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Giurisprudenza: Giurisprudenza Sentenze per esteso massime | Categoria: Danno erariale, Pubblica amministrazione Numero: 263 | Data di udienza: 1 Luglio 2020

PUBBLICA AMMINISTRAZIONE – Danno erariale – Costituzione dell’amministrazione danneggiata come parte civile nel processo penale – Pagamento di una somma di denaro a titolo di risarcimento – Autonomia del giudizio contabile – Responsabilità amministrativa – Antiguiridicità della condotta – Sentenza penale irrevocabile di condanna – Art. 651 c.p.p. – Dolo contabile – Danno all’immagine – Quantificazione equitativa – Art. 1226 c.c. – Criteri. (Massima a cura di Luca Maria Tonelli)


Provvedimento: Sentenza
Sezione:
Regione: Toscana
Città: Firenze
Data di pubblicazione: 31 Luglio 2020
Numero: 263
Data di udienza: 1 Luglio 2020
Presidente: Galeota
Estensore: Bax


Premassima

PUBBLICA AMMINISTRAZIONE – Danno erariale – Costituzione dell’amministrazione danneggiata come parte civile nel processo penale – Pagamento di una somma di denaro a titolo di risarcimento – Autonomia del giudizio contabile – Responsabilità amministrativa – Antiguiridicità della condotta – Sentenza penale irrevocabile di condanna – Art. 651 c.p.p. – Dolo contabile – Danno all’immagine – Quantificazione equitativa – Art. 1226 c.c. – Criteri. (Massima a cura di Luca Maria Tonelli)



Massima

CORTE DEI CONTI, SEZ. GIURISD. PER LA REGIONE TOSCANA – 31 luglio 2020, n. 263

PUBBLICA AMMINISTRAZIONE – Danno erariale – Costituzione dell’amministrazione danneggiata come parte civile nel processo penale – Pagamento di una somma di denaro a titolo di risarcimento – Autonomia del giudizio contabile.

Il pagamento da parte di un funzionario pubblico di una somma di denaro a titolo di risarcimento per i danni dallo stesso causati ad una Pubblica Amministrazione non esclude un successivo giudizio contabile per responsabilità amministrativo-contabile. Per consolidata giurisprudenza contabile, infatti, la costituzione dell’Amministrazione danneggiata come parte civile nel processo penale non preclude l’autonomo giudizio di responsabilità amministrativa, dal momento che solamente il giudicato civile di risarcimento del danno in misura superiore a quello stabilito in sede di giudizio contabile esclude il giudizio stesso.

PUBBLICA AMMINISTRAZIONE – Responsabilità amministrativa – Antigiuridicità della condotta – Sentenza penale irrevocabile di condanna – Art. 651 c.p.p. – Dolo contabile.

L’antigiuridicità della condotta assunta dal dipendente pubblico, ai fini della configurazione della responsabilità amministrativa, può essere accertata tramite sentenza penale irrevocabile di condanna – attesa la qualificazione della condotta resa in tale sede. Ai sensi dell’art. 651 c.p.p., infatti, «la sentenza irrevocabile di condanna pronunciata in seguito di dibattimento ha efficacia di giudicato, quanto all’accertamento della sussistenza del fatto, della sua illiceità penale e all’affermazione che l’imputato lo ha commesso, nel giudizio civile o amministrativo per le restituzioni e il risarcimento del danno promosso nei confronti del condannato e del responsabile civile che sia stato citato ovvero sia intervenuto nel processo penale. La stessa efficacia ha la sentenza irrevocabile di condanna pronunciata a norma dell’art. 442, salvo che vi si opponga la parte civile che non abbia accettato il rito abbreviato» (cfr., ex multis, C. conti, sez. I centr., n. 9/2020 e, sez. III centr., n. 13/2020). Sussiste il dolo contabile, inoltre, se la condotta è stata posta in essere con la coscienza e volontà di violare gli obblighi di servizio.

PUBBLICA AMMINISTRAZIONE – Danno all’immagine – Quantificazione equitativa – Art. 1226 c.c. – Criteri.

Nel caso di accertata sussistenza di un danno all’immagine patito dalla Amministrazione per la quantificazione dello stesso, si può ricorrere alla quantificazione equitativa ai sensi dell’art. 1226 del codice civile seguendo congiuntamente tre criteri: a) oggettivo (che considera la gravità dell’illecito in riferimento agli effetti sull’ azione amministrativa), soggettivo ( che tiene conto della posizione che il convenuto rivestiva all’interno dell’ente) e sociale (relativo al clamore suscitato nell’ opinione pubblica locale dai fatti in questione ed all’impressione che esso ha suscitato nell’opinione pubblica): così anche C. conti, Sez. I centr., n. 476/2015. Il collegio, in adesione alla pacifica giurisprudenza contabile, rileva che la diffusione della notizia (clamor fori) costituisca il modo attraverso cui viene arrecato nocumento alla reputazione ed alla onorabilità dell’ente pubblico in conseguenza dell’effetto perpetrato dal proprio dipendente.

Pres. Galeota, Est. Bax – Procura regionale (P.M. Dainelli) c. T. (avv. Pali)


Allegato


Titolo Completo

CORTE DEI CONTI, SEZ. GIURISD. PER LA REGIONE TOSCANA – 31 luglio 2020, n. 263

SENTENZA

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE DEI CONTI
SEZIONE GIURISDIZIONALE PER LA REGIONE TOSCANA

composta dai seguenti magistrati:
Antonio Galeota Presidente
Angelo Bax Consigliere rel.
Nicola Ruggiero Consigliere

ha emesso la seguente:

SENTENZA

Nel giudizio di responsabilità recante il n. 61383/R del registro di segreteria, promosso dal Vice Procuratore Generale ed instaurato con atto di citazione depositato in segreteria in data 9 maggio 2019 e proposto nei confronti di -Tolve Canio Lucio (C.F.TLV CLC 63D15 G9420), rappresentato e difeso dall’avv. Felice Pali pec avvpalifelice@pec.giuffre.it e presso quest’ultimo elettivamente domiciliato in Potenza alla via del Popolo n. 62.

Uditi, nella pubblica udienza dell’1 luglio 2020, il consigliere relatore dott. Angelo Bax, il rappresentante del Pubblico Ministero nella persona del Vice Procuratore Generale dott.ssa Letizia Dainelli e l’avv. Felice Pali per la parte convenuta.
Visto l’atto introduttivo ed i documenti tutti del giudizio;

FATTO

Con atto di citazione introduttivo del giudizio, ritualmente notificato e depositato presso questa Sezione in data 9 maggio 2019, la parte attorea conveniva in giudizio davanti a questa Sezione giurisdizionale della Corte dei 1Conti il detto convenuto per un presunto danno erariale causato al Comune di Firenze pari all’ importo di € 15.000,00, aumentato della rivalutazione monetaria secondo gli indici ISTAT, oltre agli interessi a decorrere dalla data della pubblicazione della sentenza e fino al soddisfo, ed unitamente alle spese di giudizio.
La vicenda ha origine da un articolo di stampa su “la Repubblica Firenze.it” del 16 marzo 2012 “arrestato geometra del Comune la mazzetta per una pratica”, per cui veniva aperto un fascicolo istruttorio.
In sede penale il Tribunale di Firenze – Ufficio del Giudice delle indagini preliminari – con sentenza n. 607/14 del 6 maggio 2014 dichiarava l’odierno convenuto colpevole dei reati ascrittigli, qualificando i medesimi come reato di induzione indebita a dare o promettere utilità – nella forma consumata e tentata (art. 319 quater c.p.)- riuniti per continuazione e con la diminuente di rito, condannando il Tolve alla pena di anni quattro di reclusione, oltre al pagamento delle spese processuali e lo dichiarava interdetto dai pubblici uffici per la durata di anni cinque.
La Corte di Appello di Firenze – Seconda Sezione Penale – con sentenza n. 2229/2017, depositata in data 22 agosto 2017, in parziale riforma rideterminava la pena in anni 2 mesi 5 giorni 10 di reclusione, a seguito di riqualificazione di un fatto di cui al capo A di imputazione e riconosciute le attenuanti generiche, sentenza divenuta definitiva a seguito del rigetto del ricorso proposto avverso la sentenza di appello e scrutinato con decisione dalla Corte di Cassazione Sezione 6 con sentenza n. 12208 dell’11 dicembre 2018.
A seguito dell’invito a dedurre pervenivano in data 6 maggio 2019 le deduzioni del sig. Tolve che, tra l’altro, affermava di aver versato al Comune di Firenze la somma di € 4.000,00, allegando copia del provvedimento dirigenziale n. 2014 /DD/01517 del responsabile della Direzione Urbanistica del Comune e ritenuta la volontà del Tolve di definire transattivamente il contenzioso formulando “un’offerta risarcitoria di € 4.000,00 a tacitazione definitiva di ogni e qualsiasi voce di danno comunque connesso ai fatti oggetto di imputazione”.
La Procura contabile riteneva la sussistenza di tutti gli elementi costitutivi della responsabilità amministrativa (fatto dannoso, condotta connotata da dolo, rapporto di servizio e nesso causale).
In particolare la parte attorea rimarcava “una particolare spregiudicatezza nella condotta del Tolve” e riteneva che le plurime condotte reiterate nel tempo, costituenti un esercizio illecito delle funzioni intestate, aveva cagionato un danno derivante dalla lesione dell’immagine della pubblica amministrazione di appartenenza sia per la sostanziale gravità delle condotte che per la diffusione della notizia anche a mezzo stampa.
Nella quantificazione del danno medesimo la parte attorea utilizzava il criterio equitativo di cui all’art. 1226 c.c. e fondava la richiesta, pari ad € 15.000,00 sui parametri individuati dalla giurisprudenza contabile di natura oggettiva (inerenti alla natura del fatto), di natura soggettiva (derivante dal ruolo rivestito dal pubblico dipendente nella Pubblica Amministrazione) e dalla natura sociale (legata all’impressione suscitata nell’opinione pubblica locale derivante
dalla diffusione del fatto).
La Procura contabile chiedeva, pertanto, il risarcimento in favore dell’Erario, ed in specie del Comune di Firenze, del danno pari ad € 15.000,00, salva diversa valutazione del Collegio, somma da rivalutarsi secondo gli indici 3ISTAT ed incrementata degli interessi, nella misura di legge, dalla data di pubblicazione della sentenza e fino al soddisfo oltre spese di giudizio.
Con memoria del 19 giugno 2020 il convenuto si costituiva in giudizio e deduceva che era emerso nel procedimento penale che la sua figura professionale non aveva avuto alcun potere decisionale nei procedimenti trattati, in un solo caso aveva realizzato un vantaggio patrimoniale (pari ad € 800,00), e per di più aveva provveduto al risarcimento del danno provocato alle parti offese tra cui il Comune di Firenze cui aveva corrisposto la somma di € 4.000,00.
Peraltro il Tolve osservava di aver subito la sanzione disciplinare del licenziamento senza preavviso (con decorrenza dalla data di inizio della sospensione cautelare dal servizio (20 maggio 2014), e successivamente al licenziamento era stato impegnato in attività filantropiche.
In punto di diritto la parte convenuta eccepiva la infondatezza della richiesta della Procura , atteso che il Comune, costituito parte civile nel processo penale a suo carico (in particolare per i danni a carattere non patrimoniale, qualificabili come danni morali ed all’immagine) con determina n. 2014/DD/01517 aveva approvato la definizione della vicenda risarcitoria, a tacitazione di ogni e qualsiasi voce comunque connessa ai fatti oggetto di imputazione, attraverso il pagamento della somma di € 4.000,00, sicchè la richiesta della Procura contabile appariva come duplicazione di un danno già risarcito.
Il Tolve eccepiva la eccessività della quantificazione del danno, visto il ruolo non decisorio nell’ organigramma del Comune di Firenze, la brevità del tempo in cui si erano verificate le condotte , per circostanze soggettive particolari, e visto il profitto personale minimo, sicchè una corretta quantificazione, indipendentemente dall’ applicabilità del comma 1 – sexies dell’ art. 1 l. n. 20/94 ( danno quantificabile in una somma pari al doppio di quanto percepito dal dipendente), sarebbe equitativamente quantificato nella somma di € 1.600,00, pari al doppio della somma illecitamente percepita per le condotte ascritte.
In estremo subordine comunque occorreva tener conto della somma già corrisposta dal Tolve al Comune di Firenze che comunque andrebbe detratta dalla somma richiesta dalla Procura contabile.
Nella odierna udienza pubblica il Pubblico Ministero precisava le richieste attoree e la parte convenuta insisteva per le conclusioni formulate nell’atto di costituzione in giudizio illustrando le linee defensionali. Dopo le repliche e controrepliche la causa veniva introitata per la decisione.

DIRITTO

In via preliminare osserva la parte convenuta che il Comune di Firenze, costituito parte civile nel processo penale a carico del Tolve ( in particolare per i danni a carattere non patrimoniale , qualificabili come danni morali ed all’ immagine) con determina n. 2014/DD/01517 aveva approvato la definizione della vicenda risarcitoria, a tacitazione di ogni e qualsiasi voce comunque connesso ai fatti oggetto di imputazione, attraverso il pagamento della somma di € 4.000,00, sicchè la richiesta della Procura contabile appariva come duplicazione di un danno già risarcito.
Osserva il Collegio che la eccezione è infondata considerato che la costituzione dell’Amministrazione danneggiata come parte civile nel processo penale non preclude l’autonomo giudizio di responsabilità ( cfr. Sezione 5giurisdizionale Regione Piemonte n. 44/2011 e Corte conti Sez. III Centr. n. 21/2011), atteso che unicamente il giudicato civile di risarcimento del danno in misura superiore a quanto statuito in sede contabile determina la preclusione del giudizio contabile: in siffatto modo Corte conti Sez. Riun. n. 11/1998 e C. Cass. SS.UU. n. 11/2012) e l’azione del Pubblico del Pubblico Ministero contabile è preclusa dall’ integrale ed effettivo ristoro di tutti i profili da danno erariale con consequenziale improcedibilità per carenza di interesse (cfr. Sezione giurisdizionale Regione Lombardia n. 194/2004).
Entrando nel merito il Collegio osserva che la domanda attorea meriti parziale accoglimento nei sensi di cui in motivazione sussistendo tutti i presupposti della responsabilità amministrativa.
Risulta, nella controversia, la sussistenza del rapporto di servizio tra il convenuto Tolve e l’Amministrazione danneggiata (il Comune di Firenze), avendo il primo agito nella qualità, rivestita all’ epoca dei fatti, di dipendente del detto Comune di cui era dipendente dell’ufficio edilizia privata con le funzioni di tecnico istruttore.
Sussiste anche l’antigiuridicità della condotta in ordine ai fatti contestati dalla Procura contabile – accaduti nell’ arco temporale tra il febbraio ed il marzo 2012 -, attesa la qualificazione della condotta resa in sede penale e connotata dalla definitività per il delitto di induzione indebita ai sensi dell’art. 319 quater cod. pen..
La autorità giudiziaria penale ha, infatti emesso sentenza di condanna, decisione divenuta irrevocabile (Corte Cass., Sez. Pen. VI, 12208/2019). Ai sensi del codice di rito penale, art. 651 , “la sentenza irrevocabile di condanna pronunciata in seguito a dibattimento ha efficacia di giudicato, quanto all’ accertamento della sussistenza del fatto, della sua illiceità penale e all’ affermazione che l’ imputato lo ha commesso , nel giudizio civile o amministrativo per le restituzioni e il risarcimento del danno promosso nei confronti del condannato e del responsabile civile che sia stato citato ovvero sia intervenuto nel processo penale. La stessa efficacia ha la sentenza irrevocabile di condanna pronunciata a norma dell’art. 442, salvo che vi si opponga la parte civile che non abbia accettato il rito abbreviato” (ex plurimis Sez. I Centr. 9/2020 e III Centr. 13/2020).
Va pertanto affermato che la condanna definitiva adottata nei confronti del sig. Tolve Canio Lucio ha efficacia di giudicato nel presente giudizio.
Non può disconoscersi, pertanto, che l’odierno convenuto, in violazione dei doveri di servizio connessi alla qualità rivestita all’ epoca dei fatti, di dipendente del Comune di Firenze, abbia abusato dei suoi poteri con condotta volta ad indurre o tentare di indurre vari professionisti privati a corrispondergli denaro, in relazione a pratiche edilizie dagli stessi presentate.
Secondo la giurisprudenza contabile sussiste il dolo se la condotta è stata posta in essere con la coscienza e volontà di violare gli obblighi di servizio: cfr. Sez. I Centr. n. 220/2018, secondo cui costituisce dolo contabile
l’inescusabile inadempimento degli obblighi normativi e contrattuali,essendo sufficiente per la configurazione del “dolo contrattuale” la consapevole trasgressione dell’obbligo di legge (I Centr. n. 303/2018).
Dalle condotte è derivato, in termini di causalità all’ Amministrazione di appartenenza un danno all’ immagine e la richiesta attorea va parzialmente accolta come da motivazione.
Con riferimento alla risarcibilità del cd. danno all’immagine, dall’ art. 17, comma 30 ter, del d.l. 78/2009 e successive modifiche (conv. dalla l. 102/2009 e poi modificato con d.l. n. 103/2009, convertito dalla l.
n.141/2009) che prevede la pregiudizialità collegata alla preventiva ed irretrattabile condanna penale per uno dei reati previsti dall’ art. 7 della legge 27 marzo 2001 n. 97 (cfr. SS.RR. 19 marzo 2015 n. 8/QM), osserva il Collegio
che non appare dubbia la sussistenza del danno all’ immagine, e nella quantificazione dello stesso occorre richiamarsi alla quantificazione equitativa
ai sensi dell’ art. 1226 del codice civile seguendo congiuntamente tre criteri:
a) oggettivo ( che considera la gravità dell’ illecito in riferimento agli effetti sull’ azione amministrativa), soggettivo ( che tiene conto della posizione che il convenuto rivestiva all’ interno dell’ ente) e sociale (relativo al clamore suscitato nell’ opinione pubblica locale dai fatti in questione ed all’ impressione che esso ha suscitato nell’opinione pubblica): in termini Sez. I centr. 476/2015.
Il collegio, in adesione alla pacifica giurisprudenza contabile, rileva che la diffusione della notizia (clamor fori) costituisca il modo attraverso cui viene arrecato nocumento alla reputazione ed alla onorabilità dell’ente pubblico in conseguenza dell’ effetto perpetrato dal proprio dipendente. Nella specie emerge con evidenza il clamore derivato dai fatti in questione, oggetto di ampia diffusione mediatica come prodotto dalla parte attrice ed in cui emerge che il soggetto legato da rapporto di servizio ha sfruttato la posizione ricoperta per il perseguimento di scopi personali utilitaristici (prospettazione di ritorsioni sulla evasione di future pratiche edilizie con consequenziali vantaggi economici) e non per il raggiungimento di interessi pubblici generali, così minando la fiducia dei cittadini nella correttezza dell’ azioneamministrativa ( Sezione giurisdizionale Regione Lazio n. 75/2018 e Sezione
giurisdizionale Regione Veneto n. 29/2017.
Nella specie, tenuto conto del danno già risarcito al Comune di Firenze nella misura pari ad € 4.000,00, si ritiene equo quantificare l’ammontare del danno nella somma di € 4.000,00, da ritenersi comprensiva della rivalutazione monetaria, a favore del Comune di Firenze da cui dipendeva il convenuto.
Detta somma va aumentata degli interessi legali dalla data del deposito della sentenza sino all’ effettivo soddisfo. Le spese del presente giudizio seguono la soccombenza e si liquidano, in favore dello Stato, come dispositivo.

P.Q.M.

La Corte dei Conti – Sezione Giurisdizionale della Regione Toscana – definitivamente pronunciando sulla domanda proposta dal Procuratore Regionale nei confronti del signor Tolve Canio Lucio, respinta ogni contraria istanza ed eccezione, condanna il medesimo al pagamento della somma di € 4.000,00, a titolo di danno all’immagine, somma comprensiva di rivalutazione monetaria, in favore del Comune di Firenze.
Dalla data di pubblicazione della presente sentenza sono altresì dovuti gli interessi nella misura del saggio legale fino all’ effettivo soddisfo.
Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate a favore dello Stato nella misura pari a €. 294,50.= (diconsi Euro Duecentonovantaquattro/50.=).
Così deciso in Firenze nella Camera di Consiglio dell’1 luglio 2020.

Il Consigliere Estensore
Angelo Bax

Il Presidente
Antonio Galeota

Depositato in segreteria il 31/07/2020
Il Direttore di segreteria
Paola Altini

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