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Giurisprudenza: Giurisprudenza Sentenze per esteso massime | Categoria: Diritto processuale civile, Inquinamento acustico Numero: 20553 | Data di udienza: 27 Giugno 2017

INQUINAMENTO ACUSTICO – RUMORE – Immissioni sonore provenienti dal locale "cabina idrica" condominiale – Immissioni di rumore superiore ai limiti di decibel di tolleranza – Immissione di rumori oltre la normale tollerabilità – Domanda di cessazione delle immissioni – DIRITTO PROCESSUALE CIVILE – Poteri del giudice – Principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato – Adozione di misure inibitorie – attuazione di accorgimenti che evitino il ripetersi della situazione pregiudizievole – Mezzi di prova esperibili per accertare il livello di normale tollerabilità previsto dall’art. 844 c.c. – Consulenza tecnica d’ufficio con funzione "percipiente" – Limite di tollerabilità delle immissioni rumorose – Accorgimenti idonei – Poteri del giudice di merito.


Provvedimento: Sentenza
Sezione: 2^
Regione:
Città:
Data di pubblicazione: 30 Agosto 2017
Numero: 20553
Data di udienza: 27 Giugno 2017
Presidente: BIANCHINI
Estensore: SCARPA


Premassima

INQUINAMENTO ACUSTICO – RUMORE – Immissioni sonore provenienti dal locale "cabina idrica" condominiale – Immissioni di rumore superiore ai limiti di decibel di tolleranza – Immissione di rumori oltre la normale tollerabilità – Domanda di cessazione delle immissioni – DIRITTO PROCESSUALE CIVILE – Poteri del giudice – Principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato – Adozione di misure inibitorie – attuazione di accorgimenti che evitino il ripetersi della situazione pregiudizievole – Mezzi di prova esperibili per accertare il livello di normale tollerabilità previsto dall’art. 844 c.c. – Consulenza tecnica d’ufficio con funzione "percipiente" – Limite di tollerabilità delle immissioni rumorose – Accorgimenti idonei – Poteri del giudice di merito.



Massima

 

 

 
CORTE DI CASSAZIONE CIVILE, Sez.2^ 30/08/2017 (ud. 27/06/2017), Sentenza n.20553


INQUINAMENTO ACUSTICO – RUMORE – Immissioni sonore provenienti dal locale "cabina idrica" condominiale – Immissioni di rumore superiore ai limiti di decibel di tolleranza – Immissione di rumori oltre la normale tollerabilità – Domanda di cessazione delle immissioni – DIRITTO PROCESSUALE CIVILE – Poteri del giudice – Principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato – Adozione di misure inibitorie – attuazione di accorgimenti che evitino il ripetersi della situazione pregiudizievole.
 
La domanda di cessazione delle immissioni che superino la normale tollerabilità (nella specie, volta ad ottenere la condanna di un condomino a cessare da ogni comportamento da cui possa derivare immissione di rumori ed a rimuovere l’impianto idrico elettrico causa delle stesse) non vincola necessariamente il giudice ad adottare una misura determinata, ben potendo egli ordinare l’attuazione di quegli accorgimenti che siano concretamente idonei ad eliminare la situazione pregiudizievole. Non viola, pertanto, il principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato, sotto il profilo del limite costituito dal divieto di immutazione degli effetti giuridici che la parte intende conseguire, il giudice che, decidendo su una domanda di cessazione delle immissioni, ordini tanto la rimozione del manufatto, da cui le immissioni provengono, quanto l’adozione di misure inibitorie implicanti l’attuazione di accorgimenti che evitino il ripetersi della situazione pregiudizievole (nella specie, l’uso di uno spazio condominiale quale sede di impianti idrici a pompa, per la contiguità di tale spazio con un appartamento di proprietà esclusiva) (cfr. Cass. Sez. 6 – 2, 17/01/2011, n. 887; Cass. Sez. 2, 05/08/1977, n.3547).
 
 
INQUINAMENTO ACUSTICO – Immissioni rumorose – Mezzi di prova esperibili per accertare il livello di normale tollerabilità previsto dall’art. 844 c.c. – Consulenza tecnica d’ufficio con funzione "percipiente" – Limite di tollerabilità delle immissioni rumorose – Accorgimenti idonei – Poteri del giudice di merito.
 
In giudizio relativo ad immissioni, i mezzi di prova esperibili per accertare il livello di normale tollerabilità previsto dall’art. 844 c.c. costituiscono tipicamente accertamenti di natura tecnica, che vengono di regola compiuti mediante apposita consulenza tecnica d’ufficio con funzione "percipiente", in quanto soltanto un esperto è in grado di accertare, per mezzo delle conoscenze e degli strumenti di cui  dispone, l’intensità dei suoni o delle emissioni di vapori o gas, nonché il loro grado di sopportabilità per le persone (cfr. Cass. Sez. 2, 20/01/2017, n. 1606; Cass. Sez. 2, 04/03/1981, n.1245). Pertanto, in tema di immissioni sonore, le disposizioni dettate, con riguardo alle modalità di rilevamento o all’intensità dei rumori, da leggi speciali o regolamenti perseguono finalità di carattere pubblico, operando nei rapporti fra i privati e la P.A. sulla base di parametri meno rigorosi di quelli applicabili nei singoli casi ai sensi dell’art. 844 c.c., e non regolano, quindi, direttamente i rapporti tra i privati proprietari di fondi vicini, per i quali vige la disciplina dell’art. 844 c.c., disciplina che, nel fissare i criteri a cui il giudice di merito deve attenersi, rimette al suo prudente apprezzamento il giudizio sulla tollerabilità delle stesse. Il limite di tollerabilità delle immissioni rumorose non è, invero, mai assoluto, ma relativo proprio alla situazione ambientale, variabile da luogo a luogo, secondo le caratteristiche della zona e le abitudini degli abitanti, e non può prescindere dalla rumorosità di fondo, ossia dalla fascia rumorosa costante, sulla quale vengono ad innestarsi i rumori denunciati come immissioni abnormi (c.d. criterio comparativo), sicché la valutazione ex art. 844 c.c., diretta a stabilire se i rumori restino compresi o meno nei limiti della norma, deve essere riferita, da un lato, alla sensibilità dell’uomo medio e, dall’altro, alla situazione locale. Spetta, pertanto, al giudice di merito accertare in concreto il superamento della normale tollerabilità e individuare gli accorgimenti idonei a ricondurre le immissioni nell’ambito della stessa, supponendo tale accertamento un’indagine di fatto, sicché nel giudizio di legittimità non può chiedersi alla Corte di Cassazione di prendere direttamente in esame l’intensità, la durata, o la frequenza dei suoni o delle emissioni per sollecitarne una diversa valutazione di sopportabilità (Cass. Sez. 2, 05/08/2011, n. 17051; Cass. Sez. 2, 12/02/2010, n.3438).
 
(conferma sentenza n. 7685/2011 del TRIBUNALE di ROMA, dep. 13/04/2011) Pres. BIANCHINI, Rel. SCARPA, Ric. Guzzo
 

Allegato


Titolo Completo

CORTE DI CASSAZIONE CIVILE, Sez.2^ 30/08/2017 (ud. 27/06/2017), Sentenza n.20553

SENTENZA

 

 

 
 
CORTE DI CASSAZIONE CIVILE, Sez.2^ 30/08/2017 (ud. 27/06/2017), Sentenza n.20553
 
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
 
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
 
composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
 
omissis
 
ha pronunciato la seguente
 
SENTENZA
 
sul ricorso 4648-2012 proposto da:
 
GUZZO ALESSANDRO GZZLSN46C31F8390, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA XX SETIEMBRE 118, presso lo studio dell’avvocato MAURO FIORE, rappresentato e difeso dall’avvocato FRANCESCO LUIGI BRASCHI; 
– ricorrente – 
 
contro
 
GUTTIERES MARIO, CONDOMINIO VIA FIRENZE 47 ROMA;
– intimati –
 
avverso la sentenza n. 7685/2011 del TRIBUNALE di ROMA, depositata il 13/04/2011;
 
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 27 /06/2017 dal Consigliere Dott. ANTONIO SCARPA; 
 
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. SERGIO DEL CORE, che ha concluso per l’accoglimento dei primi quattro motivi e l’inammissibilità del quinto motivo; udito l’Avvocato Franco Canali, per delega dell’avv. Braschi.
 
FATTI DI CAUSA
 
L’avvocato Mario Guttieres, usufruttuario dell’appartamento sito in Roma, via Firenze n. 47, interno n. 8, scala B, convenne, nel febbraio 2003, innanzi al Giudice di Pace di Roma, Alessandro Guzzo, proprietario di altro appartamento compreso nello stesso fabbricato, nonché il Condominio di Via Firenze n. 47, lamentando immissioni sonore provenienti dal locale "cabina idrica" condominiale, riferibili all’installazione, da parte del Guzzo, di un "impianto idrico elettrico al fine di potenziare la fornitura idrica al suo appartamento … ". Il Guttieres chiedeva di "ritenere e dichiarare il dott. Alessandro Guzzo e il Condominio di via Firenze 47 di Roma responsabili delle immissioni di rumore superiore ai limiti di decibel di tolleranza", con condanna di entrambi "a cessare da ogni comportamento da cui possa derivare immissione di rumori oltre la normale tollerabilità". Con sentenza n. 26458/2006 il Giudice di Pace di Roma accoglieva la domanda e perciò inibiva l’uso del locale ex cassoni del quinto piano quale sede per l’installazione dell’impianto idrico di cui è causa, ovvero di qualsivoglia altro impianto idrico dotato di pompa; ordinava la messa in atto di tutti i suggerimenti indicati dall’ingegnere Balestra, nominato C.T.U., ed in particolare la rimozione dell’autoclave dall’attuale sede e la sua ricollocazione sopra al sesto piano, dove si trovava in precedenza, o addirittura al piano terra; dichiarava tanto il condomino Guzzo quanto l’Amministratore del Condominio di Via Firenze 47 responsabili, per comportamenti commissivi o omissivi, dei danni subiti dall’attore nei cinque anni decorsi, danni da accertarsi e valutarsi in separato giudizio; condannava Alessandro Guzzo al pagamento delle spese di lite.
 
Lo stesso Alessandro Guzzo proponeva appello avverso la decisione del Giudice di Pace di Roma, lamentando: la violazione degli artt. 99 e 112 c.p.c., nella parte in cui la sentenza del Giudice di pace, in difetto di domanda di parte, aveva inibito l’utilizzo dell’ex locale cassoni per il ricovero di ogni impianto idrico dotato di pompa, e ciò indipendentemente dalle specifiche caratteristiche dello stesso; la violazione degli artt. 99 e 112 c:p.c., nella parte in cui il Giudice di pace aveva sostanzialmente accolto la domanda risarcitoria tardivamente proposta dall’attore con le sole "note conclusionali" del 31.01.2005; ancora, la violazione del principio delle decadenze e preclusioni di cui all’art. 320 c.p.c., sempre nella parte in cui il Giudice di pace aveva sostanzialmente accolto la domanda risarcitoria proposta dall’attore solo in sede di precisazione delle conclusioni; che, in ogni caso, la domanda risarcitoria non era stata provata; l’inidoneità della CTU espletata a rendere prova della natura intollerabile del lamentato fenomeno immissivo.
 
Il  Tribunale di Roma, con sentenza del 13 aprile 2011, respingeva l’appello con condanna alle spese. Il Tribunale osservava che nelle conclusioni dell’atto di citazione, l’avvocato Guttieres avesse richiesto di «ritenere e dichiarare il dott. Alessandro Guzzo e il Condominio di via Firenze 47 di Roma responsabili delle immissioni di rumore superiore ai limiti di decibel di tolleranza presso l’abitazione dell’attore, conseguentemente condannare il medesimo dott. Alessandro Guzzo, domiciliato in via Firenze 47 di Roma e il condominio di via Firenze n. 47 nella persona del suo Amministratore pro – tempore Arch. Stefano Masobello, con studio in Roma via Flaminia 429, a cessare da ogni comportamento da cui possa derivare immissione di rumori oltre la normale tollerabilità nell’appartamento di via Firenze 47 di cui l’avv. Mario Guttieres è usufruttuario e rimuovere l’impianto o, in caso di comprovata necessità, adottare soluzioni non moleste per la quiete dei condomini e in particolare quella dell’attore. Con riserva di agire in separato giudizio per ottenere il risarcimento dei danni derivanti all’attore dall’immissione dei rumori lamentati». Il Tribunale rilevava poi che la sentenza del Giudice di pace «quanto al profilo risarcitorio, al punto c) del dispositivo, testualmente riporta: "dichiara tanto il condomino Guzzo quanto l’amm.ne del condominio di via Firenze 47 responsabili, per comportamenti commissivi o omissivi, dei danni subiti dall’attore nei 5 anni decorsi, da accertarsi e valutarsi in separato giudizio». Sulla base di ciò, il Tribunale di Roma affermava che «E’ evidente, dal mero raffronto tra le rassegnate originarie conclusioni e il trascritto dictum decisionale che, contrariamente a quanto denunciato dall’appellante, il pronunciamento in esame non ha comminato condanna risarcitoria alcuna ma si è limitato – in adesione a conforme richiesta attorea – ad affermare la responsabilità dei convenuti quanto alla produzione di un fatto immissivo le cui conseguente lesive, in relazione sia all’an che al pertinente quantum, ciò anche su conforme istanza di parte, rinviava ad accertare in ulteriore instaurando giudizio». Affermava poi il Tribunale che «avendo l’attore nel primo grado, come può evincersi dalle già trascritte conclusioni dell’atto di citazione, chiesto, in via alternativa, la condanna dell’appellante e/o del condominio appellato "a cessare da ogni comportamento da cui possa derivare immissione di rumori oltre la normale tollerabilità", indi a "rimuovere l’impianto o, in caso di comprovata necessità, adottare soluzioni non moleste per la quiete dei condomini e in particolare quella dell’attore", laddove, l’impugnata sentenza, come si legge nel suo dispositivo, inibiva "con effetto immediato l’uso del locale ex cassoni del V piano quale sede dell’attuale o di altri impianti idrici dotati di pompa, attesa la contiguità con una stanza non secondaria dell’appartamento int. 8" e ordinava "la messa in atto di tutti i suggerimenti formulati dall’ing. Balestra ed in particolare la rimozione dell’autoclave dall’attuale sede e la sua ricollocazione sopra al VI piano dove trovavasi o addirittura al piano terra come da altri suggerito, tenendo comunque conto di quanto comunicato dal somministratore acea con sua lettera 20.06.2005" – punti A) e B) del dispositivo – si poneva in diretta e immediata contiguità di contenuto con la domanda postulata dall’attore, e ciò in forza dei risultati istruttori conseguiti – di cui dà atto nella relativa parte motiva – che avevano evidenziato come l’utilizzo di tale vano condominiale per l’alloggiamento di pompa idraulica travalicasse i limiti dettati dall’art. 1102 c. c. per il legittimo esercizio del diritto di condominio, sì da escludere la sussistenza della ultrapetizione lamentata dall’appellante».
 
Affermava ancora il Tribunale che «quanto, infine, al residuo motivo di gravame incentrato sulle erroneità ed inidoneità delle risultanze della c.t.u. espletata in primo grado a dare processuale dimostrazione della sussistenza del fenomeno immissivo, anch’esso non si presta a positivo apprezzamento e condivisione, atteso che l’ausiliare giudiziale come congruamente e motivatamente riportato nell’appellata sentenza – all’esito di relative rilevazioni fonometriche curate nell’intero arco della giornata, rilevava che l’unità abitativa in disponibilità dell’appellato Guttieres soffriva della derivazione di rumori promananti dal funzionamento della pompa allocata nel contiguo locale condominiale (dato, questo, che è razionalmente evincibile dal dato oggettivo dell’intensificazione del livello sonoro in corrispondenza dell’avvio del detto apparato e della sua elisione una volta bloccatane l’attivazione, pag. 7 relazione c. t. u.) e che risultava di sei dB superiore al rumore di fondo». Il Tribunale di Roma riteneva, quindi, superata la soglia della normale tollerabilità e sottolineava l’adeguatezza dell’impianto istruttorio, in ragione dell’ampio "arco temporale durante il quale le rilevazioni sono state eseguite, che ha abbracciato sia il giorno che la notte".
 
Alessandro Guzzo ha proposto ricorso articolato in cinque motivi. Tanto Mario Guttieres che il Condominio di via Firenze 47, Roma (il quale ultimo pure all’esito dell’eseguita rinnovazione della notifica del ricorso disposta da questa Corte con ordinanza del 29 dicembre 2016) non hanno svolto attività difensive.
 
RAGIONI DELLA DECISIONE
 
I. Il primo motivo del ricorso di Alessandro Guzzo denuncia la «violazione e/o falsa applicazione degli artt. 99 e 112 c.p.c. in relazione all’art. 360 n. 3 e n. 5 c.p.c.; violazione e/o falsa applicazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato in relazione all’art. 360 n. 3 e n. 5 c.p.c.», Osserva il ricorrente che il Tribunale, a fronte della sua deduzione di violazione degli artt. 99 e 112 c.p.c., aveva affermato « …avendo poi l’attore nel primo grado, come può evincersi dalle già trascritte conclusioni dell’atto di citazione, chiesto, in via alternativa, la condanna dell’appellante e/o del condominio appellato "a cessare da ogni comportamento da cui possa derivare immissione di rumori oltre la normale tollerabilità", indi "a rimuovere l’impianto o, in caso di comprovata necessità, adottare soluzioni non moleste per la quiete dei condomini e in particolare quella dell’attore", laddove, l’impugnata sentenza, come si legge nel suo dispositivo, inibiva "con effetto immediato l’uso del locale ex cassoni del V piano quale sede dell’attuale o di altri impianti idrici dotati di pompa, attesa la contiguità con una stanza non secondaria dell’appartamento int. 8" e ordinava "la messa in atto di tutti i suggerimenti formulati dall’ing. Balestra ed in particolare la rimozione dell’autoclave dall’attuale sede e la sua ricollocazione sopra al VI piano dove trovavasi o addirittura al piano terra come da altri suggerito, tenendo comunque conto di quanto comunicato dal somministratore acea con sua lettera 20.06.2005" – punti A) e B) del dispositivo – si poneva in diretta e immediata contiguità di contenuto con la domanda postulata dall’attore, e ciò in forza dei risultati istruttori conseguiti – di cui dà atto nella relativa parte motiva che avevano evidenziato come l’utilizzo di tale vano condominiale per l’alloggiamento di pompa idraulica travalicasse i limiti dettati dall’art. 1102 c. c. per illegittimo esercizio del diritto di condominio, sì da escludere la sussistenza della ultrapetizione lamentata dall’appellante».
 
Secondo il ricorrente il Tribunale con tale motivazione «ha attribuito all’Avv. Guttieres un bene della vita che quest’ultimo non aveva mai domandato. Con l’atto di citazione introduttivo del presente giudizio – come innanzi chiarito – infatti, l’attore aveva richiesto unicamente la condanna del dott. Guzzo nonché del Condominio " … a cessare da ogni comportamento da cui possa derivare immissione di rumori oltre la normale tollerabilità nell’appartamento di via Firenze 47 di cui l’Avv. Mario Guttieres è usufruttuario … ",, nonché a " … rimuovere l’impianto o, in caso di comprovata necessità, adottare soluzioni non moleste per la quiete dei condomini e in particolare dell’attore … "». Rileva il primo motivo che "la condanna recante l’inibizione sine die all’uso del locale ex cassoni per l’installazione di una qualsivoglia pompa idraulica indipendentemente dalle caratteristiche tecniche della stessa presupponeva la formulazione da parte dell’attore di una specifica domanda in tal senso". Aggiunge ancora il ricorrente che l’eliminazione delle immissioni sonore richiesta dall’Avv. Guttieres non poteva essere confusa con la condanna all’inibizione perpetua all’uso di un locale condominiale quale sede di " … altri impianti idrici dotati di pompa … ". Deduce, in definitiva, il ricorrente che «la statuizione recante l’inibizione sine die all’uso di un determinato locale condominiale per l’installazione di qualsivoglia tipologia di pompa idraulica (indipendentemente dalla capacità della stessa di generare rumori idonei a superare il limite della normale tollerabilità) non può essere ricompresa all’interno dei limiti della domanda formulata dall’Avv. Gultieres».
 
I.1. Il primo motivo è del tutto infondato.
 
La domanda di cessazione delle immissioni che superino la normale tollerabilità (nella specie, volta ad ottenere la condanna di un condomino a cessare da ogni comportamento da cui possa derivare immissione di rumori ed a rimuovere l’impianto idrico elettrico causa delle stesse) non vincola necessariamente il giudice ad adottare una misura determinata, ben potendo egli ordinare l’attuazione di quegli accorgimenti che siano concretamente idonei ad eliminare la situazione pregiudizievole. Non viola, pertanto, il principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato, sotto il profilo del limite costituito dal divieto di immutazione degli effetti giuridici che la parte intende conseguire, il giudice che, decidendo su una domanda di cessazione delle immissioni, ordini tanto la rimozione del manufatto, da cui le immissioni provengono, quanto l’adozione di misure inibitorie implicanti l’attuazione di accorgimenti che evitino il ripetersi della situazione pregiudizievole (nella specie, l’uso di uno spazio condominiale quale sede di impianti idrici a pompa, per la contiguità di tale spazio con un appartamento di proprietà esclusiva) (cfr. Cass. Sez. 6 – 2, 17/01/2011, n. 887; Cass. Sez. 2, 05/08/1977, n.3547).
 
II. Il secondo motivo del ricorso di Alessandro Guzzo deduce la «violazione e/o falsa applicazione degli artt. 99 e 112 c.p.c. in relazione all’art. 360 n. 3 e n. 5 c.p.c.; violazione e/o falsa applicazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato in relazione all’art. 360 n. 3 e n. 5 c.p.c.». Il ricorrente lamenta che il Tribunale, a fronte dell’eccezione sollevata di tardività della domanda di risarcimento danni, ha affermato « … che, contrariamente a quanto denunciato dall’appellante, il pronunciamento in esame non ha comminato condanna risarcitoria alcuna ma si è limitato – in adesione a conforme richiesta attorea – ad affermare la responsabilità dei convenuti quanto alla produzione di un fatto immissivo le cui conseguente lesive, in relazione sia all’an che al pertinente quantum, ciò anche su conforme istanza di parte, rinviava ad accertare in ulteriore instaurando giudizio … ».
 
Rileva il ricorrente che con l’atto di citazione l’attore non avesse richiesto l’accertamento della responsabilità del dottor Guzzo nella causazione dei pretesi danni, essendosi limitato a riservarsi di agire in separato giudizio per ottenere i danni. Aggiunge che la domanda era stata inammissibilmente proposta in sede di precisazione delle conclusioni e nelle note conclusionali, e che la sentenza di primo grado aveva inteso accertare la responsabilità del dott. Guzzo nella causazione di tali danni rinviando a separato giudizio per la quantificazione dei danni.
 
Il terzo motivo deduce la «violazione e falsa applicazione dell’art. 320 c.p. c. in relazione all’art. 360 n. 3 e n. 5 c.p.c.», Osserva il ricorrente che "il capo di sentenza con la quale il Giudice di pace ha sostanzialmente accolto la domanda risarcitoria Guttieres è illegittimo" anche perché tale domanda era stata avanzata in "violazione del principio delle decadenze e preclusioni previsto dall’art. 320 c.p.c.", posto che nel giudizio avanti il giudice di pace, "dopo la prima udienza, non è più possibile proporre nuove domande o eccezioni o allegare a fondamento di esse nuovi fatti costitutivi, modificativi o estintivi".
 
II.1. Il secondo ed il terzo motivo vanno esaminati congiuntamente, in quanto attengono entrambi alla proposizione della domanda risarcitoria. I due motivi sono del tutto infondati.
 
Il Tribunale di Roma ha evidenziato nella sua sentenza come l’attore Guttieres già nelle conclusioni dell’atto di citazione davanti al Giudice di pace aveva richiesto di «ritenere e dichiarare il dott. Alessandro Guzzo e il Condominio di via Firenze 47 di Roma responsabili delle immissioni di rumore superiore ai limiti di decibel di tolleranza presso l’abitazione dell’attore … Con riserva di agire in separato giudizio per ottenere il risarcimento dei danni derivanti all’attore dall’immissione dei rumori lamentati». A fronte di tale domanda, il Giudice di pace statuiva: "dichiara tanto il condomino Guzzo quanto l’amm.ne del condominio di via Firenze 47 responsabili, per comportamenti commissivi o omissivi, dei danni subiti dall’attore nei 5 anni decorsi, da accertarsi e valutarsi in separato giudizio". Il Tribunale ha negato che in tale pronuncia vi fosse extrapetizione.
 
Il contenuto delle censure di cui al secondo ed al terzo motivo, secondo cui l’attore non aveva richiesto già in citazione l’accertamento della responsabilità del Guzzo nella causazione dei danni, è evidentemente smentito dalla corretta interpretazione della domanda fornita dai giudici del merito, in quanto, avendo l’attore chiesto in modo inequivoco di accertare la responsabilità di entrambi i convenuti per le immissioni di rumore, egli aveva allo stesso tempo fondato su tale medesima causa petendi, ovvero sull’accertamento di detta condotta illecita dei convenuti, la pretesa risarcitoria per i danni da liquidarsi in altra sede, non essendo altrimenti comprensibile lo svolgimento di un giudizio sull’ "an" separato da quello sul "quantum". Così ricostruite l’esposizione dei fatti e l’indicazione dell’oggetto della domanda sin dall’origine proposta, come contenute nell’atto di citazione davanti al Giudice di pace, non è ravvisabile neppure alcuna violazione dall’art. 320 c.p.c.
 
III. Il quarto motivo denuncia la «omessa ed insufficiente motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio in ordine all’assenza di prove a supporto dell’accertamento della responsabilità del dott. Guzzo per comportamenti commissivi ovvero omissivi dei danni subiti dall’attore, in relazione all’art. 360, n. 5 c.p.c.», Rileva il ricorrente che "né il Giudice di prime cure né tanto meno il Giudice d’appello, infatti, hanno dato conto degli elementi di prova sulla base dei quali hanno ritenuto di poter affermare la responsabilità del ricorrente in ordine alla produzione del fatto lesivo". 
 
Il quinto motivo di ricorso denuncia parimenti la «omessa ed insufficiente motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio in ordine all’assenza di prove a supporto dell’accertamento della responsabilità del dott. Guzzo per comportamenti commissivi ovvero omissivi dei danni subiti dall’attore, in relazione altari 360, n. 5 c.p.c.», Osserva il ricorrente che "il Giudice di Prime cure, con motivazione del tutto illogica e comunque insufficiente ed erronea, ha accolto la domanda proposta dall’attore in primo grado fondando il proprio convincimento sulle conclusioni rassegnate dalla Consulenza Tecnica senza tuttavia avvedersi delle numerose e decisive insufficienze sul piano scientifico e logico nonché delle notevoli inesattezze e contraddizioni contenute all’interno della medesima consulenza". Il ricorrente quindi riporta la motivazione del giudice dell’appello al riguardo, contesta le conclusioni della CTU, indicandone le incongruenze, ed osservando che le stesse "avrebbero necessitato una più puntuale disamina da parte del Tribunale che, al contrario, si è limitato a ribadire quanto già affermato dal Giudice di Pace e non ha dunque fornito alcuna reale motivazione grazie alla quale comprendere il percorso logico-giuridico effettuato". Né il giudice dell’appello si era fatto carico della questione relativa alle modalità di rilevazione dei livelli sonori, con conseguente inattendibilità delle rilevazioni stesse.
 
III.1. Il quarto ed il quinto motivo devono essere esaminati congiuntamente perché connessi e si rivelano anch’essi infondati. Il Tribunale di Roma ha ritenuto dimostrata la sussistenza delle immissioni illecite sulla base delle risultanze della c.t.u., consistenti in rilevazioni fonometriche curate nell’intero arco della giornata, che avevano accertato che l’unità abitativa in disponibilità dell’avvocato Guttieres risentiva della derivazione di rumori promananti dal funzionamento della pompa allocata nel contiguo locale condominiale di sei dB superiore al rumore di fondo. Il Tribunale di Roma riteneva, quindi, superata la soglia della normale tollerabilità, abitualmente stimata nell’eccedenza di tre dB rispetto al rumore di fondo, affermava la completezza delle verifiche istruttorie sotto il profilo del dato temporale delle rilevazioni, e negava la rilevanza della normativa pubblicistica di cui alla legge n. 447/1995.
 
Il ricorrente, nelle sue ultime due censure, si limita a dedurre che il Tribunale di Roma abbia male esercitato il proprio prudente apprezzamento della prova, ovvero che, nel valutare le prove proposte dalle parti, abbia attribuito maggior forza di convincimento ad alcune piuttosto che ad altre, e tali doglianze possono essere fatte valere unicamente ai sensi del numero 5 dell’art. 360 c.p.c., nella formulazione, qui applicabile, antecedente alla novella di cui al d.l. n. 83 del 2012, sempre che comunque non si richieda alla Corte di cassazione di sostituirsi ai giudici del merito per procedere ad un nuovo esame degli apprezzamenti di fatto a quelli spettanti. Viene lamentato che il giudice dell’appello abbia dato peso alle sole indagini svolte dal consulente tecnico d’ufficio e non abbia considerato le deduzioni dell’appellante Guzzo. Vertendosi, però, in giudizio relativo ad immissioni, i mezzi di prova esperibili per accertare il livello di normale tollerabilità previsto dall’art. 844 c.c. costituiscono tipicamente accertamenti di natura tecnica, che vengono di regola compiuti mediante apposita consulenza tecnica d’ufficio con funzione "percipiente", in quanto soltanto un esperto è in grado di accertare, per mezzo delle conoscenze e degli strumenti di cui  dispone, l’intensità dei suoni o delle emissioni di vapori o gas, nonché il loro grado di sopportabilità per le persone (cfr. Cass. Sez. 2, 20/01/2017, n. 1606; Cass. Sez. 2, 04/03/1981, n.1245). E’ del pari consolidato l’orientamento di questa Corte, ribadito dal Tribunale, secondo cui, in tema, appunto, di immissioni sonore, le disposizioni dettate, con riguardo alle modalità di rilevamento o all’intensità dei rumori, da leggi speciali o regolamenti perseguono finalità di carattere pubblico, operando nei rapporti fra i privati e la P.A. sulla base di parametri meno rigorosi di quelli applicabili nei singoli casi ai sensi dell’art. 844 c.c., e non regolano, quindi, direttamente i rapporti tra i privati proprietari di fondi vicini, per i quali vige la disciplina dell’art. 844 c.c., disciplina che, nel fissare i criteri a cui il giudice di merito deve attenersi, rimette al suo prudente apprezzamento il giudizio sulla tollerabilità delle stesse. Il Tribunale di Roma ha valutato comunque illecite le immissioni sulla base di un giudizio di tollerabilità formulato ai sensi dell’art. 844 c.c., tenendo presente, fra l’altro, la vicinanza del locale condominiale dove era stata allocata la pompa e l’unità immobiliare abitativa del Guttieres. Il limite di tollerabilità delle immissioni rumorose non è, invero, mai assoluto, ma relativo proprio alla situazione ambientale, variabile da luogo a luogo, secondo le caratteristiche della zona e le abitudini degli abitanti, e non può prescindere dalla rumorosità di fondo, ossia dalla fascia rumorosa costante, sulla quale vengono ad innestarsi i rumori denunciati come immissioni abnormi (c.d. criterio comparativo), sicché la valutazione ex art. 844 c.c., diretta a stabilire se i rumori restino compresi o meno nei limiti della norma, deve essere riferita, da un lato, alla sensibilità dell’uomo medio e, dall’altro, alla situazione locale. Spetta, pertanto, al giudice di merito accertare in concreto il superamento della normale tollerabilità e individuare gli accorgimenti idonei a ricondurre le immissioni nell’ambito della stessa, supponendo tale accertamento un’indagine di fatto, sicché nel giudizio di legittimità non può chiedersi alla Corte di Cassazione di prendere direttamente in esame l’intensità, la durata, o la frequenza dei suoni o delle emissioni per sollecitarne una diversa valutazione di sopportabilità (Cass. Sez. 2, 05/08/2011, n. 17051; Cass. Sez. 2, 12/02/2010, n.3438).
 
Il quarto ed il quinto motivo di ricorso, nel denunciare un vizio di motivazione della sentenza del Tribunale di Roma (e, prima ancora, inammissibilmente, della sentenza di primo grado resa dal Giudice di pace), sotto il profilo dell’omesso esame di fatti, circostanze, rilievi mossi alle risultanze di ordine tecnico ed al procedimento tecnico seguito dal c.t.u., si limitano a censure apodittiche di erroneità e/o di inadeguatezza della motivazione, ovvero di omesso approfondimento di determinati temi di indagine, sostenendo, ad esempio, l’opportunità di prescegliere i dati emersi nella prima rilevazione del 10 e del 16 marzo 2004 (allorché il CTU aveva però dato atto dell’impossibilità di isolare i rumori della pompa dell’impianto idrico da altri rumori esterni) rispetto a quelli della seconda rilevazione effettuata tra il 25 ed il 26 maggio 2004. Sono poi elencate una serie di critiche alle modalità di esecuzione delle rilevazioni peritali, ma si tratta di questioni di cui non vi è cenno nella sentenza impugnata, ed il ricorrente non adempie all’onere, impostogli dall’art. 366, comma 1, n. 6, c.p.c., di allegare l’avvenuta loro deduzione in uno specifico atto del giudizio di merito svoltosi innanzi dapprima al Giudice di pace e poi al Tribunale di Roma, evidenziando, in particolare, le eventuali controdeduzioni alla consulenza d’ufficio che assume non essere state prese in considerazione, ovvero gli eventuali mezzi di prova contrari non ammessi, in maniera da consentire a questa Corte di legittimità di escludere la novità di tali questioni e di esercitare il controllo sulla decisività dei fatti dedotti. Gli ultimi due motivi di ricorso si risolvono, così, nel far valere la non rispondenza della ricostruzione dei fatti operata dal giudice del merito al diverso convincimento soggettivo del ricorrente, proponendosi un preteso migliore e più appagante coordinamento dei molteplici dati acquisiti, ovvero una nuova pronuncia sulle vicende di lite volta a sovvertire aspetti del giudizio, interni all’ambito della discrezionalità di valutazione degli elementi di prova e dell’apprezzamento dei fatti, che attengono al libero convincimento del giudice e non ai possibili vizi dell’ "iter" formativo di tale convincimento.
 
IV. Consegue il rigetto del ricorso. Non occorre regolare le spese del giudizio di cassazione, in quanto gli intimati Mario Guttieres e Condominio di via Firenze 47, Roma non hanno svolto attività difensive.
 
P. Q. M.
 
La Corte rigetta il ricorso.
 
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda sezione civile della Corte Suprema di Cassazione, il 27 giugno 2017.
 

 

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