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Giurisprudenza: Giurisprudenza Sentenze per esteso massime | Categoria: Rifiuti, 231 Numero: 34608 | Data di udienza:

* RIFIUTI -Nozione di rifiuti allo stato liquido – Materiali da costruzione (calcestruzzo e altri) – Lavaggio mezzi meccanici ed immissione di acqua – Attività di gestione di rifiuti non autorizzata – Art. 256, c.2°, D.Lgs. n. 152/2006. 


Provvedimento: Sentenza
Sezione: 3^
Regione:
Città:
Data di pubblicazione: 23 Settembre 2011
Numero: 34608
Data di udienza:
Presidente: Petti
Estensore: Rosi


Premassima

* RIFIUTI -Nozione di rifiuti allo stato liquido – Materiali da costruzione (calcestruzzo e altri) – Lavaggio mezzi meccanici ed immissione di acqua – Attività di gestione di rifiuti non autorizzata – Art. 256, c.2°, D.Lgs. n. 152/2006. 



Massima

 

 

 

CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. III, 23 Settembre 2011 (Cc. 25/05/2011) Sentenza n. 34608
 
 
 
RIFIUTI – Nozione di rifiuti allo stato liquido – Materiali da costruzione (calcestruzzo e altri) – Lavaggio mezzi meccanici ed immissione di acqua – Attività di gestione di rifiuti non autorizzata – Art. 256, c.2°, D.Lgs. n. 152/2006. 
 
In tema di smaltimento di rifiuti, il calcestruzzo e gli altri materiali da costruzione, residuati all’interno dei mezzi meccanici utilizzati nel ciclo produttivo ed eliminati con il mezzo della lavatura e dell’immissione di acqua, di per sé stessa detergente, rientrano nella nozione di rifiuti allo stato liquido. Così come, integra il reato previsto dall’art. 256, comma secondo, D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152, l’abbandono incontrollato di liquami trasportati su autospurgo, in quanto sono da considerarsi rifiuti allo stato liquido i reflui stoccati in attesa di un successivo smaltimento, fuori del caso delle acque di scarico, ossia quelle oggetto di diretta immissione nel suolo, nel sottosuolo o nella rete fognaria mediante una condotta o un sistema stabile di collettamento (Cass. Sez. 3, Sentenza n. 22036 del 13/04/2010, Chianura).
 
(conferma ordinanza n. 168/2010 TRIB. LIBERTA’ di MESSINA, del 20/09/2010) Pres. Petti, Est. Rosi, Ric. Cannizzo

 


Allegato


Titolo Completo

CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. III, 23/09/2011 (Cc. 25/05/2011) Sentenza n. 34608

SENTENZA

CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. III, 23/09/2011 (Cc. 25/05/2011) Sentenza n. 34608

 
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
 
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
TERZA SEZIONE PENALE
 
Composta dagli ill.mi Sigg.ri. Magistrati: 
 
Dott. CIRO PETTI                                          – Presidente
Dott. ALFREDO MARIA LOMBARDI                – Consigliere
Dott. SILVIO AMORESANO                            – Consigliere
Dott. ELISABETTA ROSI                                 – Rel. Consigliere
Dott. SANTI GAllARA                             – Consigliere 
 
ha pronunciato la seguente
 
SENTENZA
 
– sul ricorso proposto da: CANNIZZO GAETANO N. IL 15/10/1972
– avverso l’ordinanza n. 168/2010 TRIB. LIBERTA’ di MESSINA, del 20/09/2010
– sentita la relazione fatta dal Consigliere Elisabbetta Rosi
– sentite le conclusioni del PG Dott. Guglielmo Passacantando che ha chiesto il rigetto;
 
Rilevato – che Gaetano CANNIZZO, nella qualità, ricorre avanti a questa Corte avverso l’ordinanza pronunciata dal Tribunale di Messina – sezione del riesame, a seguito di decreto di sequestro preventivo, adottato in data 31/07/2010 dal gip di quello stesso Tribunale, riguardo ad alcuni veicoli e mezzi meccanici, in disponibilità della Timeto Calcestruzzi srl, per violazione dell’art. 256, co. 1 e 2, D. Lgs. n. 152 del 2006;
– che, il Tribunale del riesame, nella specie, ha premesso in fatto che i conducenti dei veicoli e mezzi meccanici in disponibilità della Timeto Calcestruzzi srl, erano soliti scaricare nel greto del torrente Librizzi o sulle relative sponde, residui di calcestruzzo ed acque limacciose, disperse nel od in prossimità del corso d’acqua;
– che ricorrerebbero le condotte illecite di abbandono incontrollato di rifiuti (conglomerato cementizio) e di trasporto di rifiuti alla luce della nozione di scarico introdotta nel D. Lgs. n. 152 del 2006;
– che a nulla rileverebbe il contenuto delle investigazione difensive secondo le quali i conducenti dei mezzi avrebbero operato – pur disponendo la società di idonei impianti di abbattimento delle polveri e di lavaggio delle betoniere – senza ricevere direttive e in piena autonomia, atteso che – in disparte la irrilevanza di tale eccezione in sede di sequestro preventivo – a carico del responsabile della società si profilerebbe, quanto meno, una forma di responsabilità per omesso controllo;
– che, inoltre, il sequestro doveva essere mantenuto perché, ai sensi dell’art. 324, co. 7, c.p.p. gli automezzi utilizzati per il trasporto illecito di rifiuti sono soggetti a confisca obbligatoria, anche se appartenenti a soggetti estranei al reato, ai sensi dell’art. 259, co. 2, D. Lgs. n. 152 del 2006;
– che l’indagato ha proposto ricorso per cassazione, facendo valere quattro motivi di doglianza;
– che, con il primo, lamenta la violazione dell’art. 606, lett. e) in riferimento all’ artt. 321 c.p.p., per carenza di motivazione in ordine ai presupposti del sequestro, difettando un accertamento incidentale dei reati ipotizzati;
– che, con il secondo, si duole dell’inosservanza dell’art. 606, lett. b) ed e) c.p.p. in riferimento agli artt. 256 e 259, co. 2, D. Lgs. n. 152 del 2006 e art. 321c.p.p., poiché essendo ravvisabile, nella condotta di reato l’ipotesi di cui all’art. 256, co. 2, D. Lgs. n. 152 del 2006, e non quella di cui all’art. 259, co. 2, dello stesso D. Lgs.;
– che, con il terzo, si lamenta dell’inosservanza dell’art. 606, lett. e) c.p.p. in riferimento all’ art. 137, co. 1, D. Lgs. n. 152 del 2006 poiché sarebbe ravvisabile l’ipotesi di scarico di scarico liquido, non di rifiuto;
– che, con il quarto, si duole della violazione dell’art. 606, lett. e) c.p.p. in riferimento all’art. 19 D. Lgs. n. 231 del 2001 poiché i beni confiscabili apparterrebbero a persona giuridica che non avrebbe tratto alcun profitto dalle condotte contestate.
 
Considerato che il ricorso è infondato, e deve – pertanto- essere respinto;
– che, in ordine al primo motivo, con il quale il ricorrente lamenta la carenza di motivazione sui presupposti della misura cautelare, va – di contro – osservato – che l’accertamento incidentale dei delitti ipotizzati (fumus delicti) è stato pienamente, anche se sinteticamente, motivato in relazione alle due condotte illecite di abbandono incontrollato di rifiuti (conglomerato cementizio) e di trasporto di rifiuti, svolto alla luce della nozione di scarico introdotta nel D. Lgs. n. 152 del 2006, ciò in quanto il Tribunale del riesame, nella specie, ha premesso in fatto che i conducenti dei veicoli e dei mezzi meccanici in disponibilità della Timeto Calcestruzzi srl, della quale società il ricorrente è il legale rappresentante, erano soliti scaricare nel greto del torrente Librizzi o sulle relative sponde, residui di calcestruzzo ed acque limacciose, disperse nelle od in prossimità del corso d’acqua;
– che, infatti, nella specie si versa in un caso di ricostruzione fattuale ottenuta dalle indagini di PG, ciò che basta, in questa sede, alla luce di quanto già affermato da questa stessa sezione (Sez. 3, Sentenza n. 37575 del 18/10/2006, Marelli), poiché «In caso di scarico diretto di reflui aziendali e di abbandono in corso d’acqua di liquidi speciali non pericolosi, la natura di questi può essere accertata dal giudice anche in assenza di prelevamento e analisi di campioni  quando fornisca motivazione congrua, giuridicamente corretta e logica circa il significato concludente degli altri elementi probatori acquisiti», caso in cui, la Corte ha ritenuto non censurabile la motivazione del giudice di merito nel ritenere sufficienti e univocamente significanti le dichiarazioni dei verbalizzanti in ordine alla provenienza dei reflui e dei liquidi, in ordine alle loro caratteristiche ed alla loro chiara relazione con le attività produttive dell’impresa stessa;
– che tanto si riscontra anche nel caso di specie;
– che, inoltre, anche in ordine al presunto difetto di periculum in mora, considerato il possesso di impianti anti inquinamento, il Tribunale ha espressamente affermato che il sequestro deve essere mantenuto perché, ai sensi dell’art. 324, co. 7, c.p.p., gli automezzi utilizzati per il trasporto illecito di rifiuti sono soggetti a confisca obbligatoria, anche se appartenenti a soggetti estranei al reato (in riferimento alla condotta di cui all’art. 259, co. 2, D. Lgs. n. 152 del 2006);
– che, peraltro, tale ulteriore ratio decidendi è stata aggredita con il secondo, il terzo ed il quarto motivo ricorso, ma vanamente in quanto, nella specie, è accertato – sia pure incidentalmente e nei limiti della fase processuale attuale – che:
a) lo scarico ha riguardato rifiuti allo stato liquido e non già acque reflue, come il ricorrente intende far credere, proponendo tutta una diversa (ed inammissibile) ricostruzione dei fatti in corso di accertamento giudiziale;
b) in disparte l’applicabilità della confisca obbligatoria anche al terzo estraneo al fatto, è evidente il profitto del reato di cui ha beneficiato l’impresa la quale, in tal modo, non ha subito i costi di smaltimento dei liquami, economizzando un vantaggio industriale a spese dell’ambiente;
– che, infatti, qui vale la medesima ratio decidendi già espressa da questa stessa sezione in una pluralità di arresti (per tutti, Sez. 3, Sentenza n. 22036 del 13/04/2010, Chianura) secondo cui «Integra il reato previsto dall’art. 256, comma secondo, D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152, l’abbandono incontrollato di liquami trasportati su autospurgo, in quanto sono da considerarsi rifiuti allo stat liquido i reflui stoccati in attesa di un successivo smaltimento, fuori del caso delle acque di scarico, ossia quelle oggetto di diretta immissione nel suolo, nel sottosuolo o nella rete fognaria mediante una condotta o un sistema stabile di colletta mento»;
– che, infatti, va stabilito, in sintesi ed in definitiva, che il calcestruzzo e gli altri materiali da costruzione, residuati all’interno dei mezzi meccanici utilizzati nel ciclo produttivo ed eliminati con il mezzo della lavatura e dell’immissione di acqua, di per sé stessa detergente, rientrano nella nozione di rifiuti allo stato liquido;
– che, pertanto, essendo infondato, il ricorso va respinto e l’indagato condannato, ex art. 616 c.p.p., al pagamento delle spese processuali.
 
P.Q.M.
 
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. 
 
Così deciso in Roma, il 25 maggio 2011.

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