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Giurisprudenza: Giurisprudenza Sentenze per esteso massime | Categoria: Appalti, Danno erariale Numero: 25 | Data di udienza: 22 Gennaio 2025

DANNO ERARIALE – Responsabilità amministrativa – Condotta antigiuridica e danno certo, effettivo ed attuale – Ilegittimità dell’atto – Illiceità del contegno – APPALTI – Avvlimento tecnico e operativo – Art. 104 d.lgs. n. 36/2023 – Art. 89 d.lgs. n. 50/2016 – Interpretazione del contratto – Rigidi formalismi – Esclusione – Cooni di interpretazione complessiva e secondo buona fede


Provvedimento: Sentenza
Sezione: Giurisdizionale
Regione: Emilia Romagna
Città:
Data di pubblicazione: 20 Marzo 2025
Numero: 25
Data di udienza: 22 Gennaio 2025
Presidente: Raeli
Estensore: Giordano


Premassima

DANNO ERARIALE – Responsabilità amministrativa – Condotta antigiuridica e danno certo, effettivo ed attuale – Ilegittimità dell’atto – Illiceità del contegno – APPALTI – Avvlimento tecnico e operativo – Art. 104 d.lgs. n. 36/2023 – Art. 89 d.lgs. n. 50/2016 – Interpretazione del contratto – Rigidi formalismi – Esclusione – Cooni di interpretazione complessiva e secondo buona fede



Massima

CORTE DEI CONTI – Sez. giurisdizionale dell’Emilia-Romagna – 20 marzo 2025, n. 25

 

DANNO ERARIALE – Responsabilità amministrativa – Condotta antigiuridica e danno certo, effettivo ed attuale – Ilegittimità dell’atto – Illiceità del contegno

Perché possa muoversi un addebito di responsabilità amministrativa, deve ricorrere, insieme a una condotta antigiuridica (nonché a un adeguato nesso di causalità e a un elemento soggettivo almeno pari alla colpa grave), un danno certo, effettivo e attuale all’Erario (Sez. Riunite, sent. n. 14/2011/QM). Più in particolare, il predicato di certezza discende dall’incontestabilità del danno nella sua realtà materiale, quello di effettività dal carattere non ipotetico della deminutio e, infine, quello di attualità solo allorché non consti la mera potenzialità del pregiudizio, che deve sussistere al momento dell’esercizio dell’azione di responsabilità. Non basta, invero, la condotta né la sola ipotetica illegittimità dell’atto, potendo quest’ultima unicamente integrare un elemento sintomatico dell’illiceità del contegno. L’inammissibilità di automatismi tra illegittimità del provvedimento e illiceità della condotta ha, come corollario, il necessario assolvimento, da parte di chi agisce, dell’onere di compiutamente provare il danno che dal comportamento sia disceso all’Erario.

APPALTI – Avvlimento tecnico e operativo – Art. 104 d.lgs. n. 36/2023 – Art. 89 d.lgs. n. 50/2016 – Interpretazione del contratto – Rigidi formalismi – Esclusione – Cooni di interpretazione complessiva e secondo buona fede.

L’avvalimento tecnico e operativo (oggi regolato dall’art. 104 d.lgs. n. 36/2023 e allora dall’art. 89 d.lgs. n. 50/2016), che consente a una o più imprese ausiliarie di mettere a disposizione degli operatori economici dotazioni tecniche e risorse umane e strumentali per la durata dell’appalto, è mezzo al fine del principio di massima partecipazione degli operatori economici, nell’ottica di quell’apertura al mercato che il diritto unionale promuove. Un eccessivo formalismo nel vagliare l’idoneità dell’avvalimento rischierebbe di frustrare la preminente ratio cui l’istituto assolve. Ciò è, del resto, implicito agli orientamenti del Consiglio di Stato, che, a più riprese, ha considerato valido, secondo i canoni di ermeneutica negoziale (artt. 1363 e 1367 c.c.) e coerentemente con l’equipollenza tra determinabilità e determinatezza di cui all’art. 1346 c.c., il contratto di avvalimento allorché l’oggetto, pur non essendo puntualmente determinato, fosse comunque agevolmente determinabile alla luce del complessivo tenore del documento. Così si è, infatti, espressa l’Adunanza Plenaria, che, pur con riferimento a una fattispecie regolata dal d.lgs. n. 163/2006, ha ricordato che l’art. 49 di quest’ultimo decreto delegato dovesse essere interpretato nel senso che ostasse a un’interpretazione tale da configurare la nullità del contratto di avvalimento laddove una parte dell’oggetto del contratto fosse agevolmente determinabile (Cons. St., Ad. Plen., 11 novembre 2016, n. 23: “L’articolo 49 del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163 e l’articolo 88 del decreto del Presidente della Repubblica 5 ottobre 2010, n. 207, in relazione all’articolo 47, paragrafo 2 della Direttiva 2004/18/CE, devono essere interpretati nel senso che essi ostano a un’interpretazione tale da configurare la nullità del contratto di avvalimento in ipotesi in cui una parte dell’oggetto del contratto di avvalimento, pur non essendo puntualmente determinata fosse tuttavia agevolmente determinabile dal tenore complessivo del documento, e ciò anche in applicazione degli articoli 1346, 1363 e 1367 del codice civile. In siffatte ipotesi, neppure sussistono i presupposti per fare applicazione della teorica c.d. del ‘requisito della forma/contenuto’, non venendo in rilievo l’esigenza (tipica dell’enucleazione di tale figura) di assicurare una particolare tutela al contraente debole attraverso l’individuazione di una specifica forma di ‘nullità di protezione’. Le conclusioni di cui sopra trovano applicazione, non ravvisandosi ragioni in senso contrario, anche nel caso di categorie che richiedono particolari requisiti di qualificazione come la OS18A (riguardante “la produzione in stabilimento ed il montaggio in opera di strutture di acciaio”)”). Il quadro non è sostanzialmente mutato con l’avvento del d.lgs. n. 50/2016, applicabile alla fattispecie ratione temporis. Emblematica è, sul punto, la sentenza n. 3300/2023 del Consiglio di Stato, con cui quest’ultimo – in antitesi rispetto ai, pur esistenti, indirizzi più restrittivi – ha evidenziato che l’interpretazione del contratto di avvalimento tecnico e operativo non soggiaccia a rigidi formalismi, non essendo dato appellarsi ad “aprioristici schematismi concettuali che possano irrigidire la disciplina sostanziale della gara” (Cons. St., Sez. V, 30 marzo 2023, n. 3300: “L’indagine in ordine agli elementi essenziali dell’avvalimento c.d. operativo deve essere svolta sulla base delle generali regole sull’ermeneutica contrattuale e, in particolare, secondo i canoni enunciati dal codice civile di interpretazione complessiva e secondo buona fede delle clausole contrattuali (artt. 1363 e 1367 c.c.)”).

Pres. Raeli, Est. Giordano – P.M. De Nicolo – Procura Emilia-Romagna c. B.E. e altri


Allegato


Titolo Completo

CORTE DEI CONTI - Sez. giurisdizionale dell’Emilia-Romagna - 20 marzo 2025, n. 25

SENTENZA

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE DEI CONTI
SEZIONE GIURISDIZIONALE
PER LA REGIONE EMILIA-ROMAGNA

composta dai seguenti magistrati:

Vittorio RAELI Presidente
Riccardo PATUMI Consigliere
Andrea GIORDANO Primo Referendario relatore

ha pronunziato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di responsabilità iscritto al n. 46327 proposto a istanza del Procuratore Regionale presso la Sezione Giurisdizionale per la Regione Emilia-Romagna della Corte dei conti nei confronti di BIFFI Elide, rappresentata e difesa dall’Avv. Maurizio Ferlini del Foro di Bologna, CENNI Giancarla, rappresentata e difesa, congiuntamente e disgiuntamente, dagli Avv.ti Francesca Minotti e Federico Gualandi del Foro di Bologna e NOBILE Paolo, rappresentato e difeso, congiuntamente e disgiuntamente, dagli Avv.ti Francesca Minotti e Federico Gualandi del Foro di Bologna
Visto l’atto di citazione;
Visti gli altri atti e documenti di causa;
Uditi nella pubblica udienza del 22 gennaio 2025 il relatore Primo Ref. Andrea Giordano, il Pubblico Ministero nella persona del S.P.G. Domenico De Nicolo, l’Avv. Maurizio Ferlini per BIFFI Elide e gli Avv.ti Francesca Minotti e Donato Deramo per CENNI Giancarla e NOBILE Paolo

FATTO

Con atto di citazione, la Procura contabile ha evocato in giudizio i Signori Biffi Elide, Cenni Giancarla e Nobile Paolo, per sentirli condannare al risarcimento del danno erariale scaturito dall’asseritamente illegittimo affidamento dei lavori di manutenzione straordinaria delle strade comunali del Comune di Lugo (RA) per l’anno 2018, per come emerso nell’ambito di apposita indagine penale per il reato di turbata libertà degli incanti condotta sul territorio nazionale a carico dei legali rappresentanti del Consorzio stabile EBG Group e della Società Giudice Costruzioni e Servizi s.r.l.
Più nel dettaglio, l’Unione dei Comuni della Bassa Romagna avrebbe disposto di procedere all’affidamento dei essi lavori di manutenzione straordinaria, giusta procedura negoziata preceduta da avviso pubblico, onde sollecitare un confronto competitivo con quindici operatori economici.
Il criterio di aggiudicazione sarebbe stato quello dell’offerta economicamente più vantaggiosa, con la previsione per cui, ove il numero di operatori economici interessati fosse risultato pari o inferiore a quindici, non si sarebbe potuto procedere all’integrazione dell’elenco, mentre, ove gli operatori interessati fossero risultati più di quindici, si sarebbe proceduto a sorteggio.
Dall’avviso pubblico sarebbe emerso che gli operatori economici interessati avrebbero dovuto possedere, a pena di esclusione, l’attestazione SOA nella Cat OG3 classifica II.
Tra gli operatori ammessi al confronto competitivo vi sarebbe stata l’impresa Giudice Costruzioni e Servizi s.r.l., che avrebbe partecipato alla procedura in avvalimento, segnatamente dichiarando di avvalersi dell’organizzazione e dei mezzi della Consorzio stabile EBG Group; ciò, secondo la Procura contabile, con un contratto che avrebbe indicato, in modo del tutto generico, i requisiti e le risorse messe a disposizione dell’impresa ausiliata, in asserito contrasto con il dettato dell’art. 89 d.lgs. n. 50/2016, ratione temporis vigente.
Sempre stando all’attorea prospettazione, dai fatti descritti gemmerebbe la responsabilità erariale di Biffi Elide, Responsabile del servizio appalti e contratti, Cenni Giancarla, funzionaria responsabile p.t. del servizio appalti e contratti e Nobile Paolo, RUP e direttore lavori, posta l’avvenuta aggiudicazione del contratto di appalto alla Giudice costruzioni e servizi s.r.l., che non avrebbe vantato i requisiti di legge, con conseguente nullità del primo e carattere indebito del pagamento eseguito in forza del negozio invalido.
I convenuti avrebbero agito con colpa grave, affidando la commessa pubblica a un operatore che mai avrebbe potuto essere legittimo affidatario, siccome priva della necessaria qualificazione.
Il contratto di avvalimento – c.d. tecnico e operativo – sarebbe stato notevolmente generico, non individuando, in modo sufficientemente preciso, le risorse umane e materiali oggetto del “prestito”.
Alle dottoresse Biffi e Cenni andrebbe imputata la mancata esclusione dalla procedura di un operatore economico sostanzialmente privo dei requisiti di qualificazione richiesti insieme all’illegittima aggiudicazione del contratto di appalto al medesimo operatore; al Nobile apparirebbe, invece, imputabile la mancata verifica, nel corso dell’esecuzione dell’appalto, dell’effettività dell’avvalimento dichiarato dall’aggiudicatario in sede di partecipazione alla procedura.
Il danno erariale risiederebbe nella deminutio patrimonii che l’Ente locale avrebbe patito per effetto della stipula ed esecuzione di un contratto nullo o comunque inefficace; sarebbe pari all’intero esborso indebitamente erogato, detratto il vantaggio comunque conseguito dall’Amministrazione danneggiata o dalla comunità per effetto dell’esecuzione parziale o totale della prestazione richiesta.
Non coglierebbero nel segno le deduzioni compiute dalle parti in sede pre-processuale; non avrebbe, in particolare, ragion d’essere l’eccezione di prescrizione estintiva, posto che il dies a quo di quest’ultima coinciderebbe con il momento di conclusione del procedimento di collaudo.
La Procura ha concluso chiedendo la condanna dei soggetti evocati al risarcimento, in favore del Comune di Lugo, del contestato danno patrimoniale, che ammonterebbe a complessivi € 35.124 o al diverso importo ritenuto di giustizia, oltre a rivalutazione monetaria dalla data di emissione del certificato di regolare esecuzione dei lavori e interessi legali dal deposito della sentenza sino al momento dell’integrale soddisfazione, in ogni caso con condanna al pagamento delle spese di giudizio.
Si è costituita in giudizio Biffi Elide.
Dopo ampie premesse in fatto, ha eccepito l’insussistenza della asserita nullità del contratto di avvalimento, ritenendolo adeguatamente preciso e dettagliato, riportando il medesimo, in modo compiuto ed esauriente, le risorse e i mezzi prestati dall’ausiliaria in favore della società avvalente; ha dedotto che la valutazione illo tempore compiuta dalla Biffi sarebbe stata conforme ai principi generali in materia di contratti pubblici e agli orientamenti interpretativi in tema di avvalimento; ha precisato che la Procura non avrebbe, in ogni caso, indicato i parametri di riferimento, oggettivi e verificabili, tali da comprovare l’insufficienza delle risorse specificamente indicate dal Consorzio stabile EBG Group.
Il contratto di avvalimento, oggi non più contestabile, consentirebbe di appieno comprendere oggetto, obblighi delle parti e corrispettivo; la condotta della Biffi dovrebbe, peraltro, essere valutata ratio temporis sulla base delle interpretazioni giurisprudenziali esistenti nel 2018.
Inoltre, trattandosi, nel caso di specie, di avvalimento della certificazione SOA relativa alla categoria OG 3 class. III, la presentazione di copia della suddetta certificazione avrebbe potuto già di per sé considerarsi sufficiente ai fini della verifica del prestito del requisito in sede di ammissione alla gara.
L’attestazione SOA vanterebbe, infatti, natura fidefacente, così vincolando l’Amministrazione, che, nel corso delle verifiche di propria competenza circa la sussistenza dei presupposti di partecipazione alla gara, non potrebbe sindacarne la correttezza o veridicità.
L’operato della Biffi si sarebbe limitato alla sola fase di ammissione dei partecipanti e di aggiudicazione dell’appalto, non avendo investito la successiva fase di esecuzione del contratto, invero affidata al RUP.
La mancata verifica circa l’adeguatezza della dotazione di risorse umane e strumentali e il mancato controllo del soggetto esecutore in corso d’opera sarebbero contestazioni indirizzabili al solo Nobile.
La convenuta ha, quindi, fatto valere l’insussistenza della colpa grave, non potendo bastare una mera violazione di legge.
Quanto al danno, l’attore pubblico non ne avrebbe specificato la natura, individuandolo in forza di un teorico e astratto richiamo al criterio del 10% dell’utile.
Difetterebbero, in ogni caso, i predicati di certezza, attualità e concretezza del pregiudizio, invero non provato né nell’an né nel quantum.
Essendo, poi, stato pagato un acconto il 30.12.2018, la somma risulterebbe prescritta.
Infine, l’addebito erariale sarebbe stato erroneamente imputato in parti uguali ai tre convenuti.
Ha concluso chiedendo dichiararsi l’erroneità e/o l’infondatezza della domanda della Procura attrice; in subordine, ridurre significativamente l’ammontare del danno, tenendo conto del vantaggio conseguito dall’Amministrazione (risparmio di spesa, compensatio lucri cum damno) ed esercitando il potere riduttivo sulla base di una valutazione accurata delle condizioni oggettive e soggettive dei ruoli effettivamente svolti nella fattispecie dalle figure professionali coinvolte, distinguendo tra interventi e valutazioni formali avvenute sulla documentazione presentata dall’impresa nella fase amministrativa e mancati interventi, verifiche e controlli sull’effettivo impiego di persone, mezzi, organizzazione, etc., da parte di RUP/DL nella fase di esecuzione del contratto, della mancata valutazione del comportamento ingannevole dell’impresa Giudice, della condotta specchiata della Biffi.
Si è costituita in giudizio Cenni Giancarla.
Ha preliminarmente eccepito l’intervenuta prescrizione quinquennale, dovendosi individuare il dies a quo per il computo del termine nel giorno 8 agosto 2018, data in cui la Cenni presiedette la seduta pubblica di valutazione delle offerte in sostituzione della Biffi, ovvero – in subordine – nel momento in cui la p.a. ha proceduto ai pagamenti in favore dell’impresa appaltatrice (in quest’ultimo caso, la prescrizione rileverebbe con riguardo all’importo pagato a titolo di acconto in data 30.12.2018).
L’azione erariale sarebbe, comunque, infondata.
Difetterebbe una condotta antigiuridica, non essendo mai stata accertata la presunta illegittimità del contratto di avvalimento, che si appaleserebbe conforme a diritto, anche alla stregua dell’interpretazione fornita dalla giurisprudenza, e altresì considerato il grado di dettaglio nell’individuazione delle risorse, umane e materiali, messe a disposizione.
La Cenni non sarebbe stata, in ogni caso, nelle condizioni di escludere l’impresa Giudice Costruzioni dalla procedura; e sarebbe stata l’ipotetica esclusione che avrebbe dato luogo all’impugnativa.
Non ricorrerebbe, in ogni caso, alcun danno; danno che richiederebbe, per pacifica impostazione, la prova dei requisiti di certezza, effettività e determinazione.
Consterebbe, di contro, un palese risparmio procurato all’Erario dall’intervenuta aggiudicazione.
Del resto, l’aggiudicazione alla seconda graduata Baccari Costruzioni s.r.l.s. avrebbe comportato, alla luce del minore ribasso offerto, la contrattualizzazione dell’appalto a un maggiore importo, con conseguente aggravio di oneri economici per la stazione appaltante.
Mancherebbe, in ogni caso, un elemento soggettivo tale da supportare l’azione erariale.
Ha concluso chiedendo: in via preliminare, la declaratoria di prescrizione, totale o parziale, dell’azione; in via principale, il rigetto della proposta domanda nei confronti della Cenni, in quanto infondata; quindi, l’esercizio del potere riduttivo dell’addebito.
Si è, infine, costituito in giudizio Nobile Paolo.
All’esito delle premesse in fatto, il convenuto ha fatto valere l’intervenuta prescrizione dell’azione erariale (già in data 2 febbraio 2024).
Nel merito, l’azione erariale difetterebbe di fondamento.
Mancherebbe una condotta antigiuridica, avendo il RUP agito legittimamente (una risoluzione del contratto si sarebbe appalesata ingiustificata, sproporzionata e irragionevole) e non essendo stati accertati profili di illegittimità.
Peraltro, a distanza di poche settimane dall’inizio dei lavori, l’appaltatrice avrebbe conseguito il proprio requisito SOA OG3 Class.II, oggetto di avvalimento.
Il danno risulterebbe, poi, radicalmente insussistente e a difettare sarebbe, altresì, l’elemento soggettivo.
La parte ha concluso chiedendo: in via preliminare, la declaratoria di prescrizione, totale o parziale, dell’azione; in via principale, il rigetto della proposta domanda; in subordine, l’esercizio del potere riduttivo dell’addebito.
All’udienza del 22 gennaio 2025 le parti si sono riportate ai rispettivi atti, insistendo per l’accoglimento delle conclusioni ivi rassegnate.

DIRITTO

È d’uopo preliminarmente delibare l’eccezione di prescrizione estintiva formulata dai convenuti nelle rispettive comparse di costituzione e risposta.
L’eccezione è infondata.
In materia di appalti pubblici, il dies a quo della prescrizione decorre dalla data di conclusione del procedimento di collaudo (Sez. Riunite, sent. n. 2/2003/QM), nel caso di specie risalente al 5 marzo 2020 (giorno di emissione del certificato di regolare esecuzione dei lavori).
Non essendo da allora al momento della notificazione degli inviti a dedurre decorso il quinquennio previsto dall’art. 1 l. n. 20/1994, deve ritenersi consentita la disamina nel merito della pretesa.
Quest’ultima non può essere accolta.
Secondo l’attrice, la responsabilità erariale dei convenuti deriverebbe dall’avvenuto affidamento del contratto pubblico per cui è causa (quanto ai Sigg. BIFFI e CENNI) e alla sua mancata risoluzione (quanto al Sig. NOBILE) a un operatore, la Giudice Costruzioni e Servizi s.r.l., che si sarebbe illegittimamente avvalso delle risorse messe a disposizione dalla Consorzio stabile EBG Group.
Occorre, invero, rimarcare che, perché possa muoversi un addebito di responsabilità amministrativa, debba ricorrere, insieme a una condotta antigiuridica (nonché a un adeguato nesso di causalità e a un elemento soggettivo come infra dettagliato), un danno certo, effettivo e attuale all’Erario (Sez. Riunite, sent. n. 14/2011/QM).
Più in particolare, il predicato di certezza discende dall’incontestabilità del danno nella sua realtà materiale, quello di effettività dal carattere non ipotetico della deminutio e, infine, quello di attualità solo allorché non consti la mera potenzialità del pregiudizio, che deve sussistere al momento dell’esercizio dell’azione di responsabilità.
Non basta, invero, la condotta né la sola ipotetica illegittimità dell’atto, potendo quest’ultima unicamente integrare un elemento sintomatico dell’illiceità del contegno (Sez. Abruzzo, n. 79/2016: “[…] l’illegittimità di singoli atti o provvedimenti: non rileva, di per sé, ai fini della connotazione di antigiuridicità del comportamento di un agente pubblico; l’accertamento del giudice contabile non cade sull’illegittimità di un atto ma sull’illiceità del fatto giuridico che, modificando la realtà, abbia comportato una diminuzione patrimoniale per l’amministrazione […] non si traduce automaticamente in danno; i concetti di illegittimità ed illiceità attengono a piani funzionali diversi ed il danno, in presenza di altri concomitanti elementi, riguarda il secondo; la Corte dei conti, infatti, giudica non dell’illegittimità dell’atto ma del complessivo comportamento del convenuto”).
L’inammissibilità di automatismi tra illegittimità del provvedimento e illiceità della condotta ha, come corollario, il necessario assolvimento, da parte di chi agisce, dell’onere di compiutamente provare il danno che dal comportamento sia disceso all’Erario.
Nel caso di specie, alla dimostrazione del fatto potenzialmente foriero di danno, non si è unita la contestuale prova di quest’ultimo nei suoi predicati di certezza e attualità.
La Procura ha, infatti, dedotto, con ampie allegazioni, la ritenuta illegittimità dell’avvalimento, per asserita violazione, da parte di ausiliata e ausiliaria, del precettivo dettato dell’art. 89 d.lgs. n. 50/2016, senza tuttavia puntualizzare l’effettivo nocumento che sarebbe derivato all’Amministrazione.
E vi è di più.
Risulta agli atti che, atteso il maggior ribasso offerto dalla Giudice Costruzioni e Servizi s.r.l., l’aggiudicazione in favore di quest’ultima ha comportato, per la stazione appaltante, un’utilitas.
A fronte dell’allegazione per cui l’aggiudicazione alla seconda graduata Baccari Costruzioni s.r.l.s. avrebbe comportato, al cospetto dei medesimi lavori, la conclusione dell’appalto al maggiore importo di € 398.291,85, oltre Iva, con un aggravio di spesa per la stazione appaltante di € 51.520,59, parte attrice nulla ha controdedotto; cosa che esenta gli odierni convenuti dall’assolvimento di ulteriori oneri dimostrativi.
Tutto ciò posto, fermo il carattere assorbente del rilievo in questione, va revocata in dubbio la stessa sussistenza di un fatto idoneo a generare danni e di un elemento soggettivo tale da giustificare l’addebito.
L’allegata illegittimità dell’avvalimento tecnico e operativo in concreto impiegato non trova, invero, univoca dimostrazione agli atti di causa.
Occorre, in proposito, ricordare che lo strumento (oggi regolato dall’art. 104 d.lgs. n. 36/2023 e allora, ratione temporis, dall’art. 89 d.lgs. n. 50/2016), che consente a una o più imprese ausiliarie di mettere a disposizione degli operatori economici dotazioni tecniche e risorse umane e strumentali per la durata dell’appalto, è mezzo al fine del principio di massima partecipazione degli operatori economici, nell’ottica di quell’apertura al mercato che il diritto unionale promuove.
Un eccessivo formalismo nel vagliare l’idoneità dell’avvalimento rischierebbe di frustrare la preminente ratio cui l’istituto assolve.
Ciò è, del resto, implicito agli orientamenti del Consiglio di Stato, che, a più riprese, ha considerato valido, secondo i canoni di ermeneutica negoziale (artt. 1363 e 1367 c.c.) e coerentemente con l’equipollenza tra determinabilità e determinatezza di cui all’art. 1346 c.c., il contratto di avvalimento allorché l’oggetto, pur non essendo puntualmente determinato, fosse comunque agevolmente determinabile alla luce del complessivo tenore del documento.
Così si è, infatti, espressa l’Adunanza Plenaria, che, pur con riferimento a una fattispecie regolata dal d.lgs. n. 163/2006, ha ricordato che l’art. 49 di quest’ultimo decreto delegato dovesse essere interpretato nel senso che ostasse a un’interpretazione tale da configurare la nullità del contratto di avvalimento laddove una parte dell’oggetto del contratto fosse agevolmente determinabile (Cons. St., Ad. Plen., 11 novembre 2016, n. 23: “L’articolo 49 del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163 e l’articolo 88 del decreto del Presidente della Repubblica 5 ottobre 2010, n. 207, in relazione all’articolo 47, paragrafo 2 della Direttiva 2004/18/CE, devono essere interpretati nel senso che essi ostano a un’interpretazione tale da configurare la nullità del contratto di avvalimento in ipotesi (quale quella che qui rileva) in cui una parte dell’oggetto del contratto di avvalimento, pur non essendo puntualmente determinata fosse tuttavia agevolmente determinabile dal tenore complessivo del documento, e ciò anche in applicazione degli articoli 1346, 1363 e 1367 del codice civile. In siffatte ipotesi, neppure sussistono i presupposti per fare applicazione della teorica c.d. del ‘requisito della forma/contenuto’, non venendo in rilievo l’esigenza (tipica dell’enucleazione di tale figura) di assicurare una particolare tutela al contraente debole attraverso l’individuazione di una specifica forma di ‘nullità di protezione’. Le conclusioni di cui sopra trovano applicazione, non ravvisandosi ragioni in senso contrario, anche nel caso di categorie che richiedono particolari requisiti di qualificazione come la OS18A (riguardante “la produzione in stabilimento ed il montaggio in opera di strutture di acciaio”)”).
Il quadro non è sostanzialmente mutato con l’avvento del d.lgs. n. 50/2016, applicabile alla fattispecie ratione temporis.
Emblematica è, sul punto, la sentenza n. 3300/2023 del Consiglio di Stato, con cui quest’ultimo – in antitesi rispetto ai, pur esistenti, indirizzi più restrittivi – ha evidenziato che l’interpretazione del contratto di avvalimento tecnico e operativo non soggiaccia a rigidi formalismi, non essendo dato appellarsi ad “aprioristici schematismi concettuali che possano irrigidire la disciplina sostanziale della gara” (Cons. St., Sez. V, 30 marzo 2023, n. 3300: “L’indagine in ordine agli elementi essenziali dell’avvalimento c.d. operativo deve essere svolta sulla base delle generali regole sull’ermeneutica contrattuale e, in particolare, secondo i canoni enunciati dal codice civile di interpretazione complessiva e secondo buona fede delle clausole contrattuali (artt. 1363 e 1367 c.c.)”).
Nel caso di specie, non risulta l’evidente inadeguatezza delle risorse messe a disposizione dall’ausiliaria (si pensi al punto 2) del contratto – ove leggesi: “L’impresa ausiliaria si obbliga verso l’impresa ausiliata e nei confronti della stazione appaltante a mettere a disposizione per tutta la durata dell’appalto le risorse necessarie di cui è carente l’impresa ausiliata [… ] come di seguito indicativamente elencate: know-how tecnologico e commerciale, a mezzo del proprio direttore tecnico/responsabile tecnico e di tutto lo staff tecnico, come centro di sviluppo, attraverso un costante coordinamento; il numero necessario di Squadre tipo, composte da 1 operaio specializzato, 1 operaio qualificato e 1 operaio comune, i cui nominativi verranno comunicati prima dell’inizio dei lavori con le specifiche del relativo contratto applicato; i mezzi necessari all’esecuzione dell’opera, quali: Ponteggi omologati, Gru rotativa, Container alloggio attrezzi e Uffici, Molazze da cantiere, Impastatrice/Betoniere, Macchine da taglio legno/ferro, Martelli demolitori ad aria e/o elettrici, Puntelli varie misure, Badili, secchi, attrezzatura minuta, ecc.” – e all’“Elenco mezzi” accluso allo stesso negozio, che indurrebbero, piuttosto, a ritenere che la sufficiente determinatezza dell’oggetto – o almeno la sua determinabilità – sussistesse).
Neppure emerge la manifesta genericità dell’avvalimento (mai contestato, a quanto consta ex actis, nel plesso giurisdizionale del Giudice amministrativo), che va delibato ai lumi del canone ispiratore di massima partecipazione (strumentale, a propria volta, rispetto al principio dell’accesso al mercato, oggi sancito dall’art. 3 d.lgs. n. 36/2023), fermo il rilievo, di non indifferente portata, per cui l’appaltatrice risulta comunque aver conseguito in proprio, il 6 febbraio 2019, il requisito oggetto di avvalimento; circostanza fattuale, quest’ultima, che la Procura (secondo cui l’addebito di responsabilità affonderebbe le proprie radici proprio nell’avere i convenuti consentito l’esecuzione dei lavori a un soggetto “ex se sprovvisto della necessaria qualificazione, privo di titoli” – pag. 11 dell’atto di citazione) non ha specificamente contestato.
Ferma l’insussistenza dell’elemento oggettivo della contestata responsabilità amministrativa, difetta altresì l’elemento soggettivo della colpa grave.
Se è, infatti, vero che, ai sensi dell’art. 1 l. n. 20/1994, la colpa è, tanto quanto il dolo, criterio di imputazione della responsabilità amministrativo-contabile, perché la prima raggiunga una soglia di rilevanza tale da giustificare l’azione erariale deve risultare connotata da gravità (punto di equilibrio, quest’ultima, tra principio di responsabilità ex art. 28 Cost. e necessità di prevenire rallentamenti e inerzie nell’agere dell’Amministrazione pubblica – v. C. Cost., 20 novembre 1998, n. 371 e, più di recente, C. Cost., 6 giugno 2024, n. 132).
Tale gravità:
– postula, anzitutto, l’esistenza di una regola a contenuto cautelare atta a esprimere la misura della condotta – diligente, perita e prudente – sulla quale il legislatore ha riposto l’affidamento per prevenire ed evitare il rischio di esternalità negative;
– richiede, quindi, la verifica della conoscenza o conoscibilità (prevedibilità) da parte dell’agente e le condizioni di operatività (prevenibilità, evitabilità) nelle quali sono state poste in essere le condotte.
All’esito di siffatto primo stadio di valutazioni, è necessario accertare, ex ante e in concreto, il grado di esigibilità della condotta comandata, in ragione delle condizioni concrete dell’agire.
Tale seconda indagine presuppone, a propria volta, la verifica che:
– l’agente abbia correttamente individuato la situazione materiale che richiede l’adempimento degli obblighi di servizio a contenuto cautelare (prudenza, diligenza e perizia);
– sussistano le condizioni operative per il loro adempimento;
– non vi siano circostanze anomale che ne impediscano l’osservanza o falsino la percezione dell’agente (si vedano, ex multis, Sez. II App., sentt. nn. 662/2014, 619/2015 e 637/2015; Sez. III App., sentt. nn. 155/2019 e 7/2021).
Alla violazione della regola cautelare deve, in definitiva, aggiungersi l’assenza di quel minimo di diligenza, prudenza o perizia richiesto dalla specifica attività espletata.
Nel caso di specie, appare complesso ritenere che i convenuti fossero nelle condizioni, al momento delle contestate condotte, di rilevare la – mai accertata né, prima dell’azione erariale, contestata – illegittimità di un avvalimento le cui clausole non risultavano, in concreto, macroscopicamente carenti di dettaglio (si considerino, in particolare, le risorse individuate testualmente in seno al contratto, sub punto 2 di quest’ultimo, e l’“Elenco mezzi” allegato al negozio, per come detto supra).
Implicando il carattere di gravità della colpa la rilevanza dei soli contegni manifestamente contrari ai precetti positivi e nutrendosi la prima di un profilo soggettivo (l’esigibilità della condotta alternativa), è difficile addebitare responsabilità ai convenuti, che, a fronte di clausole negoziali non manifestamente generiche e di orientamenti giurisprudenziali favorevoli a una lettura sostanzialista degli avvalimenti tecnici e operativi (va, per inciso, rilevato che le sentenze più rigorose che evoca la Procura a pag. 12 dell’atto di citazione sono successive alle condotte oggetto di contestazione), non versavano nelle concrete condizioni, a monte, di non ammettere l’impresa Giudice Costruzioni e Servizi s.r.l. alla procedura o di non aggiudicarle la commessa oppure, a valle, di risolvere lo stipulato contratto (esclusione, omessa aggiudicazione o risoluzione che, anzi, avrebbero potuto sfociare in contenziosi, almeno in potenza, forieri di oneri economici finanche superiori a quelli oggi contestati dall’attrice).
Mancando, in definitiva, gli elementi fondanti della responsabilità amministrativa, la domanda attorea deve essere respinta.
Dato l’art. 31, comma 2, d.lgs. n. 174/2016 (a tenore del quale “Con la sentenza che esclude definitivamente la responsabilità amministrativa per accertata insussistenza del danno, ovvero, della violazione di obblighi di servizio, del nesso di causalità, del dolo o della colpa grave, il giudice non può disporre la compensazione delle spese del giudizio e liquida, a carico dell’amministrazione di appartenenza, l’ammontare degli onorari e dei diritti spettanti alla difesa”), le spese processuali seguono la soccombenza e sono poste a carico dell’Amministrazione, nella misura liquidata in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte dei conti, Sezione Giurisdizionale per la Regione Emilia-Romagna, definitivamente pronunciando, rigetta la domanda attorea come da motivazione e liquida in favore della difesa dei convenuti BIFFI Elide, CENNI Giancarla e NOBILE Paolo, a carico del Comune di Lugo (RA), il compenso di € 1.500,00 ciascuno, oltre al 15% per spese generali e oneri come per legge.
Manda alla Segreteria per i conseguenti adempimenti.
Così deciso in Bologna nella camera di consiglio del giorno 22 gennaio 2025.

L’ESTENSORE
Andrea GIORDANO 

 IL PRESIDENTE

Vittorio RAELI

Depositata in Segreteria il giorno 20 marzo 2025
p. Il Direttore di Segreteria
Dott.ssa Lucia Caldarelli

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