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Giurisprudenza: Giurisprudenza Sentenze per esteso massime | Categoria: Agricoltura e zootecnia, Diritto processuale penale, Rifiuti Numero: 47843 | Data di udienza: 27 Settembre 2017

RIFIUTI – Gestione dei rifiuti – Attività di produzione di fertilizzanti e composti azotati – Stoccaggio senza autorizzazione – Sequestro preventivo funzionale alla confisca per equivalente – Presupposti per la qualificazione come sottoprodotto – Artt. 184 bis, 208 e 256 d. lgs. n.152/2006 – DIRITTO PROCESSUALE PENALE – Nozione di violazione di legge – Vizi afferenti la motivazione – Inosservanza di precise norme processuali.


Provvedimento: Sentenza
Sezione: 3^
Regione:
Città:
Data di pubblicazione: 17 Ottobre 2017
Numero: 47843
Data di udienza: 27 Settembre 2017
Presidente: FIANDANESE
Estensore: PAZZI


Premassima

RIFIUTI – Gestione dei rifiuti – Attività di produzione di fertilizzanti e composti azotati – Stoccaggio senza autorizzazione – Sequestro preventivo funzionale alla confisca per equivalente – Presupposti per la qualificazione come sottoprodotto – Artt. 184 bis, 208 e 256 d. lgs. n.152/2006 – DIRITTO PROCESSUALE PENALE – Nozione di violazione di legge – Vizi afferenti la motivazione – Inosservanza di precise norme processuali.



Massima

 

 





CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. 2^ 17/10/2017 (Ud. 27/09/2017), Sentenza n.47843


RIFIUTI – Gestione dei rifiuti – Attività di produzione di fertilizzanti e composti azotati – Stoccaggio senza autorizzazione – Sequestro preventivo funzionale alla confisca per equivalente – Presupposti per la qualificazione come sottoprodotto – Artt. 184 bis, 208 e 256 d. lgs. n.152/2006.

In materia di gestione dei rifiuti, integra il reato di cui all’art. 256, comma 1, D.Lgs. n. 152/2006 lo stoccaggio senza autorizzazione di rifiuti ove non risulti dimostrato il ricorrere delle condizioni per ritenere che il materiale raccolto possa essere qualificato come sottoprodotto ai sensi dell’art. 184-bis del medesimo decreto. Fattispecie, attività di produzione di fertilizzanti e composti azotati, attraverso l’accumulo di grandi quantità di rifiuti organici a cielo aperto in assenza della necessaria autorizzazione. Sicché, ai fini dell’emissione del sequestro preventivo funzionale alla confisca per equivalente del profitto del reato, non occorre un compendio indiziario che si configuri come grave ai sensi dell’art. 273 cod. proc. pen., ma è comunque necessario che il giudice valuti la sussistenza del "fumus delicti" in concreto, verificando in modo puntuale e coerente gli elementi in base ai quali desumere l’esistenza del reato astrattamente configurato, in quanto la "serietà degli indizi" costituisce presupposto per l’applicazione delle misure cautelari.

 

DIRITTO PROCESSUALE PENALE – Nozione di violazione di legge – Vizi afferenti la motivazione – Inosservanza di precise norme processuali.

Nella nozione di violazione di legge rientrano, nell’ambito dei vizi afferenti la motivazione, soltanto la mancanza assoluta di motivazione o la presenza di motivazione meramente apparente, in quanto correlate all’inosservanza di precise norme processuali (Sez. U, n. 5876 del 28/01/2004 – dep. 13/02/2004, P.C. Ferazzi in proc.Bevilacqua); non rientrano invece in tale novero tanto l’illogicità manifesta della motivazione, quanto il ricorso a una motivazione insufficiente e non puntuale (Sez. 1, n. 6821 del 31/01/2012 – dep. 21/02/2012, Chiesi).


(dich. inammissibile il ricorso avverso ordinanza n. 57/2017 R.G. Seq. in data 11.3.2017 – TRIBUNALE DI PALERMO in funzione di Tribunale del riesame) Pres. FIANDANESE, Rel. PAZZI, Ric. Raccuglia

 


Allegato


Titolo Completo

CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. 2^ 17/10/2017 (Ud. 27/09/2017), Sentenza n.47843

SENTENZA

 

 

 
 
CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. 2^ 17/10/2017 (Ud. 27/09/2017), Sentenza n.47843

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
 
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA PENALE
 
composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
 
omissis
 
ha pronunciato la seguente

SENTENZA
 
sul ricorso proposto da:
 
Raccuglia Giorgio, nato a San Giuseppe Iato il 23.6.1963,
 
avverso l’ordinanza n. 57/2017 R.G. Seq. in data 11.3.2017 del Tribunale di Palermo in funzione di Tribunale del riesame;
 
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
 
udita la relazione svolta dal consigliere Alberto Pazzi;
 
lette le richieste del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Giovanni Di Leo, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso;
 
RITENUTO IN FATTO
 
1. Con ordinanza in data 11 marzo 2017 il Tribunale di Palermo ha rigettato la richiesta di riesame proposta nell’interesse di Giorgio Raccuglia avverso il decreto emesso dal G.l.P. del Tribunale di Palermo il 20 febbraio 2017; questo decreto aveva disposto il sequestro preventivo dell’area aziendale ubicata in Monreale, di pertinenza dell’impresa agricola P.F.B. di Raccuglia Dorotea, in presenza del fumus commissi delicti e del periculum in mora del reato di raccolta di rifiuti non autorizzata di cui all’art. 256, comma 1, lett. a), d. lgs. 152/2006 commesso in tesi accusatoria dall’odierno ricorrente e dalla coindagata Dorotea Raccuglia.
 
2. Avverso tate ordinanza ha proposto ricorso per Cassazione il difensore dell’indagato, deducendo, con un unico motivo di ricorso, vizio di motivazione e violazione di legge per mancanza dei presupposti applicativi di cui ali’ art. 321 c.p.p.; in particolare il difensore dell’ imputato ha rappresentato che il Tribunale del riesame, con una motivazione illogica e contraddittoria, aveva ritenuto sussistente il reato di gestione non autorizzata di rifiuti senza considerare che in realtà l’impresa agricola P.F.B. non svolgeva alcuna attività di stoccaggio o gestione dei rifiuti, ma si occupava della produzione di fertilizzanti e composti azotati, per la cui realizzazione provvedeva alla lavorazione delle masse biodegradabili accumulate nell’area con superficie in cemento posta sotto sequestro.
 
La riutilizzazione di biomasse vegetali, conferite dal Comune di Alcamo a seguito di gara d’appalto, attraverso un processo di lavorazione finalizzato alla produzione di fertilizzante non costituiva un’ attività di smaltimento ma di semplice riutilizzazione, a cui quindi non poteva trovare applicazione la normativa evocata in motivazione nel provvedimento impugnato.
 
CONSIDERATO IN DIRITTO
 
1. Occorre in primo luogo escludere l’ammissibilità del ricorso laddove lo stesso lamenta l’ illogicità e la contraddittorietà della motivazione offerta dal Tribunale del riesame.
 
Il provvedimento emesso dal Tribunale di Palermo infatti può essere oggetto di ricorso per cassazione, a mente dell’ art. 325 c.p.p., esclusivamente per violazione di legge.
 
Nella nozione di violazione di legge rientrano poi, nell’ambito dei vizi afferenti la motivazione, soltanto la mancanza assoluta di motivazione o la presenza di motivazione meramente apparente, in quanto correlate all’inosservanza di precise norme processuali (Sez. U, n. 5876 del 28/01/2004 – dep. 13/02/2004, P.C. Ferazzi in proc.Bevilacqua, Rv. 22671001); non rientrano invece in tale novero tanto l’illogicità manifesta della motivazione, quanto il ricorso a una motivazione insufficiente e non puntuale (Sez. 1, n. 6821 del 31/01/2012 – dep. 21/02/2012, Chiesi, Rv. 25243001).
 
2. Quanto all’unico profilo esaminabile in questa sede va detto che la verifica del giudice del riesame rispetto al sequestro preventivo, pur non dovendo consistere in un sindacato sulla concreta fondatezza dell’accusa, deve però accertare la possibilità di sussumere il fatto in una determinata ipotesi di reato; pertanto, ai fini dell’ individuazione del fumus commissi delicti, non è sufficiente la mera asserzione dell’esistenza del reato da parte del P.M., in quanto il giudice, nella motivazione dell’ ordinanza, deve rappresentare le concrete risultanze processuali e la situazione emergente dagli elementi forniti dalle parti che dimostra indiziariamente la congruenza dell’ ipotesi di reato prospettata rispetto ai fatti cui si riferisce la misura cautelare reale ("Ai fini dell’ emissione del sequestro preventivo funzionale alla confisca per equivalente del profitto del reato, non occorre un compendio indiziario che si configuri come grave ai sensi dell’art. 273 cod. proc. pen., ma è comunque necessario che il giudice valuti la sussistenza del "fumus delicti" in concreto, verificando in modo puntuale e coerente gli elementi in base ai quali desumere l’esistenza del reato astrattamente configurato, in quanto la "serietà degli indizi" costituisce presupposto per l’applicazione delle misure cautelari" Sez. 3, n. 37851 del 04/06/2014 – dep. 16/09/2014, Parrelli, Rv. 26094501).
 
Nel caso di specie il Tribunale del riesame ha dato atto della presenza, su un’area a cielo aperto di circa 2000 mq., di diversi cumuli di rifiuti biodegradabili di cucine e mense della consistenza di circa 400 tonnellate proveniente dal servizio raccolta rifiuti urbani del Comune di Alcamo.
 
La presenza di un simile accumulo è stato ritenuto sufficiente per ravvisare il fumus del reato ipotizzato dal Pubblico Ministero, poiché la ditta operante in loco non era in possesso dell’ autorizzazione preventiva di cui all’ art. 208 d. lgs. 152/2006 per la ricezione di rifiuti biodegradabili nel proprio impianto.
 
Tale assunto non si presta a censure ove si consideri che in materia di gestione dei rifiuti integra il reato di cui all’ art. 256, comma 1, D.Lgs. n. 152/2006 lo stoccaggio senza autorizzazione di rifiuti ove non risulti dimostrato il ricorrere delle condizioni per ritenere che il materiale raccolto possa essere qualificato come sottoprodotto ai sensi dell’ art. 184-bis del medesimo decreto.
 
Il collegio del riesame ha poi valutato non solo gli elementi probatori offerti dalla pubblica accusa, ma anche le confutazioni e gli elementi offerti dall’indagato che potevano avere influenza sulla configurabilità e sulla sussistenza del fumus del reato contestato, ritenendo però che, a prescindere dal formale esercizio da parte della ditta del Raccuglia di un’attività di produzione di fertilizzanti e composti azotati, l’accumulo di una grande quantità di rifiuti organici a cielo aperto in assenza della necessaria autorizzazione permettesse di ravvisare la congruenza fra le emergenze di indagine e l’ipotesi accusatoria delineata dal P.M..
 
Neppure questa valutazione appare censurabile, giacchè secondo la giurisprudenza di questa Corte, quand’anche si fosse inteso ritenere (circostanza che per il vero non emerge in alcun modo dal contenuto del provvedimento impugnato) che le biomasse raccolte fossero effettivamente utilizzate per la produzione di fertilizzanti, solo in presenza di determinate condizioni – costituite dal mancato superamento della soglia d’accettabilità dei rifiuti raccolti separatamente per il compostaggio e dall’ assenza di sostanze pericolose non previste nell’ elencazione delle delibere regionali in materia – l’impiego di rifiuti raccolti per la produzione di fertilizzante non integra il reato di gestione non autorizzata di rifiuti previsto dall’ art. 256 del d. lgs. 3 aprile 2006, n. 152 (Sez. 3, n. 20154 del 13/04/2016 – dep. 16/05/2016, Amato, Rv. 26703301, Sez. 3, n. 10709 del 28/01/2009 – dep. 11/03/2009, Tenzon, Rv. 24310501).
 
La dimostrazione del ricorrere di queste condizioni di liceità gravava poi sul detentore dei rifiuti, in considerazione della natura eccezionale e derogatoria di tale situazione rispetto alla disciplina ordinaria (Sez. 3, n. 35494 del 10/05/2016 – dep. 26/08/2016, Di Stefano, Rv. 26763601, Sez. 3, n. 10709 del 28/01/2009 – dep. 11/03/2009, Tenzon, Rv. 24310501).
 
Per le considerazioni sopra esposte, dunque, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile; ne consegue, a norma dell’art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento ed al versamento a favore della Cassa delle Ammende, non emergendo ragioni di esonero, della somma ritenuta equa di € 1.500 a titolo di sanzione pecuniaria.

P.Q.M.
 
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro millecinquecento a favore della Cassa delle ammende.
 
Così deciso in Roma in data 27 settembre 2017.
 
 

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