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Giurisprudenza: Giurisprudenza Sentenze per esteso massime | Categoria: Danno erariale, Pubblica amministrazione Numero: 257 | Data di udienza: 7 Luglio 2020

RESPONSABILITÀ AMMINISTRATIVA – Autonomia dell’azione giuscontabile rispetto all’azione penale – Elementi costitutivi della responsabilità amministrativa – Rapporto di servizio – Occasionalità necessaria – Sussistenza della condotta contestata – Elemento soggettivo – DANNO ERARIALE – Incentivi economici – Indennità di risultato – artt. 3 e 4 D. Lgs. n. 150 del 2009 – Ciclo di gestione della performance – Conflitto di interesse – Duplice posizione di soggetto valutatore dei livelli di performance e soggetto valutato – Omessa astensione – Dovere di astensione – Violazione art. 97 Cost., art. 6 bis L. n. 241 del 1990, artt. 3, 7 e 13 D.P.R. n. 62 del 2013 (massima a cura di Luca Maria Tonelli)


Provvedimento: Sentenza
Sezione:
Regione: Calabria
Città:
Data di pubblicazione: 24 Luglio 2020
Numero: 257
Data di udienza: 7 Luglio 2020
Presidente: Loreto
Estensore: Facciorusso


Premassima

RESPONSABILITÀ AMMINISTRATIVA – Autonomia dell’azione giuscontabile rispetto all’azione penale – Elementi costitutivi della responsabilità amministrativa – Rapporto di servizio – Occasionalità necessaria – Sussistenza della condotta contestata – Elemento soggettivo – DANNO ERARIALE – Incentivi economici – Indennità di risultato – artt. 3 e 4 D. Lgs. n. 150 del 2009 – Ciclo di gestione della performance – Conflitto di interesse – Duplice posizione di soggetto valutatore dei livelli di performance e soggetto valutato – Omessa astensione – Dovere di astensione – Violazione art. 97 Cost., art. 6 bis L. n. 241 del 1990, artt. 3, 7 e 13 D.P.R. n. 62 del 2013 (massima a cura di Luca Maria Tonelli)



Massima

CORTE DEI CONTI, SEZ. GIURISD. PER LA REGIONE CALABRIA – 24 luglio 2020, sent. n. 257

RESPONSABILITÀ AMMINISTRATIVA – Autonomia dell’azione giuscontabile rispetto all’azione penale – Elementi costitutivi della responsabilità amministrativa – Rapporto di servizio – Occasionalità necessaria – Sussistenza della condotta contestata – Elemento soggettivo.

La peculiare finalità della responsabilità amministrativo contabile, tesa ad imputare a singoli dipendenti il giusto importo del danno (diretto o indiretto) arrecato alla PA per condotte attive o omissive, evidenzia la sua ontologica differenza dalla responsabilità penale, che ha il diverso scopo di tutelare valori dell’intera collettività a fronte di violazioni di maggiore offensività, nonostante talune affinità (finalità preventive e repressive in entrambe, comuni principi quali la personalità e non trasmissibilità della responsabilità, la proporzionalità punitiva, il contraddittorio, etc.) e nonostante in molteplici casi entrambe le responsabilità possano trovare la loro scaturigine da un medesimo fatto storico. Ne discende che, salvi i casi eccezionali di cd. pregiudiziale penale (che allo stato riguarda il solo danno all’immagine della P.A., e nemmeno nella totalità dei casi), l’azione giuscontabile esibisce tratti di assoluta autonomia rispetto all’azione penale tanto sul piano processuale (sicché in linea di principio la previa condanna penale non è condizione di procedibilità dell’azione erariale) quanto sul piano sostanziale (il che val quanto dire che gli elementi costitutivi della fattispecie di danno erariale non coincidono con quelli della fattispecie incriminatrice penale).
Per aversi responsabilità amministrativa non è sufficiente che l’autore dell’illecito sia legato all’Amministrazione da un rapporto di servizio, ma è altresì necessario che il fatto causativo del danno trovi, nell’espletamento del servizio, la sua “occasione necessaria”, un nesso imprescindibile, tale da ritenere che la condotta non avrebbe potuto essere realizzata se il dipendente non avesse ricoperto tale funzione.

DANNO ERARIALE – Incentivi economici – Indennità di risultato – Artt. 3 e 4 D. Lgs. n. 150 del 2009 – Ciclo di gestione della performance – Conflitto di interesse – Duplice posizione di soggetto valutatore dei livelli di performance e soggetto valutato – Omessa astensione – Dovere di astensione – Violazione art. 97 Cost., art. 6 bis L. n. 241 del 1990, artt. 3, 7 e 13 D.P.R. n. 62 del 2013.

Il dovere di astensione in presenza di un conflitto di interessi sussiste anche nelle ipotesi in cui manchi una disciplina specifica e anche quando non vi sia stata un’autonoma presa di posizione dell’Amministrazione sul punto. Di conseguenza, a nulla vale obiettare che nessun conflitto di interessi sia mai stato eccepito dall’Amministrazione. Il divieto di autovalutazione da parte del dirigente, ai fini della liquidazione dell’indennità di risultato, rappresenta un principio insito nel sistema, soprattutto a seguito del D. Lgs. n. 150 del 2009.

Pres. Loreto, Est. Facciorusso. PM Di Pietro – omissis (avv. Bombardieri)


Allegato


Titolo Completo

CORTE DEI CONTI, SEZ. GIURISD. PER LA REGIONE CALABRIA – 24 luglio 2020, sentenza n. 257

SENTENZA

 

R E P U B B L I C A    I T A L I A N A

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE DEI CONTI

SEZIONE GIURISDIZIONALE REGIONALE PER LA CALABRIA

composta dai seguenti magistrati:

Rita Loreto Presidente

Natale Longo Consigliere

Sabrina Facciorusso Referendario (relatore)

ha pronunciato la seguente

S E N T E N Z A

nel giudizio di responsabilità iscritto al numero 22440/2020 del registro di segreteria, promosso dal Procuratore regionale della Corte dei conti nei confronti di omississ, nato a omississ il omississ, rappresentato e difeso dall’Avv. Vincenzo BOMBARDIERI ed elettivamente domiciliato presso il suo studio sito in Roccella Ionica, in Viale XXV Aprile n. 21/B.

Esaminati gli atti e i documenti della causa;

Uditi, nella pubblica udienza del 7 luglio 2020, il Pubblico Ministero nella persona del dott. Giovanni Di Pietro nonché l’Avv. Vincenzo BOMBARDIERI per il convenuto;

RITENUTO IN FATTO

1. Il presente giudizio trae origine da una segnalazione di danno erariale pervenuta all’esito di alcuni procedimenti penali avviati dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Catanzaro a carico di taluni dirigenti apicali della Regione Calabria e culminati, tra l’altro, con il rinvio a giudizio dell’odierno convenuto per il reato di cui all’articolo 323 cp. Afferma la Procura attrice che lo omississ, in qualità di Dirigente generale pro tempore del Dipartimento omississ della Regione Calabria dal novembre 2013, in violazione dell’art. 97 Cost., dell’art. 6bis l. n. 241/1990, degli artt. 3, 7 e 13 dPR n. 62/2013 e delle norme regolamentari afferenti alla cd. “indennità di risultato” avrebbe rivestito la duplice posizione di soggetto valutatore dei livelli di performance e soggetto valutato, omettendo di astenersi e in tal modo procurandosi l’attribuzione della massima indennità di risultato per gli anni 2011 e 2013.
Più in dettaglio, dalla lettura degli atti di causa emerge che omississ ha ricoperto fino all’ottobre 2013 l’incarico di Dirigente di Settore omississ e che dal 16 ottobre 2013 ha, altresì, ricoperto l’incarico di Dirigente generale ad interim del Dipartimento omississ della Regione Calabria, cumulando pertanto le due posizioni.
Ciò che si contesta allo omississ è che, nella predetta qualità di Dirigente generale reggente, abbia provveduto ad (auto)valutare la propria (pregressa) performance di Dirigente di Settore per due distinte annualità (il 2011 e il 2013) attribuendosi un punteggio elevatissimo e dunque conseguendo la massima indennità di risultato.
Precisamente, in data 15 luglio 2014 lo omississ, rivestendo le funzioni di Dirigente generale vicario del Dipartimento, ha sottoscritto la scheda di valutazione afferente alla propria performance realizzata quale Dirigente del Settore omississ del Dipartimento omississ per l’anno 2011, attribuendosi un punteggio pari a 98/100 e percependo così la liquidazione dell’indennità di risultato al 100%, pari ad € 20.889,21, liquidata con il decreto n. omississ.
Successivamente, in data 20.5.2015, sempre in qualità di Dirigente generale vicario del Dipartimento, lo omississ ha sottoscritto anche la scheda di valutazione afferente alla propria performance realizzata quale Dirigente del Settore omississ per l’anno 2013, limitatamente a dieci mesi, attribuendosi un punteggio pari a 98,50/100 e quindi percependo l’indennità di risultato al 100%, pari ad € 10.862,50, liquidata con il decreto di liquidazione n. omississ.
Al contrario, la valutazione della performance dello omississ nei due mesi del 2013 in cui ha svolto le funzioni di Dirigente generale vicario è stata compiuta dall’OIV della Regione Calabria e recepita dalla Giunta Regionale con delibera n. omississ, attribuendo all’odierno convenuto un punteggio di 71,34/100.
La materiale corresponsione delle somme che la Procura assume indebitamente percepite (€ 20.889,21 per l’anno 2011 e € 10.862,50 per l’anno 2013) è provata, in atti, dai prospetti delle competenze del omississ dei mesi di luglio 2014 e febbraio 2016 con la dicitura “Retrib. di Risul.AP” e “Arr. Retribuzione di risultato Dic. 13”. Sul punto non v’è contestazione.
Per questi fatti l’odierno convenuto è altresì sottoposto a un procedimento penale nell’ambito del quale gli si contesta il reato di abuso d’ufficio, per avere omesso di astenersi dal sottoscrivere le due schede di valutazione in presenza di una situazione di conflitto di interessi.
Afferma inoltre la Procura che altri dirigenti venutisi a trovare nella medesima situazione dello omississ, (ovvero i dirigenti omississ, omississ, omississ e omississ) si sarebbero astenuti dall’autovalutarsi, rimettendosi alle determinazioni dell’OIV.
In conclusione la Procura attrice, confutando le deduzioni difensive dello omississ, ritiene che questi, decidendo di autovalutarsi, ed assumendo pertanto la duplice veste di soggetto valutato (dirigente di settore) e di soggetto valutatore (dirigente generale), abbia esercitato un potere discrezionale volto alla corresponsione di un beneficio economico in violazione delle norme che impongono al pubblico dipendente il dovere di astensione in caso di conflitto di interesse (art. 97 Cost., artt. 3, 7 e 13 dPR n. 62/2013; art. 6bis l. n. 241/1990) e determinando con la sua condotta un danno che può essere parametrato all’intera retribuzione allo stesso corrisposta. Chiede pertanto la condanna dello omississ a complessivi € 31.751,71 pari alla somma delle due indennità percepite, le quali ammontano rispettivamente a € 20.889,21 ed € 10.862,50.
2. Con memoria di costituzione depositata il 9 giugno 2020 la difesa dello omississ, partendo dal presupposto che per i medesimi fatti lo omississ è sottoposto a procedimento penale, rammenta che secondo la giurisprudenza della Cassazione Penale ai fini dell’integrazione del reato di abuso di ufficio è necessario il dolo intenzionale ed è altresì necessario che all’omissione dell’obbligo di astenersi si aggiunga altresì l’ingiustizia del vantaggio patrimoniale procurato o del danno arrecato (cd. “doppia ingiustizia”).
Afferma che non risponde al vero quanto sostenuto dalla Procura Regionale laddove riferisce che i Dirigenti omississ, omississ, omississ e omississ, trovandosi nella medesima situazione dello omississ, avrebbero rimesso la loro valutazione per l’attività resa nell’anno 2011 all’Organismo Indipendente di Valutazione, in quanto i loro nominativi non figurano nella proposta di valutazione dei Dirigenti generali per detta annualità predisposta dall’ O.I.V., mentre i predetti dirigenti risultano inclusi nella proposta di valutazione dei Dirigenti predisposta dall’O.I.V. per l’anno 2013 (della quale la Giunta regionale ha preso atto con deliberazione n. omississ) per effetto dell’ultimo comma dell’art. 15 del Regolamento regionale n.1 del 06.02.2014, introdotto dalla Legge regionale n.5 del 21.05.2015, ma non ancora in vigore alla data in cui omississ ha sottoscritto le schede di valutazione in esame.
Quanto poi alle due (auto)valutazioni contestate, la difesa distingue le due ipotesi: la valutazione della performance per l’anno 2011 e la valutazione della performance per l’anno 2013.
2.1. Per quanto riguarda la performance dell’anno 2011 la difesa sostiene che il convenuto non si è “autovalutato”, avendo sostanzialmente riproposto una valutazione già effettuata nei suoi confronti dal Dirigente generale precedentemente in carica.
Afferma la difesa che la scheda di (auto)valutazione dello omississ, datata 15.07.2014 e riguardante la propria performance relativa all’anno 2011, in realtà era sostanzialmente riproduttiva della valutazione già compiuta nell’anno 2012, per la suddetta annualità, da parte dell’allora dirigente generale in carica, dott. omississ. Questo doppio passaggio valutativo (prima valutazione da parte del dott. omississ e successiva valutazione operata dallo omississ) era da imputarsi alla circostanza che l’iter procedimentale, formalmente avviato dal dott. omississ, era rimasto sospeso in attesa della approvazione del Piano delle Performance 2011/2013, per poi essere riavviato per effetto della circolare del Dipartimento Controlli n. omississ del omississ, con la quale venivano fornite indicazioni ai Dirigenti generali per la chiusura delle valutazioni individuali del personale dirigente in relazione all’annualità 2011 e veniva a tal fine suggerito l’utilizzo di schede valutative coerenti con l’impianto metodologico approvato contestualmente al Piano della performance 2011/2013 e con i diversi parametri valutativi ivi previsti per il personale dirigente.
Precisa pertanto la difesa che, a seguito di detta circolare, il dott. omississ – assunto medio tempore l’incarico di Dirigente generale del Dipartimento “omississ” – si sarebbe limitato a riavviare il procedimento valutativo, ma che tuttavia era stato necessario rielaborare le schede di valutazione al fine di assicurare la loro rispondenza alle indicazioni fornite con la citata circolare n. omississ ritrasmettendole, quindi, al Dipartimento “Organizzazione e Personale” con nota prot. n. omississ del omississ. Afferma che nessun conflitto di interessi è stato eccepito dal già menzionato Dipartimento. Nel complesso l’asserita autovalutazione dello omississ, in realtà, sarebbe stata una scelta meramente ricognitiva, priva di qualsiasiapprezzamento discrezionale da parte del convenuto.
Più in dettaglio – puntualizza la difesa – il format del vecchio modello di valutazione prevedeva due macro-aree di valutazione, mentre il nuovo modello ne prevedeva una terza denominata “Capacità di differenziazione”. Il convenuto, nel redigere la scheda contestata per le prime due “macroaree” (in comune con il vecchio modello) avrebbe riproposto, nei limiti del punteggio a disposizione, la valutazione effettuata nei suoi confronti dal precedente Dirigente generale dott. omississ. Quanto invece alla nuova macro-area “Capacità di differenziazione”, non presente nel modello precedente, il convenuto afferma di avere operato secondo la circolare integrativa del medesimo Dipartimento n. omississ del omississ, che prevedeva l’adozione di indici statistici di variabilità, quali lo scarto quadratico medio rispetto alla media dei giudizi di tutti i collaboratori valutati nel periodo di riferimento, finalizzati ad evidenziare la capacità
di differenziazione di giudizi nella valutazione dei propri collaboratori. Sicché, per detta macroarea, il dott. omississ avrebbe misurato la propria performance in modo automatico, in base ad indicatori oggettivi, con esclusione di qualsiasi discrezionalità da parte dello stesso.
Il punteggio relativo alla sua capacità di differenziazione era risultato così essere pari a punti 12.
Sennonché – sottolinea la difesa – tenuto conto della misurazione delle altre due macro-aree della scheda, che pesavano in ragione dell’80% del punteggio complessivo, il convenuto risultava avere totalizzato punti 90 su 100. La differenza tra il predetto punteggio (90/100 cui corrispondeva un’indennità di risultato pari all’80% della retribuzione) e quello finale attribuitosi dallo omississ (98/100, cui corrispondeva un’indennità di risultato pari al 100% della retribuzione) era dovuto al fatto che il convenuto ha ritenuto potersi applicare nel caso in esame la normativa recata dall’art. 23 del Regolamento regionale n. 1/2014, che consente di discostarsi dagli esiti delle misurazioni oggettive dei fattori valutativi, previa adeguata motivazione, quando il raggiungimento degli obiettivi sia stato condizionato dalla presenza: a) di variabili esogene oggettive non controllabili e non prevedibili dall’Ente e dal valutando; b) di variabili endogene oggettive non controllabili e non prevedibili dall’Ente e dal valutato.
Per quanto riguarda l’anno 2011 mancherebbe, pertanto, la condotta illegittima causativa del danno erariale in quanto, secondo la prospettazione difensiva, nessun potenziale conflitto di interessi si sarebbe potuto concretizzare.
2.2. Quanto alla performance per l’anno 2013 (anno in cui lo omississ aveva ricoperto le due differenti posizioni dirigenziali: quella di Dirigente del Settore omississ del Dipartimento omississ, da gennaio 2013 al giorno 15 del successivo mese di ottobre e quella di Dirigente generale reggente del medesimo Dipartimento dal 16.10. al 31.12.2013, la difesa ricorda che secondo la Procura è singolare la divergenza tra le valutazioni ricevute dallo omississ, atteso che per l’attività svolta nella funzione apicale di Dirigente generale la sua performance è stata valutata dall’OIV con un punteggio di 71,30/100, mentre per l’attività svolta nella posizione di Dirigente di Settore il punteggio della propria performance sia stato pari al 98,5/100.
Tali diverse valutazioni, secondo la difesa, si spiegano perché i riferiti giudizi valutativi sulla performance riguardano situazioni non omogenee in relazione sia alle attività svolte che ai periodi considerati.
Aggiunge che, invece, la valutazione come Dirigente di Settore per l’anno 2013 (in questa sede contestata) è in linea con le valutazioni che lo omississ ha conseguito nei precedenti otto anni, durante i quali egli ha svolto le medesime funzioni di dirigente di settore, che è pari a punti 97,65/100.
Aggiunge inoltre che, all’epoca dei fatti, non esisteva alcuna specifica disposizione regolamentare disciplinante i casi – come quello in esame – in cui il destinatario della valutazione fosse il medesimo dirigente al quale fosse stato assegnato il potere valutativo e che il comma 11° dell’art. 15 del Regolamento regionale n. 1/2014 è entrato in vigore successivamente ai fatti di causa e non ha portata retroattiva.
Per di più l’Ente, nelle more dell’integrazione regolamentare, non aveva indicato alcuna soluzione conciliativa dell’invocato obbligo di astensione con il diritto dei dirigenti ad essere pur sempre valutati.
Questo essendo il contesto in cui il dott. omississ ha sottoscritto la contestata scheda di valutazione, la difesa ha concluso nel senso che “nella specie manca il dolo intenzionale che esige una prova certa – secondo il canone
dell’“aldilà di ogni ragionevole dubbio” – che la volontà dell’agente sia stata orientata proprio a procurarsi un ingiusto vantaggio patrimoniale. E “tale certezza non può provenire esclusivamente dal comportamento non iure, ma deve trovare conferma anche in altri elementi sintomatici, quali l’apparato motivazionale su cui riposa il provvedimento….” (Cass.Pen Sez. VI 17022015 n.10133- Punto 2 del “considerato in diritto”). Sicché si deve dedurre che, per l’accertamento delle condotte causative di danno all’erario occorre tener conto della sostanza dei comportamenti amministrativi dell’agente” (pag.13 della memoria di costituzione).
Nel complesso, secondo le prospettazioni difensive, la circostanza che le valutazioni contestate siano in linea con la valutazione media dallo stesso conseguita nei precedenti otto anni durante i quali ha svolto le medesime funzioni di dirigente di settore farebbe difettare, nel caso di specie, la cd. “doppia ingiustizia”, requisito che la Corte di cassazione richiede ai fini della sussistenza del delitto di abuso d’ufficio, il quale è infatti integrato dalla doppia e autonoma ingiustizia, sia della condotta (violazione di norme di legge o di regolamento) che dell’evento di vantaggio patrimoniale conseguito (non spettante in base al diritto oggettivo).
Alla pubblica udienza del 7 luglio 2020, le parti hanno ribadito quanto già illustrato nei propri scritti.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. In punto di diritto, preliminarmente sarà utile operare una breve ricostruzione del quadro normativo di riferimento.
A questo riguardo la disciplina di settore è innanzitutto contenuta nel d.lgs. n. 150/2009 con cui, mediante una riforma organica del rapporto di lavoro nella Pubblica Amministrazione, sono state introdotte nuove regole in ordine alle prestazioni lavorative ed al valore delle attività eseguite, disciplinando puntualmente gli incentivi economici ad esse correlati.
In detto contesto risulta centrale il concetto di “ciclo di gestione della performance” mirato a supportare un’oggettiva valutazione delle Amministrazioni e dei dipendenti, non soltanto nella prospettiva del miglioramento e del rafforzamento delle responsabilità dirigenziali ma, per quanto di interesse nel caso specifico, nella prospettiva di un’accorta e puntuale selettività nell’attribuzione delle cd. “indennità di risultato”.
Infatti, ai sensi degli artt. 3 e 4 del d.lgs. 150/2009, per quanto attiene alle indennità di cui trattasi, il ciclo di gestione deve essere strutturato in apposite fasi che, in estrema sintesi, risultano riconducibili alle seguenti: 1) definizione ed assegnazione degli obiettivi che si intendono raggiungere, dei valori attesi di risultato e dei rispettivi indicatori; 2) misurazione e valutazione della performance individuali; 3) utilizzo dei sistemi premianti, secondo criteri di valorizzazione del merito.
Elemento cardine del “Sistema di misurazione e valutazione della performance” previsto dall’art. 7 del menzionato decreto legislativo risulta essere l’Organismo Indipendente di Valutazione della performance, il quale, oltre a predisporre una proposta valutativa annuale dei Dirigenti di vertice (nel caso di specie, dei Dirigenti generali dei Dipartimenti della Regione) è tenuto ad esercitare il monitoraggio del funzionamento complessivo del sistema di performance.
Al contrario, per le posizioni non riferibili alla dirigenza di vertice, le attribuzioni misurative e valutative sono conferite, per la parte di rispettiva competenza in ordine ai propri collaboratori, ai Dirigenti di uffici
dirigenziali generali e non, di ciascuna Amministrazione.
Per quanto attiene allo specifico contesto calabrese, le richiamate disposizioni sono state recepite dalla Regione Calabria nella Legge regionale n. 3 del 3.2.2012, individuando puntualmente la cd. “performance individuale” – intesa quale risultato conseguito dai dirigenti – da valutare con periodicità annuale, misurando e rendicontando i risultati conseguiti, con la conseguente correlazione al sistema degli incentivi.
In particolare, l’art. 11 della Legge regionale dispone che, ai fini della verifica e della rendicontazione delle attività di controllo nonché del raggiungimento degli obiettivi assegnati, venga istituito in seno alla Giunta regionale un Organismo regionale indipendente di valutazione (in seguito O.I.V.), assegnatario, tra gli altri, del compito di proporre all’Organo di governo regionale la valutazione dei dirigenti apicali, attività funzionale alla conseguente elargizione delle indennità di risultato.
Per i dirigenti non apicali, invece, la misurazione e la valutazione delle performance ai fini della corresponsione dell’indennità in argomento è adempimento individuato in capo al Dirigente generale del relativo Settore di appartenenza.
Dal punto di vista regolamentare, è stato approvato il Regolamento regionale nr. 1 dell’anno 2014, ed il successivo Regolamento regionale nr. 1/2015 con i quali è stato istituito un sistema di misurazione e valutazione della performance dell’Ente strettamente correlato all’erogazione di specifiche misure premiali per i risultati conseguiti dalle unità organizzative e dai singoli dipendenti.
In particolare, è previsto l’utilizzo di apposite schede nell’ambito del sistema di misurazione e valutazione della performance, da compilarsi a cura del dirigente generale per i dirigenti di settore, al fine di individuare il giudizio determinante ai fini della corresponsione dell’indennità.
Per i dirigenti apicali è previsto all’articolo 15 che la loro valutazione in termini di performance individuale debba essere operata mediante una specifica proposta, formalmente predisposta dall’Organismo Indipendente di Valutazione, da inoltrarsi alla Giunta regionale per il rilascio del competente giudizio finale.
Con la novella del 2015 è stato infatti previsto che “In tutti i casi nei quali, anche in conseguenza dell’asimmetria temporale tra il momento della valutazione e il periodo di riferimento della medesima, il destinatario della valutazione sia il medesimo dirigente al quale sia assegnato il potere valutativo ai sensi dei precedenti commi, la proposta di valutazione viene effettuata dall’Organismo Indipendente di Valutazione, che la sottopone alla Giunta Regionale per le determinazioni in merito”.
Occorre rilevare come all’epoca dei fatti di causa non esistesse una norma specifica che disciplinasse l’ipotesi del conflitto di interessi. Una tale disposizione è stata infatti introdotta con la modifica operata dal regolamento n. 5/2015 approvato il 21.5.2015 e in vigore dal 23 maggio 2015 (ai sensi di quanto stabilito dall’art. 18 del medesimo regolamento), mentre le due schede di valutazione contestate sono state sottoscritte rispettivamente in data 15.7.2014 e 20.5.2015.
2. Ancora in via preliminare, sarà opportuno sgomberare il campo da un possibile equivoco di fondo: non sono infatti conferenti i richiami della difesa alla cd. doppia ingiustizia del danno e all’asserita assenza di dolo intenzionale. Questi argomenti, avanzati dal convenuto in sede di deduzioni e riproposti nella propria memoria di costituzione, non si attagliano infatti al presente giudizio, allorché essi si atteggiano quali elementi costitutivi di una distinta fattispecie (delitto di abuso di ufficio) invocabile davanti ad altra e distinta giurisdizione (ossia quella del giudice ordinario).
La peculiare finalità della responsabilità amministrativo contabile, tesa ad imputare a singoli dipendenti il giusto importo del danno (diretto o indiretto) arrecato alla PA per condotte attive o omissive, evidenzia la sua ontologica differenza dalla responsabilità penale, che ha il diverso scopo di tutelare valori dell’intera collettività a fronte di violazioni di maggiore offensività, nonostante talune affinità (finalità preventive e repressive in entrambe, comuni principi quali la personalità e non trasmissibilità della responsabilità, la proporzionalità punitiva, il contraddittorio, etc.) e nonostante in molteplici casi entrambe le responsabilità possano trovare la loro scaturigine da un medesimo fatto storico. Ne discende che, salvi i casi eccezionali di cd. pregiudiziale penale (che allo stato riguarda il solo danno all’immagine della PA, e nemmeno nella totalità dei casi), l’azione giuscontabile esibisce tratti di assoluta autonomia rispetto all’azione penale tanto sul piano processuale (sicché in linea di principio la previa condanna penale non è condizione di procedibilità dell’azione erariale) quanto sul piano sostanziale (il che val quanto dire che gli elementi costitutivi della fattispecie di danno erariale non coincidono con quelli della fattispecie incriminatrice penale).
Ne discende che a nulla vale dimostrare l’assenza della cd. doppia ingiustizia nel caso di specie, atteso che essa non è elemento costitutivo della responsabilità erariale, per la quale è necessario e sufficiente che la condotta del pubblico dipendente (o altro soggetto comunque legato da un rapporto di servizio) posta in essere con dolo o colpa grave, abbia provocato un “danno” all’amministrazione, laddove per “danno” si intende un deterioramento o una perdita di beni o denaro (danno emergente) ovvero anche la mancata acquisizione di incrementi patrimoniali (lucro cessante).
Alla stessa maniera non è conferente il richiamo al (l’assenza di) dolo intenzionale, atteso che ai fini della responsabilità erariale è sufficiente anche la sola colpa grave e in ogni caso non è richiesta una speciale connotazione del dolo.
3. Fatte queste considerazioni preliminari si può dunque procedere a verificare la sussistenza, nel caso in esame, dei riferiti elementi della fattispecie di responsabilità amministrativa.
3.1. In primo luogo, non può revocarsi in dubbio l’esistenza, nella specie, del rapporto di servizio quale primo elemento costitutivo della fattispecie di responsabilità erariale, essendo lo omississ legato da un vero e proprio rapporto di impiego con l’amministrazione di appartenenza (Regione Calabria), con ciò integrando pienamente i requisiti di cui alla disciplina di riferimento (artt. 81 e 83, RD n. 2440/1923; art. 52 RD n. 1214/1934; artt. 18 e 19 dPR n. 3/1957, art. 58, l. n. 142/1990, art. 1 l. n. 20/1994).
Ancora con riferimento al rapporto di servizio, è altrettanto evidente la sussistenza della cd. “occasionalità necessaria”. Questo in quanto, come è noto, per aversi responsabilità amministrativa non è sufficiente che l’autore dell’illecito sia legato all’amministrazione da un rapporto di servizio, ma è altresì necessario che il fatto causativo del danno trovi nell’espletamento del servizio – per l’appunto – la sua occasione necessaria, un nesso imprescindibile, tale da ritenere che la condotta non avrebbe potuto essere realizzata se il dipendente non avesse ricoperto tale funzione. Ebbene, nel caso di specie è evidente che lo omississ non avrebbe mai potuto attuare i fatti contestati (redazione delle due schede valutazione della performance) se non fosse stato legato alla Regione Calabria da un rapporto di impiego (nella specie di tipo dirigenziale), sicché nessun dubbio può nutrirsi al riguardo.
3.2. Allo stesso modo, ritiene il Collegio che sussista la condotta contestata allo omississ e la sua riconducibilità al medesimo.
La sottoscrizione ad opera dell’odierno convenuto delle due schede di valutazione della propria performance in data 15.7.2014 e 20.5.2015 è provata con il deposito in atti delle schede medesime e il fatto in sé è stato pienamente confermato dal convenuto, il quale ha anzi ribadito la paternità delle suddette schede.
Ciò che invece la difesa contesta è la sussistenza di un obbligo di astensione da parte dello omississ.
Come si è detto, all’epoca dei fatti non era ancora in vigore l’attuale comma 11° dell’art. 15 del Regolamento regionale n. 1/2014, il quale è stato introdotto proprio il giorno successivo alla firma della seconda scheda di valutazione oggetto del presente giudizio ed è entrato in vigore tre giorni dopo la suddetta firma (la scheda di valutazione per l’anno 2013 è datata 20 maggio 2015; la novella al regolamento n. 1/2014 è stata approvata il 21 maggio 2015 ed è entrata in vigore il successivo 23 maggio).
Non potendo dunque farsi applicazione nel caso di specie della predetta norma, nella prospettazione della Procura attrice l’illiceità della condotta poggerebbe sulla violazione del complesso di norme che, nel tessuto ordinamentale, impongono al pubblico dipendente il dovere di astensione in caso di conflitto di interesse (art. 97 Cost., artt. 3, 7 e 13 Codice di comportamento dei dipendenti pubblici approvato con dPR n. 62/2013; art. 6bis l. n. 241/1990).
Questa impostazione è sicuramente condivisibile ed anzi, può anche arricchirsi di ulteriori spunti normativi laddove si ponga mente ad un’interpretazione sistematica delle norme in materia di ciclo della gestione e di valutazione della performance.
3.2.1. Andando con ordine, quanto alle disposizioni invocate dalla Procura, si può sicuramente affermare che dalle medesime emerge la sussistenza, nel tessuto ordinamentale, di un generale dovere di astensione per i pubblici dipendenti che si trovino in una situazione di conflitto di interessi.
La conseguenza è che l’inosservanza del generale dovere di astensione in presenza di un interesse proprio integra di per sé l’illiceità della condotta e rende irrilevante la presenza o meno di uno specifico procedimento di previsione e gestione del conflitto (quale è quello introdotto con il comma 11° dell’art. 15 Reg. n. 1/2014).
Il dovere di astensione in presenza di un conflitto di interessi sussiste quindi anche nelle ipotesi in cui manchi una disciplina specifica e anche quando, come nel caso specie, non vi sia stata un’autonoma presa di posizione dell’Amministrazione sul punto, sicché a nulla vale obiettare che nessun conflitto di interessi sia mai stato eccepito dall’Amministrazione.
3.2.2. In aggiunta ai parametri normativi già invocati dalla Procura, ritiene questo Collegio che il dovere di astensione dello omississ si evinca anche dal complesso di norme che disciplinano il ciclo della performance (d.lgs. n. 150/2009; LR n. 3/2012; Regolamento regionale n. 1/2014).
Nel disegno complessivo del legislatore è infatti vietata la distribuzione dei cdd. “premi a pioggia” e si impone che tutti i dipendenti pubblici debbano essere sottoposti ad una valutazione il più possibile imparziale.
La riforma di cui al d.lgs. n. 150/2009, poi successivamente a sua volta modificato, ha definito una serie di azioni che le amministrazioni debbono adottare per operare una valutazione che, peraltro, riguarda non soltanto i dipendenti (con l’intenzione di motivarli e incentivarli) ma addirittura anche l’organizzazione nel suo complesso, le unità organizzative o le aree di responsabilità (art. 3 d.lgs. n. 150/2009).
Il legislatore delegato è stato spinto in questa direzione anche dalla convinzione che la valutazione possa (in un certo qual modo) sostituire la concorrenza del mercato che caratterizza il sistema privato, addirittura sottoponendo l’organizzazione e i dipendenti a un controllo diffuso da parte dei cittadini. In quest’ottica, l’esito della valutazione rileva per le progressioni di carriera, ai fini della responsabilità disciplinare e, per i dirigenti, ai fini di quella dirigenziale.
La finalità della valutazione è, in ultima istanza, quella di migliorare la qualità dei servizi nonché la crescita delle competenze professionali, attraverso la valorizzazione del merito e l’erogazione dei premi per i risultati perseguiti dai singoli e dalle unità organizzative (art. 3 d.lgs. n. 150/2009).
Nell’ambito di questo complessivo disegno, imperniato sulla valorizzazione del merito come stimolo alla produttività, è evidente come non vi sia spazio per un’autovalutazione da parte degli individui. L’intero sistema poggia infatti – per così dire – sull’eterovalutazione: il personale non dirigenziale è valutato dal dirigente di riferimento (art. 17 d.lgs. n. 165/2001 e art. 8bis d.lgs. n. 150/2009) mentre i singoli dirigenti sono valutati dalla figura dirigenziale apicale, secondo un principio che può definirsi di “prossimità della valutazione”, ossia garantendo che le singole risorse umane siano valutate dalla figura più alta in grado che effettivamente li impiega e che, quindi, meglio di chiunque altro ne conosce il grado di produttività.
A garanzia dell’eterovalutazione il disegno complessivo tracciato dal legislatore prevede che le performance individuali dei dirigenti di vertice e degli organi di indirizzo politico amministrativo siano valutati dall’OIV, e ciò vale precipuamente ad interrompere la continuità tra valutato e valutatore. Le suesposte considerazioni non sono in alcun modo smentite dalla circostanza che, in taluni casi, la valutazione sia operata sulla base di una autorelazione del valutando (come previsto ad esempio dall’art. 15 comma 5° Regolamento della Regione Calabria n. 1/2014): l’autorelazione in questi casi è una mera “relazione” (e non già una “valutazione”) dell’attività svolta, ossia un documento in cui l’interessato dà conto di tutti gli elementi che ritiene necessari o utili da sottoporre all’attenzione del valutatore, al quale però soltanto compete la valutazione finale.
Su queste premesse appare pertanto evidente l’ontologica contraddizione insita in una valutazione della performance che provenga dallo stesso soggetto valutato, perché essa sarebbe di per sé contraria allo spirito e alla ratio che animano l’invocata disciplina di riferimento.
3.2.3. Alla luce di quanto sinora esposto, non assume alcun rilievo la circostanza per cui, all’epoca dei fatti, non fosse ancora entrato in vigore il comma 11° dell’art. 15 Reg. n. 1/2014, poiché lo omississ era comunque tenuto ad astenersi anche a prescindere da quella specifica disposizione.
Parimenti, nessuna rilevanza assume il comportamento degli altri Dirigenti che sarebbero venuti a trovarsi nella medesima situazione, ossia gli invocati dirigenti omississ, omississ, omississ e omississ.
In conclusione, sul piano della condotta, il divieto di autovalutazione è principio insito nel sistema e pertanto lo omississ non era in alcun modo legittimato a redigere e sottoscrivere le schede di valutazione della propria performance, neanche ove meramente riproduttive di una altrui valutazione, e a prescindere dall’entrata in vigore del novello comma 11° dell’art. 15 Reg. n. 1/2014 e dal comportamento tenuto dai colleghi.
3.2.4. Sulla scorta di queste considerazioni si può dunque esaminare singolarmente ciascuna delle due condotte contestate.
Per quanto riguarda la scheda valutativa della perfomance per l’anno 2011, l’intera difesa del convenuto poggia sull’argomento per cui nessun potere discrezionale sarebbe stato esercitato dallo omississ il quale avrebbe, in buona sostanza, riprodotto gli esiti valutativi del precedente Dirigente generale dott. omississ e li avrebbe semplicemente adattati al nuovo format approvato dall’Ente, aggiungendovi peraltro una ulteriore valutazione (la c.d. terza macroarea) frutto dell’applicazione matematica di un indice statistico.
Senonché, la medesima difesa ammette che, all’esito di queste operazioni asseritamente automatiche “il convenuto risulta(va) avere totalizzato punti 90 su 100. La differenza tra il predetto punteggio (90/100 cui corrispondeva un’indennità di risultato pari all’80% della retribuzione) e quello finale attribuitosi dallo omississ (98/100, cui corrispondeva un’indennità di risultato pari al 100% della retribuzione) sarebbe stato dovuto al fatto che il convenuto ha ritenuto potersi applicare nel caso in esame la normativa recata dall’art. 23 del Regolamento regionale n. 1/2014 che consente di discostarsi dagli esiti delle misurazioni oggettive dei fattori valutativi, previa adeguata motivazione, quando il raggiungimento degli obiettivi sia stato condizionato dalla presenza: a) di variabili esogene oggettive non controllabili e non prevedibili dall’Ente e dal valutando; b) di variabili endogene oggettive non controllabili e non prevedibili dall’Ente e dal valutato”. Quindi – e ferme restando le suesposte conclusioni in ordine al generale divieto di autovalutarsi – per sua espressa ammissione il convenuto si è discostato da esiti oggettivi o, il che è lo stesso, ha esercitato un potere discrezionale grazie al quale soltanto ha potuto aggiungere alla propria valutazione gli otto punti che gli hanno consentito “lo scatto” per ottenere un’indennità di risultato pari al 100% in luogo di quella pari all’80%, che emergeva dall’applicazione pedissequa dei nuovi parametri valutativi.
Quanto invece alla scheda di valutazione della performance per i dieci mesi dell’anno 2013, essa è stata interamente frutto dell’esercizio del potere valutativo (e quindi discrezionale) dello omississ il quale, come si è visto, non era legittimato ad autovalutarsi. A tanto si aggiunga che, per la terza area (“Capacità di differenziazione”), lo omississ è giunto ad attribuirsi un punteggio di 25 punti su 100 quando il peso della predetta macroarea era stato fissato – come emerge dalla scheda valutativa – solo nel 20% della complessiva valutazione. Anche in questo caso il punteggio relativo alla “Capacità di differenziazione”, espresso in una misura più elevata del dovuto, in quanto per l’annualità 2011 la valutazione automatica sulla base dello scarto quadratico medio gli aveva consentito di raggiungere il solo punteggio di 12 punti, ha permesso allo omississ di collocarsi nella fascia più alta di valutazione e di conseguire la massima indennità di risultato. Emerge, pertanto, in tutta evidenza la illiceità del comportamento tenuto dal convenuto, che senza alcuna idonea e plausibile motivazione ha “gonfiato” i punteggi con la finalità di lucrare il massimo beneficio in termini di valutazione di risultato.
Né può valere ad elidere la responsabilità del convenuto la tesi difensiva secondo cui lo omississ si sarebbe attribuito un punteggio maggiore nella terza macroarea rispetto al punteggio automaticamente spettantegli di 12 punti, arrivando a conseguire 20 punti per il 2011 e addirittura 25 punti (oltre il tetto massimo attribuibile) nel 2013, per avere fatto applicazione dell’articolo 23 del regolamento regionale n. 1 del 2014. Tale articolo, infatti, consentiva di discostarsi dagli esiti delle misurazioni oggettive dei fattori valutativi, previa adeguata motivazione, quando il raggiungimento degli obiettivi fosse stato condizionato dalla presenza: a) di variabili esogene oggettive non controllabili e non prevedibili dall’Ente e dal valutando; b) di variabili endogene oggettive non controllabili e non prevedibili dall’Ente e dal valutato.
Ebbene, appare in tutta evidenza che nella fattispecie all’esame nessuno dei presupposti previsti dal menzionato articolo risulta essersi verificato o, comunque, dimostrato, e dunque il discostamento dai parametri oggettivi non era praticabile.
In disparte, poi, l’ulteriore considerazione che, per lo meno per quanto attiene alla valutazione dell’annualità 2013, appare sicuramente singolare la tempestività della valutazione dello omississ il quale, Dirigente generale di un Dipartimento della Regione Calabria, ha sottoscritto la propria autovalutazione esattamente il giorno precedente all’approvazione, da parte della Giunta regionale, della modifica al Regolamento n. 1/2014 con la quale si è introdotto il criterio di risoluzione del conflitto di interessi nelle valutazioni delle performance. Stando infatti agli atti di causa, altri dirigenti in posizione analoga sono stati valutati dall’OIV qualche mese dopo l’entrata in vigore della novella regolamentare mentre soltanto lo omississ appare essersi tempestivamente sottratto alla nuova disciplina.
3.3. Alla luce delle già indicate considerazioni, sussiste nella fattispecie l’elemento soggettivo sicuramente ravvisabile della colpa grave, intesa come elemento psicologico che emerge senza alcun dubbio dal confronto tra il comportamento osservato dal convenuto con quello che sarebbe stato esigibile in conformità di specifiche previsioni normative. Detta colpa grave è quindi sicuramente riferibile a entrambe le schede di valutazione sottoscritte dallo omississ e in questa sede contestate.
Lo omississ, Dirigente regionale di vecchia data e dalla rilevante esperienza amministrativa maturata nella direzione delle articolazioni dell’Ente, in evidente violazione delle norme di legge e dei regolamenti disciplinanti la particolare materia, ha dunque omesso di astenersi in presenza di un palese interesse proprio. Ha siglato per ben due volte e nella doppia veste appena descritta la propria scheda valutativa, e questo è sicuro indice di una condotta improntata alla violazione e alla trascuratezza degli obblighi e dei doveri sussistenti nella gestione della cosa pubblica.
3.4. Giungendo ora alla quantificazione del danno concretamente arrecato all’amministrazione, appare evidente che l’esercizio indebito del potere discrezionale dello omississ in entrambi i casi gli ha consentito di collocarsi nella fascia massima di valutazione e di conseguire la massima indennità di risultato.
In mancanza di tale discrezionalità il convenuto si sarebbe collocato nella fascia di valutazione immediatamente inferiore, con il conseguente diritto a un’indennità pari all’80% della retribuzione.
Questo in quanto, per quel che concerne la scheda valutativa dell’attività del 2011, per sua espressa ammissione il convenuto nella misurazione della terza macroarea (“Capacità di differenziazione”) ha indebitamente fatto ricorso all’art. 23 del Regolamento regionale n. 1/2014 che gli avrebbe consentito di discostarsi dagli esiti delle misurazioni oggettive previa adeguata motivazione in presenza delle variabili esogene ed endogene ivi contemplate (che, come già chiarito, non risultano in alcun modo dimostrate).
In questo modo il convenuto ha potuto attribuirsi ulteriori otto punti rispetto al 12 spettanti, che gli hanno consentito il passaggio alla fascia più alta di valutazione, cui corrispondeva una indennità pari al 100% della retribuzione in luogo di quella a lui dovuta, pari all’80%, sicché nel differenziale tra le due percentuali (dunque nel 20% della retribuzione di risultato) si individua il danno concretamente arrecato.
Parimenti per la valutazione dell’anno 2013 – come peraltro si è già diffusamente argomentato – lo omississ è giunto ad attribuirsi un punteggio di 25 (superiore anche al tetto massimo consentito) per la medesima terza macroarea di valutazione. E anche in questo caso il punteggio relativo alla Capacità di differenziazione, maggiorato rispetto a quello automaticamente a lui spettante pari a punti 12, ha permesso allo omississ di collocarsi nella fascia più alta di valutazione, sicché anche in questo caso il danno concretamente arrecato all’amministrazione deve individuarsi nella minor somma tra l’indennità che lo omississ ha percepito (il 100% della retribuzione) e quella che gli sarebbe spettata (l’80% della retribuzione medesima). Non può quindi trovare accoglimento, sotto questo aspetto, la richiesta della Procura di condanna alla restituzione dell’intera indennità di risultato percepita, essendo peraltro non provata una valutazione del tutto negativa riferita alle due annualità.
In conclusione, alla luce di tutto quanto sopra esposto, il convenuto omississ va condannato al pagamento, in favore della Regione Calabria, dell’importo complessivo di euro 6.350,34 (euro 4.177,84 per l’anno 2011 e euro 2.172,50 per l’anno 2013).
Sulla somma per cui è condanna, come sopra individuata, la parte convenuta dovrà altresì corrispondere la rivalutazione monetaria su base annua secondo indici Istat dal dies di percezione a quello del deposito della presente pronunzia, nonché gli interessi legali dalla data del deposito della sentenza fino ad integrale soddisfo.
Le spese di giudizio seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.

PER QUESTI MOTIVI

La Corte dei conti, Sezione giurisdizionale per la Regione Calabria, in composizione collegiale, definitivamente pronunciando, accoglie parzialmente la domanda attrice e, per l’effetto,
– CONDANNA omississ al pagamento, in favore della Regione Calabria, dell’importo complessivo di euro 6.350,34, oltre rivalutazione monetaria su base annua secondo indici Istat dal dies di percezione a quello del deposito della presente pronunzia, e oltre gli interessi legali, nella misura di legge, dalla data di pubblicazione della presente sentenza e fino ad integrale soddisfo.
Le spese di giudizio, che si liquidano in € 356,67 (Euro trecentocinquantasei/67), seguono la soccombenza.
Così deciso in Catanzaro, nella camera di consiglio del giorno 7 luglio 2020.

L’ ESTENSORE

dott.ssa Sabrina Facciorusso

IL PRESIDENTE
dott.ssa Rita Loreto

Depositato in Segreteria il 24/07/2020

Il Funzionario della Segreteria

dott.ssa Stefania Vasapollo

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