RIFIUTI – Registro Carico e Scarico Rifiuti – Mancata e/o erronea comunicazione del MUD – Controllo della tracciabilità dei rifiuti – Mancata operatività del sistema informatico dei rifiuti (SISTRI) – Artt. 188, 189 c.3, 190, 193, 258 c.1 D.lgs. n.152/2006 – PUBBLICA AMMINISTRAZIONE – Sanzioni amministrative – Accertamento del debito e della responsabilità nei riguardi di uno solo dei condebitori – Obbligazione solidale dal lato passivo – Litisconsorzio facoltativo – DIRITTO PROCESSUALE CIVILE – Procedimento di opposizione avverso le sanzioni amministrative pecuniarie – Principio di retroattività favorevole – Minimo e massimo della sanzione indicato dalla norma – Potere discrezionale del giudice – Valutazione degli elementi oggettivi e soggettivi – Giudizio di cassazione – Nuove questioni di diritto ovvero nuovi temi di contestazione – Indagini ed accertamenti di fatto – Esclusione.
Provvedimento: ORDINANZA
Sezione: 2^
Regione:
Città:
Data di pubblicazione: 10 Ottobre 2022
Numero: 29403
Data di udienza: 16 Marzo 2022
Presidente: ORILIA
Estensore: FALASCHI
Premassima
RIFIUTI – Registro Carico e Scarico Rifiuti – Mancata e/o erronea comunicazione del MUD – Controllo della tracciabilità dei rifiuti – Mancata operatività del sistema informatico dei rifiuti (SISTRI) – Artt. 188, 189 c.3, 190, 193, 258 c.1 D.lgs. n.152/2006 – PUBBLICA AMMINISTRAZIONE – Sanzioni amministrative – Accertamento del debito e della responsabilità nei riguardi di uno solo dei condebitori – Obbligazione solidale dal lato passivo – Litisconsorzio facoltativo – DIRITTO PROCESSUALE CIVILE – Procedimento di opposizione avverso le sanzioni amministrative pecuniarie – Principio di retroattività favorevole – Minimo e massimo della sanzione indicato dalla norma – Potere discrezionale del giudice – Valutazione degli elementi oggettivi e soggettivi – Giudizio di cassazione – Nuove questioni di diritto ovvero nuovi temi di contestazione – Indagini ed accertamenti di fatto – Esclusione.
Massima
CORTE DI CASSAZIONE CIVILE Sez. 2^, 10 ottobre 2022 (Ud. 16/03/2022), Ordinanza n.29403
RIFIUTI – Registro Carico e Scarico Rifiuti – Mancata e/o erronea comunicazione del MUD – Controllo della tracciabilità dei rifiuti – Mancata operatività del sistema informatico dei rifiuti (SISTRI) – Artt. 188, 189 c.3, 190, 193, 258 c.1 D.lgs. n.152/2006.
In tema di rifiuti, pur essendo stati riformulati i primi due commi dell’art. 258 relativi al MUD, ai registri e ai soggetti obbligati – i comportamenti sanzionati non sono nella sostanza mutati, difatti: ai sensi dell’art. 258 come regolato dal d.lgs. n. 152/2006 sono sempre “I soggetti di cui all’art. 189 comma 3 che non effettuino la comunicazione ivi prescritta ovvero la effettuino in modo incompleto o inesatto sono puniti con la sanzione amministrativa pecuniaria da duemilaseicento a quindicimilacinquecento euro. Per cui, il soggetto obbligato alla tenuta dei registri di carico e scarico e dei formulari in formato cartaceo, stante l’inoperatività del sistema informatizzato, soggiace alla sanzione amministrativa di cui all’art. 258, come modificato dall’art. 35 del d.lgs. 205/2010, secondo cui “I soggetti di cui all’articolo 190 comma 1 che non abbiano aderito al sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti (SISTRI) di cui all’art. 188 bis comma 2 lett. a) e che omettano di tenere ovvero tengano in modo incompleto il registro di carico e scarico di cui al medesimo articolo, sono puniti con la sanzione amministrativa pecuniaria da duemilaseicento a quindicimilacinquecento euro”. Trattasi, quindi, di due ipotesi distinte: la prima contempla l’omessa compilazione totale del registro ovvero dell’annotazione di alcuni trasporti, mentre la seconda – ipotesi meno grave – riguarda annotazioni tutte effettuate, ma formalmente incomplete o inesatte. Nella specie, l’ipotesi delle annotazioni incomplete o parziali dei registri e dei formulari tenuti in cartaceo o della mancata di trasmissione dei modelli – che hanno determinato una gestione del sistema di tracciabilità dei rifiuti del tutto incontrollata e non verificabile, atteso che il regime informatico era solo fittiziamente esistente – integrava gli estremi di cui al primo comma dell’art. 258 del T.U.A..
PUBBLICA AMMINISTRAZIONE – Sanzioni amministrative – Accertamento del debito e della responsabilità nei riguardi di uno solo dei condebitori – Obbligazione solidale dal lato passivo – Litisconsorzio facoltativo.
In caso di obbligazione solidale dal lato passivo, l’accertamento del debito, ovvero della responsabilità, nei riguardi di uno solo dei condebitori non richiede la necessaria partecipazione al giudizio anche dell’altro, non facendo stato nei suoi confronti l’eventuale pronunciamento. Invero, in tema di sanzioni amministrative, la responsabilità degli autori materiali della violazione, anche ove abbiano commesso il fatto in concorso tra loro, e quella delle persone giuridiche chiamate a risponderne, sia quali coobbligate solidali, ai sensi dell’art. 6 della legge 24 novembre 1981, n. 689, sia in proprio, ai sensi dell’art. 187-ter del d.lgs. 24 febbraio 1998, n. 58, danno luogo ad una pluralità di rapporti autonomi. Ne consegue che, nel procedimento di opposizione disciplinato dall’art. 187- septies del d.lgs. n. 58 cit., non è configurabile un litisconsorzio necessario, ma – al più – un litisconsorzio facoltativo tra i predetti soggetti.
DIRITTO PROCESSUALE CIVILE – Sanzioni amministrative – Procedimento di opposizione avverso le sanzioni amministrative pecuniarie – Principio di retroattività favorevole – Minimo e massimo della sanzione indicato dalla norma – Potere discrezionale del giudice – Valutazione degli elementi oggettivi e soggettivi.
In tema di sanzioni amministrative pecuniarie, ove la norma indichi un minimo e un massimo della sanzione, spetta al potere discrezionale del giudice determinarne l’entità entro tali limiti, allo scopo di commisurarla alla gravità del fatto concreto, globalmente desunta dai suoi elementi oggettivi e soggettivi. Peraltro, il giudice non è tenuto a specificare nella sentenza i criteri adottati nel procedere a detta determinazione, né la Corte di cassazione può censurare la statuizione adottata, ove tali limiti siano stati rispettati e dal complesso della motivazione risulti che quella valutazione è stata compiuta. In altri termini, nel procedimento di opposizione avverso le sanzioni amministrative pecuniarie, il giudice, nel caso di contestazione della misure delle stesse, è autonomamente chiamato a controllarne la rispondenza alle previsioni di legge, senza essere soggetto a parametri fissi di proporzionalità correlati al numero ed alla consistenza degli addebiti, e può reputare congrua l’entità della sanzione inflitta in riferimento ad una molteplicità di incolpazioni anche qualora escluda l’esistenza di alcune di esse; egli, inoltre, non è chiamato a controllare la motivazione dell’ordinanza-ingiunzione, ma a determinare la sanzione entro i limiti edittali previsti, allo scopo di commisurarla all’effettiva gravità del fatto concreto, desumendola globalmente dai suoi elementi oggettivi e soggettivi, senza che sia tenuto a specificare i criteri seguiti, dovendosi escludere che la sua statuizione sia censurabile in sede di legittimità ove quei limiti siano stati rispettati e dalla motivazione emerga come, nella determinazione, si sia tenuto conto dei parametri previsti dall’art. 11 della L. n. 689 del 1981.
DIRITTO PROCESSUALE CIVILE – Giudizio di cassazione – Nuove questioni di diritto ovvero nuovi temi di contestazione – Indagini ed accertamenti di fatto – Esclusione.
Nel giudizio di cassazione non si possono prospettare nuove questioni di diritto ovvero nuovi temi di contestazione che implichino indagini ed accertamenti di fatto non effettuati dal giudice di merito, nemmeno se si tratta di questioni rilevabili d’ufficio.
(rigetta il ricorso avverso sentenza della CORTE D’APPELLO DI SALERNO n. 58/2019 dep. 14/02/2019.) Pres. ORILIA, Rel. FALASCHI, Ric. IMEPA s.r.l. c. PROVINCIA DI SALERNO
Allegato
Titolo Completo
CORTE DI CASSAZIONE CIVILE Sez. 2^, 10/10/2022 (Ud. 16/03/2022), Ordinanza n.29403SENTENZA
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Omissis
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 27747/2019 R.G. proposto da
IMEPA s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli Avvocati Giannicola Gallotto e Massimo Pagliara del foro di Salerno ed elettivamente domiciliata in Roma, via Adda n..99, presso lo studio dell’avvocato Bruno De Ciccio;
– ricorrente –
CONTRO
PROVINCIA DI SALERNO, in persona del Presidente pro tempore, rappresentata e difesa dagli Avvocati FrancescoTedesco e Vincenzo Vanacore dell’Avvocatura provinciale, elettivamente domiciliata all’indirizzo PEC dei difensori iscritti nel REGINDE;
– controricorrente –
avverso la sentenza della CORTE D’APPELLO DI SALERNO n. 58/2019 depositata il 14 febbraio 2019.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 16 marzo2022 dal Consigliere Milena Falaschi.
OSSERVA IN FATTO E IN DIRITTO
Ritenuto che:
– il Tribunale di Salerno, con sentenza n. 964/2017, rigettava l’opposizion proposta da IMEPA s.r.l. avverso le ordinanze ingiunzione del 22.01.2014 emesse su istanza della PROVINCIA di SALERNO, con le quali veniva irrogata la sanzione amministrativa pari ad euro 5.166,67 per ciascuna annualità ai sensi degli artt. 189 comma 3, 258 comma 1 Dlgs. n. 152/2006, per aver la società opponente effettuato in modo inesatto ed incompleto la comunicazione delle quantità di rifiuti prodotti nel corso degli anni 2008,2009, 2010,2011, 2012.
In particolare, il giudice di primo grado, rilevata l’applicabilità delle sanzioni previste dal D.Lgs. n. 152/2006 in attesa dell’effettiva operatività del sistema informatico di controllo della tracciabilità dei rifiuti (SISTRI), riteneva infondata l’eccezione di decadenza per mancata contestazione dell’infrazione entro il termine di novanta giorni dall’accertamento, considerando quale dies a quo la data in cui era stato ragionevolmente possibile per l’Amministrazione concludere le verifiche e gli accertamenti necessari; riteneva altresì che non vi era stata alcuna violazione del diritto di difesa avendo avuto la società la possibilità di espletare le proprie difese nella fase endoprocedimentale, a nulla rilevando l’annullamento della sanzione nei confronti della società TORTORA a r.I., non essendo quest’ultima società destinataria delle prescrizioni di legge, stante l’attività di mera consulenza amministrativa dalla stessa svolta; rilevava – infine – la congruità della misura della sanzione, in considerazione della natura e del numero delle violazioni contestate;
– sul gravame interposto dalla IMEPA s.r.l., la Corte di appello di Salerno, nella resistenza della PROVINCIA, con sentenza n. 58/2019, rigettava l’appello e confermava il provvedimento impugnato.
Nel dettaglio, la Corte di Salerno accertava che nel 2013 il sistema SISTRI non era entrato in funzione, sicchè era obbligatoria la tenuta dei registri e delle comunicazioni previste dalla legge in modalità cartacea. Ne conseguiva che, nell’ipotesi di incomplete o parziali annotazioni dei registri e dei formulari tenuti in cartaceo o in mancanza di trasmissione dei modelli, la gestione dei rifiuti da parte della IMEPA s.r.l. era divenuta del tutto incontrollata e non verificabile, atteso che il regime informatico era solo fittiziamente esistente.
Peraltro – dato atto che alla data dell’accertamento (gennaio – giugno 2013) doveva ritenersi applicabile l’art. 188 bis del D.Lgs. 152/2006 in tema di controllo della tracciabilità dei rifiuti, come introdotto dall’art. 16 comma 1 lett. B) del D.Lgs. n. 205/2010 per cui ai sensi del comma 3 della citata disposizione il soggetto che “aderisce al sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti (SISTRI) di cui al comma 2, lett. a) non è tenuto ad adempiere agli obblighi relativi alla tenuta dei registri di carico e scarico di cui all’art. 190 nonché dei formulari di identificazione dei rifiuti di cui all’articolo 193” – la Corte distrettuale, dopo aver ribadito l’inoperatività del sistema SISTRI perché mai entrato in vigore, aggiungeva che lo stesso decreto legislativo evocato sanciva l’operatività del sistema preesistente fino all’emanazione dei decreti attuativi concernenti proprio la parte IV del testo normativo (artt. 177-266 relativi alle norme in materia di gestione dei rifiuti).
Quanto alla dedotta violazione dell’art. 14 comma 1 e comma 5 della L. 689/1981, la Corte distrettuale – chiarito che la violazione doveva essere contestata immediatamente al trasgressore e all’obbligato in solido, oppure essere notificata agli interessati residenti nel territorio della Repubblica entro il termine di novanta giorni – accertava la tempestività della notifica avvenuta in data 9 luglio 2013, ossia entro il termine di 90 giorni dall’ultimo accesso effettuato dal personale Nopa in data 20 maggio 2013 e – quindi – in un tempo assolutamente congruo rispetto alle verifiche effettuate presso la società fino al maggio 2013.
Con riguardo alla censura concernente l’esclusione dal contraddittorio della società TORTORA a r.l. (incaricata della consulenza amministrativa dalla IMEPA) dopo una prima contestazione in solido con quest’ultimo società, la Corte del merito affermava che l’ente impositore avrebbe comunque potuto irrogare la sanzione anche solo nei confronti di una delle coobbligate, senza la possibilità in quella sede di muovere alcuna contestazione o pretendere un esonero di responsabilità dell’una o dell’altra società.
Aggiungeva la Corte che, in ogni caso, la IMEPA, effettivo trasgressore in quanto soggetto attivo nella gestione dei rifiuti, aveva avuto ampia possibilità di far valere le proprie ragioni prima della notifica dell’ordinanza ingiunzione, a nulla rilevando le sorti del procedimento intentato anche nei confronti della TORTORA, la cui responsabilità avrebbe potuto al più essere fatta valere in altra sede (nell’ambito della responsabilità professionale), ove quest’ultima fosse stata effettivamente incaricata di curare gli adempimenti amministrativi della società e fossero attribuibili alla stessa omissioni o errori nella compilazione dei modelli.
Infine, la Corte riteneva legittima e congrua la sanzione pari ad euro 5.176,67 per ognuna delle annualità dal 2008 al 2013, corrispondente al doppio del minimo ed ad un terzo del massimo della pena prevista a norma dell’art. 258 comma 1 d.lgs. 152/2006, stante la natura delle condotte contestate, la ragione di tutela sottesa alla previsione normativa, la ripetitività dell’omissione e delle irregolarità riscontrate dal 2008 al 2013, nonché la circostanza che la società sanzionata in precedenza non fosse incorsa in analoghe violazioni di legge;
– per la cassazione della sentenza della Corte di appello di Salerno IMEPA propone ricorso fondato su sette motivi, cui resiste la PROVINCIA di SALERNO con controricorso;
– in prossimità dell’adunanza camerale parte ricorrente ha curato il deposito di memoria illustrativa.
Atteso che:
– con il primo motivo la ricorrente denuncia, ex art. 360 comma 1 n. 3 c.p.c., la violazione dell’art. 3 comma 1 della L. n. 689/1981 per non aver la Corte di appello di Salerno ritenuto viziate le ordinanze – ingiunzione, pur manchevoli dell’indicazione dell’autore – quale persona fisica – dell’illecito amministrativo, qualificata la IMEPA inizialmente quale obbligata solidale e poi come trasgressore.
La ricorrente aggiunge che l’Amministrazione avrebbe contestato l’illecito amministrativo alla IMEPA e non alla persona fisica, violando così il principio di personalità della responsabilità.
Il motivo è inammissibile in quanto fa valere per la prima volta in questa sede una questione nuova relativa alla mancata contestazione della sanzione amministrativa alla persona fisica. A tal proposito, va ribadito che secondo la giurisprudenza consolidata di questa Corte, nel giudizio di cassazione non si possono prospettare nuove questioni di diritto ovvero nuovi temi di contestazione che implichino indagini ed accertamenti di fatto non effettuati dal giudice di merito, nemmeno se si tratta di questioni rilevabili d’ufficio (Cass. n. 19164/2007; Cass. 25319/2017; Cass. 20712/2018).
Peraltro, la censura prospettata è inammissibile anche sotto il profilo del difetto di specificità, non chiarendo la società ricorrente la persona fisica a cui avrebbe dovuto imputarsi la sanzione amministrativa oggetto di causa.
Sull’ulteriore profilo della contestazione quanto allo status, si dirà con il secondo mezzo; con il secondo motivo la ricorrente lamenta, ex 360 comma 1 n. 3 c.p.c., la violazione dell’art. 14 comma 1 della L. n. 689/1981 per aver la Corte distrettuale ritenuto infondata l’eccezione proposta dalla società in riferimento alla violazione del contraddittorio nella fase procedimentale precedente all’irrogazione delle sanzioni.
Ad avviso della ricorrente, la Provincia di Salerno avrebbe violato le regole del corretto procedimento nella fase di accertamento dell’illecito amministrativo avendo in un primo momento individuato la Imepa come “obbligata in solido” e poi qualificata come “unico trasgressore”, senza avvisarla della modificazione della qualifica, né consentirle di partecipare alla fase endoprocedimentale di contestazione dell’illecito de quo. Pertanto, sempre secondo la ricorrente, la contestazione della violazione quale obbligata in solido non risulterebbe idonea a fondare l’adozione delle ordinanze ingiunzione nei confronti della medesima società, quale “unico trasgressore”. In altri termini, il mutamento dello status da obbligato in solido a trasgressore unico, posto in essere dall’Amministrazione tra la fase di accertamento/contestazione e la fase di emissione delle ordinanze ingiunzione, avrebbe determinato una lesione del diritto di difesa della ricorrente, la quale non sarebbe mai stata posta in condizione di controdedurre nella veste di unica autrice del fatto.
Il motivo va respinto.
Nella specie, come chiarito dalla Corte distrettuale, non vi è stata alcuna violazione del diritto di difesa, non riferendosi la doglianza alla violazione dei termini o delle regole procedurali o anche all’impossibilità di espletare la difesa e di depositare le proprie controdeduzioni (cfr. pag. 6 della sentenza impugnata), ma sostanzialmente alla sola esclusione della TORTORA s.r.l., incaricata della consulenza amministrativa dalla IMEPA, dopo una prima contestazione in solido con quest’ultima.
Peraltro, il giudice di appello ha accertato che la IMEPA aveva avuto ampia possibilità di far valere le proprie ragioni prima della notifica delle ordinanze ingiunzione, a nulla rilevando le sorti del procedimento intentato anche nei confronti della TORTORA, la cui eventuale responsabilità professionale avrebbe potuto farsi valere in altra sede nell’ambito della responsabilità contrattuale laddove quest’ultima società fosse stata effettivamente incaricata di curare gli adempimenti amministrativi della IMEPA e fossero attribuibili alla stessa omissioni o errori nella compilazione dei modelli.
Va – infine – aggiunto che è proprio la natura della responsabilità solidale ad escludere che vi sia la violazione del contraddittorio. Difatti, in caso di obbligazione solidale dal lato passivo, l’accertamento del debito, ovvero della responsabilità, nei riguardi di uno solo dei condebitori non richiede la necessaria partecipazione al giudizio anche dell’altro, non facendo stato nei suoi confronti l’eventuale pronunciamento (Cass. n. 24269 del 2006). Invero, in tema di sanzioni amministrative, la responsabilità degli autori materiali della violazione, anche ove abbiano commesso il fatto in concorso tra loro, e quella delle persone giuridiche chiamate a risponderne, sia quali coobbligate solidali, ai sensi dell’art. 6 della legge 24 novembre 1981, n. 689, sia in proprio, ai sensi dell’art. 187-ter del d.lgs. 24 febbraio 1998, n. 58, danno luogo ad una pluralità di rapporti autonomi. Ne consegue che, nel procedimento di opposizione disciplinato dall’art. 187- septies del d.lgs. n. 58 cit., non è configurabile un litisconsorzio necessario, ma – al più – un litisconsorzio facoltativo tra i predetti soggetti (in tal senso, Cass. Sez. Un., n. 20935 del 2009); – con il terzo motivo la società lamenta, ex art. 360 comma 1 n. 4 c.p.c., la nullità della sentenza per violazione degli artt. 132 comma 2 n. 4 c.p.c. e 118 disp. att. c.p.c. per non aver la Corte di appello indicato da quali concreti elementi abbia tratto il suo convincimento laddove ha ritenuto la tempestività della notifica a norma dell’art. 14 comma 2 I. n. 689/1981, nonché la congruità del termine trascorso tra la data dell’accertamento e la notifica della contestazione.
Ad avviso della ricorrente, il giudice del gravame avrebbe dovuto specificare – da un lato – gli elementi di fatto nuovi che sarebbero stati acquisiti nei successivi accessi del personale del Nopa del 14, 16 e 20 maggio 2013, che avrebbero giustificato lo slittamento del dies a quo rispetto a quello del 25.01.2013 (data di acquisizione di tutti i documenti) e – dall’altro – avrebbe dovuto indicare e chiarire la complessità delle indagini, evocata per considerare congruo l’abnorme lasso di tempo trascorso dal 25.01.2013 al 09.07.2013.
Il motivo va respinto.
Osserva il Collegio che il dies a quo per il computo del termine di novanta giorni, entro il quale può utilmente avvenire la contestazione mediante notifica, deve essere inteso come comprensivo anche del tempo necessario alla valutazione dei dati acquisiti ed afferenti agli elementi dell’infrazione, spettando poi al giudice di merito valutare la congruità, se eccepita, del tempo impiegato dall’Amministrazione per giungere alle proprie determinazioni (Cass. n. 2532 del 2016).
Nella specie, la Corte di appello – chiarito che la violazione deve essere contestata immediatamente al trasgressore e all’obbligato in solido, oppure essere notificata agli interessati residenti nel territorio della Repubblica entro il termine di novanta giorni – ha ritenuto che la notifica al trasgressore del 9 luglio 2013 fosse tempestiva, stante la data in cui il personale del Nopa era tornato presso l’azienda (14, 16 e 20 maggio 2013), ossia la data dell’ultimo accesso, ritenendo – in ogni caso – il lasso di tempo intercorso assolutamente congruo rispetto alle verifiche effettuate presso la società fino al maggio 2013 ed alla successiva fase di valutazione di quanto acquisito e di redazione degli atti.
Trattasi questo di un apprezzamento di merito, come tale non censurabile in sede di legittimità se esente da vizi logici come nel caso in esame.
Con la doglianza prospettata dalla ricorrente (peraltro del tutto genericamente), quest’ultima fa – quindi – valere in questa sede una diversa interpretazione dei fatti di causa, auspicando ad una nuova valutazione delle risultanze di merito, non ammissibile nel giudizio di legittimità;
– con il quarto motivo, la ricorrente lamenta, ex art. 360 comma 1 n. 3 c.p.c., la falsa applicazione degli artt. 189, comma 3 e 258, comma 1 del D.L. 152/2006 per aver il giudice del gravame confermato l’ordinanza ingiunzione pur non prevedendo nel periodo storico di interesse il decreto legislativo evocato alcuna pena pecuniaria per la mancata e/o erronea comunicazione del MUD, così come riconosciuto dallo stesso Ministero dell’Ambiente e rilevato dalla dottrina.
Secondo la ricorrente, la Corte distrettuale, pur dando atto dell’invocata inoperatività del sistema telematico di controllo, avrebbe erroneamente ritenuto legittima l’irrogazione delle sanzioni per tutte le cinque annualità in contestazione, con conseguente illegittima estensione delle pene pecuniarie all’epoca unicamente previste per omessa e/o non corretta tenuta del Registro Carico e Scarico Rifiuti (art. 190 d.lgs. 152/2006) e dei Formulari utili al trasporto dei rifiuti (art. 193 d.lgs. 152/2006) al diverso ambito del Modello Unico di Dichiarazione ambientale dei rifiuti (art. 189 d.lgs. 152/2006).
In altri termini, la ricorrente contesta l’illegittimità delle sanzioni irrogate ai sensi del combinato disposto degli artt. 189 comma 1 e 258 comma 3 d.lgs. 152/2006, non essendo dette disposizioni più in vigore nel periodo di riferimento (25/12/2010 – 31/08/2013) per effetto della modifica operata dall’art. 258 del decreto evocato. Con il quinto motivo la ricorrente denuncia, ex art. 360 comma 1 n. 3 c.p.c., la violazione dell’art. 25 comma 2 cost e dell’art. 1 L. n. 689/1981 per essere stato violato il principio di legalità, non essendo la sanzione amministrativa irrogata giustificata da alcuna base normativa.
Con il sesto motivo la società lamenta, ex art. 360 comma 1 n. 3 c.p.c., la violazione dell’art. 3 e 117 cost., dell’art. 7 CEDU, nonché la falsa applicazione del combinato disposto degli artt. 189 comma 3 e 258 comma 1 del d.lgs. 152/2006 nella stesura intermedia vigente dal 25/12/2010 al 31/08/2013 introdotta dal d.lgs. 205/2010, con riferimento al mancato rispetto principio di retroattività favorevole in tema di sanzioni amministrative. Ad avviso della ricorrente, la pena pecuniaria prevista a norma degli artt. 189 comma 3 e 258 comma 1 del d.lgs. 152/2006 con riferimento al MUD – sebbene vigente all’epoca delle comunicazioni ambientali relative agli anni 2008 – 2009, sarebbe stata successivamente abrogata, con conseguente impossibilità di applicare la pena pecuniaria (che nella stesura intermedia introdotta dal D.Lgs. 205/2010 sul codice ambientale) al caso di specie a fronte dell’estensione della regola della lex mitior anche nei confronti delle sanzioni amministrative con natura e finalità punitiva.
Il quarto, il quinto e il sesto motivo – da trattare unitariamente in quanto intrinsecamente connessi – sono infondati.
Va premesso che l’entrata in vigore del SISTRI, inizialmente prevista per luglio 2010, è stata poi rinviata: al 10 ottobre 2010, poi al 1 0gennaio 2011 e in seguito al 31 maggio 2011 e al 10 giugno 2011, poi di nuovo al 10 settembre 2011, al 2 aprile 2012 (decreto “Milleproroghe” del 23 dicembre 2011), al 30 giugno 2013 e al 10 ottobre 2013. Il 10 ottobre 2013 il SISTRI è entrato in vigore per gli Enti o le imprese che raccolgono o trasportano rifiuti pericolosi a titolo professionale o che effettuano operazioni di trattamento, recupero, smaltimento, commercio e detenzione di rifiuti pericolosi, inclusi i nuovi produttori (art. 11, co. 2).
L’entrata in vigore è stata comunque solo in via sperimentale e non valse a sostituire il previgente sistema cartaceo.
Ora, in seguito alle modifiche apportate dal Decreto Legislativo n. 116/2020 al TUA, è stato rivisto il sistema di tracciabilità dei rifiuti (registro carico e scarico, formulari e MUD): l’art. 188 bis del d.lgs. n. 152/2006 è stato così sostituito: “il sistema di tracciabilità dei rifiuti si compone delle procedure e degli strumenti di tracciabilità dei rifiuti integrati nel Registro elettronico nazionale per la tracciabilità dei rifiuti istituito ai sensi dell’art. 6 del decreto- legge 14 dicembre 2018, n. 135, convertito con modificazione dalla legge 11 febbraio 2019, n. 12, e gestito con il supporto tecnico operativo dell’Albo nazionale dei gestori di cui all’art. 212.
Per consentire la lettura integrata dei dati, gli adempimento relativi alle modalità di compilazione e tenuta del registro di carico e scarico e del formulario identificativo di trasporto ei rifiuti, di cui agli articoli 190 e 193, sono effettuati secondo le modalità dettate con uno o più decreti del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mera, adottati ai sensi dell’art. 17 comma 3 della legge 23 agosto 1988, n. 400, di concreto con il Ministro dell’economia e delle finanze, sentiti il Ministro dello sviluppo economico, il Ministro della pubblica amministrazione, il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali”.
Ancora, ai sensi del comma 5, “Gli adempimenti relativi agli articoli 190 e 193 sono effettuati digitalmente da parte dei soggetti obbligati ovvero di coloro che intendano volontariamente aderirvi ai sensi del comma 3 dell’articolo 6 del decreto- legge 14 dicembre 2018, n. 135; negli altri casi i suddetti adempimenti possono essere assolti mediante il formato cartaceo [..]”. E – da ultimo – a mente del comma 7 , “Fino all’entrata in vigore del decreto previsto al comma 1 continuando ad applicarsi i decreti del Ministro dell’ambiente 1° aprile 1998, n. 145 e e 10 aprile 1998, n. 148, recanti i modelli di registro di carico e scarico e di formulario di identificazione del rifiuto”.
Orbene, dal dato normativo si evince chiaramente che le modalità di compilazione dei registri di carico e scarico e dei formulari di identificazione dei rifiuti saranno definite con appositi decreti ministeriali, i quali saranno in formato digitale per i soggetti obbligati o che sceglieranno volontariamente di iscriversi al registro. Gli altri soggetti continueranno ad utilizzare gli strumenti in formato cartaceo. Peraltro, risultano ad oggi tutt’ora in vigore (fino all’entrata in vigore dei decreti attuativi delle nuove disposizioni di attuazione del TUA) i D.M. 10 aprile 1998, n. 145 e n. 148 che disciplinano rispettivamente il modello del formulario di accompagnamento dei rifiuti ed il modello di registro di carico e scarico dei rifiuti.
Ne consegue che, nel periodo di riferimento (segnatamente gennaio – giugno 2013), la società produttrice di rifiuti era (ed è tutt’ora) obbligata a tenere i registri di tracciabilità degli stessi in modalità cartacea, come accertato dalla sentenza impugnata.
Ebbene, la ricorrente – in qualità di soggetto obbligato alla tenuta dei registri di carico e scarico e dei formulari in formato cartaceo, stante l’inoperatività del sistema informatizzato – soggiace alla sanzione amministrativa di cui all’art. 258, come modificato dall’art. 35 del d.lgs. 205/2010, secondo cui “I soggetti di cui all’articolo 190 comma 1 che non abbiano aderito al sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti (SISTRI) di cui all’art. 188 bis comma 2 lett. a) e che omettano di tenere ovvero tengano in modo incompleto il registro di carico e scarico di cui al medesimo articolo, sono puniti con la sanzione amministrativa pecuniaria da duemilaseicento a quindicimilacinquecento euro”.
A conclusione, va evidenziato che – pur essendo stati riformulati i primi due commi dell’art. 258 relativi al MUD, ai registri e ai soggetti obbligati – i comportamenti sanzionati non sono nella sostanza mutati: difatti ai sensi dell’art. 258 come regolato dal d.lgs. n. 152/2006 sono sempre “I soggetti di cui all’art. 189 comma 3 che non effettuino la comunicazione ivi prescritta ovvero la effettuino in modo incompleto o inesatto sono puniti con la sanzione amministrativa pecuniaria da duemilaseicento a quindicimilacinquecento euro
Di qui l’integrale infondatezza delle censure prospettate; – infine, con il settimo motivo la ricorrente contesta, ex art. 360 comma 1 n. 4 c.p.c., la violazione dell’art. 11 l. 689/1981 nonché la nullità della sentenza per violazione degli artt. 132 comma 2 n. 4 c.p.c. e 118 disp. att. c.p.c. per aver il giudice di appello ritenuto priva di pregio la doglianza della IMEPA relativa all’abnorme quantificazione delle sanzioni irrogate dalla PROVINCIA DI SALERNO nella misura di euro 5.167,67, pari al doppio del minimo edittale, per ognuna delle cinque annualità 2009-2013.
Ad avviso della ricorrente, la presunta errata compilazione del MUD integrerebbe un mero errore redazionale tale da non giustificare l’irrogazione di una sanzione superiore al minimo edittale.
Il motivo va respinto.
L’art. 258 comma 1 del D. Lgs 152/2006, applicabile ratione temporis, sanziona l’omessa tenuta dei registri di carico e scarico ovvero la tenuta dei registri in modo incompleto o inesatto. Il quinto comma della norma citata prevede l’ipotesi attenuata nell’ipotesi in cui le indicazioni, pur riportate nel registro di carico e scarico, siano formalmente incomplete o inesatte nei dati. Trattasi, quindi, di due ipotesi distinte: la prima contempla l’omessa compilazione totale del registro ovvero dell’annotazione di alcuni trasporti, mentre la seconda – ipotesi meno grave – riguarda annotazioni tutte effettuate, ma formalmente incomplete o inesatte (Cass. n. 18000 del 2021).
Pertanto, come rilevato dalla Corte del merito, l’ipotesi delle annotazioni incomplete o parziali dei registri e dei formulari tenuti in cartaceo o della mancata di trasmissione dei modelli – che hanno determinato una gestione del sistema di tracciabilità dei rifiuti del tutto incontrollata e non verificabile, atteso che il regime informatico era solo fittiziamente esistente -integrava gli estremi di cui al primo comma dell’art. 258 del decreto legislativo evocato.
A tal riguardo, in riferimento alla misura delle sanzioni di causa, la Corte distrettuale ha ritenuto legittima e congrua la pena pecuniaria irrogata, pari ad euro 5.176,67 per ognuna delle annualità dal 2009 al 2013 e corrispondente al doppio del minimo ed ad un terzo del massimo della pena prevista a norma dell’art. 258 comma 1 d.lgs. 152/2006, stante la natura delle condotte contestate, la ragione di tutela sottesa alla previsione normativa, la ripetitività dell’omissione e delle irregolarità riscontrate dal 2008 al 2013, nonché la circostanza che la società sanzionata in precedenza non fosse incorsa in analoghe violazioni di legge.
Ora, secondo la giurisprudenza, in tema di sanzioni amministrative pecuniarie, ove la norma indichi un minimo e un massimo della sanzione, spetta al potere discrezionale del giudice determinarne l’entità entro tali limiti, allo scopo di commisurarla alla gravità del fatto concreto, globalmente desunta dai suoi elementi oggettivi e soggettivi. Peraltro, il giudice non è tenuto a specificare nella sentenza i criteri adottati nel procedere a detta determinazione, né la Corte di cassazione può censurare la statuizione adottata, ove tali limiti siano stati rispettati e dal complesso della motivazione risulti che quella valutazione è stata compiuta (Cass. n. 4844 del 2021; Cass. n. 9255 del 2013).
In altri termini, nel procedimento di opposizione avverso le sanzioni amministrative pecuniarie, il giudice, nel caso di contestazione della misure delle stesse, è autonomamente chiamato a controllarne la rispondenza alle previsioni di legge, senza essere soggetto a parametri fissi di proporzionalità correlati al numero ed alla consistenza degli addebiti, e può reputare congrua l’entità della sanzione inflitta in riferimento ad una molteplicità di incolpazioni anche qualora escluda l’esistenza di alcune di esse; egli, inoltre, non è chiamato a controllare la motivazione dell’ordinanza-ingiunzione, ma a determinare la sanzione entro i limiti edittali previsti, allo scopo di commisurarla all’effettiva gravità del fatto concreto, desumendola globalmente dai suoi elementi oggettivi e soggettivi, senza che sia tenuto a specificare i criteri seguiti, dovendosi escludere che la sua statuizione sia censurabile in sede di legittimità ove quei limiti siano stati rispettati e dalla motivazione emerga come, nella determinazione, si sia tenuto conto dei parametri previsti dall’art. 11 della I. n. 689 del 1981 (Cass. n. 11481 del 2020).
Conclusivamente, il ricorso va rigettato.
Le spese di lite, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.
Poiché il ricorso è stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013 ed è stato rigettato, sussistono le condizioni per dare atto – ai sensi della L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – Legge di stabilità 2013), che ha aggiunto il testo unico di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater – della sussistenza dell’obbligo di versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per la stessa impugnazione integralmente rigettata, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso;
condanna la ricorrente alla rifusione delle spese del giudizio di cassazione in favore della controricorrente Provincia che liquida in complessivi euro 2.400,00, di cui euro 200,00 per esborsi, oltre alle spese forfettarie e agli accessori come per legge.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, inserito della L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della seconda sezione civile della Corte di Cassazione, il 16 marzo 2022.