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Giurisprudenza: Giurisprudenza Sentenze per esteso massime | Categoria: Pubblica amministrazione, Risarcimento del danno Numero: 12112 | Data di udienza: 9 Dicembre 2019

PUBBLICA AMMINISTRAZIONE – Danni causati da animali randagi (cane) – Strada statale – Responsabilità custodiale – Esclusione – RISARCIMENTO DANNI – Domanda risarcitoria – Rigetto – Art. 2051 c.c..


Provvedimento: SENTENZA
Sezione: 3^
Regione:
Città:
Data di pubblicazione: 22 Giugno 2020
Numero: 12112
Data di udienza: 9 Dicembre 2019
Presidente:
Estensore:


Premassima

PUBBLICA AMMINISTRAZIONE – Danni causati da animali randagi (cane) – Strada statale – Responsabilità custodiale – Esclusione – RISARCIMENTO DANNI – Domanda risarcitoria – Rigetto – Art. 2051 c.c..



Massima

 

CORTE DI CASSAZIONE CIVILE, Sez. 3^ 22/06/2020 (Ud. 09/12/2019), Sentenza n.12112

 

PUBBLICA AMMINISTRAZIONE – Danni causati da animali randagi (cane) – Strada statale – Responsabilità custodiale – Esclusione – RISARCIMENTO DANNI – Domanda risarcitoria – Rigetto – Art. 2051 c.c..

La configurabilità di una responsabilità ex art. 2051 c.c. si fonda sulla possibilità di riscontrare in essa un effettivo potere di governo della cosa sussumibile nel concetto di custodia rilevante ai fini della richiamata norma; possibilità che tuttavia non sussiste con riferimento ad ogni tipo di sede viaria, ma è affermata, con riferimento a quella autostradale, in ragione delle sue peculiari caratteristiche. Nella specie, (sinistro avvenuto su strada statale per l’attravesamento improvviso di un cane randagio), appare evidente, l’impossibilità di configurare un potere di governo della cosa esteso fino al punto da garantire che essa non sia attraversata da animali selvatici e dunque l’ascrivibilità dell’evento dannoso a responsabilità custodiale.

(dichiara inammissibile il ricorso avverso sentenza n. 1958/2017 – CORTE D’APPELLO di L’AQUILA, dep. 27/10/2017) Pres. VIVALDI, Rel. POSITANO, Ric. Costanzi c. COMUNE GIULIANOVA


Allegato


Titolo Completo

CORTE DI CASSAZIONE CIVILE, Sez. 3^ 22/06/2020 (Ud. 09/12/2019), Sentenza n.12112

SENTENZA

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE

composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

omissis

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

sul ricorso 426-2018 proposto da:
COSTANZI BENITO, domiciliato ex lege in ROMA, presso la CANCELLERIA DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato SERGIO MENNA;

– ricorrente –

CONTRO

COMUNE GIULIANOVA in persona del Sindaco, AZIENDA 2577 SANITARIA LOCALE DI TERMANO in persona del Direttore Generale, elettivamente domiciliati in ROMA, VIA GIUSEPPE FERRARI 35, presso lo studio dell’avvocato MARCO VINCENTI, che li rappresenta e difende;

– controricorrenti –

NONCHÈ CONTRO

COMUNE GIULIANOVA , AZIENDA NAZ. AUT. DELLE STRADE

– intimati –

avverso la sentenza n. 1958/2017 della CORTE D’APPELLO di L’AQUILA, depositata il 27/10/2017;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 09/12/2019 dal Consigliere Dott. GABRIELE POSITANO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. CARMELO SGROI che ha concluso per il rigetto;

udito l’Avvocato SERGIO MENNA;

udito l’Avvocato PASQUALE DI SANTE;

udito l’Avvocato ROBERTO OTTI per delega;

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. Con atto di citazione dell’11 marzo 2005, Benito Costanzi evocava in giudizio, davanti al Tribunale di Teramo, sezione distaccata di Giulianova, il Comune di Giulianova e la Asl di Teramo deducendo che il 25 giugno 2003, alle ore 23:30 circa, mentre percorreva la strada statale 80 a bordo del motociclo Honda, un cane randagio, uscendo da una radura antistante la parte destra, aveva attraversato la strada costringendo il motociclista a frenare bruscamente, così perdendo il controllo del veicolo.

A causa delle gravi lesioni subite era rimasto in stato di coma per diversi giorni. Ciò premesso chiedeva il risarcimento dei danni, patrimoniali e non patrimoniali, a titolo di responsabilità extracontrattuale, attesa l’omessa adozione dei provvedimenti e delle cautele idonei a rimuovere il pericolo conseguente alla presenza dei cani randagi.

2. Si costituiva il Comune di Giulianova e chiedeva di chiamare in causa Anas S.p.A., concludendo per il rigetto.

3. Si costituiva Anas a seguito di chiamata ai sensi dell’articolo 107 c.p.c. eccependo il difetto di legittimazione passiva e contestando la configurabilità della responsabilità della amministrazione.

Si costituiva la Asl di Teramo contestando la pretesa attorea. La causa veniva istruita con prova testimoniale e consulenza medica.

4. Il Tribunale di Teramo, con sentenza del 23 marzo 2011 rigettava la domanda compensando le spese di lite rilevando che l’obbligo di cattura dei cani randagi è subordinato alla segnalazione del fenomeno del randagismo ai servizi veterinari della Asl.

Nel caso di specie le deposizioni non dimostravano l’esistenza di segnalazioni della presenza di cani randagi dirette al servizio veterinario. Infine, il Tribunale rilevava che l’attore non aveva esteso la domanda nei confronti di Anas.

5. Con atto di citazione del 15 settembre 2011 Benito Costanzi proponeva appello avverso tale decisione deducendo la violazione della legge regionale n. 86 del 21 settembre 1999 riguardo all’omissione di misure di prevenzione; la violazione l’articolo 107 c.p.c. sulla mancata estensione della domanda al terzo e riproponeva le domande ed eccezioni formulate in primo grado.

Si costituiva il Comune chiedendo il rigetto della impugnazione; la Asl di Teramo dichiarava di non accettare il contraddittorio riguarda alle domande nuove formulate in appello.

Si costituiva Anas eccependo l’improponibilità dell’appello per difetto di domande e, in via subordinata, concludeva per il rigetto dell’impugnazione.

6. La Corte d’Appello di L’Aquila, con sentenza del 27 ottobre 2017 rigettava l’impugnazione condannando l’appellante al pagamento delle spese di lite.

7. Avverso tale decisione propone ricorso per cassazione Benito Costanzi affidandosi a quattro motivi che illustra con memoria. Resistono con autonomi controricorsi Anas S.p.A. e, con unico atto, l’azienda Usl di Teramo e il Comune di Giulianova.

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo si deduce la violazione l’articolo 345 c.p.c., in relazione all’articolo 360, n. 3 c.p.c. La Corte avrebbe errato nel ritenere inammissibile la domanda ai sensi dell’articolo 2051 c.c. poiché l’orientamento di legittimità consente l’introduzione in appello di tale domanda, nell’ipotesi in cui l’attore abbia, sin dall’atto di citazione, enunciato in maniera chiara situazioni di fatto suscettibili di essere valutate ai sensi dell’articolo 2051 c.c..

Nel caso di specie l’attore avrebbe descritto il fatto nella citazione come insidia stradale (pagina 20 del ricorso) “con riferimento al repentino attraversamento di un cane randagio soffermandosi su tutti i caratteristici profili eziologici ed allegando le circostanze di fatto della sua configurabilità (pagina 5 dell’atto di citazione)”.

2. Il motivo è inammissibile perché dedotto in violazione dell’articolo 366, n. 6 c.p.c. poiché, a prescindere dalla fondatezza o meno della tesi sostenuta con il primo motivo, il ricorrente avrebbe dovuto allegare o trascrivere o, quantomeno individuare all’interno del fascicolo di legittimità, l’atto di citazione al fine di consentire alla Corte di valutare la concreta prospettazione di chiare “situazioni di fatto suscettibili di essere valutate come idonee, in quanto compiutamente precisate, ad integrare la fattispecie prevista” dall’articolo 2051 c.c.

3. A prescindere da ciò, l’ipotesi di responsabilità ai sensi dell’articolo 2051 c.c. non è configurabile in un tratto stradale curato da Anas S.p.A. come rilevato da Cass. Sez. 6 – 3, n. 19542 del 2019 relativa ad attraversamento di cane randagio su strada Anas.

4. La ricognizione della fattispecie concreta, operata in sentenza in termini non attinti da alcuna conferente censura, palesa la non assimilabilità dell’ipotesi considerata a quella del sinistro stradale causato dalla presenza di un animale selvatico in autostrada, per la quale diversi precedenti di questa Corte ammettono la configurabilità di una responsabilità, ex art. 2051 c.c, dell’ente gestore (v. Cass. 12/05/2017, n. 11785; 29/03/2007, n. 7763; 02/02/2007, n. 2308, ma v. anche Cass. 6 01/02/2018, n. 2477, con riferimento a strada a scorrimento veloce), salva la prova del caso fortuito.

5. Ed invero, pur prescindendo dai dubbi che un tale orientamento suscita con riferimento alla possibilità di configurare, in siffatta ipotesi, un nesso causale tra cosa in custodia ed evento di danno, l’affermazione di una responsabilità dell’ente gestore dell’autostrada ex art. 2051 cod. civ. riposa, nei citati precedenti, sul carattere circoscritto e delimitato della sede autostradale e sulla conseguente possibilità di tenerla al riparo dall’ingresso di agenti esterni dalle aree circostanti, oltre che sull’obbligo di provvedervi per essere la stessa destinata alla percorrenza veloce in condizioni di sicurezza (Cass. 05/02/2013, n. 2660; Cass. 19/05/2011, n. 11016).

6. La configurabilità, dunque, in tale ipotesi di una responsabilità ex art. 2051 c.c. si fonda sulla possibilità di riscontrare in essa un effettivo potere di governo della cosa sussumibile nel concetto di custodia rilevante ai fini della richiamata norma; possibilità che tuttavia non sussiste con riferimento ad ogni tipo di sede viaria, ma è affermata, con riferimento a quella autostradale, in ragione delle sue peculiari caratteristiche.

7. Il rigetto dunque, in tale contesto, della domanda risarcitoria appare corretto, non essendo la fattispecie accertata riconducibile a quella normativa astratta di cui all’art. 2051 c.c..

8. Ciò, ripetesi, per la impossibilità di configurare nella specie un potere di governo della cosa esteso fino al punto da garantire che essa non sia attraversata da animali selvatici e dunque l’ascrivibilità dell’evento dannoso a responsabilità custodiale.

9. Con il secondo motivo si deduce la violazione della Legge regionale Abruzzo n. 86 del 1999 e dell’articolo 2697 c.c., in relazione all’articolo 360, n. 3 c.p.c. Diversamente da quanto ritenuto dalla Corte territoriale il dovere di prevenzione imposto dalla legge agli enti convenuti prescinde da qualsiasi tipo di segnalazione della presenza di randagismo.

Secondo la giurisprudenza di legittimità, l’esplicazione di attività di vigilanza a carico del Comune deriverebbe dalla legge regionale indipendentemente dalla segnalazione del randagismo (Cass. n. 16802 del 2015).

10. Il motivo è inammissibile per difetto di interesse ai sensi dell’articolo 100 c.p.c. poiché la Corte territoriale ha adottato una doppia e autonoma motivazione.

In primo luogo, ha escluso la sussistenza di un obbligo a carico dei soggetti convenuti, indipendente dalla prova della segnalazione della presenza di cani randagi nella zona interessata dal
sinistro.

In secondo luogo, con autonoma motivazione, ha anche escluso che dalle risultanze processuali emergesse la prova della qualità di cane randagio, in quello coinvolto nel sinistro.

Poiché il primo motivo si fonda esclusivamente sulla pretesa esistenza di un obbligo di “esplicazione di attività di vigilanza anche a mezzo di guardie zoofile comunali” facendo leva sull’articolo 14 della predetta legge regionale, che impone ai Comuni e alla Asl e ad altri soggetti di predisporre interventi necessari per la cattura di cani randagi o inselvatichiti, in difetto di censure relative alla seconda argomentazione della Corte territoriale, il motivo è, comunque, inidoneo a contrastare la decisione impugnata.

11. Con il terzo motivo si deduce la violazione degli articoli 97 e 107 c.p.c., in relazione all’articolo 360, n. 3 c.p.c.

Nel caso di specie, secondo parte ricorrente, la chiamata del terzo Anas S.p.A. non costituiva, né chiamata in garanzia, né in via di regresso, ma individuava tale soggetto come quello direttamente obbligato alla prestazione, con conseguente automatica estensione della domanda.

Il Comune ed Anas avevano il medesimo interesse a chiarire se il tratto di strada fosse di competenza dell’uno o dell’altra ai fini dell’apposizione dei cartelli di pericolo e ciò in ragione dell’onere probatorio previsto all’articolo 2051 c.c..

12. La censura è inammissibile poiché la Corte territoriale ha condiviso l’argomentazione del Tribunale secondo cui l’omessa pronunzia nei confronti di Anas, non dipendeva dal fatto di avere escluso in ogni caso un’estensione automatica della domanda nei confronti della società ANAS intervenuta, ma perché, nella fattispecie in esame, l’attore aveva espressamente rinunziato a chiedere la domanda della citazione, come emergerebbe dalle conclusioni rese all’udienza del 19 ottobre 2010.

Tale argomentazione non è contrastata dal motivo che, pertanto, non è specifico.

13. Con il quarto motivo si deduce, ai sensi dell’articolo 360, n. 3 c.p.c., la violazione degli articoli 91-92 c.p.c. e 75 delle disposizioni di attuazione del codice di rito.

Nel caso di specie non ricorrerebbe l’ipotesi di condanna del soccombente, ma di “condanna esemplarmente spropositata ed iniqua”. La chiamata del terzo, Anas S.p.A., ad opera del Comune di Giulianova, risultava prima facie arbitraria, con la conseguenza che gli oneri processuali sostenuti dal terzo non avrebbero potuto essere posti a carico dell’attore.

14. Il motivo è inammissibile. Ove lo stesso debba essere inteso quale censura relativa alla quantificazione delle spese di lite (valorizzando il riferimento alla sproporzione della pronunzia) sarebbe inammissibile perché assolutamente generico, non individuando alcun parametro alternativo di liquidazione e neppure le norme in concreto violate.

15. Ove, invece, si ritenga censurata la circostanza di avere posto a carico dell’attore anche le spese del terzo, la doglianza non individua le affermazioni in diritto contenute nella sentenza impugnata che si assumono in contrasto con le norme regolatrici della fattispecie o con l’interpretazione delle stesse fornita dalla Corte di cassazione.

16. Opera nel caso di specie il principio secondo cui le spese sostenute dal terzo chiamato in causa su istanza di parte o di ufficio sono legittimamente poste a carico dell’attore soccombente indipendentemente dalla circostanza che questi abbia formulato domanda nei confronti del terzo (Cass. n. 24788 del 5 dicembre 2016).

Nel caso di specie, peraltro, l’attore ha proposto esplicita domanda nei confronti del terzo, sia in appello, che nel presente giudizio.

17. Il ricorso è pertanto inammissibile con condanna al pagamento delle spese di lite. Infine, va dato atto – mancando ogni discrezionalità al riguardo (tra le prime: Cass. 14/03/2014, n. 5955; tra molte altre: Cass. Sez. U. 27/11/2015, n. 24245) – della sussistenza dei presupposti per l’applicazione dell’art. 13 comma 1-quater del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, inserito dall’art. 1, comma 17, della I. 24 dicembre 2012, n. 228, in tema di contributo unificato per i gradi o i giudizi di impugnazione e per il caso di reiezione integrale, in rito o nel merito.

P.T. M.

dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese in favore di ciascuno dei controricorrenti, liquidandole in € 5.800,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in euro 200,00 ed agli accessori di legge.

Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater del d.p.r. 115 del 2002, da atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1 bis dello stesso articolo 13.

Si dà atto del presente provvedimento è sottoscritto dal solo Presidente

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