PUBBLICO IMPIEGO – Lavoro pubblico – Ferie, riposi e permessi – Diritto alle ferie – Indennità sostitutiva – Dirigente non collocato agli apici massimi – DIRITTO DEL LAVORO – Datore di lavoro – Onere della prova – Godimento delle ferie compromesso da causa non imputabile al lavoratore – Art. 14 del CCNL della Dirigenza medica – Art. 36 della Cost. – Art. 7 della direttiva 2003/88/CE. (Segnalazione e massima a cura di Gianluca Trenta)
Provvedimento: ORDINANZA
Sezione: 6^
Regione:
Città:
Data di pubblicazione: 12 Ottobre 2022
Numero: 29844
Data di udienza: 14 Giugno 2022
Presidente: ESPOSITO
Estensore: BELLE'
Premassima
PUBBLICO IMPIEGO – Lavoro pubblico – Ferie, riposi e permessi – Diritto alle ferie – Indennità sostitutiva – Dirigente non collocato agli apici massimi – DIRITTO DEL LAVORO – Datore di lavoro – Onere della prova – Godimento delle ferie compromesso da causa non imputabile al lavoratore – Art. 14 del CCNL della Dirigenza medica – Art. 36 della Cost. – Art. 7 della direttiva 2003/88/CE. (Segnalazione e massima a cura di Gianluca Trenta)
Massima
CORTE DI CASSAZIONE CIVILE Sez. 6^, 12 ottobre 2022 (Ud. 14/06/2022), Ordinanza n.29844
PUBBLICO IMPIEGO – Lavoro pubblico – Ferie, riposi e permessi – Diritto alle ferie – Indennità sostitutiva – Dirigente non collocato agli apici massimi – DIRITTO DEL LAVORO – Datore di lavoro – Onere della prova – Godimento delle ferie compromesso da causa non imputabile al lavoratore – Art. 14 del CCNL della Dirigenza medica – Art. 36 della Cost. – Art. 7 della direttiva 2003/88/CE.
Nell’ambito del lavoro pubblico il dirigente, pur munito del potere di autoorganizzarsi le ferie ma non collocato agli apici massimi dell’ente pubblico e, quindi, sottoposto a poteri autorizzatori o comunque gerarchici degli organi di vertice, non perde il diritto alle ferie o a un’indennità sostitutiva qualora cessi il rapporto di lavoro e il datore di lavoro non dimostri di averlo messo nelle condizioni di esercitare il diritto in questione prima di tale cessazione, mediante un’adeguata informazione nonché, se del caso, invitandolo formalmente a farlo.
(accoglie con rinvio sentenza n. 2842/2021 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 2.8.2021, NRG 5146/2016), Pres. ESPOSITO, Rel. BELLE’, Ric. Rea c. ASL Frosinone
Allegato
Titolo Completo
CORTE DI CASSAZIONE CIVILE Sez. 6^, 12/10/2022 (Ud. 14/06/2022), Ordinanza n.29844SENTENZA
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Omissis
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
sul ricorso 26034/2021 proposto da:
R. E., rappresentato e difeso dall’Avv. DANILO GIACCARI e domiciliato in Roma, Piazza Cavour, presso la Cancelleria della Corte di Cassazione
– ricorrente –
CONTRO
AZIENDA SANITARIA LOCALE DI FROSINONE, rappresentata e difesa dall’Avv. MARINA GIANNETTI e domiciliata in Roma, Piazza Cavour, presso la Cancelleria della Corte di Cassazione
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 2842/2021 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 2.8.2021, NRG 5146/2016;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 14/6/2022 dal Consigliere Relatore Dott. ROBERTO BELLE’.
RITENUTO CHE
1. E. R., dipendente dell’Azienda Sanitaria Locale di Frosinone (di seguito ASL), quale Direttore della Struttura Amministrazione e Finanza, dal 16.7.1978 sino al 1.9.2011, epoca in cui era cessato il rapporto di lavoro, ha agito ottenendo decreto ingiuntivo per il pagamento dell’indennità sostitutiva degli 84 giorni di ferie maturate e non godute;
2. il ricorrente precisava di avere fatto domanda fin dal 25.1.2011 per il godimento delle ferie residue e che essa era stata dapprima accolta con nota ASL del 13.4.2011 ed effetto dal 1.5.2011, ma poi l’autorizzazione era stata revocata con nota ASL del 3.5.2011 e ciò per esigenze di predisposizione del bilancio di esercizio, da R.lizzarsi entro il 15.6.2011;
3. il Tribunale di Frosinone, decidendo sull’opposizione al già menzionato decreto ingiuntivo, la rigettava, ma la sentenza è stata poi riformata dalla Corte d’Appello di Roma;
4. la Corte territoriale, pur ritenendo di aderire ai principi giurisprudenziali secondo cui non poteva farsi ricadere sul lavoratore l’eventuale disfunzione dell’organizzazione aziendale che avesse reso necessario lo svolgimento di attività ulteriore anche occupando il legittimo e irrinunciabile tempo di riposo del lavoratore, affermava che essi non confliggevano con quanto accaduto nel caso di specie e non rendevano illegittimo il comportamento della ASL;
5. stante il ruolo apicale del R. – sosteneva la Corte d’Appello – era infatti suo onere dimostrare che la mancata fruizione delle ferie fosse stata dovuta improrogabili esigenze aziendali ed era egli stesso a dover preventivamente individuare gli obiettivi e tenerne conto anche nell’organizzazione del riposo, che a tali condizioni l’azienda non gli avrebbe potuto negare;
6. ancora, secondo la Corte di merito non poteva ritenersi che la nota del 3.5.2011 potesse ritenersi quale revoca implicita delle ferie già autorizzate, «posto che essa era indirizzata al R. in quanto dirigente preposto all’organizzazione del servizio, il quale tuttavia avendo già ottenuto l’autorizzazione, benché non necessaria, a godere delle ferie con decorrenza dal 1.5.2011 era già legittimato ad assentarsi»;
7. ne conclude la sentenza impugnata che, per quanto «non sussiste da parte del lavoratore che invochi la monetizzazione delle ferie non godute, l’obbligo di richiedere preventivamente di potere usufruire del periodo di riposo, gravando sul datore di lavoro l’onere di dimostrare di avere proposto al lavoratore uno specifico periodo di riposo, respinto da quest’ultimo», nel caso di specie tuttavia « il R. ben avrebbe potuto godere delle ferie accordategli, se avesse organizzato preventivamente il lavoro ordinario della sua struttura che in considerazione della posizione apicale che egli occupava, era tenuto a conoscere»;
8. E. R. ha proposto ricorso per cassazione con due motivi, resistiti da controricorso della ASL;
9. la proposta del relatore è stata comunicata alle parti, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza camerale, ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c.;
10. il R. ha depositato memoria;
CONSIDERATO CHE
1. il primo motivo adduce la violazione ed errata applicazione dell’art. 14 del CCNL della Dirigenza medica, dell’art. 36 Cost. e dell’art. 7 della direttiva 2003/88/CE e con esso si sottolinea come le circostanze di causa avrebbero dovuto indurre a soluzione opposta a quella assunta dal giudice del merito, in quanto l’istanza di fruizione delle ferie proposta dal ricorrente era stata dapprima ignorata dalla A.S.L. per circa tre mesi e poi revocata dagli organi
di vertice aziendali per improrogabili ed imposte esigenze aziendali di redazione del bilancio;
2. il motivo si sviluppa con richiamo alla giurisprudenza di legittimità e della Corte di Giustizia e sostiene che, in base ad esse, è il datore di lavoro ad essere tenuto ad assicurarsi concretamente e in piena trasparenza che il lavoratore sia posto effettivamente in grado di fruire delle ferie annuali, imponendo di invitare il lavoratore al godimento di esse, in modo accurato e in tempo utile rispetto al rischio di perdita, con onere probatorio a
carico del datore di lavoro stesso;
3. il secondo motivo adduce invece l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione, rimarcando come non fosse stata fornita alcuna seppur minima prova di avere il datore esercitato tutta la diligenza necessaria affinché il lavoratore fosse effettivamente in condizione di fruire delle ferie annuali, né la Corte territoriale aveva adeguatamente motivato al riguardo;
4. il ricorso è complessivamente fondato, alla luce dell’assetto degli oneri probatori in subiecta materia quale consolidatosi presso questa S.C. anche in esito agli indirizzi della Corte di Giustizia UE;
5. sul tema dispiega decisiva influenza la normativa eurounitaria;
6. secondo Corte di Giustizia 6 novembre 2018, Max-Planck, infatti, «l’articolo 7 della direttiva 2003/88/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 4 novembre 2003, concernente taluni aspetti dell’organizzazione dell’orario di lavoro, e l’articolo 31, paragrafo 2, della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea devono essere interpretati nel senso che ostano a una normativa nazionale, come quella discussa nel procedimento principale, in applicazione della quale, se il lavoratore non ha chiesto, nel corso del periodo di riferimento, di poter esercitare il suo diritto alle ferie annuali retribuite, detto lavoratore perde, al termine di tale periodo – automaticamente e senza previa verifica del fatto che egli sia stato effettivamente posto dal datore di lavoro, segnatamente con un’informazione adeguata da parte di quest’ultimo, in condizione di esercitare questo diritto»;
7. la lettura della Corte di Giustizia si coordina del resto e non contrasta con l’orientamento interpretativo della Corte Costituzionale, quale manifestato quando fu ad essa sottoposta questione di legittimità rispetto alla previsione dell’art. 5, co. 8, d.l. 95/2012, conv., con mod. in L. 135/2012 – qui, peraltro, non applicabile ratione temporis – secondo cui, nell’ambito del lavoro pubblico, le ferie, i riposi e i permessi siano obbligatoriamente goduti secondo le previsioni dei rispettivi ordinamenti e che non si possano corrispondere «in nessun caso» trattamenti economici sostitutivi;
8. Corte Costituzionale 6 maggio 2016, n. 95, ha infatti ritenuto che la legge non fosse costituzionalmente illegittima, in quanto da interpretare nel senso che la perdita del diritto alla monetizzazione non può aversi allorquando il mancato godimento delle ferie sia incolpevole, non solo perché dovuto ad eventi imprevedibili non dovuti alla volontà del lavoratore, ma anche quando ad essere chiamata in causa sia la «capacità organizzativa del datore di lavoro», nel senso che quest’ultima va esercitata in modo da assicurare che le ferie siano effettivamente godute nel corso del rapporto, quale diritto garantito dalla Carta fondamentale (art. 36, comma terzo), dalle fonti internazionali (Convenzione dell’Organizzazione internazionale del lavoro n. 132 del 1970, concernente i congedi annuali pagati, ratificata e resa esecutiva con legge 10 aprile 1981, n. 157) e da quelle europee (art. 31, comma 2, della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, proclamata a Nizza il 7 dicembre 2000 e adattata a Strasburgo il 12 dicembre 2007; direttiva 23 novembre 1993, n. 93/104/CE del Consiglio), sicché non potrebbe vanificarsi «senza alcuna compensazione economica, il godimento delle ferie compromesso … da …. causa non imputabile al lavoratore», tra cui rientra quanto deriva dall’inadempimento del datore di lavoro ai propri obblighi organizzativi in materia, i quali non possono che essere ravvisati, per coerenza complessiva dell’ordinamento, nell’assetto sostanziale e processuale quale compiutamente delineato dalla Corte di Giustizia nei termini già sopra evidenziati;
9. nel medesimo senso, questa S.C. ha già ritenuto che «il diritto alle ferie annuali retribuite dei dirigenti pubblici, in quanto finalizzato all’effettivo godimento di un periodo di riposo e di svago dall’attività lavorativa (nel quadro dei principi di cui agli artt. 36 Cost. e 7, par. 2, della direttiva 2003/88/CE), è irrinunciabile; ne consegue che il dirigente il quale, al momento della cessazione del rapporto di lavoro, non ne abbia fruito, ha diritto a un’indennità sostitutiva, a meno che il datore di lavoro dimostri di averlo messo nelle condizioni di esercitare il diritto in questione prima di tale cessazione, mediante un’adeguata informazione nonché, se del caso, invitandolo formalmente a farlo» (C. 13613/2020) ed ha ora ulteriormente precisato che anche «il potere del dirigente pubblico di organizzare autonomamente il godimento delle proprie ferie, pur se accompagnato da obblighi previsti dalla contrattazione collettiva di comunicazione al datore di lavoro della pianificazione delle attività e dei riposi, non comporta la perdita del diritto, alla cessazione del rapporto, all’indennità sostitutiva delle ferie se il datore di lavoro non dimostra di avere, in esercizio dei propri doveri di vigilanza ed indirizzo sul punto, formalmente invitato il lavoratore a fruire delle ferie e di avere assicurato altresì che l’organizzazione del lavoro e le esigenze del servizio cui il dirigente era preposto non fossero tali da impedire il loro godimento» (C. 18140/2022);
10. la perdita del diritto alle ferie, ed alla corrispondente indennità sostitutiva alla cessazione del rapporto di lavoro, può dunque verificarsi «soltanto nel caso in cui il datore di lavoro offra la prova di avere invitato il lavoratore a godere delle ferie – se necessario formalmente – e di averlo nel contempo avvisato – in modo accurato ed in tempo utile a garantire che le ferie siano ancora idonee ad apportare all’interessato il riposo ed il relax cui esse sono volte a contribuire – che, in caso di mancata fruizione, tali ferie andranno perse al termine del periodo di riferimento o di un periodo di riporto autorizzato» (C. 21780/2022);
11. tale assetto vale anche per i dirigenti muniti del potere di autoorganizzarsi le ferie ma non collocati agli apici massimi dell’ente pubblico e quindi comunque sottoposti, come nel caso di specie è reso del resto evidente dalla dinamica dei fatti sopra riportata, a poteri autorizzatori o comunque gerarchici degli organi di vertice ultimo;
12. tutto ciò manifesta l’erroneità dell’argomentare giuridico della Corte territoriale, la quale ha valorizzato soltanto comportamenti asseritamente inerti del lavoratore, senza esaminare i comportamenti datoriali e definendo la causa in applicazione inversa della regola sull’onere della prova rispetto all’assetto quale sopra delineato;
13. la sentenza va dunque cassata e la causa rinviata alla medesima Corte d’Appello, in diversa composizione, affinché essa sia esaminata muovendo dai principi di cui sopra, sia sotto il profilo degli obblighi sostanziali datoriali in subiecta materia, sia sotto il profilo del riparto degli oneri probatori;
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d’Appello di Roma, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.
Roma, così deciso nella camera di consiglio del 14.6.2022.