale”, con la conseguenza che l’applicazione al caso di specie del principio della “compensatio lucri cum damno” induce la non rilevabilità in concreto di alcun danno erariale, mentre al contempo viene contestata e smentita, anche con il richiamo delle risultanze della documentazione allegata alla memoria, la sussistenza della dispersione di risorse e degli sprechi addebitate al c.d.a. DE ROSA dal requirente.
 
I convenuti hanno concluso per l’accoglimento delle eccezioni pregiudiziali e preliminari sollevate, e comunque per il proprio proscioglimento nel merito da ogni addebito, nonché, in via meramente subordinata, per l’esercizio da parte del Collegio del potere riduttivo.
 
Si sono inoltre costituiti in giudizio con memoria depositata in Segreteria per il tramite dei difensori incaricati il 07.09.2010 i signori Vincenzo DEL PRETE, Michele SIRICO, Biagio IMPERO, Giovanni ALTOBELLI, Salvatore BELLOTTI, Salvatore ZANFARDINO e Salvatore DI LORENZO. Tali soggetti hanno formulato conclusioni del tutto analoghe a quelle esposte dai convenuti DE ROSA, DI RONZA, MOCERINO, ANGELINO, PERNA e PERROTTA, proponendo peraltro, in punto di merito e più specificamente di difetto di legittimazione passiva dei resistenti, un’articolata descrizione delle disposizioni normative e regolamentari inerenti i consorzi di bacino, da cui hanno dedotto che i medesimi “in ordine all’impulso e promozione della raccolta differenziata, non avevano alcun potere decisionale, ma solo compiti materiali e di esecuzione dei programmi e dell’attività che venivano fissati, anche di concerto, tra gli enti locali ed il Commissariato Delegato all’Emergenza Rifiuti o, comunque, in via esclusiva da quest’ultimo”; hanno poi rilevato, sul punto, che all’epoca del c.d.a. DEL PRETE tutte le funzioni decisionali in materia di r.d. erano attribuite al Commissariato Straordinario, per poi essere trasferite ai Presidenti delle Regioni con l’entrata in vigore del Codice dell’Ambiente. Inoltre, in ordine all’insussistenza dell’elemento soggettivo della colpa grave, hanno proposto una dettagliata elencazione delle delibere adottate dal c.d.a. DEL PRETE, a dimostrazione del fatto che “il Consorzio, pur non avendo alcuna specifica competenza né adeguate risorse economiche e umane per svolgere il ciclo integrato, ha adottato tutti gli atti all’uopo necessari”.
 
Il convenuto Agrippino LEUCOIO si è costituito in giudizio, per il tramite dell’avv. Carlo Maria Palmiero, con memoria prodotta in data 06.09.2010, in cui ha dedotto: 1. la nullità degli atti istruttori compiuti dalla Procura regionale ai sensi dell’art. 17, co. 30 ter, D.L. n. 78/2009 conv. L. 102/2009, mod. dall’art. 1 , D.L. n. 103/2009, conv. con L. 141/2009; 2. la violazione del termine di 120 giorni entro cui va emesso l’atto di citazione ai sensi dell’art. 5, comma 1°, legge 19/1994, con conseguente inammissibilità dell’atto di citazione medesimo; 3. il ruolo subordinato e marginale attribuito dalle numerose disposizioni normative e regolamentari succedutesi nel tempo ai consorzi di bacino rispetto sia al Commissariato per l’Emergenza Rifiuti e sia ai Comuni, oltre alla mancanza di apporti materiali, strumentali e finanziari per lo svolgimento delle attività consortili, tutti elementi ostativi alla configurabilità dell’elemento soggettivo della colpa grave in capo ai convenuti ed in particolare al deducente, autore, dal canto suo, di un’accurata attività finalizzata al raggiungimento degli obiettivi istituzionali, con conseguente inconfigurabilità del contestato illecito amministrativo-contabile.
 
Infine, ha depositato memoria di costituzione e difesa nel presente giudizio, in data 23.07.2010 per il tramite del difensore incaricato avv. Ciro Micera, Carmine ADAMO, in quale ha dedotto, in sintesi, quanto segue: 1. egli era il ragioniere economo del Consorzio di Bacino “Napoli 2” in base ad un contratto stipulato il 02.01.2002 e poi rinnovato, con compiti inerenti il Settore Ragioneria, di modo che era privo di qualsiasi competenza in riferimento all’organizzazione del personale –e, dunque, al raggiungimento degli obiettivi in materia di r.d.- rientrante invece nelle competenze del Settore Tecnico consortile, oltre a non avere mai avuto a disposizione un regolamento di contabilità, perché mai adottato dall’Ente; 2. i pareri di regolarità contabile espressi dal dr. ADAMO, se favorevoli, si riferivano all’impegno di spesa e, se sfavorevoli, sovente non hanno comunque impedito la pubblicazione e l’esecuzione delle delibere da parte dell’amministrazione consortile; 3. i medesimi vizi di merito sin qui rilevati, oltre alla non condivisibile quantificazione del danno pubblico operata dal requirente ed alla indiscutibile marginalità dei compiti gestionali della r.d. affidati normativamente ai consorzi di bacino, costituirebbero ad avviso del convenuto ADAMO, motivo di declaratoria di nullità degli atti istruttori compiuti dalla Procura regionale ai sensi dell’art. 17, co. 30 ter, D.L. n. 78/2009 conv. L. 102/2009, mod. dall’art. 1 , D.L. n. 103/2009, conv. con L. 141/2009; 4. l’azione di risarcimento del danno all’immagine è inammissibile ai sensi dell’art. 17, comma 30ter, del decreto legge 1 luglio 2009 n. 78, convertito, con modificazioni, nella legge 3 agosto 2009, n. 102, come modificato dall’articolo 1, comma 3, del decreto legge 3 agosto 2009, n. 103, convertito, con modificazioni, nella legge 3 ottobre 2009, n. 141; 5. la genericità dell’invito a dedurre rivolto agli odierni convenuti lo priva dell’effetto interruttivo della prescrizione e determina la lesione dell’art. 5 legge 19/1994, con conseguente inammissibilità dell’atto di citazione, oltretutto emesso oltre la scadenza dei centoventi giorni prescritti. Ha concluso per l’inammissibilità ed improcedibilità di tutti gli atti istruttori e dell’atto di citazione, per il rigetto nel merito della domanda attrice e, in via di mero subordine, per l’ampio esercizio del potere riduttivo dell’addebito.
 
Con ulteriore atto di citazione, depositato anch’esso il 26.11.2008, la Procura Regionale ha evocato in giudizio i medesimi soggetti indicati in apertura della presente premessa in fatto, con l’aggiunta di Felice GIORDANO e di Adolfo ROBUSTELLI (segretari generali del Consorzio), per sentirli condannare al pagamento in favore del Commissario Straordinario all’Emergenza Rifiuti quale soggetto gestore per lo Stato del trattamento economico dei lavoratori socialmente utili, della somma di € 3.779.617,80, oltre rivalutazione monetaria, interessi legali e spese di giustizia.
 
Tale ulteriore pretesa risarcitoria, che ha tratto anch’essa spunto dalla relazione ispettiva dell’I.G.F. precedentemente ricordata, costituisce –secondo la prospettazione attorea– danno patrimoniale derivato al Consorzio dalla mancata utilizzazione dei lavoratori socialmente utili per la realizzazione dei progetti per la raccolta dei rifiuti cui erano stati destinati, cui il requirente collega almeno in parte il quasi totale fallimento nell’attuazione delle finalità istituzionali consortili. Più specificamente, la Procura regionale ha contestato ai convenuti di aver ricompreso gli LSU in una serie di atti deliberativi progettuali, approvati tra il 2003 ed il 2007, contenenti in buona sostanza, la mera reiterata proroga del progetto originario approvato con delibera n. 30/1997 (riguardante la raccolta differenziata dei materiali riciclabili e la sensibilizzazione/educazione dei cittadini alla medesima raccolta differenziata dei rifiuti), rimasto sempre inattuato, con conseguente totale inutilità della spesa sostenuta dall’erario per la corresponsione degli emolumenti attribuiti agli LSU.
 
Il requirente ha, in primo luogo, operato la descrizione del quadro normativo e sociale di riferimento dell’assegnazione a lavori socialmente utili, osservando come esso abbia trovato definitivo assestamento con il d.lgs. 81/2000 e si basi sulla specifica funzione dell’avvio o del recupero al lavoro del soggetto percettore in cambio di retribuzione, restando pertanto del tutto distinta dai semplici strumenti di ammortizzazione sociale. Quindi, ha quantificato il danno patrimoniale oggetto della pretesa risarcitoria moltiplicando la retribuzione prescritta (€ 438,98 mensili) per 14 mensilità e poi per il numero di LSU assegnati al Consorzio negli anni dal 2003 al 2007 e rimasti del tutto inoperosi, pervenendo all’importo precedentemente indicato.
 
Nella domanda attrice si precisa che il descritto nocumento è disceso –anche in questo caso– dalla totale insipienza gestionale chiaramente dimostrata dai membri del c.d.a., dai dirigenti e segretari generali del Consorzio, nella programmazione, pianificazione ed attuazione delle attività con conseguente inefficace ed inefficiente utilizzo delle risorse disponibili. La Procura, quindi, pur rimettendosi alla valutazione del Collegio circa sia l’applicazione del potere riduttivo e sia la considerazione dell’incidenza (pur se non improntata né a colpa grave né a dolo) nella determinazione del danno del Commissariato di Governo per l’Emergenza Rifiuti e delle amministrazioni dei Comuni interessati, ha ulteriormente rilevato la rimproverabilità agli odierni evocati in giudizio del cedimento di fronte ad interessi particolaristici e clientelari riferibili ad altri soggetti (comuni consorziati e struttura commissariale) e soprattutto non rispondenti a fini normativi e di tutela del pubblico interesse. Con riferimento alla ripartizione dell’addebito, la Procura ha proposto di attribuirne l’85% ai membri del c.d.a. ed ai segretari generali, il 10% al dirigente tecnico ed il 5% al dirigente amministrativo-contabile.
 
Tutti i convenuti si sono costituiti anche nel giudizio n. 59009, con il patrocinio dei difensori incaricati per il giudizio n. 59004. Felice GIORDANO si è costituito unitamente a Domenico DE ROSA, Gianluigi DI RONZA, Gennaro MOCERINO, Pietro ANGELINO, Mario PERNA e Simone PERROTTA; Adolfo ROBUSTELLI, invece, ha presentato memoria per il tramite dell’avv. Luigi Rispoli.
 
Tutti hanno operato rilievi simili a quelli proposti anche per il giudizio n. 59004. In aggiunta, DE ROSA, DI RONZA, MOCERINO, ANGELINO, PERNA, PERROTTA e GIORDANO hanno evidenziato, altresì, che: 1. il trattamento corrisposto agli LSU non è di tipo stipendiale ma assistenziale-previdenziale, non è oggetto di gestione commissariale (laddove la Procura configura il Commissariato di Governo per l’Emergenza Rifiuti in Campania quale amministrazione danneggiata) bensì è a carico dell’INPS ed ammonta ad € 413,17 per 12 mensilità e non ad € 438,00 per 14 mensilità (come prospettato dal requirente), che sarebbero state comunque corrisposte anche in assenza di prestazione di effettivo servizio stante proprio la loro funzione assistenziale; rispetto agli LSU medesimi il c.d.a. DE ROSA ha attivato una serie di progetti (su cui i deducenti si sono ampiamente soffermati nella memoria difensiva) rimasti peraltro irrealizzati (al pari di quelli concernenti la raccolta differenziata dei rifiuti) a causa dell’ostruzionismo degli uffici commissariali e delle amministrazioni comunali interessate; l’atto introduttivo del giudizio è contraddittorio ed errato, sia in punto di rilievo di grave negligenza a carico dei membri del CDA DE ROSA e sia di quantificazione del danno relativo all’utilizzo degli LSU.
 
DEL PRETE, SIRICO, IMPERO, ALTOBELLI, BELLOTTI, ZANFARDINO e DI LORENZO hanno anch’essi proposto deduzioni e conclusioni analoghe a quelle versate al giudizio n. 59004, prospettando la questione LSU in modo del tutto corrispondente a quello di cui alla memoria difensiva di DE ROSA, DI RONZA, MOCERINO, ANGELINO, PERNA, PERROTTA e GIORDANO, come ha fatto anche il convenuto Carmine ADAMO.
 
Agrippino LEUCOIO ha ulteriormente rilevato la nullità/inammissibilità dell’atto di citazione, per mutatio libelli rispetto alla prospettazione offerta nell’invito a dedurre e, comunque, per genericità delle contestazioni in esso contenute. Nel merito, ha eccepito la propria carenza di legittimazione passiva rispetto ad ogni competenza relativa alla gestione del personale. Carmine ADAMO, che ha sollevato identica eccezione (di mancanza di legittimazione passiva riguardo la materia dell’utilizzazione degli LSU), ha poi proposto eccezioni pregiudiziali (nullità/inammissibilità della citazione per genericità del precedente invito a dedurre e, comunque, per violazione del termine di 120 giorni per l’emissione) ed eccezione preliminare di prescrizione dell’azione.
 
Adolfo ROBUSTELLI, infine, ha preliminarmente eccepito la nullità dell’atto di citazione per la genericità degli addebiti contestatigli ed in particolare per la mancata indicazione della specifica quota di danno attribuitagli, rilevando poi, nel merito ed in buona sostanza, la propria carenza di legittimazione passiva nel presente giudizio, avendo egli svolto, nel periodo dell’incarico che ha avuto durata dal marzo 2006 al febbraio 2007, null’altro che i compiti assegnati dal T.U.E.L., consistenti, con riferimento alle delibere del CDA del Consorzio, nel rilevare “la sussistenza dei presupposti di fatto e di diritto necessari ad attestare la conformità dell’azione amministrativa alle disposizioni di legge … rispetto alle concrete scelte adottate dagli organi direttivi dell’Ente con le delibere di attuazione ed esecuzione dei progetti aventi ad oggetto l’impiego dei lavoratori socialmente utili”, cioè nel verificare puntualmente “la conformità dell’azione amministrativa, nella specie le proroghe adottate dal C.D.A., alle direttive normative assunte in sede regionale”.
 
DEL PRETE, SIRICO, IMPERO, ALTOBELLI, BELLOTTI, ZANFARDINO e DI LORENZO hanno presentato in data 07-06-2012 memorie integrative e sostitutive delle precedenti, in cui hanno insistito per l’accoglimento delle conclusioni già precedentemente rassegnate, rilevando altresì, per quanto riguarda il giudizio n. 59004: le enormi difficoltà operative del Consorzio di Bacino Napoli 2, dovute alle endemiche carenze di mezzi, di personale e di risorse economiche; l’adozione, ciononostante, di una serie di atti e l’assunzione di una serie di iniziative al fine del perseguimento dello scopo istituzionale del Consorzio medesimo; l’erroneità sia della quantificazione e sia della ripartizione fra i presunti responsabili del danno azionato dal requirente. Riguardo il giudizio n. 50009, hanno in primo luogo -in rito- fatto formale istanza di riunione dei due giudizi in epigrafe per evidente reciproca relazionabilità oggettiva e soggettiva, quindi hanno ribadito che l’assegno di disoccupazione degli LSU (unico emolumento che essi percepivano) era a carico dell’INPS e che la loro destinazione all’attività de qua veniva effettuata e prorogata direttamente dalla Giunta Regionale, incidendo peraltro sulla loro effettiva possibilità di utilizzazione da parte del Consorzio le carenze di strutture, di personale e di risorse economiche che lo affliggevano e che non sono mai state risolte a dispetto delle numerose segnalazioni e istanze in tal senso del CdA DEL PRETE.
 
I convenuti DE ROSA, DI RONZA, MOCERINO, ANGELINO, PERNA, PERROTTA e GIORDANO hanno anch’essi depositato in data 08-06-2012 memorie integrative, in cui si sono riportati a tutte le argomentazioni, eccezioni e conclusioni formulate nelle memorie di costituzione, reiterandole in maniera pressoché pedissequa, con l’aggiunta, però, di formale istanza di riunione dei due giudizi in epigrafe per evidente reciproca relazionabilità oggettiva e soggettiva, potendo la Sezione incorrere, in mancanza, nella violazione del principio del ne bis in idem sostanziale.
 
Nella pubblica udienza odierna il PM ha, in primo luogo, dichiarato di rinunciare all’azione intrapresa con il giudizio n. 59009, esponendo in proposito che, in effetti, è successivamente emerso che il sussidio percepito dagli LSU prescindeva dalla loro effettiva utilizzazione, nel senso che sarebbe stato erogato in ogni caso, in quanto i lavoratori in parola non erano stati assunti a tempo indeterminato e, pertanto, non percepivano stipendio, ma –appunto- un sussidio. Ha rilevato, peraltro, che la loro mancata utilizzazione ha effettivamente avuto luogo nella fattispecie, costituendo, pertanto, ulteriore supporto probatorio alla pretesa dedotta nel giudizio n. 59004, riguardo alla quale ha formulato istanza di riduzione dell’importo del danno patrimoniale diretto, di cui con essa si è richiesto il risarcimento, a 1/6 dell’ammontare “originario” (€ 6.482.348,34), in considerazione della condivisibilità, in proposito, di taluni rilievi difensivi. In riferimento alle domande risarcitorie concernenti la lesione dell’immagine e della reputazione, ha insistito perché venissero accolte, anche ai sensi degli artt. 6 e 8 Conv. Europea dei Diritti dell’Uomo.
 
L’avv. Valerio Barone ha, in primo luogo, evidenziato che il ridimensionamento delle iniziali istanze della Procura, operato in udienza, ne testimonia la genericità e l’infondatezza; richiamando le deduzioni difensive scritte e talune precedenti pronunce di questa Sezione, ha confermato le conclusioni versate nelle memorie. L’avv. Mario Perna ha ampiamente ripetuto le argomentazioni già versate nelle memorie scritte –confermandone le conclusioni- ha contestato nel merito la fondatezza della domanda di risarcimento del danno all’immagine ed ha sottolineato, infine, che l’insussistenza dell’elemento soggettivo della colpa grave è testimoniata, fra l’altro, dal fatto che il CdA DE ROSA svolse, nel periodo intercorrente tra la presentazione delle dimissioni nell’anno 2002 e l’effettiva cessazione dall’incarico nel 2004, soltanto l’attività di ordinaria amministrazione, perché a quel pubblico atto di denuncia non seguì il commissariamento richiesto. L’avv. Domenico DE ROSA ha, a sua volta, diffusamente richiamato il contenuto e le conclusioni delle memorie scritte e della documentazione prodotta (dando altresì parziale lettura degli allegati n. 26, 27 e 30 alla memoria di costituzione in giudizio), concludendo per l’integrale proscioglimento di tutti i membri del CdA da lui presieduto all’epoca dei fatti. L’avv. Francesco Vergara ha rilevato l’infondatezza della domanda attorea nei confronti dei componenti del CdA DE PRETE, il quale, essendosi insediato nel 2005, è qui considerato per l’iniziale anno e mezzo di attività, iniziato a ridosso di un CdA DE ROSA dimissionario, quindi in una situazione del tutto disastrata, che certo non avrebbe consentito il raggiungimento nemmeno dei livelli medi di raccolta differenziata dei rifiuti; ciononostante –ha proseguito il difensore- il CdA DEL PRETE si è attivato per la realizzazione degli obiettivi con numerose iniziative, per cui la contestazione attorea, che oltretutto sorprendentemente non ha riguardato i membri dell’assemblea consortile dei Sindaci, appare addirittura ingenerosa, per quanto riguarda i componenti del predetto CdA. L’avv. Carlo Maria Palmiero, difensore di Agrippino LEUCOIO, ne ha sottolineato, confermando l’istanza di proscioglimento, il ruolo di mero supporto amministrativo e non gestionale, nonché l’efficacia esimente, in ogni caso, delle immense difficoltà operative che caratterizzavano l’attività del Consorzio. L’avv. Ciro Micera ha rilevato, a sua volta, che il suo assistito, Carmine ADAMO, era Responsabile del Servizio Economico Finanziario, cioè gli spettava in senso stretto tale compito, che comprendeva la direzione del solo personale addetto al medesimo Servizio, con la conseguenza che la sua chiamata in giudizio deve considerarsi addirittura erroneamente effettuata, laddove, sorprendentemente, la medesima pretesa non è stata avanzata anche nei confronti del direttore generale del Consorzio; ha insistito nelle conclusioni rassegnate per iscritto, ivi compresa l’eccezione d’inammissibilità della domanda di risarcimento del danno all’immagine. L’avv. Luigi Rispoli ha aderito alla rinuncia all’azione espressa dal PM con riferimento al suo assistito Adolfo ROBUSTELLI, confermando, per il resto, le deduzioni e conclusioni difensive scritte.
 
Considerato in DIRITTO
 
1. In via del tutto preliminare, il Collegio dispone, in accoglimento delle istanze delle parti in proposito, la riunione dei giudizi n. 59004 e 59009, ai sensi dell’art. 274 c.p.c, trattandosi di giudizi reciprocamente connessi sia quanto all’oggetto e sia relativamente alla maggior parte dei convenuti, identici per entrambi i giudizi.
 
Stante, peraltro, la rinuncia all’azione esperita con il giudizio iscritto al n. 59009 del registro di Segreteria espressa dal PM in udienza –che diversamente dalla rinuncia agli atti del giudizio non richiede l’accettazione della controparte- deve pronunciarsi estinzione del giudizio medesimo nei confronti di tutti i soggetti in esso convenuti, pronuncia che preclude l’esame nel merito delle domande attoree in riferimento alle sole posizioni di Felice GIORDANO e di Adolfo ROBUSTELLI, evocati esclusivamente nel giudizio n. 59009 –e non anche in quello iscritto al n. 59004- di modo che la domanda attrice deve essere dichiarata integralmente estinta nei confronti dei predetti GIORDANO e ROBUSTELLI.
 
La declaratoria di estinzione del giudizio per rinunzia all’azione estingue la pretesa di diritto sostanziale ed è equiparata, dalla giurisprudenza, al rigetto nel merito della domanda (Cass. I Sez. civ. n. 18225/2004), ovvero equivale al proscioglimento nel merito dei convenuti Felice GIORDANO e Adolfo ROBUSTELLI (Sez. Giur. Veneto, sent. n. 132/2010).
 
Com’è noto, l’art. 3, comma 2 bis del D.L. n. 543/1996, convertito in legge n. 639/1996, dispone che in caso di proscioglimento, le spese legali sostenute dai soggetti sottoposti al giudizio della Corte dei conti siano rimborsate dall’Amministrazione di appartenenza. Tale norma è stata interpretata autenticamente dall’art. 10 bis, comma 10 del D.L. n. 203/2005, conv. in legge n. 248/2005, recentemente modificato dall’art. 17 comma 30 quinques del D.L. n. 78/2009, nel senso che il Giudice contabile, in caso di proscioglimento nel merito, ai sensi e con le modalità di cui all’art. 91 del codice di procedura civile, non può disporre la compensazione delle spese del giudizio e liquida gli onorari e i diritti spettanti alla difesa del prosciolto.
 
In relazione a quanto sopra esposto, il Collegio ritiene di liquidare in favore di Felice GIORDANO e di Adolfo ROBUSTELLI gli onorari e i diritti relativi al presente giudizio nella misura forfettaria di € 1000,00 ciascuno, oltre IVA e C.P.A.
 
2. Va ora esaminata, in via pregiudiziale, l’eccezione -sollevata in buona sostanza da tutti i convenuti, in riferimento ad entrambi i giudizi- di nullità di tutti gli atti istruttori e processuali posti in essere nel giudizio in epigrafe per violazione delle disposizioni di cui all’art. 17, comma 30 ter, D.L. n. 78/2009 conv. L. 102/2009, mod. dall’art. 1 , D.L. n. 103/2009, conv. L. 141/2009.
 
In proposito, hanno ricordato che a tenore di tale disposizione l’esperibilità dell’azione di responsabilità amministrativo-contabile da parte della Procura è condizionata dall’esistenza di una specifica e precisa notizia di danno; hanno dunque rilevato, facendo ricorso a varie ed articolate argomentazioni investenti profili di merito, che nel caso all’esame della Sezione il requirente non muove da elementi specifici e concreti ma, all’opposto, parte da alcuni assunti contenuti nella relazione dell’Ispettorato Generale di Finanza -non notificata agli odierni convenuti e dunque redatta in totale assenza di contraddittorio- che rappresentano, non la notizia di danno specifica e concreta richiesta dal dettato normativo ma mere (e indimostrate) supposizioni della Procura.
 
Orbene, l’attività istruttoria ha preso le mosse, nel caso di specie, da una specifica segnalazione effettuata all’esito di una visita ispettiva della Ragioneria Generale dello Stato, compiuta in adempimento di specifiche previsioni normative, con espresso dovere di segnalazione alla Procura della Corte dei Conti degli aspetti suscettibili di assumere rilievo ai fini della configurabilità di addebiti di responsabilità amministrativo-contabile. Tra i rilievi sottoposti all’esame della Procura, vi è proprio una serie di osservazioni concernenti il servizio della raccolta differenziata, ivi compreso l’aspetto dell’organizzazione del personale ad essa addetto (capitolo IV della relazione IGF relativa alla verifica amministrativo-contabile eseguita presso il Consorzio di Bacino NA 2 dal 28-05-2007 al 22-06-2007, all. n. 1 ad entrambi i fascicoli di Procura).
 
Inoltre, appare di tutta evidenza che il principio del contraddittorio, senza l’applicazione del quale si sarebbe svolta –ad avviso dei convenuti- la procedura di verifica amministrativo-contabile effettuata dall’IGF così irrimediabilmente inficiando la correttezza dei suoi esiti, rappresenta principio-cardine dei procedimenti giurisdizionali, non di quelli amministrativi; inoltre, i risultati della verifica hanno rappresentato il mero punto di partenza delle indagini poi condotte dal requirente contabile, questa volta mediante puntuale applicazione dell’invocato principio, attraverso la corretta notifica degli inviti a dedurre ai presunti responsabili.
 
Va, altresì, rilevato, sul punto, che l’asserita infondatezza della domanda attorea, la non condivisibile quantificazione del danno pubblico operata dal requirente e la rilevata marginalità dei compiti gestionali della r.d. affidati normativamente ai consorzi di bacino –che nel caso all’esame del Collegio darebbe luogo, ad avviso di Carmine ADAMO, alla nullità degli atti istruttori e processuali- attiene notoriamente al merito della medesima questione, con la conseguenza che l’eccezione formulata in proposito va senz’altro disattesa.
 
Conseguentemente, l’eccezione di nullità degli atti istruttori e processuali risulta priva di pregio e va respinta.
 
3. Sempre in via pregiudiziale, va esaminata l’eccezione d’inammissibilità dell’atto di citazione, sollevata dalle difese LEUCOIO e ADAMO, perché depositato oltre la scadenza del termine previsto dall’art. 5, comma 1, del d.l. 15 novembre 1993 n.453, convertito in legge 14 gennaio 1994 n. 19, come sostituito dall’art. 1, comma 3 bis, del d.l. 23 ottobre 1996 n. 543, convertito in legge 20 dicembre 1996, n. 639 (120 giorni a loro volta decorrenti dalla scadenza del termine, nella specie sessanta giorni, assegnato nell’invito a dedurre e decorrente dalla data della notifica di esso per la presentazione delle controdeduzioni).
 
Sul punto, occorre premettere che le Sezioni Riunite della Corte dei Conti, con orientamento che il Collegio condivide appieno, hanno affermato che il momento giuridicamente rilevante ai fini dell’esercizio dell’azione, entro la sequenza temporale imposta dal legislatore, va individuato con riferimento alla data in cui l’atto di citazione viene depositato presso la segreteria della Sezione adita, essendo questo il momento che giuridicamente ne segna l’”emissione” (sentenza n. 18/QM/1998 del 27 maggio-4 agosto 1998).
 
Con riferimento al dies a quo del predetto termine nel caso di pluralità d’invitati, le SS.RR. di questa Corte hanno affermato, nella sentenza n. 1/2005/QM ormai uniformemente applicata e condivisa anche dalle Corti di merito, che gli aspetti strutturali e di garanzia del soggetto indagato e quelli incidenti sulla completezza della fase istruttoria, potessero essere entrambi soddisfatti attraverso l’applicazione della disposizione contenuta nell’art. 7, comma 3, del r.d. n. 1038 del 1933, a tenore della quale “quando nello stesso procedimento siano più i convenuti, vale per tutti il termine maggiore”, in quanto norma funzionale all’esigenza di garantire, nel solo caso di pluralità di presunti corresponsabili del medesimo danno pubblico, esattamente individuati nell’invito a dedurre loro contestualmente comunicato, la valutazione unitaria e comparata delle relative posizioni. Per le altre ipotesi, invece, ivi compresa quella in cui eventuali corresponsabili vengano individuati solo successivamente, le Sezioni Riunite hanno ritenuto di confermare il precedente orientamento espresso nella sentenza n. 13/2003/QM, ovvero quello di ancorare il dies a quo del termine di centoventi giorni dalla data di notifica di ciascun invito a dedurre.
 
Orbene, nella fattispecie in esame, per quanto riguarda il giudizio n. 59004, la data di notifica dell’ultimo invito è il 08-05-2008, con sessanta giorni assegnati per contro-dedurre. Pertanto, l’atto di citazione avrebbe dovuto essere depositato il 20-12-2008, termine di originaria scadenza. Senonché, l’Ufficio di Procura ha emesso l’atto di citazione in data 26-11-2008, cioè ben prima della scadenza del suddetto termine utile, con la conseguenza che l’eccezione d’inammissibilità dell’atto di citazione per tardività va senz’altro respinta.
 
Per quanto concerne, invece, il giudizio n. 59009, appare di tutta evidenza che la rinuncia all’azione con esso intrapresa, espressa dalla Procura nel corso dell’odierna udienza –ed a cui i convenuti hanno espressamente o tacitamente aderito- rende superfluo l’esame dell’eccezione in parola.
 
4. Riguardo l’eccezione d’inammissibilità dell’invito a dedurre e dell’atto di citazione per genericità -difesa ADAMO- anche sotto l’aspetto della mancata indicazione della specifica quota di danno -difesa ROBUSTELLI- va poi evidenziato quanto segue.
 
Sotto lo specifico profilo dell’inammissibilità dell’atto di citazione perché generico ed indeterminato a causa del mancato riparto del danno nelle singole quote tra i soggetti convenuti nell’odierno giudizio, va rilevato che, secondo il consolidato indirizzo giurisprudenziale di questa Corte, “la citazione che non articoli la domanda in una compiuta indicazione dei singoli addebiti, non è nulla per indeterminatezza dell’oggetto, essendo sufficiente che essa indichi con sufficiente chiarezza fatti, petitum e causa petendi, ivi compreso l’apporto causale di ciascun convenuto alla produzione del danno, laddove rientra nella competenza del collegio giudicante provvedere alla conseguente ripartizione in quote, ovviamente se e nei limiti in cui la domanda venga accolta (tra le tante, Sez I Appello 24 aprile 2001 n.101; idem 14 gennaio 2008 n.24; Sez Lazio, 13 settembre 2007, n. 1332; Sez. Molise, 27 settembre 2004 n. 118)” (Sez. Giur. Campania, sentenza n. 566/2011).
 
Va poi precisato, in generale, che l’art. 1 del R.D. n. 1038/33 richiede, quali elementi oggettivi dell’atto introduttivo “la esposizione dei fatti e la qualità nella quale furono compiuti, l’oggetto della domanda e l’indicazione dei titoli su cui è fondata” mentre l’art. 163 c.p.c. -evocabile a fini di integrazione ex art. 26 del medesimo R.D. n. 1038/33- con norma sostanzialmente sovrapponibile richiede, a pena di nullità, “3) la determinazione della cosa oggetto della domanda; 4) l’esposizione dei fatti e degli elementi di diritto costituenti le ragioni della domanda, con le relative conclusioni”.
 
Se ne deduce che l’editio actionis è vulnerata, nella sua esigenza di assicurare un compiuto diritto di difesa, da un’insufficiente determinazione dell’oggetto della domanda, ossia di petitum e di causa petendi, di modo che vi sia assoluta incertezza sugli elementi identificatori del diritto fatto valere.
 
Tale verifica, però, deve effettuarsi, da parte del Giudice, attraverso un esame complessivo dell’atto introduttivo e dei documenti allegati (cfr. Cass. Sez. I Civ., sentenza n. 17023/03) con la conseguenza che una valutazione in termini di nullità/inammissibilità della pretesa può essere fatta solo allorché l’oggetto sia “assolutamente” incerto, tale da ledere il diritto costituzionale all’approntamento di un’adeguata ed informata difesa.
 
Nel caso di specie l’opera di verifica non consente di poter formulare una pronuncia nel senso richiesto dalle difese ADAMO e ROBUSTELLI.
 
L’atto introduttivo del giudizio, infatti, delinea con chiarezza espositiva, indicazione esaustiva dei fatti contestati, articolata deduzione dei motivi di diritto, la domanda risarcitoria, sicché la stessa si presenta come prospettazione lucida, coerente ed appagante sia dell’oggetto di contestazione del P.M., sia delle ragioni che sono alla base delle censure mosse ai soggetti evocati in giudizio.
 
5. Ciò posto, occorre esaminare l’ulteriore eccezione difensiva pregiudiziale di rito, sollevata dal convenuto Agrippino LEUCOIO, di inammissibilità dell’atto di citazione perché contenente elementi di consistente novità rispetto all’invito a dedurre, restando in tal modo irrimediabilmente viziato per violazione dell’art. 5 della legge 19 gennaio 1994, n. 14. Con siffatta eccezione, il precitato convenuto ha voluto denunciare il vulnus del divieto della cd. mutatio libelli a carico dell’odierno procedimento.
 
Tale vizio, tuttavia, ricorre quando l’attore o il debitore introducono nel procedimento elementi di valutazione nuovi e diversi, sì da configurare una differente causa petendi e un nuovo petitum rispetto a quelli che hanno costituito rispettivamente oggetto della domanda principale o della domanda riconvenzionale; di contro, la mutatio libelli è da escludere quando, come in questo caso, risulti solo una apparente diversità nell’oggetto della domanda, giacché non v’è dubbio che con l’odierno atto di citazione siano rimaste immutate, rispetto a quanto evidenziato nell’invito a dedurre, le ragioni della pretesa risarcitoria.
 
“Deve aggiungersi che, proprio perché l’invito è atto pre-processuale, volto anche a fini di ulteriore istruttoria, la sua emissione non presuppone il completamento delle indagini, cosicché non può pretendersene la completezza espositiva” (Sez. I Appello, sentenza n. 152/2004).
 
Nel caso di specie, pertanto, deve ritenersi che gli inviti a dedurre, nella loro formulazione, non siano viziati in quanto consentono l’individuazione delle fattispecie ritenute generative di responsabilità, la conoscenza dei fatti e la formulazione delle difese pertinenti alla fase pre-processuale in cui si inseriscono gli atti de quibus.
 
Di conseguenza, l’eccezione relativa all’inammissibilità dell’atto di citazione conseguente alla pretesa mutatio libelli –oltretutto motivata dai predetti convenuti in modo tutt’altro che chiaro e convincente sul piano giuridico- dev’essere disattesa.
 
6. Ai fini dell’esame dell’eccezione d’inammissibilità della domanda risarcitoria del danno all’immagine sollevata dalla difesa di Carmine ADAMO, va premesso che l’art. 17, comma 30-ter, I. n. 102 del 2009 (legge di conversione del d.l. n. 78 del 2009), modificato dal d.l. 3 agosto 2009 n. 103 (convertito nella legge 3 ottobre 2009 n. 141) ai periodi secondo e terzo recita: “Le procure della Corte dei conti esercitano l’azione per il risarcimento del danno all’immagine nei soli casi e nei modi previsti dall’articolo 7 dalla legge 27 marzo 2001, n. 97. A tale ultimo fine, il decorso del termine di prescrizione di cui al comma 2 dell’articolo 1 della legge 14 gennaio 1994, n. 20, è sospeso fino alla conclusione del procedimento penale”. Dunque, la disposizione dell’art. 17 comma 30-ter legge 102/2009 (e s.m.i.) circoscrive alle sole ipotesi previste nell’art. 7 legge 27.03.2001 n. 97 l’azionabilità del danno all’immagine ad opera delle Procure contabili; tale norma, intitolata “Responsabilità per danno erariale”, dispone che: “La sentenza irrevocabile di condanna pronunciata nei confronti dei dipendenti indicati nell’articolo 3 per i delitti contro la pubblica amministrazione previsti nel capo I del titolo II del libro secondo, del codice penale è comunicata al competente procuratore regionale della Corte dei conti affinché promuova entro trenta giorni l’eventuale procedimento di responsabilità per danno erariale nei confronti del condannato. Resta salvo quanto disposto dall’articolo 129 delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale, approvate con decreto legislativo 28 luglio 1989 n. 271”. Nelle motivazioni della sentenza n. 355/2010 della Corte Costituzionale, con cui sono state dichiarate inammissibili e/o infondate le questioni di legittimità costituzionale prospettate -fra le altre- da questa Sezione Giurisdizionale, espressamente si afferma che il legislatore ha inteso “circoscrivere oggettivamente i casi in cui è possibile, sul piano sostanziale e processuale, chiedere il risarcimento del danno in presenza della lesione dell’immagine dell’amministrazione imputabile a un dipendente di questa”. La Consulta è sul punto categorica nell’affermare che la norma de qua “deve essere univocamente interpretata nel senso che, al di fuori delle ipotesi tassativamente previste di responsabilità per danni all’immagine dell’ente pubblico di appartenenza, non è configurabile siffatto tipo/di tutela risarcitoria”.
 
Tuttavia, va altresì richiamata la sentenza delle SS.RR. di questa Corte n. 13/2011/QM, depositata il 03-08-2011, la quale ha escluso la rilevabilità di ufficio della questione di nullità, ai sensi dell’art. 17 sopra richiamato. In assenza, nel caso di specie, di apposita eccezione dei convenuti –fatta eccezione, appunto, per il signor Carmine ADAMO- resta preclusa alla Sezione, in ossequio alla richiamata decisione delle SS.RR., la cognizione in ordine alla predetta questione di nullità, con la conseguenza che anche la domanda risarcitoria avanzata dal requirente in riferimento al danno all’immagine deve essere esaminata nel merito, tranne che per quanto riguarda la specifica posizione di Carmine ADAMO, nei cui soli confronti, pertanto, va pronunciata l’inammissibilità della domanda risarcitoria del danno all’immagine avanzata dal requirente.
 
7. Venendo, ora, all’esame dell’eccezione di prescrizione, sollevata dalle difese DE ROSA ed altri e LEUCOIO, deve in proposito osservarsi che risulta ormai noto che, come precisato dalla giurisprudenza di questa Corte, ai fini della decorrenza del termine di prescrizione del diritto fatto valere attraverso l’azione di responsabilità amministrativo-contabile, l’art. 1, comma 2°, legge n.20/1994 deve essere letto -e interpretato- in correlazione alle disposizioni del codice civile che disciplinano l’istituto della prescrizione e, segnatamente, all’art. 2935 c.c., a tenore del quale la prescrizione decorre dal giorno in cui il diritto può essere fatto valere (Sezione I Centrale d’Appello, sentenze n. 427/2003 e n. 68/2006). Il medesimo orientamento giurisprudenziale ha identificato tra le cause impeditive dell’esercizio del diritto al risarcimento del danno derivante da illecito amministrativo-contabile, la obiettiva non conoscibilità del danno ingiusto (art. 2947, comma 1°, c.c.). Ha, infatti, la richiamata giurisprudenza più volte affermato che la responsabilità da fatto illecito costituisce una fattispecie complessa che si perfeziona soltanto una volta realizzati tutti gli eventi e gli elementi che la compongono, tra cui va ricompresa la conoscibilità obiettiva del danno ingiusto, cosicché il momento della esteriorizzazione obiettiva del danno stesso costituisce il dies a quo di decorrenza della prescrizione, perché solo nel momento in cui il danno si manifesta all’esterno diventa obiettivamente percepibile e conoscibile; conseguentemente, non è al momento del suo verificarsi che deve farsi riferimento bensì a quello -eventualmente successivo- in cui si esteriorizza il danno stesso, per identificare il sorgere del diritto al risarcimento e –quindi- il dies a quo del relativo termine di prescrizione, non essendovi prima di tale momento una inerzia giuridicamente rilevante, nel titolare del diritto, nel far valere il diritto stesso. Sulla base di tali argomentazioni, la giurisprudenza contabile richiamata ha concluso rilevando che “l’art. 2947, I, c.c. come pure l’art. 1, II, Legge 1994 n. 20, costituiscono in effetti applicazione del principio generale posto dall’art. 2935 c.c. riassumibile nel brocardo ‘actioni nondum natae non praescribitur’ (cfr. in termini Cass. Sez. III n. 1716 del 24.3.1979 e n. 1442 del 24.2.1983 e n. 3206 del 5.7.1989; Cass. Sez. II n. 4532 del 18.5.1987)”.
 
Orbene, dalla ricostruzione dei fatti e dallo stesso petitum della fattispecie oggetto dell’odierno giudizio emerge, in applicazione del descritto principio, che il dies a quo di decorrenza del termine prescrizionale quinquennale deve essere identificato nel momento conclusivo dei controlli eseguiti in sede ispettiva (maggio-giugno 2007), in quanto l’illiceità dei rilevati esborsi non avrebbe potuto ritenersi obiettivamente conoscibile prima di tale momento. Poiché gli inviti a dedurre sono stati tutti notificati tra il 22-04-2008 e il 08-05-2008 per il giudizio n. 59004, da ciò discende l’indubbia tempestività dell’azione di responsabilità amministrativo-contabile intrapresa dal requirente.
 
8. Risolte come sopra esposto le questioni pregiudiziali e preliminari proposte dalle difese dei convenuti, il Collegio può esaminare in punto di merito la vicenda descritta nella premessa in fatto. Deve quindi procedersi alla verifica della sussistenza, nel caso concreto, degli elementi tipici della responsabilità amministrativa che, com’è noto, si sostanziano in un danno patrimoniale, economicamente valutabile, arrecato alla pubblica amministrazione, in una condotta connotata da colpa grave o dolo, nel nesso di causalità tra il predetto comportamento e l’evento dannoso, nonché nella sussistenza di un rapporto di servizio fra coloro che lo hanno determinato e l’ente che lo ha subito.
 
9. Con riferimento, in primo luogo, all’elemento oggettivo del danno pubblico, l’esame inerente la relativa sussistenza nel caso all’esame della Sezione, richiede, oltre alla distinzione delle tre voci di nocumento configurate dalla Procura, la ricostruzione delle disposizioni normative vigenti sull’argomento all’epoca dei fatti contestati agli odierni convenuti.
 
9.A. Per quanto concerne, in primo luogo, il danno patrimoniale diretto (mancati introiti a titolo di corrispettivo per la vendita di materiale raccolto in maniera differenziata) va osservato, posto che la raccolta differenziata mira al riutilizzo dei prodotti di scarto di qualsiasi presidio soprattutto abitativo per poterne produrre di nuovi ottenendo diversi vantaggi a livello sia economico e sia ecologico, che il d.lgs. 5 febbraio 1997 n. 22 (c.d. decreto Ronchi) ha costituito la normativa quadro sulla gestione dei rifiuti fino all’entrata in vigore del d.lgs. 3 aprile 2006 n. 152, di attuazione della delega contenuta nella legge 15 dicembre 2004 n. 308, per il riordino, il coordinamento e l’integrazione della legislazione in materia ambientale, dando attuazione alle direttive comunitarie 91/156/Cee sui rifiuti, 91/689/Cee sui rifiuti pericolosi e 94/62/Ce sugli imballaggi e i rifiuti di imballaggio.
 
In generale –e senza voler qui riproporne l’articolato esame, già svolto in precedenti pronunce di questa Sezione Giurisdizionale: cfr. sentenze n. 1/2011, 143/2012 e 427/2012, citate a mero titolo esemplificativo- dall’articolato quadro normativo concernente la materia de qua emerge, l’obbligo, ricadente per quanto di competenza e sotto vari profili anche sulle singole amministrazioni comunali e –dunque- sugli organismi sovra comunali rappresentati dai Consorzi di Bacino -di cui oltre più specificamente si dirà- di attuare le prescrizioni legislative e commissariali in materia di raccolta differenziata dei rifiuti, fase imprescindibile e rilevantissima della gestione integrata del ciclo dei rifiuti, finalizzata a scopi di tutela ambientale, di risparmio energetico e di realizzazione di nuovi prodotti mediante riciclaggio.
 
Venendo, poi, a quanto specificamente rileva ai fini del presente giudizio, va ricordato che Il Consorzio di Bacino Napoli 2, istituito con legge regionale n. 10 del 10-02-1993, è (era) ente, con sede in Casoria, deputato per regolamentazione statutaria al perseguimento degli obiettivi di effettuazione ed incremento della raccolta differenziata nel settore dello smaltimento dei r.s.u. della Regione Campania, quale operazione essenziale all’attuazione del ciclo integrato dei rifiuti, con competenza nel distretto territoriale comprendente le Amministrazioni co-munali di Acerra, Afragola, Arzano, Caivano, Cardito, Casalnuovo di Napoli, Casandrino, Casavatore, Casoria, Crispano, Frattamaggiore, Frattaminore, Grumo Nevano e Sant’Antimo. Secondo quanto stabilito dall’O.P.C.M. n. 2425/1996, i Comuni in parola sono tenuti alla raccolta differenziata (obbligo successivamente confermato dal d.lgs. 22/1997, cd. decreto Ronchi sopra richiamato); ai medesimi Comuni, con legge n. 21/2006 (d.l. 245/2005) prima e con legge n. 61/2007 poi, è stata imposta la partecipazione ai Consorzi, con delega delle attività finalizzate alla raccolta differenziata, e l’affidamento in via esclusiva ai Consorzi stessi della r.d., dietro versamento da parte dei Comuni partecipanti di una quota pari ad € 1,00 per abitante.
 
Gli obiettivi connessi con la raccolta differenziata di carta, vetro, plastica, metalli, legno e frazione organica, sono poi stati gradualmente assegnati ai Consorzi di Bacino, insieme ad altri compiti (gestione discariche esaurite, trasporto, realizzazione di piazzole di stoccaggio delle frazioni separate e di impianti di produzione del compost, di recupero di inerti e di trattamento degli ingombranti), per effetto di quanto previsto dall’O.P.C.M. n. 2560/1997, che ha individuato nei Consorzi i soggetti tenuti a collaborare con il Commissario Straordinario all’Emergenza Rifiuti, e poi dall’O.P.C.M. n. 2774/1998, dall’O.P.C.M. n. 2948/1999, la quale ha stabilito a beneficio dei Consorzi il calcolo e l’accollo degli oneri gestionali a carico dei comuni, nonché l’avvio dei L.S.U. per la realizzazione del “Progetto Ambiente”, dall’O.P.C.M. n. 3286/2003, che ha stabilito una maggiorazione di € 0,015xKG sulla tariffa di conferimento dei rifiuti al fine di reperire risorse per la raccolta differenziata, nonché dalla legge n. 21/2006 (dianzi citata) e dall’O.P.C.M. n. 3529/2006, che hanno disposto e regolamentato l’assegnazione di risorse economiche, e dall’O.P.C.M. 3564/2007, che ha stabilito l’affidamento in via esclusiva ai Consorzi di Bacino della raccolta differenziata.
 
Va opportunamente evidenziato, altresì, che con l’ordinanza n. 319/2002 del commissario delegato, con cui sono stati approvati il piano di ridefinizione gestionale del ciclo integrato dei rifiuti nella regione Campania e il piano economico finanziario riferito allo sviluppo del ciclo integrato dei rifiuti nei rispettivi ambiti, si è evidenziato nelle premesse, fra l’altro, quanto segue:
 
“Per quanto concerne le attività di raccolta dei rifiuti e l’individuazione dei soggetti di cooperazione per la gestione amministrativa in forma associata delle attività di raccolta unitaria dei rifiuti, al fine di raggiungere l’obiettivo della economicità dei servizi di raccolta, del coordinamento tra le attività di raccolta del sistema impiantistico realizzato o realizzando, della razionalizzazione dei mezzi e del personale impegnato, si istituiscono, sulla base delle forme organizzative previste dalla normativa esistente, soggetti di cooperazione tra i comuni, di cui all’art. 4 dell’O.M. 3100/00. Gli attuali consorzi di Bacino di cui alla L. R. 10/93 attualmente esistenti in ogni ambito andranno a costituire soggetti di cooperazione tra i Comuni”.
 
Il contenuto delle surrichiamate disposizioni, sinteticamente riportato, consente di individuare scopo e missione, nonché le ragioni delle consistenti risorse di mezzi e di personale e della cospicua dotazione economica che, nel corso degli anni di gestione dell’”emergenza rifiuti”, sono state affidate ai Consorzi di Bacino, fino al loro scioglimento ed accorpamento negli A.T.O. di cui alla legge n. 156/2006 (ed alla L.R.C. n. 4 del 28-03-2007). E’ stata, poi, la legge n. 123/2008 a prevedere che i Consorzi di Bacino delle Province di Napoli e Caserta venissero sciolti e riuniti in un Consorzio Unico, il cui gestore ha provveduto allo scioglimento ed alla nomina, al posto dei presidenti dei consigli d’amministrazione e dei commissari straordinari, di cinque nuovi responsabili delle articolazioni territoriali del Consorzio Unico. La finalità è quella di garantire un puntuale funzionamento del servizio di smaltimento dei rifiuti –soprattutto mediante il potenziamento della r.d.- e la riduzione dei suoi costi amministrativi, per poter così incrementare il sistema della raccolta differenziata nelle due Province. In virtù dei criteri di efficienza, programmazione e razionalizzazione, destinati ad animare l’operato del Consorzio Unico, si è dunque previsto di provvedere alla predisposizione del piano industriale per la definizione delle specifiche competenze in materia di raccolta differenziata, con l’obiettivo di una riduzione immediata dei costi di gestione e di una migliore funzionalità.
 
Del resto, l’infondatezza dell’assunto difensivo –secondo cui solo con le leggi 21/2006 e 87/2007 vi sarebbe stata l’introduzione di obblighi per i consorzi di bacino in materia di raccolta differenziata e, comunque, le competenze principali, se non esclusive, nella materia de qua sarebbero sempre spettate ai singoli Comuni- è chiaramente dimostrata da quanto disposto dallo stesso Statuto consortile, che all’art. 4 prevede, fra le “Finalità del Consorzio”, “il recupero ed il conferimento differenziato delle materie prime secondarie (MPS)” (lett. b) (cfr. all. n. 6 al fascicolo di Procura). Inoltre, nel “Programma Consorzio Bacino Napoli 2” sottoscritto dall’allora Presidente del CdA Domenico DE ROSA è chiaramente detto che “Essenzialmente i Consorzi di Bacino devono svolgere la loro attività per tutto quanto concerne la raccolta differenziata ed il suo smaltimento (realizzazione degli impianti e loro gestione)” (cfr. all. n.18 al fascicolo di parte di DE ROSA ed altri).
 
In atti risulta che il Consorzio di Bacino Napoli 2 ha raggiunto, , nel periodo oggetto di contestazione (2003-2007),operando su un numero limitato di comuni rispetto a quelli partecipanti alla compagine consortile (nove su quattordici, pari a 118mila abitanti su circa 450mila abitanti dell’intero ambito territoriale, e, quindi, pari al 25% circa della massa rifiuti potenziale), i seguenti livelli percentuali di raccolta differenziata:
 
· 2003: non risulta il dato sul livello di raccolta differenziata raggiunto dal Consorzio, mentre la percentuale complessivamente raggiunta, anche au-tonomamente, dai comuni interessati, raggiunge il 4,40%;
 
· 2004: non risulta il dato sul livello di raccolta differenziata raggiunto dal Consorzio, mentre la percentuale complessivamente raggiunta, anche au-tonomamente, dai comuni interessati, raggiunge 4,43%;
 
· 2005: 0,766% il livello di raccolta differenziata, che, sommata alla percentuale raggiunta autonomamente dai comuni interessati, raggiunge il 5,83%;
 
· 2006: 0,913% il livello di raccolta differenziata, che, sommata alla percentuale raggiunta autonomamente dai comuni interessati, raggiunge il 5,33%;
 
· 2007: 3,25% il livello di raccolta differenziata, che, sommata alla percentuale raggiunta autonomamente dai comuni interessati, raggiunge il 6,03%.
 
La voce di danno patrimoniale diretto, derivante dai suindicati bassissimi livelli di raccolta differenziata dei rifiuti, contestata in questa sede dalla Procura ad amministratori e dirigenti del Consorzio di Bacino Napoli 2, concerne –come già precedentemente evidenziato- i mancati introiti a titolo di corrispettivo per la vendita di materiale raccolto in maniera differenziata, incontrovertibilmente verificatisi.
 
In merito alla quantificazione del danno de quo, ritenuto sussistente nella fattispecie, il Collegio ritiene, dunque, condivisibile la prospettazione attorea, secondo cui esso va individuato nei mancati introiti, ottenibili a titolo di corrispettivo per la vendita di materiale raccolto in maniera differenziata, il cui importo deriva dalla comparazione del reddito minimo potenzialmente realizzabile in base alla legge con gli introiti effettivamente incamerati per il conferimento presso i consorzi di filiera (per il tramite del Consorzio di Bacino) del materiale raccolto in maniera differenziata, per ogni singola frazione merceologica, comparazione che viene effettuata dalla P.R. in modo estremamente prudenziale, mediante l’inserimento di una importante defalcazione, di cui oltre si dirà. Pertanto, in generale, il danno pubblico per mancati ricavi a titolo di corrispettivo della vendita di materiale destinato al recupero ed al riciclo emerge ponendo in proporzione gli introiti incamerati nell’anno solare, corrispondenti alle percentuali di raccolta raggiunte (nella più alta misura rilevata, cioè aggiungendo anche la quantità di materiale raccolta direttamente dai comuni e poi consegnate al Consorzio), con la soglia obbligatoria minima da raggiungere in base a quanto previsto dall’art. 24 del d.lgs. 22/97 (35% entro il 2003). Il correttivo dell’importo risultante dalla differenza sic et simpliciter tra gli importi astrattamente realizzabili mediante la vendita del materiale destinato al riciclo in presenza del raggiungimento delle percentuali di r.d. di volta in volta determinate ex lege e quelli effettivamente realizzati dal Consorzio di Bacino Napoli 2 nel periodo in considerazione, tuttavia, richiede la considerazione della circostanza che –nel medesimo periodo- anche a causa delle inefficienze perduranti del sistema di raccolta, il costo del conferimento del materiale organico risultava superiore al costo di conferimento del “tal quale”, per cui la frazione organica è stata economicamente improduttiva a tutto il 2005, tanto da necessitare di una contribuzione incentivante -il contributo pari a € 40 per tonnellata per lo smaltimento del materiale organico raccolto in maniera differenziata di cui all’O.P.C.M. n. 3479/2005- ed il Consorzio di Bacino Napoli 2 ha mancato la raccolta –tra l’altro- proprio della frazione organica. Quindi, il requirente ha condivisibilmente ritenuto di defalcare in via equitativa dal danno come calcolato anno per anno, un ammontare corrispondente al valore del 10% dei rifiuti globalmente raccolti, con il risultato di fissare il livello di raccolta differenziata da raggiungere nella misura del 25%, anziché in quella del 35% legislativamente previsto.
 
Qui di seguito si riporta, quindi, il dettaglio del calcolo del danno subito dal Consorzio di Bacino Napoli 2, sulla scorta dei dati forniti dal Consorzio medesimo.
 
A. anno 2003: € 380.572,97 : 4,40% = X : 35% (- 10%), laddove € 380.572,97 rappresenta il totale dei corrispettivi incamerati (rectius, accertati, sebbene non interamente riscossi) nell’anno 2003 per la vendita di materiale raccolto in maniera differenziata e destinata al riciclo e riutilizzo; 4,40% rappresenta la percentuale di raccolta differenziata raggiunta nell’anno 2003; 35% rappresenta l’obiettivo obbligatorio di percentuale di raccolta differenziata da raggiungere secondo la previsione dell’art. 24 del d.lgs. 22/97, da cui si sottrae una quota forfetaria del 10% per le ragioni suesposte; X rappresenta l’incognita da calcolare e che costituisce l’ammontare dei corrispettivi che il Consorzio avrebbe incamerato se avesse raggiunto gli obiettivi di raccolta stabiliti dalla legge e, quindi, X = € 380.572,97 x 25% : 4,40 = € 2.162.346,42. Sottraendo da tale importo quello degli introiti incamerati (€ 380.572,97), si ottiene la somma di € 1.781.773,45, che è l’effettivo nocumento subito dall’Ente consortile nell’anno 2003.
 
B. anno 2004: € 284.822,54 : 4,43% = X : 35% (-10%); e, quindi, X = € 284.822,54 x 25% : 4,43% = €1.607.350,68, per cui il danno per il 2004 è dato da € 1.607.350,68 – € 284.822,54, dunque è pari ad € 1.322.528,00.
 
C. anno 2005: € 185.931,55 : 5,83% = X : 35% (-10%); e, quindi, X = € 185.931,55 x 25% : 5,83% = € 797.305,10, per cui il danno per il 2005 è dato da € 797.305,10 – € 185.931,55, dunque è pari ad € 611.373,55.
 
D. anno 2006: € 332.849,41 : 5,33% = X : 35% (-10%); e, quindi, X = € 332.849,41 x 25% : 5,33% = € 1.561.207,36, per cui il danno per il 2006 ammonta ad € 1.561.207,36 – € 332.849,41, e cioè ad € 1.228.357,95.
 
E. anno 2007: € 488.984,81 : 6,03% = X : 35% (- 10%); e, quindi, X = € 488.984,81 x 25% : 6,03% = € 2.027.300,20, per cui il danno per il 2005 è dato da € 171.869,33 – € 488.984,81, e cioè ad € 1.538.315,39.
 
Il danno patrimoniale diretto subito dal Consorzio di Bacino “Napoli 2” (poi confluito nel Consorzio Unico ex lege n. 123 del 14-07-2008) negli anni 2003-2007 per mancati ricavi nella vendita del materiale differenziabile è, dunque pari, in totale, ad € 6.482.348,34 (€ 1.781.773,45 per l’anno 2003 + € 1.322.528 per l’anno 2004 + € 611.373,55 per l’anno 2005 + € 1.228.357,95 per l’anno 2006 + € 1.538.315,39 per l’anno 2007).
 
Valga soltanto soggiungere, sul punto, che considerata la prudenzialità dei criteri applicati dal requirente nell’operare la suindicata quantificazione, non può certamente farsi luogo, come richiesto da parte dei convenuti, a compensatio lucri cum damno, che dovrebbe derivare –sempre secondo l’assunto difensivo- dal fatto che la r.d. dei rifiuti determinerebbe costi superiori a quelli derivanti dallo smaltimento del “tal quale”, visto che, oltretutto –come giustamente posto in rilievo nell’atto introduttivo del giudizio- “la raccolta differenziata non è solo utile in quanto tale, ma è necessitata ex lege e non può comunque trovare il proprio limite in inesistenti (e comunque non comprovati con una analisi dei costi che tenga conto del valore di efficienza del ciclo dei rifiuti) maggiori costi di predisposizione delle strutture e dei mezzi di raccolta, né di esecuzione concreta della stessa. Ciò in quanto la raccolta differenziata è l’obiettivo primario della legge (che si fa espressione di una esigenza della collettività) e del ciclo integrato dei rifiuti (che è l’applicazione tecnica di tale esigenza), ed è tanto lo scopo sociale, quanto l’interesse pubblico perseguiti dai consorzi di bacino. La palese ingiustizia del su descritto danno pubblico, ontologicamente certo e risarcibile, deriva dalla evidente violazione della cogente normativa recata dal ‘decreto Ronchi’ e dalle norme di settore sulle percentuali minime di ‘differenziata’”.
 
9.B. Per quanto concerne il pregiudizio arrecato –secondo la prospettazione attorea- all’immagine turistica della Regione Campania, la Procura ne quantifica l’importo in € 66.666,60, “tenendo conto della produzione dei rifiuti di quell’Ente rispetto alla Regione stessa, e della stima estremamente prudenziale di 10.000.000 annui operata in analoga contestazione … con riferimento alle spese necessarie al ripristino dell’immagine turistica, commerciale, ambientale e sociale della Regione Campania lesa a livello e con risonanza internazionale”.
 
Riguardo alla lesione al bene-immagine della struttura pubblica di riferimento (Regione Campania), va premesso, in generale, che è ormai pacifico in giurisprudenza che per la sussistenza di tale forma di pregiudizio è necessario il superamento di una soglia minima di rilevanza del comportamento tenuto dal pubblico agente e della conseguente potenzialità lesiva dell’immagine e del prestigio della P.A. di detto comportamento, tale cioè da minacciare l’affidamento riposto dalla comunità sociale in quell’amministrazione (v. Sez. Giur. Veneto, sentenza n. 322/2009; Sez. Giur. Umbria, sentenza n. 103/2007).
 
Orbene, nella fattispecie va osservato che la mancata realizzazione di un adeguato sistema di raccolta differenziata dei rifiuti –essenziale ai fini della corretta gestione del ciclo integrato dei rifiuti, come già precedentemente evidenziato- ha inciso in modo significativo rispetto al bene-immagine della Regione Campania. Invero, è noto che l’emergenza ambientale ha determinato importanti ripercussioni sul settore turistico, ma anche sull’immagine complessiva regionale, stante anche l’enorme risonanza mediatica determinata dalla interminabile ed irrisolta vicenda della (praticamente inesistente, in particolare in alcuni ambiti provinciali della Regione) gestione della raccolta e del recupero/riciclo dei rifiuti.
 
Le vicende legate all’aggravarsi della crisi dello smaltimento dei rifiuti, verificatesi ripetutamente negli ultimi anni, hanno determinato evidenti ripercussioni sull’andamento del turismo nella Campania e del suo relativo impatto economico, in considerazione della contrazione significativa del turismo organizzato, sia nazionale e sia –soprattutto- internazionale, contrazione tale da far ritenere –ovviamente- che il discredito derivatone abbia posto in discussione l’affidabilità dell’istituzione regionale agli occhi dei cittadini, diffondendo all’esterno di essa la convinzione della usuale difformità dell’agire della Regione Campania rispetto alle norme legislative e di buona amministrazione; tutto ciò, a non voler considerare l’ovvia circostanza che gli operatori turistici non hanno potuto far altro –oltre a puntare su sconti, promozioni e pubblicità- che invocare l’intervento e la collaborazione degli Enti locali e nazionali, per ristabilire l’immagine turistica della regione, in Italia e all’estero.
 
Analogo discorso va fatto per i prodotti tipici locali, soprattutto alimentari, la domanda dei quali è sensibilmente calata in ragione dell’amplissima notorietà degli effetti insalubri sull’ambiente e sul territorio regionale campano causati dall’emergenza rifiuti.
 
Pertanto, tale posta di danno va ritenuta senz’altro sussistente nel caso di specie e da quantificare nell’importo di € 60.000,00, secondo una valutazione equitativa, effettuata ex art. 1226 c.c., in lieve riduzione rispetto alla prospettazione attorea, assumendo quali ragionevoli indicatori, da un lato, il buon nome dell’amministrazione interessata, la dimensione della struttura organizzativa danneggiata, i (gravissimi) effetti su di essa del comportamento dannoso ed il campo di azione della sua attività, e, dall’altro lato, il ruolo non apicale del Consorzio di Bacino Napoli 2 nella complessiva gestione del ciclo integrato dei rifiuti relativo al circuito regionale.
 
9.C. Infine, la Procura ha rilevato la sussistenza, nel caso all’esame del Collegio, di una lesione di natura non patrimoniale in disfavore del Consorzio di Bacino Napoli2, indicata come danno alla reputazione dell’Ente.
 
Tale ultima tipologia di pregiudizio è ormai uniformemente descritta dalla giurisprudenza contabile, come consistente, per le pubbliche amministrazioni, nella lesione del diritto alla propria identità personale, al proprio buon nome, alla propria reputazione e credibilità, in sé considerate, tutelato dall’art. 97 della Costituzione; in particolare, la Corte di Cassazione (Sezione III civile, 04.06.2007 n. 12929) ha statuito che la lesione del diritto della persona giuridica all’integrità della propria immagine è causa di danno non patrimoniale risarcibile, sia sotto il profilo della sua diminuita considerazione presso i consociati in genere o presso quei settori con i quali l’ente interagisce, sia sotto il profilo dell’incidenza negativa che la sminuita reputazione cagiona nell’agire delle persone fisiche dei suoi organi. Ne consegue che l’illecito in questione si concretizza ogniqualvolta un soggetto, legato da un rapporto di servizio con la Pubblica Amministrazione, ponga in essere un comportamento criminoso e sfrutti la posizione ricoperta per il soddisfacimento di scopi personali utilitaristici e non per il raggiungimento di interessi pubblici generali, così minando la fiducia dei cittadini nella correttezza dell’azione amministrativa, con ricadute negative sull’organizzazione amministrativa e sulla gestione dei servizi in favore della collettività.
 
La più recente giurisprudenza di legittimità consente la risarcibilità del danno non patrimoniale oltre i limiti derivanti dalla riserva di legge posta dall’art. 2059 c.c. e non presuppone la qualificazione del fatto illecito come reato ex art. 185 c.p. (Cass., Sez. III Civ., 4 giugno 2007, n. 12929, cit.).
 
La risarcibilità del danno non patrimoniale in favore della persona giuridica, in passato limitata ai danni derivanti da reato, è, quindi, consentita –secondo la lettura costituzionalmente orientata dell’art. 2059 c.c.– quando venga in rilievo la lesione di un diritto inviolabile inerente alla persona fisica non avente natura economica ai sensi dell’art. 2 Cost., in tal modo configurandosi un caso determinato dalla legge, al massimo livello, di riparazione del danno non patrimoniale. Evidentemente, tra i diritti fondamentali garantiti dalla Costituzione, rientra quello all’immagine della persona giuridica, privata o pubblica.
 
Siffatto principio, dapprima applicato alle sole persone giuridiche private, è stato di recente esteso anche alla p.a., precisandosi, ad esempio, come pure gli enti territoriali esponenziali possono essere lesi in quei diritti immateriali della personalità, che sono compatibili con l’assenza di fisicità, quali i diritti all’immagine, alla reputazione, all’identità storica, ecc. (in tal senso, Cass., 22 marzo 2012, n. 4542).
 
Del resto, com’è noto, lo stesso giudice delle leggi, con la sentenza n. 355/2010, di rigetto della sollevata questione di legittimità costituzionale dell’art. 17, comma 30 ter, cit., peraltro sostanzialmente interpretativa della disposizione in questione, ha affermato l’astratta configurabilità, da individuarsi mediante un’analisi del tessuto ordinamentale anche costituzionale, di interessi non patrimoniali di titolarità della p.a., la cui lesione concreti il diritto al relativo risarcimento.
 
Orbene, questa Sezione si è di recente espressa in modo non uniforme, circa la possibilità di riconoscere autonomia concettuale e giuridica al danno all’immagine non patrimoniale (definito come danno “alla reputazione”) rispetto a quello -patrimoniale- inteso quale mero ristoro del pregiudizio economico subito o subendo dall’ente per recuperare la propria credibilità e di disancorare la correlativa azione risarcitoria dalle condizioni di procedibilità indicate dall’art. 17, comma 30 ter, d.l. n. 78/2009. Invero, mentre nella sentenza n. 460/2012 è stato espresso il principio della non autonoma configurabilità del danno all’immagine patito dalla persona giuridica rispetto alla lesione della reputazione e dell’identità della P.A., nella pronuncia n. 376/2012 si è affermato quanto segue: “il pregiudizio alla reputazione …, quale lesione di una situazione soggettiva a natura giuridica diversa dall’immagine, rientra nella giurisdizione di questa Corte. Del resto la reputazione dell’ASL, quale articolazione del SSN, costituisce un valore giuridico fondamentale connesso agli obiettivi europei della finanza pubblica sana (art. 103-117 Cost.), anche perché la spesa sanitaria costituisce la voce preminente dei bilanci regionali e una delle più rilevanti del conto economico consolidato della Pubblica Amministrazione. È essenziale, quindi, che il cittadino e le imprese trovino la garanzia del sindacato di questa Corte quale baluardo difensivo contro gli sprechi e le condotte di malaffare che imperversano e offuscano la reputazione dell’Amministrazione, minando il senso di appartenenza del cittadino alle Istituzioni, con conseguente disaffezione dalla sfera dell’azione pubblica …”.
 
Orbene, per quanto tale ultima impostazione si appalesi aderente alla più recente evoluzione giurisprudenziale improntata alla costante ricerca dell’interpretazione costituzionalmente orientata delle disposizioni di più nuova introduzione in materia di lesione del prestigio della P.A. e –dunque- ampiamente condivisibile, va osservato, peraltro, che nel caso di specie il rilevato nocumento alla reputazione del Consorzio di Bacino Napoli 2 –da intendersi come derivante dal deterioramento del rapporto di fiducia tra cittadini e istituzione pubblica- non emerge in atti come concretamente verificatosi, ovvero non è assistito da evidenti e significativi riscontri probatori, con la conseguenza che la domanda di risarcimento di tale voce di danno deve essere, ad avviso del Collegio, rigettata.
 
10. Ciò posto, e rilevata sotto il profilo del rapporto di servizio la sussistenza della relazione d’immedesimazione organica tra gli odierni convenuti -all’epoca dei fatti amministratori e funzionari responsabili di vari servizi- ed il Consorzio di Bacino Napoli 2 , va poi osservato, per quel che concerne il nesso di causalità rilevabile tra il danno descritto e quantificato ai punti 9.A. e 9.B. che precedono e le condotte tenute dai convenuti, quanto segue.
 
Certamente, il duplice pregiudizio in parola va ricollegato, complessivamente, ai comportamenti osservati dagli amministratori (presidente e membri dei CdA, l’uno in carica sino al settembre 2005 e l’altro sino al termine del periodo contestato, cioè fino al dicembre 2007) ed alla dirigenza (responsabile dei servizi tecnici, responsabile del servizio economico finanziario).
 
Invero, in atti risulta che la gestione dell’attività del Consorzio è stata connotata, nel periodo suindicato, da inefficienza, inefficacia ed antieconomicità, in quanto, soprattutto, i mezzi meccanici destinati alla raccolta dei rifiuti sono stati acquisiti –almeno fino al 2006- in maniera del tutto insufficiente rispetto alle effettive esigenze ed a prezzi fuori mercato e non sono stati adeguatamente custoditi, per cui sono stati oggetto di danneggiamento, sabotaggio e furto in varie occasioni, risultando così in pessimo stato di conservazione. Inoltre, vi è stata una generale utilizzazione illogica ed insufficiente del personale in genere, compresi gli L.S.U. assegnati, dislocati sul territorio in maniera irrazionale, perché rispondente alle esigenze di residenza e di scarsa applicazione del personale medesimo, rimasto così completamente inutilizzato.
 
Nella relazione IGF del 2007 –ricordata in precedenza- si evidenzia, infatti, che i dati relativi alla raccolta differenziata dei rifiuti effettuata dal Consorzio di Bacino Napoli 2 mostrano come essa sia stata costantemente decrescente negli anni dal 2000 al 2005, ricevendo poi una risalita nel successivo biennio, grazie alla “maggiore disponibilità di automezzi sul territorio, determinata anche dall’avvio (dicembre 2006) dei n. 5 automezzi presi a nolo dalla INCO s.r.l.”; nella medesima relazione si osserva, altresì, che “l’incremento registrato nei primi mesi del 2007, per effetto del potenziamento del ‘parco automezzi’ di un numero di 5 unità, testimonia che, se gli organi consortili avessero assunto nei precedenti periodi uguali iniziative, avrebbero potuto esser realizzate già da tempo maggiori e più consistenti percentuali di raccolta differenziata. Al di là degli evidenti benefici di carattere ambientale, ciò avrebbe determinato il conseguimento di maggiori ricavi ed una minore dipendenza dalle erogazioni di risorse finanziarie del Commissariato di Governo”. La mancata assunzione di tali iniziative viene ascritta dall’IGF sia all’ostruzionismo della maggior parte dei Comuni consorziati -dovuta alla preferenza per la conservazione dei preesistenti rapporti contrattuali con aziende private assegnatarie del servizio di raccolta differenziata- e sia alle “gravi lacune manifestatesi in termini di programmazione e di gestione delle risorse umane, strumentali e finanziarie in capo agli organi che a diverso titolo (politico-amministrativo e gestionale) avrebbero dovuto perseguire gli obiettivi di volta in volta fissati dal legislatore, regionale prima, nazionale poi”.
 
Con l’ausilio della documentazione acquisita presso lo stesso Consorzio, in sede di analisi del “parco automezzi” in dotazione dell’Ente nel periodo 2000-2007 e delle relative variazioni, nella relazione IGF si osserva che i dati, in essa analiticamente e dettagliatamente riportati, “sono estremamente indicativi non solo delle difficoltà operative ed ambientali nelle quali l’Ente ha operato ed opera tuttora, ma sono chiara dimostrazione … di quel deficit di programmazione gestionale che ha caratterizzato l’attività del Consorzio negli ultimi anni”, rilevando, in proposito, che “gli effetti negativi della raccolta differenziata attuata dal Consorzio di Bacino NA 2 sono da ricondurre a diversi fattori, fra i quali non può essere taciuto quello inerente alla carenza di automezzi a disposizione del Consorzio in relazione all’ampio bacino di utenza servito ed alla mancanza di un deposito ove condurre in custodia gli automezzi stessi”. Sul punto, la relazione prosegue segnalando che “Nonostante l’esperimento di diverse procedure … alla data di svolgimento dei presenti accertamenti ispettivi, il Consorzio di Bacino NA 2 non ha provveduto a rimuovere le condizioni di disorganizzazione logistica e di insicurezza che hanno caratterizzato e caratterizzano tuttora la gestione del ‘parco automezzi’” e che “tale situazione di ‘frammentarietà’ è stata determinata non solo dalla indisponibilità di un adeguato locale adibito a deposito degli automezzi, ma anche dall’organizzazione del lavoro in essere presso il Consorzio, che ha privilegiato, nella scelta della sede ove condurre gli automezzi in deposito, la vicinanza ai luoghi di residenza dei n. 149 dipendenti addetti alla raccolta, a discapito della funzionalità del servizio e della sicurezza del luogo di deposito dei mezzi stessi”. A proposito dell’organizzazione del personale addetto alla raccolta differenziata, quindi, nella relazione IGF, analizzando la tipologia e le caratteristiche degli automezzi in dotazione del Consorzio nonché i dati relativi alle squadre di lavoratori dislocate sul territorio e sugli automezzi –al fine di conoscere il grado dell’effettivo utilizzo dei lavoratori medesimi da parte del Consorzio- si osserva che “la formazione delle squadre di lavoratori addetti alla raccolta differenziata nel territorio attualmente servito dal Consorzio non risponde ad una logica di efficiente ed efficace organizzazione del servizio, bensì trae la sua ragione nella necessità di garantire comunque una fittizia occupazione ai dipendenti addetti al Consorzio, il cui numero è di gran lunga superiore a quello strettamente necessario in relazione agli automezzi a disposizione ed al territorio oggi raggiunto dal servizio di raccolta differenziata”.
 
Orbene, che tali consistenti inefficienze gestionali siano addebitabili agli odierni convenuti, si evince, in primo luogo, dalle stesse disposizioni contenute nello Statuto consortile, che all’art. 28, disciplinante “Ruolo e competenze del Consiglio di Amministrazione”, stabilisce che quest’ultimo “elabora, interpreta e definisce gli indirizzi generali adottati dall’Assemblea ai fini della loro traduzione in specifiche politiche e strategie d’intervento, orientando l’azione dell’apparato amministrativo attraverso specifici atti e direttive”, oltre a deliberare i regolamenti rimessi dalla legge alla sua competenza (ivi compreso quello per il funzionamento degli Uffici e dei Servizi), il Piano programma e i suoi aggiornamenti, il Bilancio pluriennale di previsione, il Bilancio preventivo economico annuale, il Bilancio di esercizio, l’assunzione, la sospensione e il licenziamento del personale. L’art. 34, dedicato al Presidente CdA, lo descrive come “l’organo di raccordo fra Assemblea e Consiglio di Amministrazione, che coordina l’attività di indirizzo con quella di governo e di amministrazione ed assicura l’unità delle attività imprenditoriali del Consorzio”. Conseguentemente, gli artt. 44 e 46, riguardanti i Responsabili dei Servizi e la funzione dirigenziale, stabiliscono che i Dirigenti dei Servizi “sono responsabili della gestione amministrativa dell’azione del Consorzio, tradotta in atti e sviluppata attraverso la direzione delle strutture organizzative nelle quali è articolata l’Amministrazione Consortile” e “sono tenuti annualmente alla stesura di un programma di attività che traduce in termini operativi gli obiettivi fissati dagli organi di governo”.
 
Venendo, dunque, all’analisi delle singole posizioni degli odierni convenuti, e delineando in primo luogo l’apporto causativo del danno de quo ascrivibile ai membri del CdA DE ROSA (Domenico DE ROSA, Gianluigi DI RONZA, Gennaro MOCERINO, Pietro ANGELINO, Mario PERNA, Simone PERROTTA ed il deceduto Domenico VASATURO), si osserva che ad essi sono addebitabili le più consistenti e reiterate omissioni in cui è consistita la sopra descritta inefficiente ed inefficace gestione delle più importanti attività (attuazione del servizio r.d. dei rifiuti, in particolare) normativamente affidate ai Consorzi di Bacino, visto che non risulta in atti che il CdA in parola abbia mai assunto concrete iniziative finalizzate al potenziamento del parco automezzi in dotazione al Consorzio, al reperimento di un deposito idoneo alla custodia degli automezzi medesimi –che sono stati fatti oggetto, infatti, di vari furti, come ricordato nella relazione IGF menzionata in precedenza- ed alla corretta utilizzazione dei lavoratori impiegati presso l’Ente e degli LSU in particolare. Invero, la gestione posta in essere dal CdA de quo è stata, per lo più, improntata al continuo e reiterato ricorso a sterili argomentazioni auto-giustificative ed auto-commiserative, basate sulle doglianze –puntualmente riproposte nella presente sede- riguardanti il progressivo svuotamento delle competenze dei Consorzi di Bacino, la progressiva riduzione delle risorse economiche agli stessi assegnate –addebitabili al Commissario di Governo- e l’ostruzionismo delle amministrazioni dei Comuni ricompresi nell’ambito consortile, orientate più a conservare i preesistenti rapporti convenzionali con aziende private che ad affidare l’attività di raccolta dei rifiuti urbani (e della differenziata, in particolare) al Consorzio di Bacino. Del continuo ricorso alle doglianze in parola –da ritenersi solo parzialmente fondate, secondo le condivisibili osservazioni contenute nella relazione IGF e nell’atto di citazione e svolte, altresì, dal PM di udienza in sede di rimodulazione della domanda risarcitoria del danno patrimoniale diretto- costituiscono significativa testimonianza le delibere del medesimo CdA di dimissioni dall’incarico (n. 360/2002 e n. 58/2003, all.ti n. 13 e n. 14 al fascicolo di parte). Che fosse possibile, invero, comunque assumere concrete iniziative finalizzate al potenziamento del parco automezzi in dotazione al Consorzio ed al reperimento di un deposito idoneo alla custodia degli automezzi medesimi, è dimostrato dal fatto che esse sono state effettivamente poste in essere dal successivo CdA (DEL PRETE).
 
Infine, va rilevato che i piani industriali elaborati e approvati dal CdA DE ROSA, riguardo in particolare la realizzazione di un sistema integrato di raccolta dei rifiuti, nonché la Relazione previsionale e programmatica del bilancio 2003 (all.ti nn. 21, 22, 23, 24, 25 e 26 al fascicolo di parte), rappresentano enunciazioni teoriche di vari propositi, azioni e definizioni, privi del supporto delle necessarie previsioni circa le fonti e l’ammontare dei finanziamenti che avrebbero dovuto consentirne la realizzazione, indicazioni senza le quali, naturalmente, le previsioni progettuali si presentano come concretamente irrealizzabili.
 
Per quanto, poi, concerne la mancata utilizzazione dei LSU –che secondo la condivisibile prospettazione del PM di udienza non è causa di diretto depauperamento patrimoniale di alcun Ente ma rappresenta ulteriore e rilevante causa della quasi totale inefficacia ed inefficienza della gestione consortile- dagli atti relativi al giudizio n. 59009 risulta –a chiara conferma di quanto rilevato nella relazione IGF e puntualizzato nell’atto introduttivo del giudizio- che agli LSU è stata dedicata una serie di atti deliberativi progettuali, approvati tra il 2003 ed il 2007, contenenti in realtà, la mera reiterata proroga del progetto originario approvato con delibera n. 30/1997 (riguardante la raccolta differenziata dei materiali riciclabili e la sensibilizzazione/educazione dei cittadini alla medesima raccolta differenziata dei rifiuti), rimasto così sempre inattuato. In effetti, la relazione IGF e l’atto introduttivo del giudizio n. 59009, condivisibilmente evidenziano come la sostanziale inutilizzazione dei lavoratori impiegati presso l’Ente consortile –e dei LSU in particolare- abbia rappresentato una delle più rilevanti cause della fallimentare gestione dell’Ente stesso.
 
Tale ultima inadempienza va ritenuta addebitabile, secondo le risultanze degli atti di causa, anche ai membri del CdA DEL PRETE (Vincenzo DEL PRETE, Giovanni ALTOBELLI, Biagio IMPERO, Salvatore ZANFARDINO, Michele SIRICO, Salvatore BELLOTTI, Salvatore DI LORENZO), che –pur essendo stati autori di iniziative finalizzate al potenziamento del parco automezzi, la cui insufficienza ha costituito una delle principali cause del fallimento gestionale consortile- hanno anch’essi omesso di assumere qualsivoglia iniziativa intesa alla proficua utilizzazione di una delle principali risorse dell’Ente, costituita, appunto, dal personale impiegato, oltretutto in considerevole numero di unità. Invero, l’unico atto che appare in qualche modo inteso ad una razionale organizzazione della gestione dei LSU ai fini di un complessivo miglioramento del servizio istituzionale, è la disposizione del Presidente CdA Vincenzo DEL PRETE n. 9256 del 06-11-2007 (cfr. all. senza n. al fascicolo di Agrippino LEUCOIO) con cui è stato conferito al dipendente del Consorzio arch. Luigi Fiorillo l’incarico di provvedere alla preparazione di un progetto di organizzazione dei LSU in forza presso l’Ente, mediante una ripartizione territoriale che ne garantisse l’uso ottimale.
 
Inoltre, il deficit di programmazione gestionale che ha caratterizzato la complessiva gestione consortile, è sicuramente rilevabile, secondo le risultanze degli atti di causa –pur se in misura decisamente minore, per quanto dianzi osservato- anche a carico del CdA DEL PRETE.
 
Riguardo il Responsabile dei Servizi Tecnici del Consorzio di Bacino Napoli 2 Agrippino LUCOIO, va evidenziato che questi, pur avendo certamente posto in essere una serie di iniziative finalizzate al raggiungimento degli obiettivi istituzionali –come risulta sia dalle osservazioni contenute nella relazione IGF sopra richiamata e sia dalla documentazione allegata alle memorie difensive- consistite anche nel sottoporre all’attenzione del CdA le rilevanti problematiche gestionali e le pressanti esigenze riorganizzative della generale attività consortile, ha, tuttavia, provveduto soltanto negli ultimi mesi del 2006 e nei primi del 2007 a redigere dei progetti di riorganizzazione del servizio di r.d. dei rifiuti e di impiego dei lavoratori, progetti che, oltretutto –come rilevato nella relazione IGF con riferimento alla relazione tecnica del 14-03-2007- contengono “una serie di propositi, azioni e definizioni non supportate dalle necessarie previsioni circa le fonti di finanziamento che dovrebbero assicurarne la realizzazione”, senza le quali, ovviamente, le previsioni e le indicazioni progettuali si risolvono in mere enunciazioni teoriche, insuscettibili di realizzazione concreta. Pertanto, non può non riscontrarsi, a carico dell’arch. Agrippino LEUCOIO, l’assunzione di un comportamento complessivamente incidente sulla determinazione del danno descritto in precedenza.
 
Per quanto, infine, concerne il Responsabile del Servizio Economico Finanziario del Consorzio di Bacino Napoli 2 Carmine ADAMO, titolare di incarico di collaborazione professionale coordinata e continuativa, a tempo determinato con decorrenza 02-01-2002, quale Ragioniere Economo del Consorzio di Bacino Napoli 2 (cfr. all. n. 1 al fascicolo di parte), il Collegio non ritiene di poter integralmente condividere il rilievo difensivo, secondo cui egli era del tutto privo di qualsiasi competenza in riferimento all’organizzazione del personale –e, dunque, al raggiungimento degli obiettivi in materia di r.d.- che rientrava, invece, nelle competenze del Settore Tecnico consortile. Invero, dalla lettura dell’art. 2 del conferimento dell’incarico emerge che egli era, sì, preposto al controllo dell’orario di lavoro e della presenza in servizio del solo personale dipendente assegnato al Settore Ragioneria ed Economato, ma anche era incaricato di curare tutte le procedure relative alle assunzioni, alle nomine, al collocamento a riposo ed alle iniziative disciplinari, relative, dunque, a tutto il personale consortile; è fondata, invece, la deduzione difensiva di Carmine ADAMO secondo cui il controllo dell’orario di lavoro e della presenza in servizio del personale dipendente in carico agli impianti o distribuiti per la varie incombenze sul territorio di competenza del Consorzio di Bacino Napoli 2, era affidato all’Ingegnere Capo (cfr. conferimento del relativo incarico all’arch. Adolfo Crinisio, all. n. 2 al fascicolo del convenuto ADAMO).
 
Ciò che sul punto rileva in modo particolare, tuttavia, è il fatto che l’art. 39 dello Statuto consortile indica il Ragioniere fra le “figure professionali ritenute indispensabili per il funzionamento dei Servizi del Consorzio” (cfr. all. n. 4 al fascicolo di parte), tant’è vero che Carmine ADAMO provvide ad inviare al CdA allora in carica (nota prot. n. 2085 del 09-03-2007, all. n. 8 al fascicolo di parte) sollecito all’individuazione e definizione del programma di attività cui i dirigenti del Consorzio avrebbero dovuto conformarsi, dovendo il Responsabile dell’Ufficio Ragioneria “esplicitare in cifre quelli che sono gli obiettivi e gli indirizzi” stabiliti dal CdA, precisando, altresì, che in mancanza, egli avrebbe comunque provveduto all’elaborazione del bilancio preventivo, “esimendosi però da ogni responsabilità nel caso in cui esso non dovesse rispecchiare in pieno quelle che sono le linee guida dell’organo direttivo”. Tutto ciò evidenzia, dunque, il rilievo dei compiti affidati a Carmine ADAMO, titolare dell’incarico di Responsabile del Settore Economico Finanziario a decorrere dal 2002 sino ad almeno tutto il 2007, nell’ambito dell’Ente consortile, in riferimento, in particolare, alla programmazione economico-finanziaria della gestione, il che non consente di ritenerne posizione, competenze e comportamenti del tutto svincolati, sotto il profilo causale, dalla gestione medesima, la cui inefficacia, inefficienza ed anti-economicità ha dato causa alla produzione del nocumento descritto e quantificato ai punti 9.A. e 9.B. che precedono.
 
Ciò posto, tuttavia, già in sede di contestazione introduttiva del presente giudizio, il requirente ha evidenziato che il danno de quo deve essere in parte addebitato all’ufficio del Commissariato ed agli amministratori dei comuni consorziati. Il primo, infatti, va ad avviso del requirente ritenuto responsabile di superficialità organizzativa, di assenza di reali controlli ed interventi a correzione dell’operato dei consorzi, di mancanza di assistenza amministrativa, di consulenza tecnica, di conferimento di mezzi nei confronti dei consorzi medesimi e di una diversa organizzazione delle attività (anche mediante l’avocazione dello stesso compito assegnato di raccolta differenziata). Agli amministratori dei comuni consorziati, invece, va rimproverata, secondo la ricostruzione operata nell’atto introduttivo del giudizio, l’assoluta mancanza di collaborazione ai fini della gestione e della soluzione del problema della raccolta differenziata dei rifiuti. In ragione di tali considerazioni, il requirente ha inizialmente prospettato l’addebito agli odierni convenuti di “solo” un terzo (pari ad € 2.160.782,78) del complessivo danno patrimoniale diretto (pari ad € 6.482.348,34). Nel corso dell’odierno dibattimento, il PM di udienza ha ulteriormente ridotto la contestazione in parola ad un sesto del complessivo danno, ovvero ad € 1.080.391,39, in considerazione della ritenuta parziale fondatezza dei rilievi difensivi in proposito, concernenti –come evidenziato nella premessa in fatto- il rilevante difetto di collaborazione sia degli uffici commissariali e sia delle amministrazioni comunali, cui sono ricollegabili la mancata trasformazione in s.p.a., la mancata attivazione dei piani industriali elaborati e la mancata realizzazione concreta delle delibere adottate dal c.d.a. per realizzare un efficiente sistema di raccolta differenziata dei rifiuti.
 
Il Collegio ritiene, per quanto dianzi considerato, fondata la domanda attorea, concernente il danno patrimoniale diretto, siccome riformulata nel corso dell’odierna udienza.
 
Il danno medesimo, così come quello derivato dalla lesione dell’immagine turistica della Regione Campania (pari, come dianzi statuito, ad € 60.000,00), va ripartito, stanti le suesposte considerazioni nonché per la durata dei rispettivi incarichi, come segue: per l’80% (€ 864.313,10 + € 48.000,00) a carico dei membri del CdA DE ROSA (dunque, € 123.473,30 + € 6.857,14 ciascuno, restando peraltro a carico della collettività la quota ricadente su Domenico VASATURO, deceduto in data 14-05-2007: cfr. certificazione allegata al n. 7 del fascicolo di Procura), per il 10% (€ 108.039,14 + € 6.000,00) a carico dei membri del CdA DEL PRETE (dunque, € 15.434,16 + € 857,14), mentre per l’8% (€ 86.431,30 + € 4.800,00) va poi addebitato ad Agrippino LEUCOIO e per il 2% (€ 21.607,83) a Carmine ADAMO, per il quale ultimo –si rammenta- è stata statuita l’inammissibilità della domanda risarcitoria concernente il danno all’immagine turistica della Regione Campania.
 
11. Riguardo, infine, all’elemento soggettivo dell’illecito amministrativo-contabile in controversia, che la Procura ha indicato come colpa grave, questo deve, del pari, essere ritenuto sussistente, fatta eccezione per i convenuti Agrippino LEUCOIO e Carmine ADAMO, per le considerazioni che di seguito si espongono.
 
I componenti dei CdA del Consorzio di Bacino Napoli 2 hanno posto in essere, con i loro comportamenti per lo più omissivi, pur aventi diversa incidenza sulla determinazione del danno suindicato, consistiti nella palese violazione delle disposizioni normative regolanti il servizio di raccolta differenziata dei rifiuti e delle regole di buona amministrazione. Invero, essi hanno posto in essere una gestione dell’Ente a dir poco disarmonica rispetto ai principi di economicità, efficienza ed economicità cui dovrebbe essere informata l’azione amministrativa, come emerge del tutto evidente da quanto considerato in punto di nesso di causalità. Invero, i soggetti di che trattasi hanno trascurato di adempiere i fondamentali doveri istituzionali loro affidati, consistenti nella programmazione dell’attività dell’Ente –da effettuarsi non mediante mere enunciazioni teoriche, ma attraverso concrete e precise indicazioni progettuali, che sono invece del tutto mancate- nell’assunzione di iniziative finalizzate al potenziamento ed alla custodia del parco automezzi del Consorzio e nella razionale utilizzazione del personale ivi impiegato. Tutto ciò ha dato luogo, per evidenti negligenza ed imperizia, non solo ad inutile dispendio delle risorse affidate all’Ente consortile, ma anche –e tale è il nocumento oggetto del presente giudizio- al conseguimento di ben scarsi introiti per la vendita del materiale destinato al recupero ed al riciclo nonché alla lesione dell’immagine turistica della Regione Campania.
 
Per quanto concerne Agrippino LEUCOIO e Carmine ADAMO, invece, il Collegio non ravvisa la sussistenza a loro carico dell’elemento soggettivo della colpa grave, poiché in atti risulta che essi si sono comunque attivati per quanto di loro competenza –come già rilevato al punto 10 che precede- pur se mediante iniziative inidonee a dar luogo al pieno adempimento dei loro compiti istituzionali, comportamento che può, tutt’al più, ritenersi meramente colposo.
 
12. Conclusivamente, questo Collegio ritiene che Il danno patrimoniale diretto subito dal Consorzio di Bacino “Napoli 2” (poi confluito nel Consorzio Unico ex lege n. 123 del 14-07-2008) negli anni 2003-2007 per mancati ricavi nella vendita del materiale differenziabile, quantificato in € 1.080.391,39, oltre al pregiudizio arrecato all’immagine turistica della Regione Campania, quantificato in € 60.000,00, siano addebitabili come segue: per l’80% (€ 864.313,10 + € 48.000,00) a carico dei membri del CdA DE ROSA (Domenico DE ROSA, Gianluigi DI RONZA, Gennaro MOCERINO, Pietro ANGELINO, Mario PERNA, Simone PERROTTA ed il deceduto Domenico VASATURO), dunque nell’importo di € 123.473,30 + € 6.857,14 ciascuno, restando peraltro a carico della collettività la quota ricadente su Domenico VASATURO; per il 10% (€ 108.039,14 + € 6.000,00) a carico dei membri del CdA DEL PRETE (Vincenzo DEL PRETE, Giovanni ALTOBELLI, Biagio IMPERO, Salvatore ZANFARDINO, Michele SIRICO, Salvatore BELLOTTI, Salvatore DI LORENZO), dunque nell’importo di € 15.434,16 + € 857,14. Il tutto, oltre rivalutazione monetaria; dette somme saranno gravate, altresì, di interessi legali a far data dalla pubblicazione della presente decisione.
 
Per quanto riguarda, infine, le spese di giudizio, queste ai sensi dell’art. 97 c.p.c., seguono la soccombenza.
 
Dovendosi, invece, prosciogliere da ogni addebito, per mancanza dell’elemento soggettivo della colpa grave, Agrippino LEUCOIO e Carmine ADAMO, il restante 10% degli importi complessivi sopra indicati -cioè, di € 1.080.391,39 e di € 60.000,00) resterà a carico della collettività. Tuttavia, quanto esposto in precedenza induce il Collegio a rinvenire motivi più che giustificati per non attribuire ai convenuti, seppur prosciolti, il rimborso delle spese legali e disporre invece, per la colpa ut supra rilevata, la compensazione di tutte le spese tra le parti.
 
Non ignora il Collegio che tale possibilità di compensazione risulta controversa. Al riguardo, l’art. 3 comma 2-bis del D.L. 23 ottobre 1996 n. 543, convertito dalla l. 20 dicembre 1996 n. 639, ha stabilito che l’obbligo di rifondere le spese legali al convenuto grava sull’amministrazione di appartenenza “in caso di definitivo proscioglimento”. L’art. 10 bis, comma 10, del D.L. 30 settembre 2005 n. 203, conv. dalla L. 2 dicembre 2005 n. 248 (come modificato dall’art. 17, comma 30-quinquies, D.L. 1 luglio 2009, n. 78, coordinato con la l. di conversione 3 agosto 2009, n. 102), in sede di interpretazione autentica ha previsto che “le disposizioni dell’art. 3 comma-2 bis del decreto legge 23 ottobre 1996 n. 543, convertito dalla legge 20 dicembre 1996 n. 639 e dell’art. 18 comma 1 del decreto legge 25 marzo 1997 n. 67, convertito dalla legge 23 marzo 1997 n. 135, si interpretano nel senso che il giudice contabile, in caso di proscioglimento nel merito e con la sentenza che definisce il giudizio, ai sensi e con le modalità di cui all’art. 91 del codice di procedura civile, non può disporre la compensazione delle spese del giudizio e liquida l’ammontare degli onorari e diritti spettanti alla difesa del prosciolto”; con la sentenza n. 8455 del 2 aprile 2008 le SS.UU. delle C. Cass. hanno precisato che la disposizione in parola ha carattere innovativo con effetto retroattivo.
 
Ritiene, tuttavia, il Collegio che resti fermo il potere di compensare le spese tra le parti, non soltanto in presenza di altre cause di proscioglimento (in rito o per prescrizione), ma anche in presenza di particolari elementi che, come emerso nel presente caso, pur non essendo sufficienti ad integrare tutti gli elementi costitutivi di responsabilità, non siano del tutto immuni da censure (cfr. Sez. Giur. Lombardia, n. 767/2009; Sez. Giur. Campania, n. 1417/2009; Sez. Giur. Lazio, n. 1781/2009).
 
Si riporta, inoltre, quanto condivisibilmente osservato dalla Sez. Giur. Emilia Romagna nella recente sentenza n. 295/2011:
 
“La decisione del giudice contabile di compensare le spese di lite in applicazione dell’art. 92 del c.p.c., come sostituito dall’art. 2, comma 1, lett. a) della L. 2005 n.26, applicabile in virtù del richiamo residualmente operato dall’articolo 26 del regolamento di procedura per i giudizi innanzi alla Corte dei conti (R.D. n. 1038 del 1933) è, oltretutto, espressione di un potere discrezionale incensurabile in sede di legittimità (Cass. Sez. III, 2007, n. 9296; Cass., S.U. 2005, n. 14989; Cass. S. U. 1994, n. 9597), quando vi è specifica motivazione sul punto.
 
La Cassazione Sezione II nella sentenza n. 19 novembre 2007, n. 23993), ha infatti ribadito che «…il potere di compensazione delle spese processuali può ritenersi legittimamente esercitato da parte del giudice in quanto risulti affermata e giustificata, in sentenza, la sussistenza dei presupposti cui esso è subordinato» (in tal senso anche Cass. Sez. II, 2007 n. 6681 e buona parte della giurisprudenza della Corte dei conti, tra cui Sez. giurisdiz. Lombardia 2010 n. 10).
 
La conformità del potere del giudice di compensare le spese ai principi costituzionali ha, del resto, trovato conforto anche nella giurisprudenza della Corte costituzionale (cfr. ordinanza 21 dicembre 2004 n. 395).
 
La compensazione delle spese legali in presenza di parte pubblica risponde, inoltre, anche allo scopo di proteggere l’Erario dal relativo esborso, circostanza che è stata ritenuta rispondente a causa di pubblica utilità dalla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo nel caso Ambruosi contro Italia, sentenza del 19 ottobre 2000, sul ricorso n. 31227/1996”.
 
P.Q.M.
 
La Corte dei Conti
 
Sezione Giurisdizionale per la Campania
 
definitivamente pronunciando:
 
1. RIUNISCE i giudizi inscritti ai n. 59004 e 59009 del registro di Segreteria per connessione oggettiva e soggettiva (art. 274 c.p.c);
 
2. DICHIARA L’ESTINZIONE della domanda attorea, per rinuncia del PM, nei confronti dei convenuti Adolfo ROBUSTELLI e Felice GIORDANO, liquidando forfettariamente in complessivi € 1000,00 ciascuno, oltre IVA e CPA, gli onorari e i diritti relativi al presente giudizio;
 
3. RIGETTA le eccezioni di nullità degli atti istruttori e processuali;
 
4. RIGETTA le eccezioni di nullità/inammissibilità dell’atto di citazione per tardività, genericità/indeterminatezza, mutatio libelli rispetto all’invito a dedurre;
 
5. ACCOGLIE l’eccezione d’inammissibilità della domanda risarcitoria del danno all’immagine sollevata dal convenuto Carmine ADAMO, con esclusivo riferimento, dunque, alla sua specifica posizione;
 
6. RIGETTA l’eccezione di prescrizione dell’azione di responsabilità amministrativo-contabile;
 
7. RIGETTA la domanda attrice riguardante il danno alla reputazione del Consorzio di Bacino Napoli 2;
 
8. PROSCIOGLIE i signori Agrippino LEUCOIO e Carmine ADAMO da ogni addebito, compensando tra le parti le spese processuali;
 
9. CONDANNA i sigg. Domenico DE ROSA, Gianluigi DI RONZA, Gennaro MOCERINO, Pietro ANGELINO, Mario PERNA, Simone PERROTTA, Vincenzo DEL PRETE, Giovanni ALTOBELLI, Biagio IMPERO, Salvatore ZANFARDINO, Michele SIRICO, Salvatore BELLOTTI e Salvatore DI LORENZO al pagamento, oltre rivalutazione monetaria:
 
A) della somma complessiva di € 1.080.391,39 in favore del Consorzio di Bacino “Napoli 2” (poi confluito nel Consorzio Unico ex lege n. 123 del 14-07-2008), da ripartirsi nella quota di € 123.473,30 ciascuno, per Domenico DE ROSA, Gianluigi DI RONZA, Gennaro MOCERINO, Pietro ANGELINO, Mario PERNA, Simone PERROTTA (restando a carico della collettività l’analoga quota addebitabile a Domenico VASATURO, deceduto), e di € 15.434,16 ciascuno, per Vincenzo DEL PRETE, Giovanni ALTOBELLI, Biagio IMPERO, Salvatore ZANFARDINO, Michele SIRICO, Salvatore BELLOTTI e Salvatore DI LORENZO;
 
B) della somma complessiva di € 60.000,00 in favore della Regione Campania, da ripartirsi nella quota di € 6.857,14 ciascuno, per Domenico DE ROSA, Gianluigi DI RONZA, Gennaro MOCERINO, Pietro ANGELINO, Mario PERNA, Simone PERROTTA (restando a carico della collettività l’analoga quota addebitabile a Domenico VASATURO, deceduto), e di € 857,14 ciascuno, per Vincenzo DEL PRETE, Giovanni ALTOBELLI, Biagio IMPERO, Salvatore ZANFARDINO, Michele SIRICO, Salvatore BELLOTTI e Salvatore DI LORENZO.
 
Dette somme saranno gravate di interessi dalla data di pubblicazione della presente sentenza al soddisfo.
 
I predetti soggetti sono, poi, tenuti al pagamento, nei confronti dell’erario, delle spese di giustizia che si liquidano in euro ……………………
 
Così deciso in Napoli, nella camera di consiglio del giorno 28 giugno 2012.
 
IL CONS. ESTENSORE                    IL PRESIDENTE
 
(Rossella Cassaneti)                    (Fiorenzo Santoro)
 

 

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