+39-0941.327734 abbonati@ambientediritto.it
Giurisprudenza: Giurisprudenza Sentenze per esteso massime | Categoria: Appalti, Diritto processuale penale, Pubblica amministrazione, Rifiuti, 231 Numero: 33092 | Data di udienza: 18 Aprile 2018

* RIFIUTI – Servizio per la gestione dei rifiuti – Artifici e raggiri durante la fase di esecuzione del contratto – Falsa attribuzione dei codici rifiuti – Alterazione dati dei rifiuti trattati – APPALTI – Condotte artificiose e violazione degli obblighi – Poteri di controllo e riduzione del prezzo – Impedimento – Rideterminazione del corrispettivo del servizio erogato – PUBBLICA AMMINISTRAZIONE – Reato di truffa aggravata nei confronti della P.A. – Induzione ad errore – Ente – Corrispettivo del servizio erogato – Contratti ad esecuzione differita o sottoposti a condizione – Corretta esecuzione del servizio – Art. 640 cod.pen. – Sequestro preventivo per equivalente finalizzato alla confisca, disposto ex artt. 19 e 53 D.Lgs 231/01 – Determinazione – Servizio di raccolta e smaltimento dei rifiuti – Truffa aggravata commessa ai danni della pubblica amministrazione – DIRITTO PROCESSUALE PENALE – Sequestro preventivo per equivalente finalizzato alla confisca – Reato c.d. in contratto e c.d. reati contratto – Differenza – Determinazione del profitto confiscabile – Prestazioni eseguite con modalità non conformi al contratto – Art. 322 ter cod. pen..


Provvedimento: Sentenza
Sezione: 2^
Regione:
Città:
Data di pubblicazione: 17 Luglio 2018
Numero: 33092
Data di udienza: 18 Aprile 2018
Presidente: CAMMINO
Estensore: PARDO


Premassima

* RIFIUTI – Servizio per la gestione dei rifiuti – Artifici e raggiri durante la fase di esecuzione del contratto – Falsa attribuzione dei codici rifiuti – Alterazione dati dei rifiuti trattati – APPALTI – Condotte artificiose e violazione degli obblighi – Poteri di controllo e riduzione del prezzo – Impedimento – Rideterminazione del corrispettivo del servizio erogato – PUBBLICA AMMINISTRAZIONE – Reato di truffa aggravata nei confronti della P.A. – Induzione ad errore – Ente – Corrispettivo del servizio erogato – Contratti ad esecuzione differita o sottoposti a condizione – Corretta esecuzione del servizio – Art. 640 cod.pen. – Sequestro preventivo per equivalente finalizzato alla confisca, disposto ex artt. 19 e 53 D.Lgs 231/01 – Determinazione – Servizio di raccolta e smaltimento dei rifiuti – Truffa aggravata commessa ai danni della pubblica amministrazione – DIRITTO PROCESSUALE PENALE – Sequestro preventivo per equivalente finalizzato alla confisca – Reato c.d. in contratto e c.d. reati contratto – Differenza – Determinazione del profitto confiscabile – Prestazioni eseguite con modalità non conformi al contratto – Art. 322 ter cod. pen..



Massima

 

 

 
CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez.2^ 17/07/2018 (Ud.18/04/2018), Sentenza n.33092
 
 
 
RIFIUTI – Servizio per la gestione dei rifiuti – Artifici e raggiri durante la fase di esecuzione del contratto – Falsa attribuzione dei codici rifiuti – Alterazione dati dei rifiuti trattati – APPALTI – Condotte artificiose e violazione degli obblighi – Poteri di controllo e riduzione del prezzo – Impedimento – Rideterminazione del corrispettivo del servizio erogato – PUBBLICA AMMINISTRAZIONE – Reato di truffa aggravata nei confronti della P.A. – Induzione ad errore l’Ente – Corrispettivo del servizio erogato – Contratti ad esecuzione differita o sottoposti a condizione – Corretta esecuzione del servizio – Art. 640 cod.pen. – Sequestro preventivo per equivalente finalizzato alla confisca, disposto ex artt. 19 e 53 D.Lgs 231/01 – Determinazione.
  
In tema di rifiuti, si configura il reato di truffa quando la gestione illecita sia avvenuta attraverso la falsa attribuzione di codici dei rifiuti, falsificazione delle analisi del compost prodotto, falsa attribuzione di codici utili allo smaltimento in discarica, false annotazioni sui registri di carico e scarico dei rifiuti, illecita attività di ricircolo del percolato in una delle discariche, falsificazione delle analisi dei campionamenti del biogas, alterazione dei dati dei rifiuti trattati (Sez.3, n. 36822/2017). Tali condotte artificiose, unitamente alla violazione degli obblighi sulle reali modalità del servizio di gestione del servizio, nella specie, hanno indotto in errore i comuni sulla corretta esecuzione del servizio medesimo, impedendo loro di esercitare i poteri di controllo e riduzione del prezzo ed inducendoli ad eseguire ugualmente la loro controprestazione, versando per intero il corrispettivo del servizio erogato in maniera diversa da quanto stabilito. Deve essere ricordato come nei contratti sottoposti a condizione, ovvero in quelli ad esecuzione differita o che non si esauriscono in un’unica prestazione, è configurabile il reato di truffa nel caso in cui gli artifici e raggiri siano posti in essere anche dopo la stipula del contratto e durante la fase di esecuzione di esso, al fine di conseguire una prestazione altrimenti non dovuta o di far apparire verificata la condizione (Sez. 2, nl 1. 29853 del 23/6/2016, Prattichizzo). Pertanto, nei reati in contratto a prestazioni illecite ove la prestazione eseguita è differente da quella pattuita, il profitto illecito è pari al corrispettivo incassato in ragione degli artifici e raggiri posti in essere nella esecuzione del contratto.
 
 
PUBBLICA AMMINISTRAZIONE – Servizio di raccolta e smaltimento dei rifiuti – Truffa aggravata commessa ai danni della pubblica amministrazione – DIRITTO PROCESSUALE PENALE – Sequestro preventivo per equivalente finalizzato alla confisca – Reato c.d. in contratto e c.d. reati contratto – Differenza – Determinazione del profitto confiscabile – Prestazioni eseguite con modalità non conformi al contratto – Art. 322 ter cod. pen. – Art. 640 secondo comma cod.pen..
 
Nei reati in contratto ove la stipula del negozio sia lecita ma l’esecuzione delle prestazioni sia caratterizzato da artifici e raggiri e configuri pertanto l’ipotesi della truffa, anche aggravata ai sensi dell’art. 640 secondo comma cod.pen. ove commessa ai danni della pubblica amministrazione, il profitto confiscabile è calcolabile facendo riferimento all’intero importo del corrispettivo versato sussistendo nel caso di specie una particolare e sostanziale ipotesi di aliud pro alio che impedisce di calcolare il valore del bene o del servizio differentemente consegnato od assicurato. In tema di sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente, previsto dall’art. 322 ter cod. pen., il profitto del reato è costituito dal vantaggio economico, già conseguito dall’imputato e di diretta e immediata derivazione causale dal reato presupposto, calcolato al netto dell’effettiva utilità eventualmente conseguita dal danneggiato dal reato (Sez. 2, n. 8339 del 12/11/2013). Inoltre, in tema di sequestro preventivo finalizzato alla confisca del profitto conseguito attraverso un reato c.d. in contratto (annullabile perché viziato nella fase preparatoria o di stipula, ma suscettibile di regolare e lecita esecuzione, a differenza dei c.d. reati contratto, radicalmente contaminati da illiceità), il profitto confiscabile deve essere determinato, da un lato, assoggettando ad ablazione i vantaggi di natura economico-patrimoniale costituenti diretta derivazione causale dell’illecito, così da aver riguardo esclusivamente dell’effettivo incremento del patrimonio dell’agente derivante dalla sua condotta illecita, e, dall’altro, escludendo – nei limiti dei c.d. costi vivi – i proventi eventualmente conseguiti per effetto di prestazioni lecite effettivamente svolte in favore del contraente nell’ambito del rapporto sinallagmatico, pari alla “utilitas” di cui si sia giovata la controparte (Sez. 6, n. 9988 del 27/01/2015). Pertanto, rientrano nel profitto confiscabile anche le somme percepite in relazione a prestazioni eseguite con modalità non conformi a quanto convenuto, in quanto i costi eventualmente sostenuti dall’agente per l’esecuzione del contratto a prestazioni corrispettive integralmente contaminato da illiceità, risultano non defalcabili dal profitto confiscabile, trattandosi di spese, oltre che difficilmente documentabili e non determinabili in modo preciso, comunque sostenute a fronte di attività strettamente funzionali all’agire illegale ed esse stesse illecite, dunque immeritevoli di qualunque tutela da parte dell’ordinamento.
 
(annulla e rinvia per nuovo esame ordinanza del 28/11/2017 – TRIBUNALE DELLA LIBERTÀ DI PERUGIA) Pres. CAMMINO, Rel. PARDO, Ric. P.M. nei confr. di Trasimeno Servizi Ambientali S.P.A.

Allegato


Titolo Completo

CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez.2^ 17/07/2018 (Ud.18/04/2018), Sentenza n.33092

SENTENZA

 

 

 
 
CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez.2^ 17/07/2018 (Ud.18/04/2018), Sentenza n.33092
 
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
 
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA PENALE
 
composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
 
omissis
 
ha pronunciato la seguente
 
SENTENZA
 
Sul ricorso proposto da:
 
PROCURATORE DELLA REPUBBLICA PRESSO IL TRIBUNALE DI PERUGIA
 
nei confronti di:
 
TRASIMENO SERVIZI AMBIENTALI S.P.A.
 
avverso l’ordinanza del 28/11/2017 del Tribunale della Libertà di Perugia;
 
udita la relazione svolta dal Consigliere IGNAZIO PARDO;
 
Udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale dott. Perla Lori che ha concluso per l’annullamento con rinvio.
 
Uditi i difensori avv.ti Anna D’Alessandro che insiste per il rigetto del ricorso del PM e Franco Libori che chiede venga dichiarata l’inammissibilità del ricorso o in subordine il rigetto.
 
RITENUTO IN FATTO
 
1.1 Con ordinanza in data 28 novembre 2017 il tribunale della libertà di Perugia, decidendo in sede di appello ex art. 322 bis cod.proc.pen., annullava parzialmente il decreto di sequestro preventivo emesso dal GIP presso il medesimo Tribunale il 22-11-2016, riducendo l’importo delle somme sequestrate nei confronti della TRASIMENO SERVIZI AMBIENTALI S.P.A. ad € 39.493,04. Riteneva il tribunale del riesame che l’importo del sequestro preventivo per equivalente finalizzato alla confisca, disposto ex artt. 19 e 53 D.Lgs 231/01, in relazione alla imputazione di truffa aggravata elevata nei confronti dei legali rappresentanti dell’ente, dovesse essere stabilito nella somma complessiva che la predetta società era tenuta a corrispondere all’erario, e quindi nell’importo indicato, pari all’effettivo profitto del reato come accertato dalla Agenzia delle Entrate nel corso del procedimento.
 
1.2 Avverso detta ordinanza proponeva ricorso per cassazione il Procuratore della Repubblica di Perugia, deducendo:
 
– violazione dell’art. 606 lett. b) cod.proc.pen. in relazione alla individuazione del profitto assoggettabile a sequestro preventivo nei c.d. reati in contratto, poiché essendo mancata qualsiasi prestazione lecita e regolarmente eseguita nell’ambito delle attività di smaltimento rifiuti oggetto del rapporto sinallagmatico, non poteva essere individuato alcun costo scorporabile pari all’utilità derivata al danneggiato dall’esecuzione del contratto; pertanto l’originario sequestro preventivo era stato correttamente disposto sull’importo di € 4.355.846,89 individuato quale illecito profitto per le attività di compostaggio e biostabilizzazione omesse od inadeguatamente effettuate nel periodo di cinque anni oggetto di indagine;
– inosservanza ed erronea applicazione della legge penale ex art. 606 lett. b) cod.proc.pen. posto che il tribunale della libertà aveva pronunciato una ordinanza priva di motivazione e dotata di giustificazione meramente apparente, basando la valutazione del profitto sulla determinazione delle violazioni tributarie accertate dalla Agenzia delle Entrate con riguardo alla differente condotta di emissione di fatture per operazioni inesistenti.
 
Con memoria depositata in cancelleria la difesa di T.S.A. s.p.a. deduceva l’inammissibilità del ricorso del pubblico ministero perché proposto per motivi non consentiti riguardanti in effetti la ragionevolezza delta motivazione e, comunque, l’infondatezza delle proposte doglianze, posto che l’ordinanza genetica aveva individuato gli artifici della truffa aggravata proprio nella emissione di fatture inesistenti, che la stessa aveva sovrastimato il profitto confiscabile assumendo che lo smaltimento rifiuti non fosse mai avvenuto così considerando che l’intero importo ricevuto dalla società fosse il provento sequestrabile mentre era in effetti avvenuto che lo smaltimento dei rifiuti organici era avvenuto in discarica tradizionale destinata agli indifferenziati. Sicchè, il profitto confiscabile doveva essere depurato dalla utilità ricevuta dall’ente e doveva, al più, essere determinato nella differenza dei costi tra i due sistemi di smaltimento; correttamente pertanto il tribunale della libertà aveva fatto riferimento all’accertamento della Agenzia delle Entrate che aveva calcolato gli importi dovuti scomputando le opere poste in essere.
 
CONSIDERATO IN DIRITTO
 
Il ricorso è fondato e deve pertanto essere accolto.
 
2.1 Deve essere premesso come i reati provvisoriamente ascritti alte persone fisiche coinvolte nel procedimento penale attengono ad ipotesi di frode nelle pubbliche forniture, truffa, gestione illecita di rifiuti ed attività organizzate finalizzate al traffico illecito di rifiuti, reati posti in essere nell’ambito di un contratto di appalto relativo alla raccolta di rifiuti in diversi comuni. Tutti i contratti risultavano sottoscritti da Giuseppe SASSAROLI, imputato nel procedimento penale, il quale, in vari periodi, ricopriva la carica di direttore tecnico, amministratore delegato e consigliere della T.S.A. s.p.a .. Ciò posto, deve rilevarsi che, secondo quanto disposto dall’art. 5 d.lgs. 231\01, l’ente è responsabile per i reati commessi nel suo interesse o a suo vantaggio da persone che rivestono funzioni di rappresentanza, di amministrazione o di direzione dell’ente o di una sua unità organizzativa dotata di autonomia finanziaria e funzionale, nonché da persone che esercitano, anche di fatto, la gestione e il controllo dello stesso, ovvero da persone sottoposte alla direzione o alla vigilanza di uno dei soggetti precedenti.
 
Nell’ambito di altri procedimenti incidentali (vedi Sez.3, n. 36822/2017) la sussistenza della truffa risulta accertata sotto il profilo della sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza anche nei confronti del SASSAROLI e si è concluso nel riconoscere come la gestione illecita dei rifiuti sia effettivamente avvenuta, così come le condotte descritte nei capi di imputazione di quel procedimento (falsa attribuzione di codici dei rifiuti, falsificazione delle analisi del compost prodotto, falsa attribuzione di codici utili allo smaltimento in discarica, false annotazioni sui registri di carico e scarico dei rifiuti, illecita attività di ricircolo del percolato in una delle discariche, falsificazione delle analisi dei campionamenti del biogas, alterazione dei dati dei rifiuti trattati). Tali condotte artificiose, unitamente alla violazione degli obblighi sulle reali modalità del servizio di gestione del servizio, hanno indotto in errore i comuni sulla corretta esecuzione del servizio medesimo, impedendo loro di esercitare i poteri di controllo e riduzione del prezzo ed inducendoli ad eseguire ugualmente la loro controprestazione, versando per intero il corrispettivo del servizio erogato in maniera diversa da quanto stabilito. Deve essere ricordato come nei contratti sottoposti a condizione, ovvero in quelli ad esecuzione differita o che non si esauriscono in un’unica prestazione, è configurabile il reato di truffa nel caso in cui gli artifici e raggiri siano posti in essere anche dopo la stipula del contratto e durante la fase di esecuzione di esso, al fine di conseguire una prestazione altrimenti non dovuta o di far apparire verificata la condizione (Sez. 2, nl 1. 29853 del 23/6/2016, Prattichizzo, Rv. 26807401).
 
2.2 Fatte tali necessarie premesse circa l’inquadramento delle condotte accertate nel corso del presente procedimento ed in altri collegati, sul tema del profitto del reato sequestrabile ai fini della successiva confisca va ricordato il fondamentale insegnamento delle Sezioni Unite che con la pronuncia n. 26654 del 2008, hanno fissato i principi generali in punto di commisurazione del profitto suscettibile di confisca sanzione, universalmente validi ed esportabili nei diversi casi astrattamente riscontrabili nella prassi. Ripercorrendo i punti salienti della decisione, in primo luogo, la Corte ha chiarito che, nel delineare il profitto confiscabile non può farsi ricorso a parametri valutativi di tipo aziendalistico, in quanto, nell’assolvere una funzione di deterrenza, la confisca risponde ad esigenze di giustizia e nel contempo di prevenzione generale e speciale, non potendosi ammettere che il crimine possa rappresentare un legittimo titolo di acquisto della proprietà o di altro diritto sul bene e che il reo possa rifarsi dei costi affrontati per la realizzazione del reato. Dopo avere richiamato le nozioni di profitto fissate in precedenti pronunce a composizione allargata (secondo cui il profitto del reato va inteso come “vantaggio di natura economica”, come “beneficio aggiunto di natura patrimoniale”, come “utile conseguito dall’autore del reato in seguito alla commissione del reato”; Cass. Sez. U del 24/05/2004, n. 29951, cit. e Sez. U del 25/10/2005, n. 41936, cit.) ed affermato che il parametro della pertinenzialità al reato del profitto rappresenta “l’effettivo criterio selettivo di ciò che può esser confiscato a tale titolo”, la Corte ha tracciato un netto discrimen fra profitto conseguente da un “reato contratto” e profitto derivante da un “reato in contratto”. Nel primo caso – in cui la legge qualifica come reato unicamente la stipula di un contratto a prescindere dalla sua esecuzione – si determina un’immedesimazione del reato col negozio giuridico e quest’ultimo risulta integralmente contaminato da illiceità, con l’effetto che il relativo profitto è conseguenza immediata e diretta della medesima ed è, pertanto, assoggettabile a confisca; nel secondo caso – in cui il comportamento penalmente rilevante non coincide con la stipulazione del contratto in sé, ma va ad incidere unicamente sulla fase di formazione della volontà contrattuale o su quella di esecuzione del programma negoziale – è possibile enucleare aspetti leciti del relativo rapporto, perché il contratto è assolutamente lecito e valido inter partes (ed eventualmente solo annullabile ex artt. 1418 e 1439 c.c.), con la conseguenza che il corrispondente profitto tratto dall’agente ben può essere non ricollegabile direttamente alla condotta sanzionata penalmente (Sez. U, n. 26654 del 27/03/2008, Rv. 239924 ).
 
Nell’applicazione dei principi affermati dalla suddetta pronuncia a Sezioni Unite più recentemente si è affermato l’orientamento secondo cui in tema di sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente, previsto dall’art. 322 ter cod. pen., il profitto del reato è costituito dal vantaggio economico, già conseguito dall’imputato e di diretta e immediata derivazione causale dal reato presupposto, calcolato al netto dell’effettiva utilità eventualmente conseguita dal danneggiato dal reato (Sez. 2, n. 8339 del 12/11/2013, Rv. 258787); e si è aggiunto e precisato sul punto che in tema di sequestro preventivo finalizzato alla confisca del profitto conseguito attraverso un reato c.d. in contratto (annullabile perché viziato nella fase preparatoria o di stipula, ma suscettibile di regolare e lecita esecuzione, a differenza dei c.d. reati contratto, radicalmente contaminati da illiceità), il profitto confiscabile deve essere determinato, da un lato, assoggettando ad ablazione i vantaggi di natura economico-patrimoniale costituenti diretta derivazione causale dell’illecito, così da aver riguardo esclusivamente dell’effettivo incremento del patrimonio dell’agente derivante dalla sua condotta illecita, e, dall’altro, escludendo – nei limiti dei c.d. costi vivi – i proventi eventualmente conseguiti per effetto di prestazioni lecite effettivamente svolte in favore del contraente nell’ambito del rapporto sinallagmatico, pari alla “utilitas” di cui si sia giovata la controparte (Sez. 6, n. 9988 del 27/01/2015, Rv. 262794). E la Corte in tale ultima pronuncia ha evidenziato che rientrano nel profitto confiscabile anche le somme percepite in relazione a prestazioni eseguite con modalità non conformi a quanto convenuto, in quanto i costi eventualmente sostenuti dall’agente per l’esecuzione del contratto a prestazioni corrispettive integralmente contaminato da illiceità, risultano non defalcabili dal profitto confiscabile, trattandosi di spese, oltre che difficilmente documentabili e non determinabili in modo preciso, comunque sostenute a fronte di attività strettamente funzionali all’agire illegale ed esse stesse illecite, dunque immeritevoli di qualunque tutela da parte dell’ordinamento. L’orientamento di questa corte quindi, pur nell’applicazione dei principi stabiliti dalla richiamata sentenza delle Sezioni Unitesi è assestato nell’affermare che nei reati in contratto ove la stipula del negozio sia lecita ma l’esecuzione delle prestazioni sia caratterizzato da artifici e raggiri e configuri pertanto l’ipotesi della truffa, anche aggravata ai sensi dell’art. 640 secondo comma cod.pen. ove commessa ai danni della pubblica amministrazione, il profitto confiscabile è calcolabile facendo riferimento all’intero importo del corrispettivo versato sussistendo nel caso di specie una particolare e sostanziale ipotesi di aliud pro alio che impedisce di calcolare il valore del bene o del servizio differentemente consegnato od assicurato.
 
2.3 Ne consegue che dovendo avere ad oggetto il sequestro funzionale alla confisca del profitto di un reato in contratto anche il valore delle prestazioni eseguite illecitamente quando le stesse costituiscono gli artifici e raggiri attraverso i quali viene portata a termine la truffa aggravata contestata, nella determinazione dello stesso il tribunale della libertà ha errato nell’individuare detto importo nella “somma complessiva – comprensiva di sanzioni ed interessi- che la società era ed è tenuta a corrispondere all’Erario in ragione delle violazioni accertate”. Difatti il profitto confiscabile avrebbe dovuto invece essere individuato tenuto conto dell’intero importo delle prestazioni eseguite illecitamente e pure contabilizzate dalla T.S.A. s.p.a ed oggetto di liquidazione in favore della stessa.
 
Sicché, rispondendo anche alla memoria della difesa di T.S.A., l’importo del profitto confiscabile non può essere determinato nella differenza di costi tra lo smaltimento dei rifiuti organici ed indifferenziati ma essendo stata effettuata una procedura di smaltimento del tutto differente da quella convenuta, quindi del tutto illecita, ed anche con minori costi, nell’intero importo delle prestazioni fatturate e liquidate. Difatti la pubblica amministrazione ed in particolare i comuni coinvolti non possono essere tenuti a “pagare” il valore corrispondente al servizio “diverso” fornito dalla T.S.A. nell’esecuzione illecita del contratto di servizi.
 
Va pertanto affermato che nei reati in contratto a prestazioni illecite ove la prestazione eseguita è differente da quella pattuita, il profitto illecito è pari al corrispettivo incassato in ragione degli artifici e raggiri posti in essere nella esecuzione del contratto.
 
2.4 Peraltro, anche il secondo motivo è fondato; con le osservazioni svolte a pagina tre della motivazione il tribunale di Perugia precisa ed evidenzia come il calcolo degli importi dovuti sia stato effettuato sulla base delle contestazioni a T.S.A. s.p.a. dei delitti di cui al D.L. n. 74/2000 e quindi individuato in quell’importo di € 39.493,04 dovuto per l’annualità 2010. 
 
Correttamente pertanto il pubblico ministero ricorrente ha rilevato a tale proposito violazione di legge per totale apparenza della motivazione, posto che il profitto confiscabile nel reato di truffa aggravata per cui si procede non può essere determinato in ragione del calcolo delle imposte dovute all’Erario per operazioni inesistenti per ciascuna annualità del contratto di appalto, bensì nel complessivo importo determinato secondo i calcoli in precedenza indicati e cioè in ragione dell’intero valore delle prestazioni compiute illecitamente e pure fatturate e liquidate all’ente.
 
Alla luce delle predette considerazioni l’ordinanza impugnata deve essere annullata con rinvio al Tribunale di Perugia per nuovo esame.
 
P.Q.M.
 
annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo esame, con integrale trasmissione degli atti, al tribunale di Perugia (sezione per il riesame dei provvedimenti restrittivi della libertà personale e sequestri).
 
Roma, 18 aprile 2018
 

Iscriviti alla Newsletter GRATUITA

Ricevi gratuitamente la News Letter con le novità di AmbienteDiritto.it e QuotidianoLegale.

N.B.: se non ricevi la News Letter occorre una nuova iscrizione, il sistema elimina l'e-mail non attive o non funzionanti.

ISCRIVITI SUBITO


Iscirizione/cancellazione

Grazie, per esserti iscritto alla newsletter!