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Giurisprudenza: Giurisprudenza Sentenze per esteso massime | Categoria: Diritto processuale civile, Diritto urbanistico - edilizia Numero: 36542 | Data di udienza: 28 Ottobre 2022

DIRITTO URBANISTICO – EDILIZIA – Violazione delle distanze legali – Strumenti urbanistici – Costruzioni realizzate a ridosso del confine – Linea di confine e proprietà confinante – Arretramento degli edifici entro i limiti delle distanze consentite – DIRITTO PROCESSUALE CIVILE – Processo telematico – Iscrizione a ruolo – Contributo unificato – Art. 285, c.4 D.P.R. n. 115/2002 – Artt. e 153, 165, 347, 348 e 360 c.p.c., – artt. 24,110 e 111 Cost. – L. n. 221/2012 – Irregolarità fiscali – Esperibilità dell’azione in giudizio – Spese di giustizia e regole inapplicabili ai depositi digitali – Il cancelliere non può rifiutare la ricevibilità dell’iscrizione a ruolo – Principio di conservazione degli atti giuridici ex art. 156, 3° c., c.p.c. – Effetti della PEC – Ricevuta di avvenuta consegna – Violazione o falsa applicazione delle norme costituzionali – Ricorso per cassazione ex art. 360, 1° c., n. 3, c.p.c. – Conformità ai precetti della Carta fondamentale. (Segnalazione e massima a cura di Gianluca Trenta)


Provvedimento: ORDINANZA
Sezione: 2^
Regione:
Città:
Data di pubblicazione: 14 Dicembre 2022
Numero: 36542
Data di udienza: 28 Ottobre 2022
Presidente: ORILIA
Estensore: TRAPUZZANO


Premassima

DIRITTO URBANISTICO – EDILIZIA – Violazione delle distanze legali – Strumenti urbanistici – Costruzioni realizzate a ridosso del confine – Linea di confine e proprietà confinante – Arretramento degli edifici entro i limiti delle distanze consentite – DIRITTO PROCESSUALE CIVILE – Processo telematico – Iscrizione a ruolo – Contributo unificato – Art. 285, c.4 D.P.R. n. 115/2002 – Artt. e 153, 165, 347, 348 e 360 c.p.c., – artt. 24,110 e 111 Cost. – L. n. 221/2012 – Irregolarità fiscali – Esperibilità dell’azione in giudizio – Spese di giustizia e regole inapplicabili ai depositi digitali – Il cancelliere non può rifiutare la ricevibilità dell’iscrizione a ruolo – Principio di conservazione degli atti giuridici ex art. 156, 3° c., c.p.c. – Effetti della PEC – Ricevuta di avvenuta consegna – Violazione o falsa applicazione delle norme costituzionali – Ricorso per cassazione ex art. 360, 1° c., n. 3, c.p.c. – Conformità ai precetti della Carta fondamentale. (Segnalazione e massima a cura di Gianluca Trenta)



Massima

CORTE DI CASSAZIONE CIVILE Sez. 2^, 14 dicembre 2022 (Ud. 28/10/2022), Ordinanza n.36542

 

DIRITTO URBANISTICO – EDILIZIA – Violazione delle distanze legali – Strumenti urbanistici – Costruzioni realizzate a ridosso del confine – Linea di confine e proprietà confinante – Arretramento degli edifici entro i limiti delle distanze consentite – DIRITTO PROCESSUALE CIVILE – Processo telematico – Iscrizione a ruolo – Contributo unificato – Art. 285, c.4 D.P.R. n. 115/2002 – Artt. e 153, 165, 347, 348 e 360 c.p.c., – artt. 24,110 e 111 Cost. – L. n. 221/2012.

Nell’ambito di violazione delle distanze legali delle costruzioni realizzate a ridosso della linea di confine nonché rispetto al fabbricato posto sulla proprietà confinante, il cancelliere non può rifiutare la ricevibilità dell’iscrizione a ruolo degli atti non in regola con il regime fiscale previsto in materia di anticipazioni forfettarie (e contributo unificato) laddove l’introduzione del processo avvenga in modalità telematiche, mentre tale possibilità dovrebbe permanere nelle sole ipotesi di iscrizione a ruolo secondo modalità analogica.

 

DIRITTO PROCESSUALE CIVILE – Processo telematico – Irregolarità fiscali – Esperibilità dell’azione in giudizio – Spese di giustizia e regole inapplicabili ai depositi digitali – Il cancelliere non può rifiutare la ricevibilità dell’iscrizione a ruolo – Principio di conservazione degli atti giuridici ex art. 156, terzo comma, c.p.c. – Effetti della PEC – Ricevuta di avvenuta consegna.

L’art. 285, quarto comma, del T.U. spese di giustizia non trova applicazione ai depositi digitali, ma solo a quelli analogici. Sicché, il cancelliere non può rifiutare la ricevibilità dell’iscrizione a ruolo, ai sensi dell’art. 285, quarto comma, del d.P.R. n. 115/2002, degli atti non in regola con il regime fiscale previsto in materia di anticipazioni forfettarie (e contributo unificato) laddove l’introduzione del processo avvenga in modalità telematiche, mentre tale possibilità dovrebbe permanere nelle sole ipotesi di iscrizione a ruolo secondo modalità analogica. Impostazione, quest’ultima, peraltro conforme al principio di conservazione degli atti giuridici ex art. 156, terzo comma, c.p.c. nonché alla regola secondo cui le mere irregolarità fiscali non possono compromettere l’esperibilità dell’azione in giudizio e più specificamente il diritto di impugnazione. Al riguardo, le norme processuali devono essere interpretate in modo da favorire, per quanto possibile, che si pervenga ad una decisione di merito, mentre gli esiti abortivi del processo costituiscono un’ipotesi residuale. Ne discende che il deposito telematico degli atti processuali si perfeziona quando viene emessa la seconda PEC, ovvero la ricevuta di avvenuta consegna, da parte del gestore di posta elettronica certificata del Ministero della Giustizia. Con l’effetto che deve ritenersi tempestivamente depositato l’atto di appello, la cui ricevuta di avvenuta consegna sia stata emessa l’ultimo giorno utile, anche se l’esito positivo del controllo automatico sia stato comunicato il giorno successivo. Nella specie, a fronte del rifiuto di iscrizione telematica opposto dalla cancelleria con il quarto messaggio via PEC, si è determinata una mera irregolarità sanabile, non idonea a pregiudicare il perfezionamento del deposito telematico attestato dal secondo messaggio PEC di accettazione dell’invio.

 

DIRITTO PROCESSUALE CIVILE – Violazione o falsa applicazione delle norme costituzionali – Ricorso per cassazione ex art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c. – Conformità ai precetti della Carta fondamentale.

La violazione o falsa applicazione delle norme costituzionali può essere prospettata direttamente come motivo di ricorso per cassazione ex art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c. quando tali norme siano di immediata applicazione, non essendovi disposizioni di rango legislativo di cui si possa misurare la conformità ai precetti della Carta fondamentale.

(riforma in parte sentenza n. 2712/2017 della CORTE D’APPELLO DI VENEZIA, dell 23/11/2017) Pres. ORILIA, Rel. TRAPUZZANO, Ric. P2 S.r.l. c. Gozzi ed altro


Allegato


Titolo Completo

CORTE DI CASSAZIONE CIVILE Sez. 2^, 14/12/2022 (Ud. 28/10/2022), Ordinanza n.36542

SENTENZA

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Omissis

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

sul ricorso (iscritto al N.R.G. 3637/2018) proposto da:
P2 S.r.l. in liquidazione (C.F.: omissis), in persona del suo legale rappresentante pro – tempore, rappresentata e difesa, giusta procura in calce al ricorso, dall’Avv. Marcella Zanchetta, elettivamente domiciliata in Roma, corso Trieste n. 150, presso lo studio dell’Avv. Roberto Armandola;

– ricorrente –

contro

GOZZI A. (C.F.: omissis) e BONFANTE M. (C.F.: omissis), elettivamente domiciliati in Roma, largo Toniolo n. 6, presso lo studio dell’Avv. Umberto Morera, che li rappresenta e difende, unitamente all’Avv. Silvana Nardelli, giusta procura in calce al controricorso;

– controricorrenti –

avverso la sentenza della Corte d’appello di Venezia n. 2712/2017, pubblicata il 23 novembre 2017, notificata il 27 novembre 2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 28 ottobre 2022 dal Consigliere relatore dott. Cesare Trapuzzano;

lette le memorie depositate nell’interesse delle parti ai sensi dell’art. 380-bis.1. c.p.c.

FATTI DI CAUSA

1.- Con atto di citazione notificato il 6 ottobre 2009, Gozzi A. e Bonfante M. convenivano, davanti al Tribunale di Verona (Sezione distaccata di Legnago), la P2 S.r.l., affinché fosse accertata la violazione delle distanze legali, e degli strumenti urbanistici applicabili nel caso di specie, delle costruzioni realizzate dalla società convenuta a ridosso del confine della loro proprietà, rispetto alla linea di confine nonché rispetto al fabbricato posto sulla loro proprietà confinante, con la conseguente condanna ad arretrare gli edifici entro i limiti delle distanze consentite.

Si costituiva in giudizio la P2 S.r.l., la quale resisteva alle domande avversarie e ne chiedeva il rigetto.

All’esito dell’espletamento di una consulenza tecnica d’ufficio, il Tribunale adito, con sentenza n. 800/2016, depositata il 31 marzo 2016, corretta nel dispositivo con ordinanza del 20 maggio 2016, accertava che gli edifici costruiti dalla P2 S.r.l., a ridosso del confine con la proprietà Gozzi-Bonfante, avevano violato le distanze legali, da individuarsi, nel caso di specie, in quelle stabilite dal piano regolatore 11 e relativi allegati – che imponevano distanze in misura minima tra edifici pari a ml. 10,00 e dai confini di lotto pari almeno a ml. 5,00 – e, per l’effetto, condannava la società P2 all’arretramento dei predetti edifici nella misura idonea a rispettare le distanze di legge.

2.- Con atto di citazione notificato a mezzo PEC il 27 giugno 2016 (e successivamente a mezzo del servizio postale il 4 luglio 2016), la P2 S.r.l. proponeva appello, lamentando plurime censure avverso la pronuncia impugnata.

Si costituivano nel giudizio di gravame Gozzi A. e Bonfante M., i quali eccepivano l’improcedibilità dell’appello, ai sensi dell’art. 348, primo comma, c.p.c., per la tardiva iscrizione della causa a ruolo, allegando copia della nota di iscrizione a ruolo e relativa documentazione estratta dal fascicolo telematico attraverso un accesso in cancelleria, fascicolo nel quale era stata confermata l’iscrizione a ruolo solo in data 27 luglio 2016. Quindi, con atto depositato il 30 gennaio 2017, l’appellante formulava istanza di rimessione in termini, allegando di avere tentato l’iscrizione a ruolo della controversia, in via telematica, già in data 29 giugno 2016, ma che la stessa non fosse andata a buon fine per causa ad essa non imputabile, bensì riconducibile ad un errore della cancelleria, che – solo dopo vari solleciti – aveva segnalato alla difesa di parte attrice che l’iscrizione e la costituzione non erano state accettate, ed anzi espressamente rifiutate, con il quarto messaggio PEC, inviato il 30 giugno 2016 dalla cancelleria, in quanto nella busta inviata dal legale dell’appellante il 29 giugno 2016, ossia il giorno prima, mancava la scansione della marca da bollo e del contributo unificato.

Con ordinanza depositata il 20 marzo 2017, la Corte di merito respingeva l’istanza di rimessione in termini, sostenendo che, con nota del 14 febbraio 2017, la cancelleria aveva fatto presente che l’iscrizione telematica inviata il 29 giugno 2016 era stata rifiutata, in quanto non era stato scansionato né il contributo unificato, né la marca da bollo da euro 27,00, che pertanto risultavano mancanti. Esponeva, poi, che tale adempimento era avvenuto solo in data 27 luglio 2016, quando la causa era stata iscritta a ruolo. Evidenziava, ancora, in tale provvedimento la correttezza del rifiuto dell’iscrizione telematica, atteso che l’art. 285 del d.P.R. n. 115/2002 prevedeva che, ove fossero state riscontrate mancanze per anticipazioni forfettarie, il cancelliere poteva rifiutare l’iscrizione a ruolo della causa. Deduceva, altresì, che allo stato mancava la prova che la parte istante avesse ritualmente adempiuto in data 29 giugno 2016 ai propri oneri di carattere processuale per l’iscrizione a ruolo della vertenza, concedendo all’appellante la possibilità di fornire tale prova entro l’udienza di precisazione delle conclusioni.

All’esito, decidendo sul gravame interposto, la Corte d’appello di Venezia, con la sentenza di cui in epigrafe, dichiarava improcedibile l’appello spiegato e condannava l’appellante alla refusione delle spese di lite.

A sostegno dell’adottata pronuncia la Corte territoriale rilevava, per quanto interessa in questa sede: a) che, a fronte dell’avviato deposito telematico, la quarta PEC in data 30 giugno 2016, di pretesa avvenuta accettazione del deposito dell’atto di citazione in appello della P2 S.r.l., nulla provava circa il buon esito della procedura di deposito, costituzione ed iscrizione a ruolo, poiché tale esito era contenuto nel messaggio allegato, che non era stato prodotto in causa; b) che le doglianze di parte appellante, sia in relazione al profilo secondo cui l’allegato non sarebbe stato per nulla segnalato, sia in ordine alla pretesa non visibilità o difficoltà di apertura dell’allegato, erano rimaste prive di supporto probatorio; c) che, nel caso di costituzione e di iscrizione della causa a ruolo secondo le norme e le procedure del nuovo processo telematico, solo l’esito positivo della quarta PEC, con codice esito “2” e descrizione esito “accettazione avvenuta con successo”, garantiva in ordine al completamento della procedura, con assegnazione del numero di ruolo della causa; d) che era onere del legale controllare il contenuto del messaggio allegato alla quarta PEC, in quanto il quarto messaggio riportava sempre l’oggetto “accettazione deposito”, anche nel caso di rifiuto da parte della cancelleria; e) che, controllando il contenuto del quarto messaggio PEC inviato il 30 giugno 2016, il difensore della società P2 avrebbe potuto verificare che la cancelleria aveva correttamente rifiutato la busta per mancanza delle marche relative ai diritti di cancelleria e al contributo unificato, svista a cui il difensore avrebbe potuto rimediare, considerato che il termine per l’iscrizione a ruolo della causa scadeva il 7 luglio 2016, ossia decorsi 10 giorni dal 27 giugno 2016, quale data di notifica a mezzo PEC dell’atto di appello; f) che solo il 27 luglio 2016 il difensore dell’appellante aveva provveduto all’invio della nuova busta con tutti gli allegati, ivi compresi quelli relativi all’assolvimento dell’onere di pagamento delle marche necessarie per l’iscrizione a ruolo, e dunque ben oltre la scadenza prevista dagli artt. 347 e 165 c.p.c.; g) che, nel caso in esame, non si rientrava in una delle ipotesi di errore non imputabile, tale da giustificare l’istanza di rimessione in termini, ai sensi dell’art. 153, secondo comma, c.p.c., poiché la parte appellante non aveva dato prova di aver correttamente adempiuto a tutti gli oneri sulla stessa incombenti, ai fini di una corretta iscrizione a ruolo della causa nei termini di legge, né sussisteva una causa estranea (ossia di sistema) non imputabile al depositante, che, invece, se avesse usato l’ordinaria diligenza, avrebbe ben potuto porre rimedio al rifiuto, comunicato dalla cancelleria in data 30 giugno 2016, con un semplice rinnovo dell’invio di quanto dalla stessa poi inviato solo il 27 luglio 2016, data in cui la cancelleria aveva proceduto all’iscrizione a ruolo; h) che, quanto alla direttiva ministeriale della Direzione Affari generali del 21 novembre 2016 – secondo cui il rifiuto degli atti da parte del cancelliere, ai sensi dell’art. 285, quarto comma, del d.P.R. n. 115/2002, valevole per i depositi analogici, non avrebbe potuto estendersi anche ai depositi telematici -, tale direttiva non poteva incidere, in assenza di specifiche disposizioni normative, né sulle regole processuali di iscrizione a ruolo della causa, né tantomeno sulle regole fiscali del processo civile, riguardanti l’obbligo di pagamento del contributo unificato e delle anticipazioni forfettarie dovute in fase di iscrizione a ruolo della causa, sicché siffatta direttiva non avrebbe potuto avere alcuna valenza derogatoria di quanto stabilito nel citato art. 285, contenente norme regolamentari che non avrebbero potuto certo essere disattese attraverso una circolare ministeriale; i) che l’art. 14 del T.U. spese di giustizia stabiliva espressamente che il funzionario doveva verificare la dichiarazione della parte in ordine al valore della causa oggetto della domanda e della ricevuta di avvenuto versamento, mentre l’art. 30 disponeva analogo potere di verifica del pagamento delle anticipazioni forfettarie dovute all’erario, a carico della parte che prima si fosse costituita in giudizio, stabilendo poi, al successivo art. 285, quarto comma, che l’omesso pagamento di tali anticipazioni comportava l’obbligo del funzionario di rifiutare la ricezione degli atti; che nel protocollo del PCT, elaborato presso il distretto della Corte d’appello di Venezia, la medesima regola era stata riportata al punto sub 7, in cui si rimarcava che la mancanza della prova del pagamento della marca per anticipazioni forfettarie era motivo di rifiuto degli atti, ai sensi del citato art. 285.

3.- Avverso la sentenza d’appello ha proposto ricorso per cassazione, affidato a cinque motivi, la P2 S.r.l. Hanno resistito con controricorso gli intimati Gozzi A. e Bonfante M..

4.- Le parti hanno depositato memorie illustrative.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1.- Con il primo motivo la ricorrente denuncia, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., la violazione e falsa applicazione degli artt. 348, 347, 165, 156 e 159 c.p.c. nonché dell’art. 1347 c.c., per avere la Corte d’appello dichiarato l’improcedibilità del gravame in violazione del principio di tassatività delle cause di improcedibilità, che avrebbero consentito di giungere a siffatta pronuncia in rito solo in caso di difetti inerenti alla mancata costituzione dell’appellante e non anche relativi alle forme di tale costituzione.

Deduce, sul punto, l’istante che la lamentata carenza della scansione del contributo unificato e della marca da bollo, di cui all’anomalo e pressocché indecifrabile messaggio allegato alla quarta PEC inviata dalla cancelleria e intitolata “accettazione deposito”, non avrebbe potuto pregiudicare l’idoneità degli altri atti, nelle more depositati, a consentire l’iscrizione a ruolo della causa, iscrizione che si sarebbe perfezionata in data 29 giugno 2016, sicché la mancata scansione eccepita avrebbe potuto, al più, influire sul solo profilo della imperfezione o irregolarità della costituzione, soggetto al regime della nullità sanabile o comunque al principio del raggiungimento dello scopo, per il quale avrebbero assunto rilievo anche i comportamenti successivi alla scadenza del termine di costituzione.

Al riguardo, la ricorrente evidenzia: che aveva provveduto ad effettuare le attività relative all’iscrizione a ruolo della causa, in via telematica, il 29 giugno 2016 e che il gestore del PCT aveva regolarmente dato atto della ricezione degli atti, mediante l’invio dei messaggi di deposito del 29 giugno 2016 e di consegna del 29 giugno 2016, nonché dei successivi messaggi della cancelleria di deposito del 29 giugno 2016 e di accettazione deposito del 30 giugno 2016; che la nota di iscrizione a ruolo era corredata dai versamenti di legge, sia con riferimento al numero del codice meccanografico del contributo unificato corrisposto il 27 giugno 2016 per euro 777,00, sia con riferimento al numero del codice meccanografico relativo alla marca da bollo corrisposta il 27 giugno 2016 per euro 27,00; che la cancelleria, a seguito dell’iscrizione a ruolo della causa effettuata il 29 giugno 2017, aveva inviato, a mezzo PEC, il quarto messaggio in data 30 giugno 2016, avente ad oggetto “accettazione deposito”, cui allegava, in modo assolutamente non visibile, un ulteriore messaggio, che comunicava la mancanza della scansione della marca da bollo e del contributo unificato.

2.- Con il secondo motivo la ricorrente contesta, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., la violazione e falsa applicazione dell’art. 285, quarto comma, del d.P.R. n. 115/2002 nonché, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 5, c.p.c., l’omesso esame di fatti e documenti rilevanti, per avere la Corte territoriale dichiarato l’improcedibilità dell’appello sull’erroneo presupposto che la scansione della marca da bollo e del contributo unificato costituisse adempimento indispensabile ai fini dell’iscrizione a ruolo della causa.

Sostiene, in proposito, l’istante che l’art. 285, quarto comma, del T.U. spese di giustizia sarebbe innegabilmente riferito al solo deposito cartaceo degli atti, ma non avrebbe riguardato certamente la scansione dei valori bollati attestanti il versamento delle anticipazioni forfettarie, potendo semmai riferirsi all’ipotesi in cui tale versamento fosse stato radicalmente omesso, fattispecie non ricorrente nel caso in esame.

3.- Con il terzo motivo la ricorrente lamenta, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., la violazione e falsa applicazione della legge n. 132/2015 e del d.l. n. 179/2012, nonché, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4, c.p.c., la violazione e falsa applicazione dell’art. 132, secondo comma, n. 4, c.p.c., in ordine all’omesso esame, alla contraddizione e alla nullità della sentenza per difetto di motivazione, per avere la Corte distrettuale mancato di rilevare il tempestivo perfezionamento del deposito degli atti al momento della ricevuta di accettazione della consegna generata dal sistema, come confermato dall’art. 16-bis, settimo comma, del d.l. n. 179/2012, non rilevando le eventuali anomalie successive, riscontrate dalla cancelleria, sotto il profilo della validità e tempestività del deposito stesso, e non potendo in alcun modo determinarne l’invalidità o l’inefficacia.

All’uopo, la ricorrente aggiunge che le norme e i regolamenti in materia – tra cui l’art. 13 e ss. del d.m. 21 febbraio 2011, n. 44 – stabilivano che il deposito con modalità telematiche si aveva per avvenuto al momento in cui fosse stata generata la ricevuta di avvenuta consegna da parte del gestore di posta certificata del Ministero della Giustizia, ossia, nel caso di specie, con la seconda PEC, recapitata all’appellante il 29 giugno 2016, alle ore 18:36, allo scopo di esonerare il depositante dal rischio di tardività del deposito.

Per l’effetto, il rifiuto opposto dalla cancelleria con il quarto messaggio PEC non sarebbe stato suscettibile di travolgere il deposito degli atti.

4.- Con il quarto motivo la ricorrente si duole, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., della violazione e falsa applicazione dell’art. 153, secondo comma, c.p.c., nonché, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4, c.p.c., del difetto di motivazione e, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 5, c.p.c., dell’omesso esame di fatti e documenti rilevanti, per avere il Giudice del gravame negato la rimessione in termini, benché l’istante avesse eccepito la non visibilità dell’allegato alla quarta PEC inviata dalla cancelleria, con oggetto “accettazione deposito”.

Peraltro, l’istante obietta che la rimessione in termini era stata respinta a fronte di versamenti effettuati al tempo dell’avvio del deposito telematico, sicché la decadenza contestata doveva ritenersi occorsa per causa ad essa non imputabile.

5.- Con il quinto motivo la ricorrente prospetta, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4, c.p.c., la violazione dei diritti costituzionalmente garantiti di cui agli artt. 24, 110 e 111 Cost., per avere la Corte di merito, attraverso la dichiarata improcedibilità del gravame per tardività dell’iscrizione a ruolo, nonostante il tempestivo avvio del deposito telematico, escluso ogni riesame nel merito della pretesa azionata, a causa di una asserita irregolarità formale, e il conseguente diritto a ottenere una decisione legittima, nonché disconosciuto il diritto ad un regolare processo, concluso da un provvedimento adeguatamente e correttamente motivato, che tenesse conto degli elementi essenziali e delle prove offerte.

E ciò per le ragioni esposte nei precedenti motivi.

6.- É prioritario, sul piano logico, l’esame del quinto mezzo di critica.

Esso è inammissibile.

E ciò perché la violazione o falsa applicazione delle norme costituzionali può essere prospettata direttamente come motivo di ricorso per cassazione ex art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c. quando tali norme siano di immediata applicazione, non essendovi disposizioni di rango legislativo di cui si possa misurare la conformità ai precetti della Carta fondamentale (Cass. Sez. U, Sentenza n. 11167 del 06/04/2022; Sez. U, Sentenza n. 25573 del 12/11/2020). Nella fattispecie, invece, secondo la stessa ricostruzione della ricorrente, le violazioni dedotte reiterano le precedenti censure, rispetto alle quali sono state individuate precise norme di legge ordinaria che la sentenza impugnata avrebbe falsamente applicato.

7.- All’esito, i motivi primo, secondo e terzo, che possono essere scrutinati congiuntamente, in quanto avvinti da evidenti ragioni di connessione logica e giuridica, sono fondati.

E tanto perché – per un verso – l’art. 285, quarto comma, del T.U. spese di giustizia non trova applicazione ai depositi digitali, ma solo a quelli analogici, e – per altro verso -, a fronte del rifiuto di iscrizione telematica opposto dalla cancelleria con il quarto messaggio via PEC, si è determinata una mera irregolarità sanabile, non idonea a pregiudicare il perfezionamento del deposito telematico attestato dal secondo messaggio PEC di accettazione dell’invio.

Impostazione, quest’ultima, peraltro conforme al principio di conservazione degli atti giuridici ex art. 156, terzo comma, c.p.c. nonché alla regola secondo cui le mere irregolarità fiscali non possono compromettere l’esperibilità dell’azione in giudizio e più specificamente il diritto di impugnazione. Al riguardo, le norme processuali devono essere interpretate in modo da favorire, per quanto possibile, che si pervenga ad una decisione di merito, mentre gli esiti abortivi del processo costituiscono un’ipotesi residuale (Cass. Sez. U, Sentenza n. 27199 del 16/11/2017, in motivazione, paragrafo 5.1., ultima parte; Sez. U, Sentenza n. 10878 del 27/05/2015).

Si premette in fatto che, con la sentenza impugnata, la Corte d’appello di Venezia, all’esito delle verifiche effettuate dalla cancelleria mediante apertura delle buste e delle iscrizioni a ruolo delle cause, ha accertato l’avvenuta tardiva iscrizione a ruolo dell’appello proposto da P2 per via telematica, in quanto effettuata solo in data 27 luglio 2016, oltre il termine di 10 giorni di cui agli artt. 347-165 c.p.c., e – per l’effetto – ha dichiarato l’appello improcedibile, ai sensi dell’art. 348, primo comma, c.p.c. Ora, ripercorrendo le tappe salienti dai fatti processuali rilevanti: a) l’appellante P2 aveva notificato l’atto introduttivo dell’appello alle parti appellate Gozzi-Bonfante, presso il loro difensore domiciliatario, a mezzo PEC inviata e ricevuta il 27 giugno 2016 (e successivamente, in via analogica, a mezzo posta, ricevuta il 4 luglio 2016); b) conseguentemente il termine per l’iscrizione a ruolo della causa, ai sensi del combinato disposto degli artt. 347-165 c.p.c., sarebbe decorso il 7 luglio 2016; c) in data 27/28 giugno 2016 l’appellante avviava il procedimento di iscrizione a ruolo della causa d’appello in via telematica, inviando l’atto di citazione d’appello tramite PCT; d) all’esito, le prime tre PEC (di accettazione, di consegna e di esito controlli automatici), relative al predetto deposito, pervenivano all’appellante il 29 giugno 2016 con esito positivo; e) per converso, la quarta PEC, ossia quella di verifica e accettazione della busta da parte della cancelleria, giungeva all’appellante il giorno seguente 30 giugno 2016, riportando nell’allegato la comunicazione della cancelleria circa l’esito negativo del deposito, per mancanza della scansione del contributo unificato e della marca da bollo di euro 27,00 (codice “-1”, Descrizione esito: “–Altro. Manca scansione contributo unificato e marca da € 27 in mancanza l’iscrizione va rifiutata. Atti rifiutati il 30/06/2016”); f) in data 27 luglio 2016 l’appellante procedeva all’invio della nuova busta per l’iscrizione a ruolo della causa, completa anche dei valori bollati, che la cancelleria, quindi, procedeva, in pari data, ad accettare, iscrivendo a ruolo la causa ed assegnandole il relativo numero di ruolo generale; g) in data 30 gennaio 2017 l’appellante provvedeva a depositare, in via telematica, istanza di rimessione in termini, allegando di aver tentato l’iscrizione a ruolo della causa in via telematica già in data 29 giugno 2016, ma che la stessa non sarebbe andata a buon fine per causa ad essa non imputabile, ma riconducibile ad un errore della cancelleria, che solo dopo vari solleciti avrebbe segnalato alla difesa di parte attrice che l’iscrizione e la costituzione non erano state accettate, ed anzi espressamente rifiutate, con il quarto messaggio PEC, inviato il 30 giugno 2016 dalla cancelleria; h) detta istanza era respinta con ordinanza depositata il 20 marzo 2017, in quanto, usando l’ordinaria diligenza, l’appellante avrebbe potuto iscrivere tempestivamente la causa a ruolo entro la scadenza del 7 luglio 2016, ponendo rimedio alle carenze segnalate con il quarto messaggio PEC di rifiuto dell’iscrizione, proveniente dalla cancelleria, del 30 giugno 2016; i) infine, con la sentenza conclusiva del giudizio di gravame, era confermato il rigetto dell’istanza di rimessione in termini ed era dichiarata l’improcedibilità dell’appello per tardività dell’iscrizione a ruolo.

8.- In ordine ai primi due motivi del ricorso (inerenti alla paventata inammissibilità del rifiuto di iscrizione telematica, a cura della cancelleria, per irregolarità fiscali), l’art. 285, quarto comma, del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, riportante il Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia. (Testo A), testualmente prevede che il funzionario addetto all’ufficio annulla mediante il timbro a secco dell’ufficio le marche, attesta l’avvenuto pagamento sulla copia o sul certificato, rifiuta di ricevere gli atti, di rilasciare la copia o il certificato se le marche mancano o sono di importo inferiore a quello stabilito.

8.1.- Ebbene, il cancelliere non può rifiutare la ricevibilità dell’iscrizione a ruolo, ai sensi dell’art. 285, quarto comma, del d.P.R. n. 115/2002, degli atti non in regola con il regime fiscale previsto in materia di anticipazioni forfettarie (e contributo unificato) laddove l’introduzione del processo avvenga in modalità telematiche, mentre tale possibilità dovrebbe permanere nelle sole ipotesi di iscrizione a ruolo secondo modalità analogica (Cass. Sez. 3, Ordinanza n. 9664 del 26/05/2020; Sez. 3, Ordinanza n. 25289 del 11/11/2020; contra Cass. Sez. 2, Ordinanza n. 24180 del 27/09/2019).

Seguendo tale impostazione, l’art. 285 del T.U. spese di giustizia contempla il rifiuto, da parte del cancelliere, degli atti se non in regola fiscalmente. Senonché l’applicazione della suddetta sanzione dell’irricevibilità, introdotta allorché era previsto il solo deposito cartaceo degli atti, è esclusa dalle sopravvenute modalità telematiche per l’introduzione del processo.

È infatti evidente che un conto è il rifiuto opposto dalla cancelleria, all’esito di un deposito tentato fisicamente presso l’ufficio giudiziario, per difetto delle annesse marche da bollo relative al previo pagamento delle spese forfettarie, altro conto è il rifiuto opposto da remoto per difetto di scansione degli avvenuti pagamenti riferiti alla medesima causale: le differenze si rinvengono, sia quanto al momento della conoscenza (in un caso immediata e nell’altro differita, anche con riguardo alla causale del rifiuto e alla possibilità di interloquire con la cancelleria), sia quanto al manifestarsi dei piani del pagamento e della relativa dimostrazione (in un caso essi ontologicamente si identificano e nell’altro essi ontologicamente si divaricano). Ora, nel caso di tradizionale deposito cartaceo, la ricezione dell’atto da parte della cancelleria implica l’immediata lavorazione e la contestuale iscrizione a ruolo, il che potrebbe non verificarsi nel caso di deposito telematico, non essendovi necessaria coincidenza cronologica tra l’attività compiuta dalla parte e la successiva lavorazione dell’atto ad opera del personale di cancelleria, con la conseguente esposizione dell’interessato a rischi che sfuggono alla sua sfera di controllo.

All’uopo, il Ministero della Giustizia – Dipartimento per gli Affari di giustizia – Direzione generale della Giustizia civile, con nota del 4 settembre 2017, n. 164259, ha escluso che tale sanzione si applichi anche nel caso di deposito telematico dell’atto introduttivo del processo.

In base alla prospettazione cui si intende dare continuità in questa sede, la soluzione proposta dal Ministero, pur non essendo vincolante per il giudice, è tuttavia persuasiva in diritto e merita per questa ragione conferma.

Decisivo, al riguardo, è il rilievo secondo cui, ai sensi dell’art. 16-bis, settimo comma, del d.l. 18 ottobre 2012, n. 170, conv., con modificazioni, in legge 17 dicembre 2012, n. 221, “il deposito con modalità telematiche si ha per avvenuto al momento in cui viene generata la ricevuta di avvenuta consegna da parte del gestore di posta elettronica certificata del Ministero della Giustizia”. Da quel momento, essendosi perfezionato il deposito, non residua, pertanto, alcuno spazio per un rifiuto di ricezione degli atti per irregolarità fiscale degli stessi, ai sensi dell’art. 285 del d.P.R. n. 115/2002, da parte del cancelliere, il quale provvederà alla riscossione delle somme dovute con le modalità ordinarie, indicate nella predetta nota ministeriale.

9.- Quanto al terzo motivo, come già anticipato, l’art. 16-bis, settimo comma, del d.l. 18 ottobre 2012, n. 179, conv., con modificazioni, in legge 17 dicembre 2012, n. 221, prevede, tra l’altro, che il deposito con modalità telematiche si ha per avvenuto al momento in cui viene generata la ricevuta di avvenuta consegna da parte del gestore di posta elettronica certificata del Ministero della Giustizia. Quindi, il deposito è tempestivamente eseguito quando la ricevuta di avvenuta consegna è generata entro la fine del giorno di scadenza (così superando quanto previsto dall’art. 13, terzo comma, del d.m. n. 44/2011) e si applicano le disposizioni di cui all’art. 155, quarto e quinto comma, c.p.c. Pertanto, il deposito è tempestivo quando è eseguito entro la fine del giorno di scadenza.

9.1.- Ne discende che il deposito telematico degli atti processuali si perfeziona quando viene emessa la seconda PEC, ovvero la ricevuta di avvenuta consegna, da parte del gestore di posta elettronica certificata del Ministero della Giustizia (Cass. Sez. 1, Ordinanza n. 17328 del 27/06/2019; Sez. 2, Ordinanza n. 11726 del 03/05/2019; Sez. 6-2, Ordinanza n. 1366 del 19/01/2018). Con l’effetto che deve ritenersi tempestivamente depositato l’atto di appello, la cui ricevuta di avvenuta consegna sia stata emessa l’ultimo giorno utile, anche se l’esito positivo del controllo automatico sia stato comunicato il giorno successivo.

9.2.- Senonché, a fronte dell’individuazione del momento del procedimento telematico di deposito in cui si consolida il suo perfezionamento, si registrano differenti ricostruzioni sugli effetti del rifiuto opposto dalla cancelleria.

9.2.1.- In base ad una prima lettura, l’accettazione della cancelleria (recte il quarto messaggio via PEC) produce effetti retroattivi sin dal momento in cui è stata generata la ricevuta di consegna, ma se la cancelleria, all’esito del controllo effettuato, rifiuta il deposito, l’intero procedimento a formazione progressiva cade, sicché la causa non può ritenersi iscritta a ruolo (Cass. Sez. L, Sentenza n. 12422 del 11/05/2021; Sez. 1, Ordinanza n. 28982 del 08/11/2019).

Secondo l’impostazione innanzi esposta, il meccanismo del deposito di un atto giudiziario tramite PCT genera quattro distinte PEC di ricevuta, in cui la prima, la “Ricevuta di accettazione”, attesta che l’invio è stato, appunto, accettato dal sistema per l’inoltro all’ufficio destinatario. La seconda, invece, ossia la “Ricevuta di consegna”, attesta che l’invio è intervenuto con consegna nella casella di posta dell’ufficio destinatario e rileva ai fini della tempestività del deposito che si considera perfezionato in tale momento, il tutto con effetto anticipato e provvisorio rispetto all’ultima PEC, cioè subordinatamente al buon fine dell’intero procedimento di deposito, che è quindi fattispecie a formazione progressiva.

Le successive PEC – la terza e la quarta – attestano, rispettivamente, la terza: l’esito dei controlli automatici del deposito, sull’indirizzo del mittente, che deve essere censito in ReGIndE; il formato del messaggio, che deve essere aderente alle specifiche; la dimensione del messaggio, che non deve eccedere quella massima consentita (30 MB). La quarta PEC attesta, poi, l’esito del controllo manuale del cancelliere, ovvero se il deposito è stato accettato o meno dalla cancelleria. Con tale ultima accettazione, e solo a seguito di essa, si consolida l’effetto provvisorio anticipato di cui alla seconda PEC e, inoltre, il file viene caricato sul fascicolo telematico, divenendo così visibile alle controparti.

9.2.2.- Nondimeno, a fronte di questa ricostruzione, si ritiene più persuasivo l’indirizzo in forza del quale la funzione della terza e della quarta ricevuta trasmesse via PEC – riguardanti, rispettivamente, l’esito dei controlli automatici e di quelli manuali effettuati dalla cancelleria dell’ufficio giudiziario – è eterogenea rispetto alla funzione delle prime due, poiché da tali controlli non dipende la perfezione dell’effetto giuridico di deposito dell’atto, ma solo il caricamento di esso nel fascicolo telematico e la sua visibilità in favore delle altre parti del processo.

Ne deriva che l’eventuale esito negativo dei successivi controlli telematici e manuali non fa venir meno tale effetto, ma determina, al più, la necessità di rinnovare la trasmissione delle buste telematiche contenenti l’atto stesso o i suoi allegati (Cass. Sez. 2, Ordinanza n. 19796 del 12/07/2021).

Orbene, in mancanza di una espressa sanzione di nullità, avendo il sistema telematico permesso il deposito dell’atto introduttivo, deve ritenersi perfezionata la fattispecie del deposito telematico, benché si preveda una nuova iscrizione a ruolo con conseguenziale apertura di una nuova entità procedimentale telematica. Avendo il sistema informatico consentito l’invio telematico dell’atto, generando le relative ricevute e ingenerando il conseguente affidamento di completamento del deposito – pur contraddetto da una PEC “manuale” da parte della cancelleria di invito a procedere a iscrizione a ruolo con nuovo deposito, previo rifiuto dell’atto -, la fattispecie risulta connotata da mera irregolarità (Cass. Sez. 2, Ordinanza n. 15662 del 11/06/2019).

10.- In conseguenza dell’accoglimento dei primi tre motivi, il quarto motivo, relativo alla sussistenza dei presupposti per la rimessione in termini, è assorbito.

11.- In definitiva, i motivi primo, secondo e terzo devono trovare accoglimento, poiché la ricevuta informatica del deposito era stata tempestivamente generata prima della scadenza del termine per iscrivere a ruolo il gravame, sicché l’irregolarità fiscale segnalata non poteva giustificare il rifiuto dell’iscrizione. E, in ogni caso, tale rifiuto non poteva compromettere la salvezza degli effetti in ragione dell’avvio del deposito telematico, attivato tempestivamente. Pertanto, il Giudice del gravame ha errato nel ritenere improcedibile l’appello per tardività dell’iscrizione a ruolo, onde la sentenza impugnata deve essere cassata, con rinvio alla Corte d’appello di Venezia, in diversa composizione, che – uniformandosi ai principi di diritto enunciati e tenendo conto dei rilievi svolti – dovrà ritenere procedibile il gravame e provvedere ad esaminare le questioni sollevate in appello, decidendo anche sulle spese del giudizio di legittimità.

Il quarto motivo deve essere dichiarato assorbito mentre il quinto è inammissibile.

P. Q. M.

La Corte Suprema di Cassazione accoglie, nei sensi di cui in motivazione, il primo, il secondo e il terzo motivo, dichiara assorbito il quarto e inammissibile il rimanente motivo del ricorso, cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia la causa alla Corte d’appello di Venezia, in diversa composizione, anche per la pronuncia sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda Sezione civile, in data 28 ottobre 2022.

 

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