DIRITTO PROCESSUALE – PUBBLICA AMMINISTRAZIONE – DANNO ERARIALE – Art. 222 TUEL – Ripiano totale anticipazione di cassa concessa – Stato di dissesto finanziario – Art. 255, comma 10, TUEL – Art. 103, comma 2, Cost. – Giurisdizione contabile – Art. 172, lett. d), c.g.c. (massima a cura di Luca Maria Tonelli)
Provvedimento: Sentenza
Sezione: giurisdizionale
Regione: Calabria
Città: Catanzaro
Data di pubblicazione: 18 Dicembre 2020
Numero: 417
Data di udienza: 18 Novembre 2020
Presidente: Loreto
Estensore: Brunenghi
Premassima
DIRITTO PROCESSUALE – PUBBLICA AMMINISTRAZIONE – DANNO ERARIALE – Art. 222 TUEL – Ripiano totale anticipazione di cassa concessa – Stato di dissesto finanziario – Art. 255, comma 10, TUEL – Art. 103, comma 2, Cost. – Giurisdizione contabile – Art. 172, lett. d), c.g.c. (massima a cura di Luca Maria Tonelli)
Massima
CORTE DEI CONTI, Sez. Giurisdizionale Regione Calabria – 18 dicembre 2020, n.417
DIRITTO PROCESSUALE – PUBBLICA AMMINISTRAZIONE – DANNO ERARIALE – Art. 222 TUEL – Ripiano totale anticipazione di cassa concessa – Stato di dissesto finanziario – Art. 255, comma 10, TUEL – Art. 103, comma 2, Cost. – Giurisdizione contabile – Art. 172, lett. d), c.g.c.
In base alla novella legislativa di cui all’art. 172 del codice di giustizia contabile, rientrano nella categoria residuale di cui alla lettera d), e dunque nella giurisdizione contabile, non soltanto “gli altri giudizi ad istanza di parte, previsti dalla legge”, ma – avendo aggiunto la locuzione “e comunque nelle materie di contabilità pubblica” – anche ogni rapporto e controversia complessivamente in materia di contabilità pubblica, quale è quello attinente al rapporto di tesoreria e alla anticipazione di cassa.
Pres. Loreto, Est. Brunenghi – Comune di Cariati (Avv. Basta) c. BCC del Crotonese (Avv. Giudice)
Allegato
Titolo Completo
CORTE DEI CONTI, Sez. Giurisdizionale Regione Calabria - 18 dicembre 2020, n.417SENTENZA
Sentenza n. 417/2020
R E P U B B L I C A
I T A L I A N A
LA CORTE DEI CONTI
SEZIONE GIURISDIZIONALE PER LA REGIONE CALABRIA
Composta dai seguenti Magistrati:
Rita Loreto Presidente
Giuseppe di Pietro Consigliere
Carlo Efisio Marrè Brunenghi Referendario relatore
SENTENZA
su ricorso ex art. 172 lett. d) c.g.c.
Nel giudizio ad istanza di parte iscritto al n. 22738 del registro di segreteria, proposto dal Comune di Cariati (CS) in persona del Sindaco in carica pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Rocco Basta (studiolegalebasta@pec.it), elettivamente domiciliato presso il suo studio in Cariati (CS) via Pitagora n. 14 – ricorrente
contro
BCC DEL CROTONESE., in persona del suo legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avv. Mario Giudice del foro di Palermo con domicilio digitale eletto: avv.mariogiudice@pec.it; – resistente
Visto il ricorso depositato in data 22.09.2020;
Visti gli atti e i documenti del processo;
Uditi nella pubblica udienza del 1 dicembre 2020 – tenuta in videoconferenza secondo le modalità di cui all’art. 85 comma 3, lett. e) del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18 convertito con modd. in legge 24 aprile 2020, n. 27 -, il giudice relatore Carlo Efisio Marrè Brunenghi, l’Avv. Carmen De Paola su delega dell’Avv. Rocco Basta per il Comune di Cariati, l’avv. Mario Giudice per la BCC del Crotonese, nonché il pubblico ministero d’udienza nella persona del Sostituto Procuratore Generale dott.ssa Maria Gabriella Dodaro;
FATTO
Con ricorso ad istanza di parte ex art. 172, lett. d), del codice di giustizia contabile il Comune di Cariati ha convenuto in giudizio il Tesoriere BCC del Crotonese al fine di richiedere la restituzione, in proprio favore, della somma di € 1.479.277,35= a titolo di anticipazioni di tesoreria non restituite al 31.12.2016. A sostegno della domanda il Comune rappresenta di avere dichiarato il dissesto finanziario con deliberazione C.C. n. 36 del 13.09.2016. Il revisore dei conti, nel mese di giugno 2016, ha proceduto alla verifica di cassa straordinaria per passaggio di consegne tra i vecchi e i nuovi amministratori e ha attestato con verbale di verifica un utilizzo in termini di cassa dell’anticipazione di tesoreria per € 2.235.182,00. Ha, altresì, rappresentato che alla data del 31.12.2016 tale deficit di cassa è stato azzerato in quanto l’istituto tesoriere, con provvedimento unilaterale, ha fatto confluire tutte le entrate3 verificatesi dal 13.09.2016 (data di dichiarazione di dissesto) al 31.12.2016, per € 1.479.277,35, in conto recupero anticipazione, di fatto sottraendo la disponibilità al Comune;
Seguiva diffida alla BCC del Crotonese, in data 25.03.2020, allarestituzione delle anticipazioni nell’importo di euro 1.479.277,35, rimasta senza esito.
In diritto, il Comune ricorrente ha ricostruito la normativa di riferimento concernente l’anticipazione di tesoreria (art. 222 TUEL), in particolare sottolineando che essa consente all’Ente locale di superare, entro il limite massimo consentito dalla normativa statale vigente, una momentanea carenza di liquidità al fine di conseguire la stabilità necessaria per garantire il regolare corso dei pagamenti, e pertanto non è una forma di indebitamento per l’ente che vi ricorre, come previsto dall’art. 3, comma 17, ultimo periodo della L. 350/2004.
Ha, altresì, evidenziato che l’anticipazione di tesoreria fino al 31.12.2017 rientra nella competenza dell’O.S.L., atteso che la nuova formulazione dell’art. 255 TUEL sottrae alla competenza all’OSL le anticipazioni di tesoreria erogate agli enti in dissesto solo a decorrere dal 01.01.2018, con la conseguenza che, nel caso di specie, in applicazione dell’art. 255 TUEL vigente al 31.12.2016, l’istituto tesoriere avrebbe dovuto – al pari di ogni altro creditore – insinuarsi al passivo fallimentare per un importo calcolato alla data del 13.09.2016 pari ad euro 1.479.277,35 e attendere gli esiti della procedura di dissesto.
Invece, il Tesoriere ha, con provvedimenti unilaterali, fatto confluire tutte le entrate verificatesi dal 13.09.2016 al 31.12.2016 in conto recupero anticipazione, sottraendo di fatto disponibilità liquide all’ente e ledendo la par condicio creditorum.
Ha inoltre precisato che in tal senso si è espresso anche il Ministero dell’Interno – Dipartimento per affari interni e territoriali – Direzione centrale della finanza locale- con parere del 12.09.2019, con cui ha affermato che “si può ritenere che l’amministrazione dell’anticipazione di tesoreria non restituita entro il 31.12.2017, rientri nella competenza dell’organismo straordinario di liquidazione, che ai sensi dell’art. 254 comma 4 TUEL, ha competenza relativamente a fatti ed atti di gestione verificatisi entro il 31 dicembre dell’anno precedente a quello dell’ipotesi di bilancio stabilmente riequilibrato”.
Richiamando un precedente di questa Sezione giurisdizionale, n. 62/2020, l’ente ha concluso per l’accertamento del diritto del Comune di Cariati alla restituzione delle anticipazioni di tesoreria non restituite per l’importo di euro 1.479.277,35 da parte del’ Tesoriere BCC del Crotonese e per la relativa condanna, con vittoria di spese e competenze di lite.
In data 20.10.20, la Procura ha rassegnato le proprie conclusioni, sostanzialmente richiamando la giurisprudenza pacifica che ha da sempre affermato la competenza del giudice contabile in ogni controversia inerente alla gestione del denaro di spettanza dello Stato o di enti pubblici da parte di un agente contabile. Ha quindi esaminato il contesto normativo che disciplina l’istituto dell’anticipazione di tesoreria, ritenuta elemento peculiare del servizio di tesoreria, che non viene considerata forma di indebitamento vera e propria, avendo in realtà solo la finalità di porre rimedio a possibili squilibri dei flussi in entrata e in uscita, per risolvere temporanee carenze di liquidità dell’ente. Ha ribadito, inoltre, la competenza dell’OSL per i fatti anteriori al 1° gennaio 2018.
In ordine alla riconducibilità del petitum dell’odierno ricorso nel novero dei giudizi ad istanza di parte nella categoria più ampia di cui alla lettera d) dell’art. 172 c.g.c., il Procuratore regionale l’ha ritenuta ammissibile, richiamando anche un precedente di questa Sezione (sentenza n. 62/2020) ed ha concluso per l’accertamento del diritto alla restituzione delle anticipazioni non restituite alla data del 31.12.2016, pari ad euro 1.479.277,35 da parte della BCC del Crotonese e la conseguente condanna del tesoriere alle restituzioni.
Con memoria in data 5.11.2020 si è costituito l’istituto tesoriere, con il patrocinio dell’Avv. Mario Giudice. La BCC del Crotonese ha precisato e documentato di aver interloquito col Comune di Cariati in data 03.05.2018, con comunicazione con cui puntualizzava, in primo luogo, che la somma di euro 1.479.277,35 reclamata in restituzione dal Comune, rappresentava “la scopertura di tesoreria certificata dal revisore alla data di dichiarazione del dissesto finanziario” e pertanto non costituiva la sommatoria delle entrate asseritamente fatte confluire dal tesoriere ad estinzione del deficit di cassa. La Banca precisava, in particolare, di avere riscontrato la richiesta del Comune con nota datata 3 maggio 2018 (allegata agli atti), con la quale aveva rappresentato che, avendo l’ente già approvato il bilancio di previsione in data 14 maggio 2016, e con successiva delibera n. 36 del 13.09.2016 era stato dichiarato il dissesto finanziario, ai sensi dell’art. 246, 4° comma del TUEL gli ulteriori adempimenti ed i termini iniziali propri dell’organo straordinario di liquidazione dovevano ritenersi differiti al 1° gennaio 2017. Pertanto, solo l’eventuale passivo dell’anticipazione di tesoreria (ove non ripianato al 31.12.2016) e non il saldo alla data della dichiarazione di dissesto, avrebbe potuto costituire residuo passivo di competenza dell’OSL. Ma nella specie, avendo l’istituto tesoriere operato correttamente nello svolgimento delle proprie funzioni, la Banca non doveva effettuare alcuna insinuazione nella massa passiva poiché l’importo rilevato alla data del 31.12.2016 – secondo il conto consegnato dal Tesoriere in data 31 gennaio 2017 – riportava un saldo positivo di euro 1.736,78. Ritenendo pertanto chiarita la questione, avendo l’Ente al 31.12.2016 ripianato integralmente l’anticipazione di tesoreria, l’Istituto tesoriere non dava seguito alla diffida del 25.03.2020 prodromica del giudizio.
In diritto, ha eccepito:
1. Difetto di giurisdizione della Corte dei conti in favore del giudice ordinario.
L’eccezione muove dal presupposto che l’ente locale ha esercitato un’azione di ripetizione/restituzione di somme, fondata sull’assunto secondo cui la banca avrebbe utilizzato illegittimamente le somme in entrata dal 13.09.2016 (i.e.: dichiarazione dissesto) al 31.12.2016 (chiusura esercizio finanziario), a ripiano totale dell’anticipazione di cassa concessa, ex art. 222 TUEL, successivamente alla data di deliberazione dello stato di dissesto finanziario.
Ad avviso della difesa del Tesoriere il Comune erra nel ritenere che, secondo la vigente formulazione dell’art. 255, comma 10, del TUEL, sul debito da anticipazione di tesoreria abbia competenza l’OSL, per cui la Banca avrebbe dovuto “cristallizzare” il saldo debitore dal conto di tesoreria alla data del 13.09.2016 (deliberazione di dissesto) o al 31.12.2016 (chiusura esercizio contabile) e farne oggetto di inserimento alla massa passiva della procedura liquidatoria, ponendo nella disponibilità dell’Ente le entrate verificatesi nel periodo sopra indicato.
Ebbene, secondo parte resistente la giurisdizione contabile, anche nella accezione più ampia che ne ha dato nel tempo la Corte regolatrice, deve fondarsi comunque sulla caratterizzazione “pubblica” delle finalità e delle attività assoggettate al sindacato giurisdizionale e su un danno che abbia inciso su risorse vincolate a destinazione pubblica. Nel caso di specie, invece, in cui la pretesa restitutoria dell’Ente si incentra sostanzialmente come ripetizione di indebiti pagamenti, si ricadrebbe – in tesi – nell’ambito che il Legislatore ha riservato alla giurisdizione ordinaria, trattandosi di controversie che possono riguardare un profilo civilistico che non può essere attratto nella giurisdizione contabile nonostante la caratterizzazione pubblicistica dell’istituto dell’anticipazione di tesoreria e le finalità erariali connesse. Ha richiamato a sostegno dell’eccezione talune pronunce delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione sul punto (in particolare: S.U., ord. n. 18393/2016 secondo cui la giurisdizione contabile è esclusa quando nel rapporto con la PA vengono in rilievo solo le norme di diritto privato e/o la loro violazione; S.U., ord. n. 10270/2018 secondo cui il legislatore ha riservato alla giurisdizione ordinaria la cognizione su controversie che riguardano un rapporto concessorio quale quello di tesoreria e che non involge alcun esercizio autoritativo da parte dell’ente pubblico; S.U. ord. n. 15749/2019 – riferita come perfettamente identica alla presente- che ha assegnato la giurisdizione al GO “nel caso si faccia questione della ricomprensione o meno delle somme in oggetto nella massa passiva, secondo il disposto dall’art. 255, comma 10 del TUEL…mentre esulano dalla controversia profili valutativi del comportamento assunto dalla Gestione commissariale, né si controverte sulle vicende modificative del9 contenuto della concessione, rimanendo questa come un semplice presupposto della controversia)”.
La difesa del Tesoriere, inoltre, ricostruisce l’istituto dell’anticipazione di tesoreria richiamando la pronuncia della Sezione Autonomie della Corte dei conti del 15 settembre 2014, per affermare che, sotto il profilo operativo, l’anticipazione non sarebbe dissimile da un normale contratto di fido bancario. Da questo punto di vista, l’anticipazione sarebbe riconducibile ad un contratto di finanziamento a breve termine che si caratterizza per il fatto che da un lato l’ente beneficiario dell’anticipazione può reiterare più richieste in un arco di tempo determinato ed entro un certo limite, e dall’altro la banca, per richieste esorbitanti il limite, può astenersi dal darvi esecuzione. Con questa precisazione, la difesa dell’istituto tesoriere ritiene pertanto di dissentire dalla pronuncia n. 62/20 di questa Sezione ed ha sostenuto che, nel caso di specie, la domanda dell’Ente ricorrente non riguarda il momento genetico del rapporto, e quindi l’aspetto “obbligatorio” discendente dalla norma prima ancora che dalla convenzione, ma quello esecutivo e che, poiché il ricorrente ha chiesto la ripetizione di somme che si assume essere state indebitamente prelevate dalla Banca e portate ad estinzione del saldo debitore dell’anticipazione, ciò riguarderebbe il rapporto intercorrente tra le parti di stretta natura privatistica, per cui la giurisdizione non può che essere quella ordinaria. Sotto tale aspetto, ha richiamato l’ordinanza n. 24111/2020 delle Sezioni Unite della Corte di cassazione, secondo cui la domanda avente per oggetto la pronuncia di invalidità di una asserita capitalizzazione trimestrale nella liquidazione periodica degli interessi a carico dell’ente utilizzatore dell’anticipazione di tesoreria è una domanda di restituzione di indebito monetario di competenza del GO, in quanto non è in discussione il rapporto concessorio, ma “il profilo paritario e meramente patrimoniale del rapporto concessorio in presenza di una contrapposizione di situazioni giuridiche soggettive di obbligo e pretesa” (nello stesso senso menzionando la pronuncia della Corte dei conti, Sezione giurisdizionale per la Sicilia, n. 296/07 che distingue il rapporto di tesoreria dal rapporto di conto corrente, il secondo funzionalmente collegato al primo in termini di supporto operativo).
Per di più, secondo la difesa, nel caso che occupa non sarebbero in discussione, sotto alcun profilo, aspetti di irregolarità gestionale, sì da involgere addebito di responsabilità contabile dell’agente contabile. In definitiva, secondo la banca, il saldo debitore dell’anticipazione o, meglio, la sommatoria delle rimesse utilizzate a ripiano dell’anticipazione, che non hanno per tutta la durata dell’esercizio finanziario natura solutoria, bensì meramente ripristinatoria della provvista, sono da intendersi come operazioni di conto corrente e tanto basta ad attrarle alla giurisdizione del GO. Ad avviso del difensore,11 l’affermazione è suffragata dalla considerazione che, rispetto alla domanda restitutoria avanzata, non viene in rilievo la normativa pubblicistica regolante il rapporto concessorio di tesoreria, né quella regolante gli aspetti d gestione contabile del servizio, né un profilo di danno discendente dal rapporto contrattuale o dal maneggio di pubblico denaro o dalla funzione svolta, tale da poter inserire la vicenda nell’ambito della giurisdizione contabile. Al riguardo la difesa si riserva di proporre regolamento preventivo di giurisdizione.
2. Difetto di legittimazione passiva ed eventuale integrazione del contraddittorio nei confronti dell’OSL. Improcedibilità della domanda.
Secondo la difesa dell’istituto, la domanda del Comune è articolata in termini restitutori di somme che l’ente assume essere di propria pertinenza e che asseritamente sostiene essere state utilizzate illegittimamente dalla Banca tesoriere a ripiano dell’anticipazione di tesoreria concessa ex art. 222 TUEL, mentre, invece, la Banca avrebbe dovuto congelare il saldo debitore del conto di tesoreria alla data del 13.09.2016 (di deliberazione del dissesto) e farne oggetto di inserimento nella massa passiva della procedura liquidatoria di competenza dell’Organo straordinario di liquidazione, dal momento che – alla data del dissesto – vigeva ancora la formulazione dell’art. 255, comma 10 del TUEL che attribuiva all’OSL la competenza anche sull’amministrazione delle anticipazioni di tesoreria non ancora rimborsate, rimettendo nella disponibilità dell’Ente lesomme portate a ripiano dell’anticipazione concessa.
Da tale premessa la difesa dell’Istituto tesoriere fa discendere, quale conseguenza, che destinatario della domanda restitutoria avanzata dall’Ente non potrebbe che essere l’Organo straordinario di liquidazione, nei confronti del quale l’ente avrebbe potuto, secondo quanto dispone il DPR n. 378 del 1993 e la circolare del Ministero dell’Interno n. 21 del 20.09.1993, rivendicare il reintegro dei pagamenti effettuati delle poste debitorie spettanti alla gestione dell’OSL (sempre tuttavia, in tesi, nei limiti del saldo passivo del conto anticipazione al 31.12.2016 che, a tale data, non presentava residui passivi, come esporrà successivamente nel merito).
Richiama, in proposito, la pronuncia della Corte dei conti, Sezione giurisdizionale per la regione Sicilia n. 296/07, secondo cui “nell’ambito della procedura di acquisizione della massa attiva, è consentita la compensazione, fino alla concorrenza della cassa, dei residui passivi pagati dall’ente…” e in particolare, la circolare del Ministero dell’Interno n. 21 del 20/09/1993 secondo cui i residui passivi pagati dall’ente prima della dichiarazione di dissesto (nella specie, il 13.09.2016) sono inseriti nella massa passiva come credito ed assistiti da diritto di prelazione, mentre, per quelli pagati successivamente, l’eventuale parte eccedente la liquidazione commissariale resta a carico dell’ente, fatta salva la possibilità di porli a carico di chi ne avesse disposto il pagamento anticipato e sempre che col pagamento effettuato si sia attinto a risorse proprie della gestione ordinaria. Dunque, ad avviso di parte resistente, la pretesa esercitata sarebbe inammissibile per la carenza di legittimazione passiva della Banca tesoriere e, in ogni caso, il contraddittorio instaurato necessiterebbe di integrazione nei confronti dell’OSL. La banca inoltre assume che i riversamenti effettuati dal 13.09.2016 al 31.12.2016 ed oggetto di domanda restitutoria, invero, non hanno funzione solutoria del saldo di conto corrente, ma meramente ripristinatoria della provvista, con la conseguenza che solamente all’estinzione a saldo al 31.12.2016 potrebbe attribuirsi la valenza solutoria di residuo passivo (dell’anticipazione): ma – come argomenterà nel merito – nessun residuo passivo da debito per anticipazione di tesoreria è in effetti residuato al 31.12.2016, con la conseguenza che la domanda proposta è per ciò solo improcedibile.
3. Infondatezza nel merito della domanda restitutoria con richiesta di condanna per lite temeraria ex art. 96 cpc. Nel merito l’Istituto tesoriere documenta che nel corso dell’esercizio contabile 2016 la G.M. dell’ente, con atto del 20.01.2016 deliberò, a fronte di una eventuale carenza di cassa, l’utilizzo delle entrate a specifica destinazione secondo le modalità stabilite dall’art. 195 TUEL e, in caso di loro14 insufficienza, il ricorso all’attivazione dell’anticipazione di tesoreria, nei limiti di legge quantificati in euro 2.348.355,81, pari ai cinque dodicesimi delle entrate accertate nel penultimo anno precedente (2014). La deliberazione prevedeva, altresì, che “Il Tesoriere provvederà alla estinzione prioritaria dell’eventuale anticipazione attivata ed alla successiva ricostituzione dei vincoli sulle entrate a specifica destinazione utilizzando a tal fine tutte le entrate dell’ente”.
Alla data di deliberazione dello stato di dissesto (13.09.2016) il saldo del conto anticipazione era pari a zero (docc. 5-6-10) avendo l’ente fino a quel momento utilizzato l’anticipazione non in termini di cassa, ma a valere su fondi a specifica destinazione ex art. 195 TUEL.
In data 14 maggio 2016 l’ente aveva assunto la deliberazione n. 14 di approvazione del bilancio preventivo triennale (2016/2018) e pertanto, ad avviso della Banca tesoriere, ricorrevano le condizioni di cui all’art. 246, 4° comma, del TUEL, secondo il quale il bilancio di previsione approvato prima della deliberazione di dissesto continua a esplicare la sua efficacia per l’intero esercizio finanziario, per cui gli effetti della delibera di dissesto “sono differiti al 1° gennaio dell’anno successivo”.
L’Ente, dunque, dal 13.09.2016 al 31.12.2016 ha continuato ad operare regolarmente, fruendo, sin dalla data di deliberazione del dissesto, degli effetti previsti dall’art. 248 TUEL, e cioè il divieto di iniziare o proseguire azioni esecutive per i debiti dell’ente potenzialmente rientranti nella massa passiva della procedura di dissesto, senza ancora realizzarsi la separazione contabile fra competenze dell’OSL e competenze dell’Ente , essendo gli ulteriori adempimenti e relativi termini iniziali, propri dell’organo straordinario di liquidazione e del consiglio dell’ente, differiti al 1° gennaio dell’anno successivo a quello in cui è stato deliberato il dissesto, e cioè al 1.01.2017. Secondo la prospettazione della resistente, la circostanza del differimento temporale al 1° gennaio dell’anno successivo degli effetti della procedura di dissesto è dirimente ai fini della infondatezza della pretesa, e rende la fattispecie oggetto di giudizio differente rispetto a quella definita da questa Sezione con la sentenza n. 62/20 (in quanto in quel caso non venne eccepita la preventiva approvazione del bilancio di previsione e il profilo motivazionale si incentrò sulla competenza o meno dell’OSL).
Sempre a riprova della infondatezza della pretesa, la banca tesoriere rappresenta che, anche dopo la dichiarazione di dissesto, l’anticipazione concessa per l’esercizio contabile 2016 continuò ad essere operativa, dando luogo a normali utilizzi e ripristini, come documentato dall’estratto conto e dall’estratto conto scalare di tesoreria, che evidenzia i prelevamenti per pagamenti di mandati emessi e i versamenti ripristinatori della disponibilità, con saldo finale al 31.12.2016 di “zero” e fondo cassa positivo per l’Ente di euro 1.736,78.16 Pertanto, nella prospettazione della BCC, la data del 31.12.2016 costituisce il momento di estinzione dell’anticipazione, coincidente col momento dell’adempimento definitivamente solutorio, quello in cui, cioè, non è più possibile un riutilizzo della stessa linea di credito per cui, essendo il saldo dell’anticipazione pari a zero, nessun residuo passivo è riscontrabile per la corrispondente causale. Sotto altro profilo, la banca evidenzia che, una volta deliberato il dissesto, i presupposti di inserimento di un debito nella massa passiva sono due: 1) sussistenza del debito alla data della dichiarazione di dissesto e 2) riconducibilità di tale debito a una data ricompresa entro il 31 dicembre dell’anno precedente all’ipotesi di bilancio riequilibrata approvata (il Comune di Cariati ha avuto approvato il bilancio stabilmente riequilibrato con D.M. n. 19 del 28.12.2017). Secondo la difesa del tesoriere tali presupposti, che devono ricorrere congiuntamente e non alternativamente, sono entrambi mancanti nel caso di specie.
Infatti, ad avviso della banca, al 13.09.2016 non v’era alcun debito da anticipazione di tesoreria e neppure vi era alla data del 31.12.2016. Inoltre, quand’anche si volesse assegnare valenza solutoria – contrariamente a quanto afferma la pacifica giurisprudenza – ai singoli riversamenti effettuati a ripiano dell’anticipazione nel periodo dal 13.09.2016 al 31.12.2016, ammontanti alla somma richiesta dal ricorrente, ad avviso dell’istituto tesoriere giammai la sommatoria degli stessi potrebbe rientrare nell’ambito della procedura di dissesto, per la mancanza del necessario presupposto che con il pagamento effettuato si sia attinto a risorse proprie della gestione ordinaria. Ciò in quanto, puntualizza parte resistente, le poste attive intervenute sul conto di tesoreria assistito da anticipazione, successivamente alla deliberazione di dissesto, sono tutte entrate “libere” che, per espressa previsione normativa e contrattuale, andavano prioritariamente utilizzate a ripiano dell’anticipazione di tesoreria concessa, il cui utilizzo, come desumibile dall’elenco dei mandati emessi dall’Ente, è riferibile sostanzialmente a spesa corrente. Da ultimo, la difesa del tesoriere eccepisce che la domanda azionata è anche carente di prova nella sua quantificazione concreta, atteso che la somma di € 1.479.277,35, oggetto del petitum, non corrisponde, a detta della banca, né al saldo passivo dell’anticipazione di tesoreria alla data della dichiarazione di dissesto; né a quello alla data del 31.12.2016 rimasto impagato; né alla sommatoria delle poste attive registrate sul conto di tesoreria successivamente alla dichiarazione di dissesto (da considerare al netto degli utilizzi dell’anticipazione disposti dall’Ente nel medesimo periodo, trattandosi del pagamento in questi casi di debiti propri dell’ente stesso). Nella ricostruzione del Comune ricorrente l’importo di euro 1.479.277,35 dovrebbe costituire il saldo passivo dell’anticipazione di tesoreria al 31.12.2016, da considerare quale residuo passivo maturato per effetto dell’asserita impossibilità di imputare, a deconto degli utilizzi a valere sull’anticipazione concessa, i versamenti effettuati con le disponibilità libere dell’Ente destinate, normativamente e contrattualmente, al ripiano dell’anticipazione. Per contro, la Banca documenta come le risultanze contabili del
tesoriere riportino dati contabili del tutto diversi. Del resto, conclude, il rendiconto del tesoriere relativamente all’esercizio contabile del 2016 espone un fondo cassa positivo al 31.12.2016 (doc. 14). Deduce altresì che il rendiconto contabile dell’esercizio 2016 è stato parificato e depositato presso la Sezione senza che siano state mosse contestazioni a riguardo né avviato giudizio di conto. Indi richiede in via istruttoria, ove mai residuassero incertezze sulla situazione contabile, che venga disposta CTU ai fini delle necessarie verifiche contabili. In conclusione, il difensore ha chiesto – a prescindere dalla questione di giurisdizione sollevata – il rigetto del ricorso e, argomentando come il ricorrente abbia “avviato il presente giudizio con grave superficialità, non solo e non tanto già nell’individuazione del plesso giurisdizionale da adire, ma anche e soprattutto per l’assoluta mancanza dei presupposti normativi oltre che fattuali e probatori portati a sostegno dell’azione”, ne deduce la gravità della colpa e domanda, pertanto, la condanna19 ex art. 96 c.p.c. per responsabilità aggravata, stante la manifesta temerarietà della lite.
§§§
4) Istanza di sospensione e regolamento preventivo di giurisdizione.
In data 25.11.2020 e prima della udienza di trattazione fissata per il 1 dicembre 2020 l’avv. Giudice, difensore della Banca Tesoriere, ha depositato istanza di sospensione del presente giudizio avendo notificato al Comune di Cariati e all’Avv. Rocco Basta che lo rappresenta, nonché alla Procura regionale della Corte di conti presso questa Sezione giurisdizionale, ricorso per regolamento preventivo di giurisdizione innanzi alla Corte di Cassazione, ex artt. 37 e 41 c.p.c., con richiesta di rinvio a nuovo ruolo in attesa della decisione della Suprema Corte. Nell’allegato ricorso per regolamento preventivo, riproducendo pedissequamente l’esposizione in fatto e le motivazioni su cui poggia l’eccezione di difetto di giurisdizione, già illustrate nella memoria di costituzione e riportate nella presente sentenza al paragrafo 1), l’istituto tesoriere ha chiesto alle Sezioni Unite della Corte di cassazione di dirimere il preliminare profilo di giurisdizione, anche alla luce di un recente precedente di questa Sezione (sentenza n. 62/2020) che il ricorrente ritiene di non condividere.
Con un unico motivo il Tesoriere ha eccepito la violazione dell’art. 41 c.p.c. ed il difetto di giurisdizione del giudice20 contabile adito in ordine alle domande svolte dal Comune di Cariati con il ricorso introduttivo ad istanza di parte, in favore del giudice ordinario, ed in particolare del Tribunale di Cosenza. All’udienza del 1 dicembre 2020, tenutasi da remoto, il Collegio – dato atto che le questioni sollevate dall’avv. Giudice in relazione alla preliminare eccezione di giurisdizione sono, per come argomentate dall’istituto tesoriere – strettamene connesse con il merito della domanda azionata – ha preliminarmente richiesto all’avv. De Paola, in rappresentanza dell’ente, di precisare la propria posizione su tutte le eccezioni sollevate dall’Avv. Giudice. L’Avv. De Paola ha dichiarato l’infondatezza dell’eccepito difetto di giurisdizione e la correttezza della precedente sentenza n. 62/2020, in cui l’anticipazione di tesoreria è stata considerata quale obbligazione ex lege di competenza della Corte dei conti; per il resto si è riportata a quanto dedotto e concluso nello scritto introduttivo.
L’Avv. Giudice ha ribadito sinteticamente le censure scritte, dapprima ricostruendo il merito della vicenda e puntualizzando, in sostanza, che l’approvazione del bilancio, avvenuto nel maggio 2016, ha comportato che gli effetti contabili del dissesto decorrano dal 1.01.2017. Pertanto, la situazione contabile di riferimento non è quella avutasi alla data di dichiarazione del dissesto (13.09.2016), ma è quella del 1.01.2017; ebbene, poiché le rimesse di tesoreria verificatesi nell’ultimo trimestre21 del 2016 non hanno valenza solutoria ma ripristinatoria della provvista, l’unico effetto solutorio si avrebbe al 31.12.2016, e a tale data nessun residuo passivo (da eventualmente insinuare nella massa liquidatoria) si era verificato, ma addirittura dal rendiconto del tesoriere emerge un saldo finale positivo per euro 1.736,78. Precisa il difensore che le somme sono state utilizzate per spese correnti e le entrate dell’ente sono state ripristinate con le prime entrate libere, come ha il dovere di fare il tesoriere. In ogni caso, se si sommano dall’estratto di conto corrente i movimenti in avere e quelli in dare, si ottiene una somma pari ad euro 1.179,708, che non corrisponde alla pretesa fatta valere dal Comune. Ma, al di là di tale aspetto, il difensore ribadisce che la domanda ad istanza di parte cristallizza il petitum sulla restituzione di somme, per cui essa attiene non al profilo pubblicistico del servizio di Tesoreria, ma all’aspetto privatistico che riguarda l’anticipazione di tesoreria, con riflessi sul piano della giurisdizione. Ha quindi concluso per il rigetto del ricorso. Il pubblico ministero non si è opposto all’istanza di sospensione e si è riportato alle conclusioni già rassegnate.
DIRITTO
1. Sull’istanza di sospensione del presente giudizio, stante la proposizione del ricorso per regolamento preventivo di giurisdizione innanzi alle Sezioni Unite della Corte di cassazione. Sull’eccezione di giurisdizione. Il Collegio esamina preliminarmente l’istanza di sospensione del presente giudizio, stante la proposizione del ricorso per regolamento preventivo di giurisdizione innanzi alle Sezioni Unite della Corte di cassazione.
L’art. 41, comma 1 c.p.c. recita in questi termini: “Finché la causa non sia decisa nel merito in primo grado, ciascuna parte può chiedere alle Sezioni Unite della Corte di cassazione che risolvano le questioni di giurisdizione di cui all’art. 37. L’istanza si propone con ricorso a norma degli artt. 344 ss., e produce gli effetti di cui all’art. 367”.
L’art. 367, comma 1 c.p.c., a completamento, così dispone: “Una copia del ricorso per cassazione proposto a norma dell’art. 41, primo comma, è depositata dopo la notificazione alle altre parti, nella cancelleria del giudice davanti a cui pende la causa, il quale sospende manifestamente il processo inammissibile se o non la ritiene l’istanza contestazione della giurisdizione manifestamente infondata. Il giudice istruttore o il collegio provvede con ordinanza”.
Come noto, l’art. 367 c.p.c., nella sua formulazione originaria, prevedeva la sospensione del processo di merito quale automatica conseguenza della proposizione del regolamento di giurisdizione. La nuova formulazione della norma ha rimosso l’automatismo, rimettendo invece al giudice a quo la facoltà di decidere sulla eventuale sospensione.
Al Collegio spetta dunque il compito di valutare la non manifesta inammissibilità dell’istanza di sospensione o la non manifesta infondatezza della contestazione della giurisdizione, e tale valutazione implica una previa sommaria delibazione della domanda introduttiva del giudizio di merito e della documentazione versata in atti (Cfr. Cons. Stato, sez. V, 26 maggio 2010, n. 3359), che non può quindi prescindere dall’apprezzamento di eventuali prove dedotte al fine di dimostrare l’infondatezza della contestazione della giurisdizione del giudice adito (cfr., Cass. Sez. Un., 25 luglio 2001, n. 10089). Orbene, alla luce delle argomentazioni dedotte dal ricorrente con l’atto introduttivo e delle controdeduzioni svolte dalla resistente volte a negare la giurisdizione, il Collegio è persuaso della manifesta infondatezza dell’istanza proposta. E ciò, in quanto la domanda avente per oggetto la restituzione delle anticipazioni di tesoreria indebitamente trattenute dal tesoriere afferisce integralmente alla materia della contabilità pubblica investendo schemi procedimentali tipici di redazione del bilancio contabile dell’ente e del suo tesoriere, e presupponendo l’interpretazione di disposizioni rilevanti sotto il profilo contabile, tali essendo quelle che disciplinano la procedura di dissesto finanziario degli enti locali, il cui esame non potrebbe investire, come la difesa della banca ha sostenuto, la cognizione da parte del giudice ordinario.
Ciò in quanto, nel caso di specie, a fondamento della giurisdizione contabile, viene in rilievo sia il principio generale di cui all’art. 103, comma 2, della Costituzione che, com’è noto, assegna alla Corte dei conti la giurisdizione nelle materie di contabilità pubblica e nelle altre specificate dalla legge, sia, soprattutto, la previsione di cui all’art. 172 lett. d) del codice di giustizia contabile (d.lgs. n.174 del 2016) che affida direttamente e complessivamente alla giurisdizione della Corte dei conti, senza necessità di alcuna ulteriore interpositio legislatoris, i giudizi ad istanza di parte “nelle materie di contabilità pubblica”, come quello attivato nel caso di specie, con riferimento al funzionamento del meccanismo delle anticipazioni di tesoreria. Occorre partire dalla considerazione che gli spazi di giurisdizione della Corte dei conti riguardo a tali giudizi (com’è noto, differenti da quelli di responsabilità amministrativa o di conto, riguardo ai quali anche la Suprema Corte ha individuato, nel tempo, giurisdizione presupposti contabile peculiari che per non il radicarsi possono della essere automaticamente traslati ai giudizi ad istanza di parte) hanno registrato, ad avviso del Collegio, un ampliamento con l’entrata in vigore del citato d.lgs. n. 174 del 2016. Prima dell’entrata in vigore del codice di giustizia contabile tali giudizi erano regolati dagli artt. 52 e segg. del r.d. 13 agosto 1933, n. 1038 (regolamento di procedura per i giudizi innanzi alla Corte dei conti). In particolare, l’articolo 58 del r.d. citato affidava alla Corte dei conti, al di là delle ipotesi tipiche previste dalla legge, “Gli altri giudizi ad iniziativa di parte, di competenza della Corte dei conti, nei quali siano interessati anche persone od enti diversi dallo Stato………”. L’art. 172, lett. d) del codice di giustizia contabile afferma, oggi, che la Corte giudica “su altri giudizi ad istanza di parte, previsti dalla legge e comunque nelle materie di contabilità pubblica, nei quali siano interessati anche persone o enti diversi dallo Stato”. Perciò, la novella legislativa ha ricompreso nella categoria residuale di cui alla lett. d) dell’art. 172 c.g.c., non soltanto “gli altri giudizi ad istanza di parte, previsti dalla legge” (che, in base ad una eventuale scelta discrezionale del legislatore, potrebbero anche non attenere alla materia della contabilità pubblica in senso stretto), ma ha altresì aggiunto la locuzione “e comunque nelle materie di contabilità pubblica”. Tale aggiunta, ad avviso del Collegio, ha valore di rafforzativo della giurisdizione, nel senso, cioè, che nelle ipotesi in cui vengono all’esame del giudice contabile rapporti e controversie complessivamente in materia di contabilità pubblica, com’è nel caso in esame, non occorre più fare distinzione fra effetti del rapporto contrattuale di natura privatistica ed aspetti dello stesso regolati da norme pubblicistiche. Perciò, in un giudizio in materia di contabilità pubblica, qual è, per tradizione, quello che riguarda le concessioni esattoriali o, comunque, i servizi di tesoreria, ciò che dovrebbe contare, al fine del radicarsi della giurisdizione contabile, sono, come detto, le caratteristiche complessive del rapporto, attinente alla materia della contabilità pubblica, in quanto regolato sotto molteplici aspetti da fonti legislative speciali (come avviene proprio per l’anticipazione di tesoreria, con particolare riguardo ai suoi effetti a seguito del dissesto dell’ente locale concedente), in
considerazione degli interessi pubblici sottesi, riguardanti, in particolare, la corretta gestione del danaro pubblico, la trasparenza dei conti pubblici, la legittimità e regolarità dei bilanci degli enti locali. (Corte conti, SS.RR. in spec. comp., n. 32 del 12.11.2020).
Occorre segnalare, in proposito come i rapporti fra enti pubblici e tesoriere, pur avendo una origine pattizia danno luogo, molto spesso, a particolari forme procedimentali previste direttamente dalla legge riguardanti il modus operandi di entrambe le parti, ovvero a particolari poteri autoritativi sia in capo all’ente locale nei confronti del tesoriere che in capo a quest’ultimo nei confronti dei creditori del primo. Pertanto, ad avviso del Collegio, la natura stessa del rapporto in questione lo attrae in toto nell’ambito della contabilità pubblica. Infatti, alla luce della citata ampia previsione normativa del codice di giustizia contabile, una volta in presenza di un rapporto che rientra nell’ambito della contabilità pubblica, ne dovrebbe conseguire, sul piano della giurisdizione, il superamento, delle operazioni, suscettibili di variabile giudizio, tese a distinguere ciò che appartiene alla giurisdizione ordinaria, in quanto espressione di27 un rapporto paritetico di dare ed avere fra le parti e quanto attiene alla disciplina pubblicistica.
Conseguentemente, ritiene il Collegio che oggi il sistema consente di addivenire, nell’ambito dei giudizi ad istanza di parte, ad una individuazione della giurisdizione contabile “per materia”, sulla base, come detto, dell’ampliamento e del rafforzamento che la novella di cui all’art. 172, lett. d), c.g.c. ha introdotto rispetto al vecchio testo dell’art. 58 r.d. n. 1038 del 1933. Tale interpretazione offre, nel contempo, una semplificazione alle parti nella individuazione del plesso giudiziario che dovrà decidere sulla domanda di giustizia, in ossequio al principio della certezza del diritto, che, invece, una eccessiva parcellizzazione delle giurisdizioni renderebbe ben difficile da attuare.
Anche a volere sostenere che l’art. 172, lett. d) c.g.c. non abbia portata innovativa, sul punto, rispetto al citato art. 58 del r.d. n. 1038/1933, la provvista di giurisdizione a favore del giudice contabile deve essere comunque riconosciuta in base agli orientamenti tradizionali della Corte di cassazione, come in prosieguo si dirà. In proposito,rileva, innanzitutto, il Collegio che le argomentazioni adoperate dalla difesa dell’istituto tesoriere sembrano in più punti confondere due piani inevitabilmente collegati ma non sovrapponibili: il rapporto di tesoreria tra la banca e il Comune, governato dalla apposita convenzione, ed il rapporto di anticipazione di tesoreria tra le stesse parti, quest’ultimo disciplinato nella cornice normativa di cui agli artt. 195, 222, 246, 254 e 255 del D. lgs. n. 267/00 (Tuel), investendo direttamente – proprio ai fini della pretesa restitutoria – l’esame analitico di ben precisi documenti contabili pubblici, che impone all’interprete di dover tener conto di tempi e modi di rilevazione delle movimentazioni contabili e dei loro effetti che sono speciali e tipici della materia “contabilità pubblica”. Così, ad esempio – e per quanto utile ai fini di questo giudizio – l’art. 195, comma 1, Tuel, nella parte in cui, al primo comma, dispone in questi termini: “Gli enti locali, ad eccezione degli enti in stato di dissesto finanziario sino all’emanazione del decreto di cui all’art. 261, comma 3, possono disporre l’utilizzo, in termini di cassa, delle entrate vincolate di cui all’art. 180, comma 3, lett. d) per il finanziamento di spese correnti…, per un importo non superiore all’anticipazione di
tesoreria disponibile ai sensi dell’art. 222 (…)” Il successivo comma 3, a completamento, dispone altresì che “Il ricorso all’utilizzo delle entrate vincolate, secondo le modalità di cui ai commi 1 e 2, vincola una quota corrispondente dell’anticipazione di tesoreria. Con i primi introiti non soggetti a vincolo di destinazione viene ricostituita la consistenza delle somme vincolate che sono state utilizzate per il pagamento di spese correnti. La ricostituzione dei vincoli è perfezionata con l’emissione di appositi ordinativi di incasso e pagamento di regolazione contabile”. Sempre perché utile ai fini del presente giudizio, il Collegio richiama l’art. 222 del Tuel che, al comma 1, recita “Il tesoriere, su richiesta dell’ente corredata dalla deliberazione della Giunta, concede allo stesso anticipazioni di tesoreria, entro il limite massimo dei tre dodicesimi delle entrate accertate nel penultimo anno precedente, afferenti ai primi tre titoli di entrata del bilancio”.
Deve essere valorizzato come il legislatore, con l’utilizzo del termine “concede” riferito all’istituto dell’anticipazione abbia escluso qualsiasi spatium deliberandi alla banca tesoriere, ragion per cui la clausola di anticipazione si innesta come dovuta all’interno del più ampio rapporto di tesoreria governato dalla convenzione pattizia, non potendo la banca in alcun modo rifiutare la richiesta di anticipazione proveniente dal Comune, se la stessa è contenuta nei limiti consentiti per legge (in tal senso, l’obbligazione nascente dall’anticipazione di tesoreria è un’obbligazione ex lege ).
Ancora giova richiamare il comma 2-bis dell’art. 222 a termini del quale “Per gli enti locali in dissesto economico-finanziario ai sensi dell’articolo 246, che abbiano adottato la deliberazione di cui all’art. 251, comma 1, e che si trovano in condizione di grave indisponibilità di cassa, certificata congiuntamente dal responsabile del servizio finanziario e dall’organo di revisione, il limite massimo di cui al comma 1 del presente articolo è elevato a cinque dodicesimi fino al raggiungimento dell’equilibrio di cui all’art. 259 e, comunque, per non oltre cinque anni, compresoquello in cui è stato deliberato il dissesto”.
Appare dunque evidente che – anche già solo con riferimento al rispetto del limite massimo entro cui opera l’istituto dell’anticipazione, quale clausola legale tipica all’interno della convenzione pattizia di tesoreria – l’interprete è chiamato a valutare presupposti di operatività della clausola che investono specifici istituti della contabilità pubblica: così il richiamo alla necessaria delibera di ricorso all’anticipazione di tesoreria per l’utilizzo di entrate a destinazione vincolata ex art. 195 Tuel cit. per fronteggiare spese correnti in momenti di vita dell’ente caratterizzati da crisi di liquidità; così il richiamo di cui all’art. 222, comma 2-bis cit. al limite massimo di erogazione della
(dovuta) anticipazione. Per sostenere l’avversa tesi della cognizione del giudice ordinario, la difesa del Tesoriere utilizza un argomento che non può essere condiviso: ovverosia, l’argomentazione secondo cui – in executivis – l’anticipazione di tesoreria è un’operazione di conto corrente, sostanzialmente riconducibile ad un’operazione di fido in cui le pretese di dare e avere si risolvono in un indebito civilistico che deve essere, perciò, deciso dall’autorità
giurisdizionale ordinaria. Contro questa esemplificazione, il Collegio non può non osservare che ogni rapporto di tesoreria necessita per poter operare di un contratto di conto corrente, essendo i due negozi (quello di tesoreria e quello di conto corrente) geneticamente collegati.
La clausola di anticipazione è, per il tesoriere, un atto dovuto che interviene su un rapporto di conto corrente che nasce con la convenzione di tesoreria, ma la cui disciplina – quanto a presupposti di ricorso, tempi e modalità di imputazione dei pagamenti – è attratta alla materia della contabilità pubblica. La tesi dell’istituto tesoriere, che indugia nel ricondurre l’istituto dell’anticipazione al negozio di fido bancario, per sottolineare l’asserito profilo privatistico del contratto di anticipazione, non elimina il dato di fatto che, nel giudizio che occupa, si è in presenza di aspetti che “non soltanto ineriscono alla gestione di denaro o beni pubblici, ma si caratterizzano per la violazione di specifici schemi procedimentali di tipo contabile, stabiliti cioè per la regolarità di riscossione di entrate, dell’effettuazione di spese, del rispetto del bilancio”, ovverosia la materia della contabilità pubblica, come del resto riconosciuto dalla stessa Corte di cassazione con l’ordinanza n. 18393/2016 richiamata dal patrocinio del tesoriere, che non appare tuttavia convincente per sostenere la tesi avversata, poiché la Corte ha, sì, riconosciuto la giurisdizione ordinaria, ma al cospetto di fattispecie del tutto diversa, in cui si discuteva dell’ eccessivo ammontare degli interessi e delle commissioni che sull’anticipazione aveva trattenuto il tesoriere.
Di recente, le Sezioni Unite si sono pronunciate in una fattispecie del tutto analoga a quella di cui si discute, anche se a parti invertite, ovverosia in una controversia, inizialmente instaurata dinanzi al tribunale ordinario, in cui la pretesa restitutoria è fatta valere dal tesoriere subentrante nella gestione di un Comune, nei confronti dell’ente locale (e del tesoriere uscente) per il rimborso delle anticipazioni di tesoreria risultanti alla fine della propria gestione. Ebbene, con la ordinanza n. 1414/2019 le Sezioni Unite hanno dichiarato la giurisdizione della Corte dei conti, e l’hanno affermata proprio argomentando dal concetto di giurisdizione tendenzialmente generale che, secondo principi costituzionali pacifici, la Corte dei conti ha nelle materie di contabilità pubblica.
Ha puntualizzato infatti la Suprema Corte che “Ai fini della giurisdizione giova premettere che, ai sensi del R.D. 12.07.1934 n. 1214 e soprattutto per effetto dell’art. 103, secondo comma, della Costituzione, la Corte dei conti ha giurisdizione nelle materie di contabilità pubblica, materie che sono individuate dal concorso di due elementi: la natura pubblica dell’ente e il carattere pubblico del denaro o del bene oggetto della gestione”. Le Sezioni Unite hanno peraltro rammentato che “La giurisdizione contabile, inizialmente costituita dai giudizi di conto, ha quindi assunto progressivamente una portata più generale, comprensiva dei giudizi sui conti e sulle responsabilità di gestione, sì da abbracciare tutte le controversie direttamente connesse alla materia contabile” per poi concludere che “Nel caso di specie si verte innegabilmente in tema di contabilità pubblica, stante la pacifica qualifica di tesoreria comunale e la natura pubblica del denaro (dello stesso ente) gestito dalla predetta”. Ha, altresì, chiarito l’ordinanza sopra citata che “Spetta al giudice contabile la verifica dei rapporti di dare – avere tra l’agente contabile e l’Amministrazione comunale nonché del risultato di detti rapporti con conseguente eventuale responsabilità di tipo contabile stante, come già evidenziato, la natura pubblica dell’ente e del denaro gestito; tale responsabilità si estende anche ad atti e comportamenti – intervenuti nell’ambito di un rapporto gestorio tra l’ente pubblico e l’agente e costituenti violazioni di specifici schemi procedimentali di tipo contabile – stabiliti per la regolarità della riscossione di entrate, dell’effettuazione di spese, del rispetto del bilancio”. Ancor più chiaramente, la pronuncia puntualizza che la pretesa azionata mira ad ottenere – come nel caso che occupa – la restituzione di somme e che il contratto intercorrente fra il tesoriere e l’ente è costituito “dal complesso delle operazioni inerenti alla gestione finanziaria dell’ente e, in particolare, la riscossione delle entrate e il pagamento delle spese facenti capo al medesimo ente e dallo stesso ordinate con l’osservanza delle norme” per poi precisare, in relazione all’obbligazione restitutoria dedotta in giudizio, che essa “riguarda il rapporto gestorio intercorrente tra l’ente pubblico e il precedente tesoriere che chiede la restituzione di somme alle quali ritiene di avere diritto e il bene della vita richiesto corrisponde alla restituzione degli importi dovuti in relazione al rapporto di tesoreria intrattenuto con il Comune”, nel senso che la pretesa fatta valere trova fondamento “in un più ampio rapporto concernente la contabilità dell’ente locale ed interessa il rapporto tra il tesoriere e l’ente locale. Trattasi, come già evidenziato, di controversia strettamente attinente alla materia contabile, facendosi valere l’inosservanza di una obbligazione (restituzione delle somme asseritamente dovute dal Comune) inerente al rapporto di tesoreria, il cui adempimento è volto a realizzare la fase esecutiva e terminale del rapporto stesso”. Ebbene, il Collegio non può non rilevare come nella fattispecie per cui è giudizio, tanto le ragioni di merito addotte dal Comune di Cariati quanto le controdeduzioni, sempre di merito, sostenute dalla BCC del Crotonese, ineriscano alla fase esecutiva e terminale del rapporto di tesoreria, governato dall’anticipazione ex art. 222 Tuel.
Il Collegio rileva altresì che la difesa del tesoriere, per contestare la giurisdizione contabile, richiama pronunce delle Sezioni Unite che, ad attenta lettura, non sono conferenti col presente giudizio: in Sezioni Unite, ord. n. 10270/18, in discussione erano le pattuizioni sulla capitalizzazione degli interessi passivi sul contratto di tesoreria e la questione di giurisdizione è stata posta tra giurisdizione esclusiva del GA e GO; in Sezioni Unite, ord. n. 15749/19, definita da parte resistente “situazione identica”, mentre non lo è, l’oggetto del petitum era la ricomprensione delle somme nella massa passiva e la questione di giurisdizione era stata posta solo tra GA e GO; in Sezioni Unite, in ord. n. 24111/20, in discussione era la restituzione degli interessi calcolati sulle somme oggetto di anticipazione sulla base di condizioni economiche non previste in convenzione e la questione di giurisdizione era stata posta tra giurisdizione esclusiva del GA e GO.
In tutti questi casi, l’inziale domanda era stata articolata innanzi al giudice amministrativo in sede di giurisdizione esclusiva sul presupposto che in contestazione fosse una controversia di cui all’art. 133, comma 1 lett. c) c.g.a. relativa a concessioni di pubblici servizi (considerando tale il contratto di tesoreria), escluse quelle concernenti indennità, canoni ed altri corrispettivi. Anche l’ordinanza SS.UU. n. 18393/16, richiamata dalla difesa del tesoriere, non appare pertinente, poiché in essa, come già accennato, si discute del rimborso di maggiori oneri per interessi eccessivi e commissioni di massimo scoperto applicate dal tesoriere su somme prelevate dalla amministrazione pubblica, ritenuti da quest’ultima superiori a quelli pattuiti. Per contro, la sentenza merita di essere ricordata poiché in essa è espresso un principio poi ribadito nella successiva ordinanza delle Sezioni Unite, n. 1414/2019 precedentemente illustrata dal Collegio, la quale, invece, afferma la giurisdizione della Corte dei conti: “per radicare la giurisdizione contabile è necessario che la lite riguardi atti e comportamenti che non soltanto ineriscano alla gestione di denaro o beni pubblici, ma si caratterizzino per la violazione di specifici schemi procedimentali di tipo contabile, stabiliti cioè per la regolarità della riscossione di entrate, dell’effettuazione di spese, del rispetto del bilancio”.
Per contro, va invece posto in evidenza come siano numerose le pronunce della Corte di cassazione che, oltre alla già illustrata ordinanza n. 1414/2019, hanno riconosciuto la giurisdizione contabile in fattispecie analoghe a quella oggetto del presente giudizio, condividendo il tradizionale schema attributivo della giurisdizione alla Corte dei conti nelle materie di contabilità pubblica. A titolo esemplificativo si cita: Cass. S.U. n. 16014 del 18.06.2018, che ha riconosciuto la giurisdizione contabile in ogni controversia tra l’ente impositore e la società concessionaria del servizio di riscossione di denaro di spettanza dello Stato o di enti pubblici – del quale la stessa ha il maneggio nel periodo compreso tra la riscossione e il versamento – “che abbia ad oggetto la verifica dei rapporti di dare ed avere e il risultato finale di tali rapporti”: la sentenza richiama, in proposito, anche le disposizioni di cui agli artt. 172 e segg. c.g.c., che hanno sostituito l’abrogato art. 58 del r.d. n. 1038/1933. Con l’ordinanza n. 33362 del 24.12.2018 le Sezioni Unite si sono invece pronunciate in una controversia fra un comune e il tesoriere del tutto analoga a quella di cui si discute, in cui il primo contestava a quest’ultimo di aver provveduto, successivamente alla dichiarazione di dissesto dell’ente, al pagamento di somme detenute presso il tesoriere e che avrebbero invece dovuto costituire oggetto di restituzione all’ente, con pregiudizio patrimoniale per quest’ultimo derivante da irregolarità di gestione. La pronuncia ha rammentato che “la giurisdizione contabile inizialmente costituita dai giudizi di conto ha quindi assunto progressivamente una portata più generale, comprensiva dei giudizi sui conti e sulle responsabilità di gestione, sì da abbracciare tutte le controversie direttamente connesse alla materia contabile. Nel caso di specie si verte innegabilmente in tema di contabilità pubblica, stante la pacifica qualifica di tesoreria comunale e la natura pubblica del denaro (dello stesso ente) gestito dalla predetta”. La Corte ha quindi chiaramente concluso: “Trattasi di controversia strettamente attinente alla materia contabile in quanto, sul presupposto dell’obbligo del tesoriere di custodire le somme riscosse e di consegnare poi al comune il saldo attivo, si fa chiaramente valere l’inosservanza di una obbligazione inerente al rapporto di tesoreria, il cui adempimento è volto a realizzare la fase esecutiva e terminale del rapporto stesso”.
Ancora, con la sentenza n. 5595 del 28.02.2020 le Sezioni Unite si sono pronunciate su una controversia instaurata proprio a seguito di ricorso ad istanza di parte di un comune nei confronti del concessionario della riscossione per omesse riscossioni di tributi. La sentenza ha confermato la giurisdizione contabile in ragione della materia implicata nella controversia, non mancando di precisare: “peraltro in conformità a quanto da tempo affermato da questa Corte, ossia che l’art. 58 in discorso (ora art. 172, lett. d) c.g.c., n.d.r.) mediante la previsione di << altri giudizi ad istanza di parte >>, introduce una categoria residuale, aperta, di giudizi che possono essere instaurati avanti il giudice contabile ad iniziativa di soggetti diversi dal pubblico ministero, con l’unico limite, che si verta in materia assegnata alla giurisdizione della Corte dei conti”.
Identico principio è stato affermato con la recentissima ordinanza n. 22810 del 20 ottobre 2020, con cui la Suprema Corte ha ribadito la giurisdizione contabile a conoscere di un giudizio ad istanza di parte instaurato da un comune nei confronti del concessionario della riscossione delle imposte per la mancata esazione di crediti ormai divenuti inesigibili, non mancando di puntualizzare che “la giurisdizione contabile ha infatti natura tendenzialmente generale, dotata di propria vis espansiva in difetto di espresse limitazioni legislative, in materia di contabilità pubblica”. Non solo. La difesa dell’istituto tesoriere cita, per argomentare la natura privatistica del rapporto di tesoreria, la pronuncia
della Corte dei conti, Sezione Autonomie del 15 settembre 2014 che – ad attenta lettura – nel richiamare la pronuncia n. 188 del39 2014 della Corte costituzionale, distingue invece nell’ambito del rapporto di tesoreria la clausola “anticipazione di tesoreria”, legale e tipica.
La lite che il Collegio è chiamato a derimere si caratterizza invece proprio per la violazione di specifici schemi procedimentali di tipo contabile, in quanto altro è la convenzione di tesoreria, altro è il rapporto di anticipazione di tesoreria, ad essa connesso, che tuttavia ha una sua causa tipica, che è quella di “porre rimedio ad eccessi diacronici tra i flussi di entrata e quelli di spesa attraverso un finanziamento a breve termine” (così la Corte costituzionale con sent. n. 188/2014, richiamata dalla Sezione Autonomie della Corte dei conti in Adunanza del 15.09.2014) e che, per come è normata dal legislatore, non costituisce forma di indebitamento, ma di finanziamento a breve termine, per effetto della quale il tesoriere è vincolato all’anticipazione, per gli enti in dissesto, nei limiti dei 5/12 delle entrate accertate nel penultimo anno precedente (art. 222, comma 2 bis del TUEL). Detto altrimenti: l’interprete non è al cospetto, come sembra lasciar intendere la difesa della BCC, di una responsabilità civile di danno innanzi alla Corte dei conti; non è questo il campo del presente giudizio.
Si è invece al cospetto della materia “contabilità pubblica” che la Carta fondamentale (art. 103, comma 2) assegna alla Corte dei conti quale giudice naturale e speciale della materia contabile.
È, dunque, la materia della contabilità pubblica il fattore attrattivo e fondante la giurisdizione della Corte. Questa precisazione consente al Collegio di superare anche una ulteriore censura argomentata dalla difesa della banca, laddove richiama il precedente di questa Sezione n. 62 del 2020 su fattispecie analoga (ma non identica, per quanto appresso si dirà) alla presente. E infatti, nel proprio scritto difensivo, la difesa del tesoriere scrive: “Così ricostruita l’anticipazione di tesoreria e la sua operatività, la questione di giurisdizione posta non può essere risolta né in termini di obbligatorietà della concessione da parte del tesoriere, né in termini di rilievo contabile della stessa sul piano debitorio… nel senso che non possono tali riferimenti essere utilizzati come discrimen rispetto ai quali valutare la ricorrenza, sulla base dei normali criteri di riparto della giurisdizione nel vigente ordinamento, dei presupposti del poter giudicare da parte di codesta Corte (ci si permetta, quindi, di dissentire su quanto da codesta Ecc.ma Corte ritenuto con la sentenza n. 62/20)”.
Ebbene, il Collegio non può non rilevare che nel giudizio esitato nella sentenza n. 62/20 giammai è stata sollevata la questione di giurisdizione: anzitutto per la contumacia in quel giudizio dell’istituto tesoriere e, in secondo luogo, perché l’unica censura che venne mossa, in quel giudizio, dalla Procura contabile, era non sulla giurisdizione, ma sull’ammissibilità della domanda avanzata dall’ente locale nelle forme del giudizio ad istanza di parte, e tale censura – com’è noto – “attiene ad una modalità procedimentale strumentale al giudizio ad istanza di parte”, alla scelta del rito applicabile in relazione al petitum fatto valere in giudizio, se, cioè, di tipo risarcitorio o afferente ai rapporti di
dare-avere fra comune e tesoriere, e dunque “trattasi di censura relativa ai limiti interni della giurisdizione contabile” (Cass. n. 5595 del 28.02.2020; n. 22810 del 20.10.2020), non inerente all’essenza della giurisdizione ma al modo in cui la stessa è stata esercitata (Cass. n. 6493/2015).
Deve, piuttosto, essere valorizzato che, proprio il passaggio, nella giurisprudenza delle Sezioni Unite, dal criterio soggettivo fondato sulla qualità del soggetto a quello oggettivo fondato sullo scopo perseguito dalla spesa pubblica, rende ragione della circostanza che il rapporto tra l’ente locale e il suo tesoriere, ancorché disciplinato da un negozio giuridico di diritto privato, fonda l’esistenza su una relazione di servizio funzionale in cui il tesoriere si ingerisce nell’apparato organico e nell’attività dell’ente (in questo senso, Cass. S.U. n. 21546/2017; Cass. S.U. n. 7663/2017; Cass. S.U. n. 26280/2009; Cass. S.U. n. 237/99; Cass. S.U. n. 15658/2006; Cass. S.U. n. 1866/1973).
La conseguenza di tale ingresso nella sfera pubblicistica, segnata dal maneggio del denaro pubblico nel periodo compreso – per quanto utile ai fini di questo giudizio – tra l’anticipazione di cassa e il suo riversamento, fa sì che il tesoriere assuma, inevitabilmente, la qualifica di «agente contabile»; che la verifica finale dei rapporti di dare e avere esiti, inevitabilmente, in un giudizio di conto o che produca, come nella fattispecie in esame, la composizione della controversia mediante un giudizio ad istanza di parte. Ed è in riferimento a quest’ultima eventualità che la pronuncia n. 62/20 di questa Sezione, nel qualificare la clausola di anticipazione come obbligazione ex lege che esclude
una contraria volontà pattizia, ha respinto, in quel giudizio, l’eccezione di inammissibilità della domanda sollevata dalla Procura regionale.
Conclusivamente, per i motivi anzidetti, l’eccezione di difetto di giurisdizione del giudice contabile sollevata dalla BCC del Crotonese deve essere disattesa, sicché l’istanza di sospensione deve ritenersi manifestamente inammissibile.
2. Sul difetto di legittimazione passiva e sulla richiesta di eventuale integrazione del contraddittorio nei confronti dell’OSL.
La Banca ha sollevato il difetto di legittimazione passiva, sul rilievo che, essendo la domanda ricostruita come restituzione di pagamenti che il tesoriere avrebbe effettuato a sé stesso per il ripianamento di un debito (l’anticipazione), non più dell’ente, ma di un terzo (l’OSL), la somma dovrà essere eventualmente restituita all’ente dallo stesso OSL: di qui, l’asserita necessità di integrare il contraddittorio nei confronti dell’OSL legittimato passivo. Ciò in quanto la procedura di dissesto del Comune di Cariati, essendo stata deliberata in data 13.09.2016, si sottrae ratione temporis alla disciplina della novella normativa di cui all’articolo 1, comma 878, lett. b), della legge n. 205 del 2017, con la quale è stata sottratta, per le procedure di dissesto dichiarate a far data dal 1.01.2018, in relazione a quanto previsto dall’art. 255, comma 10, del TUEL, la competenza in materia di anticipazioni di tesoreria non ancora rimborsate all’Organo straordinario di liquidazione. Ragion per cui, la problematica connessa all’anticipazione di tesoreria concessa all’ente dalla Banca tesoriere nell’esercizio finanziario 2016 rientra a pieno titolo nella competenza dell’OSL. In altri termini, secondo la difesa della banca, il reintegro dell’anticipazione si può configurare nella misura in cui il pagamento riguardi poste debitorie di competenza dell’OSL e sempre che col pagamento effettuato si sia attinto a risorse proprie della gestione ordinaria.
L’eccezione è infondata e deve essere respinta. Giova infatti tener conto di due aspetti.
In prima battuta, che in questo caso l’ente, in tanto avrebbe potuto e dovuto chiedere la restituzione delle somme all’OSL, in quanto il tesoriere avesse rimesso all’OSL stesso la somma oggetto di restituzione. Mentre, nel caso che investe il presente giudizio, il presupposto della domanda azionata è che il tesoriere ha trattenuto per sé le somme. In secondo luogo, la richiesta di integrazione del contraddittorio nei confronti dell’OSL è parimenti infondata, non ravvisandosi in questa peculiare fattispecie alcun litisconsorzio necessario tra ente locale, istituto tesoriere e organismo straordinario di liquidazione, difettando in quest’ultimo un autonomo interesse a contraddire, anche in ragione del rilievo sostanziale che l’Organo straordinario di liquidazione: 1) non ha personalità giuridica, ma si avvale della personalità giuridica dell’Ente; 2) è legittimato a sostituirsi agli organi istituzionali nell’attività di propria competenza; 3) è tenuto a fare denuncia dei danni provocati all’ente locale o all’erario statale, che abbia accertato nell’esercizio dei propri compiti, alla procura regionale della Corte dei conti, ed a fare la relativa segnalazione al Ministro dell’Interno, per il tramite delle prefetture (art. 252 co. 5 TUEL); 4) per unanime giurisprudenza, è espressione degli interessi finanziari dell’ente ed è organo dell’ente, al quale è “affidata la peculiare “missione istituzionale“ di realizzare i superiori interessi pubblici a salvaguardia dell’effettivo risanamento dell’ente locale, nel perseguimento dell’interesse generale al buon andamento della finanza locale ed alla corretta gestione delle risorse finanziarie nel recupero dell’equilibrio di bilancio dell’ ente locale dissestato” (Corte conti, Sez. controllo Lazio, Delib. n. 8/2019/PAR).
La competenza OSL è, detto altrimenti, meramente liquidatoria, senza ingerenza sul rapporto sostanziale di credito/debito in essere tra il Comune di Cariati e la BCC del Crotonese. Ne consegue legittimazione la reiezione passiva e
dell’eccezione dell’istanza di difetto integrazione di del contraddittorio.
1. Merito.
Nel merito, la domanda è infondata e deve dunque essere respinta.
Il Comune di Cariati a sostegno della sua domanda restitutoria ha documentato quanto segue:
– dichiarazione di dissesto finanziario in data 13.09.2016 (deliberazione consiglio comunale n. 36);
– verbale verifica di cassa straordinaria (esercizio 2016; mese contabile: giugno) da cui risulta un utilizzodell’anticipazione di tesoreria, in termini di cassa, per € 2.235.182,00= (deficit); azzeramento del deficit di cassa al 31.12.2016 in quanto l’istituto tesoriere, con provvedimento unilaterale ha fatto confluire tutte le entrate verificatesi dal 13.09.2016 al 31.12.2016, quantificate dall’Ente in € 1.479.277,35, in conto recupero anticipazione;
– diffida del 25.03.2020 al tesoriere.
La BCC del Crotonese si è difesa nel merito e ha contrastato la domanda deducendo fatti contrari su cui l’ente locale non ha controdedotto.
Anzitutto, il tesoriere ha dato atto della delibera n. 1 del46 20.01.2016 della giunta comunale del Comune (doc. 9 in fascicolo BCC), con cui l’ente ha disposto, per l’esercizio 2016, di richiedere al Tesoriere comunale, in via cautelativa, a fronte di una eventuale carenza di cassa, l’utilizzo delle entrate a specifica destinazione secondo le modalità stabilite dall’art. 195 TUEL e, in caso di loro insufficienza, l’attivazione di una anticipazione di cassa sino ad un importo complessivo di euro 2.348.355,81.
La deliberazione prevede, altresì, al punto 3), che “il Tesoriere provvederà alla estinzione prioritaria dell’eventuale anticipazione attivata ed alla successiva ricostituzione dei vincoli sulle entrate a specifica destinazione utilizzando a tal fine tutte le entrate dell’ente”.
Inoltre, il tesoriere ha documentato che:
– fino al 13.09.2016, l’ente ha utilizzato l’anticipazione non in termini di cassa, ma a valere su fondi a specifica destinazione ex art. 195 TUEL – e per tale motivo al 13.09.16 il saldo del conto anticipazione è pari a zero
(docc. 5-6- e 10 del fascicolo BCC);
– dal 13.09 al 31.12.16, l’ente ha utilizzato l’anticipazione in termini di cassa – con conseguente utilizzo e ripristino della provvista (docc. 11, 12 e 13 fascicolo BCC).
Da cui consegue che:
– al 13.09.2016 non c’era un debito del Tesoriere su anticipazioni non restituite, in quanto l’ente aveva utilizzato l’anticipazione a valere su fondi a specifica destinazione e il saldo era per questo pari a zero (poiché il ricorso all’utilizzo di entrate vincolate vincola una quota corrispondente dell’anticipazione stessa);
– al 31.12.2016 non c’era alcun debito su anticipazioni non restituite da inserire nella massa passiva, ma addirittura un saldo attivo.
Da quanto esposto è intuibile, in assenza di ulteriori chiarimenti sul punto da parte del ricorrente, che quelle che il Comune quantifica come anticipazioni di tesoreria non restituite al 31.12.2016 per € 1.479.277,35= sono in realtà quelle «entrate libere» che – giusta la delibera del 20.01.2016 – il tesoriere ha utilizzato in via prioritaria a ripiano dell’anticipazione concessa. Pertanto, come conclusivamente affermato dal tesoriere, l’operazione di saldo a chiusura dell’esercizio finanziario 2016 ha natura solutoria di chiusura contabile del rapporto di anticipazione, e solo l’eventuale residuo passivo al 31.12.2016 avrebbe potuto, eventualmente, confluire nella massa passiva, ma a tale data nessun residuo passivo era presente poiché il conto del tesoriere presentava un saldo pari a zero.
Giova richiamare in proposito il principio applicato della contabilità finanziaria n. 3.26 di cui all’allegato 4/2 al D.lgs. 23 giugno 2011, n. 118, a termini del quale “Le anticipazioni di cassa erogate dal tesoriere dell’ente sono contabilizzate nel titolo istituito appositamente per tale tipologia di entrate che, ai sensi48 dell’art. 3, comma 17, della legge n. 350/2003 non costituiscono debito dell’ente, in quanto destinate a fronteggiare temporanee esigenze di liquidità dell’ente e destinate ad essere chiuse entro l’esercizio. Pertanto, alla data del 31 dicembre di ciascun esercizio, l’ammontare delle entrate accertate e riscosse derivanti da anticipazioni deve corrispondere all’ammontare delle spese impegnate e pagate per la chiusura delle stesse”.
Il Collegio osserva, dunque, che la disposizione testé richiamata ricalca il contenuto della delibera di giunta n. 1 del 20 gennaio 2016, con cui il Comune di Cariati ha fatto ricorso all’istituto dell’anticipazione, laddove si dà atto che “il Tesoriere provvederà alla estinzione prioritaria dell’eventuale anticipazione attivata ed alla successiva ricostituzione dei vincoli sulle entrate a specifica destinazione utilizzando a tal fine tutte le entrate dell’ente”. Occorre, poi, sottolineare che al 31.12.2016 non risulta ex actis, nella contabilità dell’ente, secondo il rendiconto del tesoriere, alcun residuo passivo per anticipazioni di tesoreria, sicché alcuna pretesa a tale titolo poteva essere avanzata.
Tali circostanze rendono fondate le argomentazioni del tesoriere alle quali peraltro il Comune non ha contro-argomentato.
La domanda viene pertanto rigettata.
La difesa della Banca ha altresì chiesto la condanna del Comune per lite temeraria ai sensi dell’art. 96 c.p.c. Invero, la complessità delle questioni trattate non consente di qualificare la lite introdotta come temeraria e giustifica anzi49 l’integrale compensazione delle spese di questo giudizio.
PQM
La Corte dei conti – Sezione giurisdizionale regionale per la Calabria – definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe, lo rigetta.
Spese compensate.
Manda alla Segreteria per gli adempimenti di rito.
Così disposto in Catanzaro, nella camera di consiglio del 1 dicembre 2020.
Il Relatore
Carlo Efisio Marrè Brunenghi
(f.to digitalmente)
Il Presidente
Rita Loreto
(f.to digitalmente)
Depositata in Segreteria il 18/12/2020
Il Funzionario
dott.ssa Stefania Vasapollo
(f.to digitalmente)