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Giurisprudenza: Giurisprudenza Sentenze per esteso massime | Categoria: Beni culturali ed ambientali, Diritto urbanistico - edilizia Numero: 34614 | Data di udienza:

* DIRITTO URBANISTICO – BENI CULTURALI ED AMBIENTALI – Zona assoggettata a vincolo paesaggistico – Ordine di demolizione delle opere abusive – Passaggio in giudicato della sentenza di condanna – Rilascio di concessione sanante per condono edilizio – Revoca dell’ordine di demolizione – Istanza di condono edilizio – Verifica dei presupposti – Competenza del giudice penale e dell’esecuzione – Artt. 101 c. 2; 102; 104 c- 1, e 112 Cost. – Fattispecie: Realizzazione abusiva di villette unifamiliari con destinazione residenziale in zona vincolata – pene concordate ex articolo 444 c.p.p.  – Art.38, 3 c., L. n. 47/1985, oggi art. 31, u.c., D.P.R. n.380/2001.


Provvedimento: Ordinanza
Sezione: 3^
Regione:
Città:
Data di pubblicazione: 23 Settembre 2011
Numero: 34614
Data di udienza:
Presidente: Petti
Estensore: Fiale


Premassima

* DIRITTO URBANISTICO – BENI CULTURALI ED AMBIENTALI – Zona assoggettata a vincolo paesaggistico – Ordine di demolizione delle opere abusive – Passaggio in giudicato della sentenza di condanna – Rilascio di concessione sanante per condono edilizio – Revoca dell’ordine di demolizione – Istanza di condono edilizio – Verifica dei presupposti – Competenza del giudice penale e dell’esecuzione – Artt. 101 c. 2; 102; 104 c- 1, e 112 Cost. – Fattispecie: Realizzazione abusiva di villette unifamiliari con destinazione residenziale in zona vincolata – pene concordate ex articolo 444 c.p.p.  – Art.38, 3 c., L. n. 47/1985, oggi art. 31, u.c., D.P.R. n.380/2001.



Massima

 

 

 
 
 
CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. 3, 23 settembre 2011, Ordinanza n. 34614
 
 
DIRITTO URBANISTICO – BENI CULTURALI ED AMBIENTALI – Zona assoggettata a vincolo paesaggistico – Ordine di demolizione delle opere abusive – Rilascio di concessione sanante per condono edilizio – Revoca dell’ordine di demolizione – Fattispecie: Realizzazione abusiva di villette unifamiliari con destinazione residenziale in zona vincolata – pene concordate ex articolo 444 c.p.p.  – Art.38, 3 c., L. n. 47/1985, oggi art. 31, u.c., D.P.R. n.380/2001.
 
Il rilascio di concessione sanante per condono edilizio, dopo il passaggio in giudicato della sentenza di condanna, mentre non ha effetto estintivo dei reati e delle pene (rendendo operanti, rispetto ad essi, soltanto i particolari effetti di cui alla Legge n. 47 del 1985, articolo 38, comma 3), puo’ comportare invece l’inapplicabilita’ ed anche la revoca dell’ordine di demolizione disposto ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001, articolo 31, u.c.. Sicché, l’ordine di demolizione in oggetto, costituendo una sanzione amministrativa caratterizzata dalla natura giurisdizionale dell’organo istituzionale al quale ne e’ attribuita l’applicazione, non e’ suscettibile di passare in giudicato, essendo sempre passibile la sua revoca quando risulti assolutamente incompatibile con atti amministrativi della competente autorita’, che abbia conferito all’immobile altra destinazione o abbia provveduto alla sua sanatoria (Cass., Sez. 3, 4.2.2000, n. 3682, Puglisi).Fattispecie: pene concordate ex articolo 444 c.p.p., per avere realizzato abusivamente villette unifamiliari con destinazione residenziale in zona assoggettata a vincolo paesaggistico, situata a circa 100 metri dalla battigia del mare.
 
(dich. inamm.ric. avverso ordinanza n. 170/2009 TRIBUNALE di CROTONE, del 13/09/2010)) Pres. Petti, Rel Fiale
 
 
 
DIRITTO URBANISTICO – Ordine di demolizione delle opere abusive – Passaggio in giudicato della sentenza di condanna – Istanza di condono edilizio – Verifica dei presupposti – Competenza del giudice penale e dell’esecuzione – Artt. 101 c. 2; 102; 104 c- 1, e 112 Cost..
 
In materia urbanistica, spetta al giudice penale (ed anche al giudice dell’esecuzione) verificare la sussistenza dei presupposti affinche’ la normativa di “condono edilizio” possa essere applicata e gli accertamenti che devono essere compiuti dal giudice penale costituiscono compiti propri dell’autorita’ giurisdizionale – conformi al dettato dell’articolo 101 Cost., comma 2, articolo 102 Cost., articolo 104 Cost., comma 1, e articolo 112 Cost. – che non possono essere demandati neppure con legge ordinaria all’autorita’ amministrativa in un corretto rapporto delle sfere specifiche di attribuzione.  Di conseguenza, in presenza di una istanza di condono successiva al passaggio in giudicato della sentenza di condanna, il giudice dell’esecuzione investito della questione e’ tenuto ad un’attenta disamina dei possibili esiti e dei tempi di definizione della procedura e, in particolare: a) ad accertare il possibile risultato dell’istanza e se esistano cause ostative al suo accoglimento; b) nel caso di insussistenza di tali cause, a valutare i tempi di definizione del procedimento amministrativo e sospendere l’esecuzione solo in prospettiva di un rapido esaurimento dello stesso.
 
(dich. inamm.ric. avverso ordinanza n. 170/2009 TRIBUNALE di CROTONE, del 13/09/2010)) Pres. Petti, Rel Fiale
 

 


Allegato


Titolo Completo

CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. 3, 23 settembre 2011, Ordinanza n. 34614

SENTENZA

 

 

CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. 3, 23 settembre 2011, Ordinanza n. 34614

 
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
 
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA PENALE
 
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
 
Dott. PETTI Ciro                                     – Presidente
Dott. FIALE Aldo                                    – Consigliere Rel. 
Dott. FRANCO Amedeo                          – Consigliere
Dott. RAMACCI Luca                              – Consigliere
Dott. ANDRONIO Alessandro                 – Consigliere
 
ha pronunciato la seguente:
 
ORDINANZA
 
– sul ricorso proposto da:
1) VI. GI. , N. IL  …., e altri ….. ;
– avverso l’ordinanza n. 170/2009 TRIBUNALE di CROTONE, del 13/09/2010
– sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ALDO FIALE;
– lette le conclusioni del PG Dott. Iacoviello Francesco Mauro, il quale ha chiesto la declaratoria di inammissibilita’ del ricorso;
– letta la memoria depositata dall’avv. Gallo Giuseppe.
 
FATTO E DIRITTO
 
Ai ricorrenti sono state applicate, con remote sentenze del Pretore di Crotone, pene concordate ex articolo 444 c.p.p., per avere realizzato abusivamente villette unifamiliari con destinazione residenziale in zona assoggettata a vincolo paesaggistico (localita’ …, situata a circa 100 metri dalla battigia del mare).
 
Con le anzidette sentenze, aventi da tempo autorita’ di cosa giudicata, e’ stato impartito l’ordine di demolizione delle opere abusive (ai sensi della Legge n. 47 del 1985, articolo 7, u.c., ed oggi previsto dal Decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001, articolo 31, u.c.).
 
Nella fase esecutiva il P.M. competente ha ingiunto le demolizioni, ma i destinatari delle ingiunzioni non hanno ottemperato ed hanno promosso incidente di esecuzione, con richiesta di sospensione, prospettando che:
 
– il Comune di Crotone aveva gia’ rigettato, nel 1996, a causa dell’esistenza di un vincolo idrogeologico ostativo, le domande di condono edilizio da essi proposte ai sensi della Legge n. 47 del 1985;
 
– essendo venuto meno tale vincolo in seguito all’approvazione del nuovo PRG del 17.12.2002, essi avevano presentato (nel dicembre del 2004) nuove domande per la concessione del “condono edilizio” di cui alla Legge n. 326 del 2003, articolo 32;
 
– alle nuove domande il Comune non ha dato risposta, ed il giudice amministrativo (con molteplici decisioni) ha sanzionato tale inerzia, prescrivendo all’amministrazione l’obbligo di provvedere.
 
Il Tribunale di Crotone, quale giudice dell’esecuzione, all’esito del procedimento in camera di consiglio di cui all’articolo 666 c.p.p., con ordinanza del 13.9.2010, ha rigettato le istanze di sospensione degli ordini di demolizione, sugli essenziali rilievi che:
 
– la zona in cui sorgono le costruzioni e’ sottoposta a vincolo di inedificabilita’ assoluta, in quanto classificata dal PRG vigente quale “litorale libero in area non urbana” (classificazione gia’ impressa dal precedente “Piano di utilizzo della fascia costiera” approvato il 14.3.1983);
 
– deve ritenersi irrilevante la pendenza delle nuove pratiche di concessione in sanatoria, poiche’ i manufatti abusivi in oggetto non sono condonabili ai sensi della Legge n. 326 del 2003.
 
Avverso tale ordinanza ha proposto ricorso il difensore degli interessati e – sotto il profilo della violazione di legge – ha eccepito:
 
– la illegittimita’ del diniego della sospensione degli ordini di demolizione, prospettando la inapplicabilita’ delle limitazioni poste dalla Legge n. 326 del 2003, in quanto le domande di rideterminazione delle precedenti istanze di condono non dovrebbero valutarsi quali “domande nuove” di sanatoria e, nella specie, non sussisterebbe alcuna condizione di inedificabilita’ assoluta, poiche’ il vincolo paesaggistico dovrebbe ritenersi comunque “superabile con il parere favorevole della Regione”;
 
– la imminenza della decisione del Comune sulle nuove istanze di condono.
 
Lo stesso difensore – con memoria trasmessa il 16.6.2011 – ha prodotto copie di un provvedimento di “accertamento della compatibilita’ paesaggistica ai sensi della Legge n. 308 del 2004, articolo 1, comma 37, rilasciato dalla Regione Calabria alla ricorrente To. Cl. (nonche’ di altro analogo provvedimento rilasciato a tale Ro. Lu. ).
 
Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, perche’ manifestamente infondato.
 
1. Il rilascio di concessione sanante per condono edilizio, dopo il passaggio in giudicato della sentenza di condanna, mentre non ha effetto estintivo dei reati e delle pene (rendendo operanti, rispetto ad essi, soltanto i particolari effetti di cui alla Legge n. 47 del 1985, articolo 38, comma 3), puo’ comportare invece l’inapplicabilita’ ed anche la revoca dell’ordine di demolizione disposto ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001, articolo 31, u.c., (vedi, tra le molteplici pronunzie, Cass.: Sez. 4, 12.11.2002, n. 37984, Mortillaro; Sez. 3: 4.2.2000, n. 3683, P.M. in proc. Basile; 29.7.1998, n. 1854, Carfaro ed altri; 20.6.1997, n. 2475, Coppola; 20.6.1997, n. 2474, Morello; 20.6.1997, n.2472, Filieri; 28.11.1996, Dardi. Decisioni tutte conformi alla motivazione della sentenza delle Sezioni Unite 24.7.1996, ric. P.M. in proc. Monterisi).
 
Questa Corte Suprema ha affermato, infatti, che l’ordine di demolizione in oggetto, costituendo una sanzione amministrativa caratterizzata dalla natura giurisdizionale dell’organo istituzionale al quale ne e’ attribuita l’applicazione, non e’ suscettibile di passare in giudicato, essendo sempre passibile la sua revoca quando risulti assolutamente incompatibile con atti amministrativi della competente autorita’, che abbia conferito all’immobile altra destinazione o abbia provveduto alla sua sanatoria (vedi Cass., Sez. 3, 4.2.2000, n. 3682, Puglisi).
 
2. Secondo giurisprudenza costante, spetta al giudice penale (ed anche al giudice dell’esecuzione) verificare la sussistenza dei presupposti affinche’ la normativa di “condono edilizio” possa essere applicata e gli accertamenti che devono essere compiuti dal giudice penale costituiscono compiti propri dell’autorita’ giurisdizionale – conformi al dettato dell’articolo 101 Cost., comma 2, articolo 102 Cost., articolo 104 Cost., comma 1, e articolo 112 Cost. – che non possono essere demandati neppure con legge ordinaria all’autorita’ amministrativa in un corretto rapporto delle sfere specifiche di attribuzione.
 
In presenza di una istanza di condono successiva al passaggio in giudicato della sentenza di condanna, conseguentemente, il giudice dell’esecuzione investito della questione e’ tenuto ad un’attenta disamina dei possibili esiti e dei tempi di definizione della procedura e, in particolare: a) ad accertare il possibile risultato dell’istanza e se esistano cause ostative al suo accoglimento; b) nel caso di insussistenza di tali cause, a valutare i tempi di definizione del procedimento amministrativo e sospendere l’esecuzione solo in prospettiva di un rapido esaurimento dello stesso.
 
3. Nella fattispecie in esame si verte in ipotesi di opere abusive non suscettibili di sanatoria, ai sensi del Decreto Legge n. 269 del 2003, articolo 32, poiche’ si tratta di nuove costruzioni realizzate in assenza del titolo abilitativo edilizio:
 
– in zona assoggettata a vincolo comportante la immodificabilita’ delle aree (ipotesi esclusa dal condono dalla Legge n. 47 del 1985, articolo 33, comma 1, lettera d, richiamato dal Decreto Legge n. 269 del 2003, articolo 32, comma 27);
 
– in area assoggettata a vincolo imposto a tutela degli interessi paesistici (ipotesi esclusa dal condono dal Decreto Legge n. 269 del 2003, articolo 32, comma 26, lettera a) (vedi, tra le molteplici decisioni in tal senso, Cass., Sez. 3: 12.1.2007, n. 6431, Sicignano ed altra (con ampia Collegio): 5.4.2005, n. 12577, Ricci; 1.10.2004, n. 38694, Canu ed altro; 24.9.2004, n. 37865, Musio).
 
Correttamente risulta affermata, pertanto, dal giudice dell’esecuzione, la inefficacia, ai fini penali, delle esperite procedure di condono edilizio e la non-ipotizzabilita’ di una prospettiva di rapido esaurimento delle stesse in senso favorevole ai ricorrenti.
 
4. La Legge n. 326 del 2003, comma 43 bis dispone che la Legge n. 47 del 1985 e la Legge n. 724 del 1994 si continuano ad applicare nel loro testo originario per gli abusi commessi nei relativi periodi di riferimento e di cui sia stata chiesta la sanatoria con quelle leggi.
 
Cio’ significa che le modifiche apportate dalla Legge n. 326 del 2003 alle precedenti normative sul condono edilizio non si applicano alle domande presentate nei termini e con le modalita’ previsti da quelle due legislazioni e non ancora definite.
 
Nel caso in esame, invece, le precedenti domande di condono erano state rigettate e le istanze presentate ai sensi del Decreto Legge n. 269 del 2003, articolo 32 costituiscono “domande nuove e del tutto autonome” rispetto a quelle gia’ respinte, alle quali si applica in tota la nuova disciplina.
 
5. Quanto poi al c.d. “condono paesaggistico” – introdotto dalla Legge n. 308 del 2004, articolo unico, comma 37 ed applicabile ai reati paesaggistici compiuti entro e non oltre il 30 settembre 2004 – deve rilevarsi che, alla stregua di tale disposizione, l’autore dell’illecito paesaggistico – dopo avere provveduto al pagamento della sanzione pecuniaria di cui al Decreto Legislativo n. 42 del 2004, articolo 167, maggiorata da un terzo alla meta’, ed a quello di una sanzione pecuniaria aggiuntiva, determinata, dall’autorita’ amministrativa competente, tra un minimo di euro 3.000,00 ed un massimo di euro 50.000,00 euro – beneficia dell’estinzione del reato di cui al Decreto Legislativo n. 42 del 2004, articolo 181 e di “ogni altro reato in materia paesaggistica”.
 
La procedura e’ legislativamente delineata in termini estremamente scarni, in quanto viene previsto soltanto che il proprietario, il possessore o il detentore a qualsiasi titolo dell’immobile o dell’area interessati all’intervento, devono presentare la domanda per l’accertamento della “compatibilita’ paesaggistica” dei lavori eseguiti all’autorita’ preposta alla gestione del vincolo e che tale autorita’ deve pronunciarsi previo parere della Soprintendenza.
 
Le disposizioni in esame non prevedono, inoltre, la sospensione del procedimento penale per il tempo correlato all’esaurimento della procedura e non hanno alcun collegamento con la normativa del condono edilizio di cui al Decreto Legge n. 269 del 2003, che continua a trovare i limiti dianzi enunciati in relazione agli abusi commessi in zona vincolata.
 
Il c.d. “condono paesaggistico” rilasciato a To. Cl. costituisce, conseguentemente, provvedimento del tutto irrilevante ai fini dell’ordine di demolizione impartito a detta ricorrente.
 
6. Tenuto conto della sentenza 13.6.2000, n. 186 della Corte Costituzionale, e rilevato che non sussistono dementi per ritenere che “le parti abbiano proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilita’”, a norma dell’articolo 616 c.p.p., a detta declaratoria segue, per ciascun ricorrente, l’onere del pagamento delle spese processuali, nonche’ quello del versamento di una somma, in favore della cassa delle ammende, equitativamente fissata nella misura di euro 1.000,00 in ragione dei motivi dedotti.
 
P.Q.M.
 
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
 
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna singolarmente i ricorrenti al pagamento delle spese del procedimento ed al versamento della somma di euro 1.000,00 in favore della cassa delle ammende.

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