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Giurisprudenza: Giurisprudenza Sentenze per esteso massime | Categoria: Rifiuti Numero: 47869 | Data di udienza:

RIFIUTI – Discarica abusiva – Materiali da demolizione – Abbandono ripetuto anche se non abituale – Degrado dell’area.


Provvedimento: Sentenza
Sezione: 3^ penale
Regione:
Città:
Data di pubblicazione: 22 Dicembre 2011
Numero: 47869
Data di udienza:
Presidente: Ferrua
Estensore: Marini


Premassima

RIFIUTI – Discarica abusiva – Materiali da demolizione – Abbandono ripetuto anche se non abituale – Degrado dell’area.



Massima

 

CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. 3^ –  22 dicembre 2011, n. 47869


RIFIUTI – Discarica abusiva – Materiali da demolizione – Abbandono ripetuto anche se non abituale – Degrado dell’area.

La realizzazione di una discarica puo’ avvenire anche mediante un abbandono ripetuto (anche se non abituale) di materiali da demolizione (Terza Sezione Penale, sentenza n.8424 del 2004, rv 227951) allorche’ cio’ comporti un accumulo di rifiuti non raccolti per ricevere nei tempi previsti una o piu’ destinazioni conformi alla legge e dia causa al degrado dell’area (Terza Sezione Penale, sentenza n.41351 del 2008, rv 241553).


(Dichiara inammissibile il ricorso avverso la sentenza emessa in data 9 Febbraio 2011 dalla Corte Di Appello di Palermo) – Pres. Ferrua, Est. Marini – Imp. Ga. Ra. e altri


Allegato


Titolo Completo

CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. 3^ - 22 dicembre 2011, n. 47869

SENTENZA

 

CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. 3^ –  22 dicembre 2011, n. 47869

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FERRUA Giuliana – Presidente

Dott. SQUASSONI Claudia – Consigliere

Dott. MARINI Luigi – est. Consigliere

Dott. SARNO Giulio – Consigliere

Dott. ROSI Elisabetta – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

GA. Ra. , nato a (…);

AL. Gi. , nato a (…);

A. F. , nato a (…);

Avverso la sentenza emessa in data 9 Febbraio 2011 dalla Corte Di Appello di Palermo, che ha confermato la sentenza del Tribunale di Sciacca in data 6 Aprile 2009 con la quale sono stati condannati, previa concessione delle circostanze attenuanti generiche, alla pena di cinque mesi di arresto e euro 2.000,00 di ammenda ciascuno (pena condizionalmente sospesa) perche’ responsabili dei reati previsti: a) articolo 110 c.p., Decreto Legislativo 3 aprile 2006, n. 152, articolo 256, comma 1, lettera a); b) articolo 110 c.p., Decreto Legislativo 3 aprile 2006, n. 152, articolo 256, comma 3.

Alla condanna e’ seguito l’ordine di confisca dell’autocarro in sequestro.

Fatti accertati il (…).

Sentita la relazione effettuata dal Consigliere Dr. Luigi Marini;

Udito il Pubblico Ministero nella persona del Cons. Dr. De Santis Fausto, che ha concluso per il rigetto dei ricorsi.

Udito il Difensore, Avv. La Via Piergiacomo in sostituzione dell’Avv. Caracci Gianni, che ha concluso per l’accoglimento dei ricorsi.

RILEVA IN FATTO

I Sigg. Ga. e Al. , quali legali rappresentanti della societa’ ” AL. “, e il Sig. A. , quale dipendente della stessa, sono stati condannati per avere proceduto senza autorizzazioni alla raccolta e al trasporto di rifiuti speciali non pericolosi, consistenti in materiale da demolizione, e dato luogo ad una discarica abusiva. Alla condanna sono seguiti la determinazione della pena, previa concessione delle circostanze attenuanti generiche, in cinque mesi di arresto e euro 2.000,00 di ammenda ciascuno (pena condizionalmente sospesa), nonche’ l’ordine di confisca dell’autocarro in sequestro.

La Corte di Appello di Palermo ha confermato la decisione, rilevando che non sussiste alcun dubbio che la ditta AL. abbia utilizzato come luogo ove scaricare i rifiuti provenienti dalla demolizione di un immobile sito in (OMESSO) un’area di proprieta’ comunale che era stata concessa in uso alla ditta stessa in vista della realizzazione di un insediamento produttivo. L’effettuazione di trasporti senza autorizzazione dei rifiuti cosi’ prodotti e il loro abbandono in cumuli indistinti sul terreno integrano, a parere della Corte territoriale, entrambi i reati contestati.

Con separati ricorsi proposti personalmente dai ricorrenti e aventi contenuto sostanzialmente identico, si lamenta:

1. Errata applicazione dell’articolo 546 c.p.p. e vizio di motivazione per avere i giudici di merito ritenuto provata l’assenza di autorizzazione all’attivita’ di raccolta in assenza di qualsiasi elemento che dimostri l’inesistenza dell’autorizzazione e dell’iscrizione della ditta AL. all’Albo, con conseguente inversione dell’onere probatorio in capo agli imputati;

2. Errata applicazione dell’articolo 546 c.p.p. e vizio di motivazione per avere i giudici di merito omesso di considerare una prova decisiva costituita dalla circostanza (v.testimonianza M.llo Fo. ) che l’area non era recintata e che chiunque poteva abbandonarvi cose e rifiuti, nonche’ dalal circostanza che l’unico scarico accertato come riferibile agli imputati e’ quello effettuato dal Sig. A. il (OMESSO), cosi’ difettando la prova della attribuibilita’ dei rifiuti presenti in loco proprio agli imputati.

OSSERVA IN DIRITTO

Entrambi i motivi di ricorso sono manifestamente infondati.

Quanto al primo motivo si osserva che la contestazione mossa agli imputati si fonda sulla circostanza, emersa anche in sede di acquisizioni testimoniali, che il trasportatore e i titolari della ditta non esibirono alcun documento attestante l’esistenza dei provvedimenti autorizzativi e del rispetto delle formalita’ previste dalla legge in presenza di attivita’ di raccolta e trasporto di rifiuti speciali. Esiste, dunque, a carico degli imputati un principio di prova rilevante che non e’ stato oggetto di contestazione e prova contraria, con la conseguenza che la decisione di condanna non presenta i vizi prospettati e non merita di essere annullata.

Quanto al secondo motivo di ricorso, la sentenza di primo grado, che ha ricostruito i fatti storici oggetto di valutazione da parte dei giudici di appello, alla pagina 4 della motivazione illustra puntualmente le ragioni che riconducono alla ditta AL. e alle sue attivita’ di raccolta e trasporto del materiale provento di demolizione l’intera quantita’ di rifiuti rinvenuti sull’area che il Comune aveva concesso in uso alla ditta; tale accertamento viene posto alla base dell’applicazione del Decreto Legislativo 3 aprile 2006, n. 152, articolo 25, comma 3, in quanto la realizzazione di una discarica puo’ avvenire anche mediante un abbandono “ripetuto anche se non abituale” di materiali da demolizione (Terza Sezione Penale, sentenza n.8424 del 2004, rv 227951) allorche’ cio’ comporti un accumulo di rifiuti “non raccolti per ricevere nei tempi previsti una o piu’ destinazioni conformi alla legge” e dia causa al “degrado” dell’area (Terza Sezione Penale, sentenza n.41351 del 2008, rv 241553). A fronte di questa provata riconducibilita’ dei cumuli di rifiuti alla gestione operata dalla ditta AL. , la mera ipotesi, del tutto teorica e non supportata da alcun elemento concreto, che anche altre persone abbiano potuto approfittare dello stato i degrado dell’area per abbandonarvi ulteriori rifiuti non presenta la minima incidenza sulla responsabilita’ degli imputati e costituisce elemento manifestamente irrilevante.

Considerata la manifesta infondatezza dei motivi di ricorso, questo deve essere dichiarato inammissibile, con conseguente onere per i ricorrenti, ai sensi dell’articolo 616 c.p.p., di sostenere le spese del procedimento.

Tenuto, poi, conto della sentenza della Corte costituzionale in data del 13 giugno 2000, n. 186, e considerato che non vi e’ ragione di ritenere che il ricorso sia stato presentato senza “versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilita’”, si dispone che i ricorrenti versino ciascuno la somma, determinata in via equitativa, di euro 1.000,00 in favore della cassa delle ammende.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna i ricorrenti singolarmente al pagamento delle spese del presente giudizio nonche’ al versamento della somma di euro 1.000,00 alla cassa delle ammende.

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