Provvedimento: Sentenza
Sezione: 1^
Regione:
Città:
Data di pubblicazione: 12 Luglio 2016
Numero: 14180
Data di udienza: 10 Maggio 2016
Presidente: SALVAGO
Estensore: TERRUSI
Premassima
INQUINAMENTO ACUSTICO – RUMORE – Superamento della soglia di tollerabilità delle immissioni acustiche – Diritto alla salute – Realizzazione della barriera antirumore – Art. 844 cod. civ. – Art. 32 cost. e 2043 cod. civ.– DANNO AMBIENTALE – Immissioni recanti pregiudizio alla salute umana e all’ambiente – Artt.115, 167, 374, 669-octies e 700 cod. proc. civ. – DIRITTO PROCESSUALE CIVILE – Principio di non contestazione e comparsa di costituzione e risposta.
Massima
CORTE DI CASSAZIONE CIVILE Sez. 1^ 12/07/2016 (Ud. 10/05/2016) Sentenza n.14180
L’
art. 844 detta una regola concepita per risolvere i conflitti di interesse tra usi diversi di unità immobiliari contigue. Evoca le immissioni connesse all’espletamento di attività produttive, dinanzi alle quali è consentita l’elevazione della soglia di tollerabilità, sempre che non venga in gioco il fondamentale diritto alla salute, da considerarsi valore sempre prevalente in funzione del soddisfacimento del diritto a una normale qualità della vita (v. tra le tante, Sez. 2^ n. 8420-06, n. 5564-10, n.939-11, tutte nel solco dell’ esegesi costituzionalmente orientata tratta da C. Cost. n. 247-74). Ne consegue che, in tema di immissioni acustiche, la differenziazione tra tutela civilistica e tutela amministrativa mantiene la sua attualità anche a seguito dell’entrata in vigore dell’art. 6-ter del d.l. n. 208 del 2008, convertito con modificazioni in 1. n. 13 del 2009, che ha introdotto misure straordinarie in materia di risorse idriche e di protezione dell’ambiente (v. Sez. 3″ n. 20927-15). In altre parole, neppure un tale impianto normativo possiede una portata derogatoria e limitativa dell’
art. 844 cod. civ. Esso non esclude l’accertamento in concreto del superamento del limite della normale tollerabilità, dovendo comunque ritenersi sempre prevalente, come detto, il soddisfacimento dell’interesse a una normale qualità della vita rispetto a qualsivoglia esigenza della produzione. Nella specie, è stata confermata la condanna del gestore di un tratto autostradale, cui era stata imposta la costruzione di una barriera fonoassorbente per preservare la qualità della vita di quanti abitavano in un appartamento ubicato in prossimità del percorso.
DIRITTO PROCESSUALE CIVILE – Principio di non contestazione e comparsa di costituzione e risposta.
Il c.d. principio di non contestazione operava anche prima della riforma dell’
art.115 cod. proc. civ., giacché il convenuto, ai sensi dell’
art. 167 cod. proc. civ., era in ogni caso tenuto a prendere posizione in modo chiaro e analitico sui fatti posti dall’attore a fondamento della propria domanda, i quali potevano quindi ritenersi ammessi, senza necessità di prova, ove la parte nella comparsa di costituzione e risposta si fosse limitata a negare genericamente la sussistenza dei presupposti di legge per l’accoglimento della domanda (e v. già in tal senso Cass. Sez. 3″ n. 19896-15).
(conferma sentenza n. 433/2009 della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA, depositata il 01/04/2009) Pres. SALVAGO, Rel. TERRUSI, Ric. AUTOSTRADA DEL BRENNERO S.P.A.
Allegato
Titolo Completo
CORTE DI CASSAZIONE CIVILE Sez. 1^ 12/07/2016 (Ud. 10/05/2016) Sentenza n.14180
SENTENZA
CORTE DI CASSAZIONE CIVILE Sez. 1^ 12/07/2016 (Ud. 10/05/2016) Sentenza n.14180
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
omissis
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso 13244-2010 proposto da:
AUTOSTRADA DEL BRENNERO S.P.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE ANGELICO 103, presso l’avvocato MASSIMO LETIZIA, che la rappresenta e difende unitamente agli avvocati FRANCESCO PAOLUCCI, VITTORIO PAOLUCCI, giusta procura a margine del ricorso;
– ricorrente –
contro
CHINAGLIA G. (c.f. **), SCAPINELLI M. (c. f. **), elettivamente domiciliati in ROMA, VIA POMPEO MAGNO 94, presso l’avvocato MAURO LONGO, che li rappresenta e difende unitamente agli avvocati ANDREA CHIOSSI, DAVIDE AMADEI, giusta procura a margine del controricorso;
– controricorrenti –
– avverso la sentenza n. 433/2009 della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA, depositata il 01/04/2009;
– udita la relazione della causa svolta nella pubblica
– udienza del 10/05/2016 dal Consigliere Dott. FRANCESCO TERROSI;
– udito, per la ricorrente, l’Avvocato LETIZIA MASSIMO che ha chiesto l’accoglimento del ricorso;
– udito, per i controricorrenti, l’Avvocato LONGO MAURO che ha chiesto il rigetto o l’inammissibilità del ricorso;
– udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. SERGIO DEL CORE che ha concluso per il rigetto del ricorso.
Svolgimento del processo
I coniugi G. Chinaglia e M. Scarpinelli, proprietari di un immobile in S. Croce di Carpi, adiacente la corsia nord dell’autostrada A/2, ottennero nei confronti della s.p.a. Autostrade del Brennero un provvedimento ex
art. 700 cod. proc. civ. teso a imporre la realizzazione di un’apposita barriera antirumore. Convennero quindi la società dinanzi al tribunale di Modena per il giudizio di merito, reiterando le ragioni esposte in sede cautelare e instando per il risarcimento del danno.
Nella resistenza della società, il tribunale (sez. dist. di Carpi), ritenute esistenti le immissioni rumorose oltre la soglia di normale tollerabilità, confermò la misura anticipatoria e ordinò in via definitiva alla convenuta di provvedere alla realizzazione della barriera.
Rigettò ogni ulteriore domanda.
La sentenza, impugnata dalla società, veniva confermata dalla corte d’appello di Bologna e avverso la relativa decisione, assunta il 1° aprile 2009, ricorre adesso per cassazione la società medesima articolando otto motivi.
I coniugi Chinaglia resistono con controricorso.
Entrambe le parti hanno depositato una memoria.
Motivi della decisione
I. – Col primo motivo di ricorso la società denunzia la violazione e falsa applicazione degli artt. 33-35 del d.lgs. n. 90 del 1998 e il vizio di motivazione in ordine al rigetto del motivo d’appello col quale era stata eccepita la carenza di giurisdizione del giudice ordinario in favore del giudice amministrativo.
Il motivo, ove non inammissibile in relazione al quesito di diritto, che si rivela composto in mero interpello in ordine al fatto “se, alla luce delle considerazioni dedotte, la fattispecie rientri nella giurisdizione esclusiva ( .. )” e “se, alla luce delle considerazioni dedotte, la sentenza della corte d’appello ( .. ) abbia o meno violato le disposizioni di cui agli artt. 33 e 35 del d.lgs. 90/1998”, e ove non inammissibile perché la sottostante questione era (ed è) questione giuridica, e dunque non poteva essere dedotta mediante critica della motivazione, è in ogni caso manifestamente infondato. Questa corte, a sezioni unite, ha già affermato che l’inosservanza da parte della p.a. delle regole tecniche o dei canoni di diligenza e prudenza nella gestione dei propri beni può essere denunciata dal privato davanti al giudice ordinario non solo per conseguire la condanna dell’amministrazione al risarcimento dei danni, ma anche per ottenerne la condanna a un facere; tale domanda non investe difatti scelte e atti autoritativi, ma attività soggetta al principio del neminem laedere (cfr. Sez. un. n. 22116-14, relativamente ad analoga domanda di condanna alla riduzione nei limiti di tollerabilità d ì immissioni rumorose nella specie prodotte da convogli ferroviari, oltre che al risarcimento dei danni da inquinamento acustico).
La pronuncia di manifesta infondatezza del motivo di ricorso è consentita direttamente in questa sede in base all’art. 374, 1° comma, cod. proc. civ.
II. – Col secondo mezzo la società denunzia la violazione e falsa applicazione dell’
art. 669-octies cod. proc. civ. (testo pro tempore), essendo stato il giudizio di merito instaurato dopo il decorso del termine perentorio di trenta giorni dalla pronuncia del provvedimento cautelare.
Il motivo è inammissibile per difetto di interesse, avuto riguardo alla funzione solo anticipatoria del provvedimento cautelare, destinato infine a essere assorbito così come in effetti risulta esser stato assorbito – nella statuizione definitiva di merito.
In ogni caso il motivo è anche infondato, giacché dalla sentenza risulta che l’ordinanza cautelare era stata pronunciata fuori udienza e comunicata il 30-8-2000; sicché l’instaurazione del giudizio di merito, avvenuta con citazione notificata il 13-10-2000 (fatto pacifico anche in base alle difese della società, che addirittura ha indicato il 12-10-2000 come data di spedizione dell’atto), era certamente tempestiva.
Contrariamente a quanto sostenuto dalla ricorrente, il termine per l’instaurazione del giudizio di merito che segua all’emissione di un provvedimento cautelare è soggetto alla sospensione feriale dei termini processuali.
La deroga alla sospensione (in base alla 1. n. 742-69, art. 3, nel riferimento all’art. 92 dell’ora. giud.) non va oltre la fase cautelare.
III. – Col terzo motivo si deduce la violazione e falsa applicazione dell’
art. 844 cod. civ. e il vizio di motivazione, avendo l’impugnata sentenza mancato di considerare la necessità di contemperamento della disciplina sulle immissioni con le esigenze della produzione.
Il motivo è infondato, anche se la motivazione della sentenza necessita di essere integrata nel senso che segue.
IV. La corte d’appello ha ritenuto “pretestuoso” l’altrui richiamo alle esigenze della produzione affermando che il comportamento della società convenuta dovevasi considerare illecito perché protratto per anni nel superamento della soglia di tollerabilità delle immissioni acustiche.
La ricorrente lamenta che né in fase cautelare, né nel giudizio di merito, sia stata disposta una c.t.u. per stabilire i livelli di inquinamento riscontrabili in loco.
Può osservarsi che una simile doglianza è inefficace, dal momento che l’impugnata sentenza ha risolto la questione della prova dell’intollerabilità delle immissioni in base al principio di non contestazione. Ha infatti premesso che era da considerare “conclamata ed incontestata” l’immissione di rumori superanti i limiti di tollerabilità.
In tal modo il giudice
a quo non ha infranto disposizioni di legge, dal momento che il principio di non contestazione operava anche prima della riforma dell’
art.115 cod. proc. civ., giacché il convenuto, ai sensi dell’
art. 167 cod. proc. civ., era in ogni caso tenuto a prendere posizione in modo chiaro e analitico sui fatti posti dall’attore a fondamento della propria domanda, i quali potevano quindi ritenersi ammessi, senza necessità di prova, ove la parte nella comparsa di costituzione e risposta si fosse limitata a negare genericamente la sussistenza dei presupposti di legge per l’accoglimento della domanda (e v. già in tal senso Sez. 3″ n. 19896-15) .
In una simile condizione di accertato superamento dei limiti di tollerabilità del livello di inquinamento acustico, eccepire il contemperamento delle esigenze della produzione ex
art. 844, 2° comma, cod. civ. non è rilevante.
L’art. 844 detta una regola concepita per risolvere i conflitti di interesse tra usi diversi di unità immobiliari contigue.
Evoca le immissioni connesse all’espletamento di attività produttive, dinanzi alle quali è consentita l’elevazione della soglia di tollerabilità, sempre che non venga in gioco il fondamentale diritto alla salute, da considerarsi valore sempre prevalente in funzione del soddisfacimento del diritto a una normale qualità della vita (v. tra le tante, Sez. 2^ n. 8420-06, n. 5564-10, n.939-11, tutte nel solco dell’ esegesi costituzionalmente orientata tratta da C. Cost. n. 247-74).
Ne consegue che, in tema di immissioni acustiche, la differenziazione tra tutela civilistica e tutela amministrativa mantiene la sua attualità anche a seguito dell’entrata in vigore dell’art. 6-ter del d.l. n. 208 del 2008, convertito con modificazioni in 1. n. 13 del 2009, che ha introdotto misure straordinarie in materia di risorse idriche e di protezione dell’ambiente (v. Sez. 3″ n. 20927-15).
In altre parole, neppure un tale impianto normativo possiede una portata derogatoria e limitativa dell’
art. 844 cod. civ.. Esso non esclude l’accertamento in concreto del superamento del limite della normale tollerabilità, dovendo comunque ritenersi sempre prevalente, come detto, il soddisfacimento dell’interesse a una normale qualità della vita rispetto a qualsivoglia esigenza della produzione.
Nel caso specifico, si discorreva di inquinamento acustico derivante da sorgente mobile, quale il traffico veicolare dell’autostrada della cui costruzione e del cui esercizio la società convenuta era concessionaria.
La
causa petendi – per quanto dalla sentenza si apprende – era circoscritta agli
artt. 32 cost. e
2043 cod. civ., dovendosi giudicare di immissioni recanti pregiudizio alla salute umana e all’ambiente.
Pertanto la verifica del superamento della soglia di normale tollerabilità (finanche rapportata all’
art. 844 cod. civ.), comportava doversi escludere qualsiasi criterio di contemperamento di interessi contrastanti e/o di priorità dell’uso, venendo in considerazione, in tale ipotesi, unicamente l’illiceità del fatto generatore del danno, rientrante nello schema dell’azione generale di cui all’
art. 2043 cod. civ.
V.
– Col quarto motivo la società, deducendo violazione e falsa applicazione dell’art. 155 del d.lgs. n . 285 del 1992, della 1. n. 249 del 1986, del d.p.c.m. 1-3-1991, della legge quadro n. 447 del 1995, del d.p.c.m. 14-11-1997 e del d.m. 29-11-2000, violazione e falsa applicazione degli artt. 155 del d.lgs. n. 285 del 1992,
844 e 2043 cod. civ. e vizio di motivazione, censura la sentenza perché la realizzazione della barriera antirumore non era dovuta per norma di legge, e quindi non avrebbe potuto essere posta a carico della società.
Il motivo è assorbito dalle considerazioni svolte a proposito del presidio costituzionale preminente (
art. 32 cost.), posto al fondo della domanda e della conseguente sentenza. A ogni modo esso è nella prima parte anche inammissibile per astrattezza del quesito di diritto, che si presenta privo di ogni riferimento alla fattispecie e composto in mero interrogativo se la corte d’appello abbia o meno fatto corretta applicazione delle norme evocate.
VI. – Eguali considerazioni valgono per i motivi quinto e sesto, nei quali vengono denunziati vizi di motivazione (i) sul punto afferente le fasce di pertinenza e la dedotta inapplicabilità all’interno di esse dei limiti assoluti di immissione e (ii) in ordine alla deduzione circa la “non debenza” della barriera in ragione della intempestività con cui era stata pretesa “l’attuazione di parte di un più ampio piano costituente mero obbligo pubblicistico”.
Anche in tal senso si tratta di censure assorbite da quanto già evidenziato a proposito del terzo motivo di ricorso, essendo stata accertata la possibile compromissione del diritto alla salute e all’ambiente.
VII.
– Col settimo motivo la società in unico contesto denunzia: (i) vizio di motivazione; (ii) violazione di legge ex artt. 155 del d.lgs. n. 285 del 1992, 32 cost. e
844 e 2043 cod. civ.; (iii) ancora vizio di motivazione.
La duplice censura di vizio di motivazione è inammissibile perché non conclusa da adeguata sintesi caratterizzante il cd. quesito di fatto. Ancora una volta si fa generica questione di “assoluta carente motivazione ( .. ) della richiesta declaratoria di non debenza della barriera da parte di Autobrennero”, senza migliore specificazione.
La critica di violazione di legge è assorbita in quanto più sopra esposto ed è comunque inammissibile perché non calibrata sulla ratio decidendi della sentenza.
Si sostiene che il giudice di merito abbia imposto la realizzazione della barriera pur in mancanza di documentazione idonea a riscontrare il livello di inquinamento acustico e il superamento della normale tollerabilità, e pur in mancanza pi elementi volti a ricondurre l’emissione rumorosa in capo alla società convenuta senza verifica del nesso di causalità.
Per quanto non si faccia fatica a condividere la premessa del ragionamento dell’impugnante, secondo cui il limite di tollerabilità delle immissioni rumorose non è assoluto ma relativo alla situazione ambientale, variabile da luogo a luogo, vi è che tale notazione nulla toglie all’accertamento di fatto sul quale risulta basata la decisione in esame.
Indubbiamente, ai fini che interessano, non si può prescindere dalla rumorosità di fondo, ossia dalla fascia rumorosa costante sulla quale vengono a innestarsi i rumori denunciati come immissioni abnormi (cd. criterio comparativo). E altrettanto indubbiamente la valutazione ex
art. 844 cod. civ., diretta a stabilire se i rumori restino compresi o meno nei limiti della norma, deve essere in generale riferita, da un lato, alla sensibilità dell’uomo medio e, dall’altro, alla situazione locale (v. già Sez. 2A n. 17051-11).
Ma il punto è che spetta pur sempre al giudice del merito accertare in concreto se le immissioni abbiano superato l’ambito della normale tollerabilità.
Proprio questo la corte d’appello ha accertato quanto alle immissioni provenienti dal transito autostradale nel tratto gestito dalla convenuta, sottolineando che la circostanza del superamento del limite della normale tollerabilità non era stata “mai negata dalla s.p.a. Autostrada del Brennero”.
La corrispondente quaestio facti è stata dunque definita ancora si ripete in base al principio di non contestazione. E la ricorrente non ha sindacato tale presupposto della ratio decidendi.
Da tanto discende l’inammissibilità dell’attuale doglianza in ordine alla prova delle immissioni e del nesso causale.
VIII. – Con l’ottavo motivo di ricorso viene dedotto il vizio di motivazione con riferimento alla domanda di accertamento dell’inammissibilità di una produzione documentale e del conseguente “stralcio” dal fascicolo di causa, anche in ragione della violazione del diritto al contraddittorio. Viene inoltre censurata la sentenza in relazione alla domanda di cancellazione di una frase asseritamente ingiuriosa leggibile a pag. 6 della costituzione degli appellati.
Il motivo è inammissibile sotto tutti i denunciati profili.
Nella prima parte, neppure risulta a tacer d’altro specificato quale fosse l’oggetto della produzione documentale, così da potersene in qualche moqo apprezzare una benché minima rilevanza ai fini della decisione.
Quanto alla seconda parte, la censura suppone una violazione di nonna processuale, la quale non può essere prospettata a mezzo del sindacato sulla motivazione della sentenza. Tale sindacato, invero, non eccede i limiti della questione di fatto.
IX. – In conclusione, il ricorso è rigettato e le spese processuali seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente alle spese processuali, che liquida in euro 7. 800, 00, di cui euro 200,00 per esborsi, oltre accessori e maggiorazione forfetaria di spese generali nella percentuale di legge.
Deciso in Roma, nella camera di consiglio della prima Sezione.