RIFIUTI – Nozione di gestione di rifiuti – Discarica abusiva realizzata in area sottoposta a vincolo paesaggistico – Associazione mafiosa – Artt. 256, 260 Decreto Legislativo n. 152/2006 e 6, decreto-legge n. 172/2008 – Art. 416-bis – APPALTI – Delitto di turbata libertà degli incanti – Natura di reato di pericolo – Semplice idoneità degli atti ad influenzare l’andamento della gara – Differenza con il delitto di truffa – Nuova qualificazione giuridica del fatto – Effetti del ricorso dichiarato inammissibile – Preclusione dell’estinzione del reato per prescrizione – DIRITTO PROCESSUALE PENALE – Elementi di prova raccolti nel corso delle intercettazioni di conversazioni – Associazione per delinquere di stampo mafioso – Contenuti informativi provenienti da soggetti intranei all’associazione mafiosa – Intercettazioni “tra presenti” da espletare in luoghi diversi da quelli indicati dall’art. 614 cod. pen. – Distinzione tra la partecipazione ad associazione mafiosa ed il concorso esterno – Individuazione della condotta associativa – Conclusione di un pactum sceleris anche soltanto per facta concludentia – Rilevanza della condotta (dell’imprenditore) – Ricorso per cassazione – Inutilizzabilità o nullità di una prova – C.d. “prova di resistenza” – Redazione della sentenza – Scadenza dei termini – Tempestività della proposizione dell’impugnazione – Corte di appello e motivazione per relationem – Tenuta del ragionamento ricostruttivo – Nuova valutazione delle risultanze acquisite – Preclusione – Vizio del travisamento della prova – Caso di “doppia conforme” – Attenuanti generiche – Concessione o diniego – Disciplina – Riqualificazione giuridica del fatto – Diritto di difesa.
Provvedimento: SENTENZA
Sezione: 2^
Regione:
Città:
Data di pubblicazione: 23 Agosto 2021
Numero: 31920
Data di udienza: 4 Giugno 2021
Presidente: CERVADORO
Estensore: MESSINI D'AGOSTINI
Premassima
RIFIUTI – Nozione di gestione di rifiuti – Discarica abusiva realizzata in area sottoposta a vincolo paesaggistico – Associazione mafiosa – Artt. 256, 260 Decreto Legislativo n. 152/2006 e 6, decreto-legge n. 172/2008 – Art. 416-bis – APPALTI – Delitto di turbata libertà degli incanti – Natura di reato di pericolo – Semplice idoneità degli atti ad influenzare l’andamento della gara – Differenza con il delitto di truffa – Nuova qualificazione giuridica del fatto – Effetti del ricorso dichiarato inammissibile – Preclusione dell’estinzione del reato per prescrizione – DIRITTO PROCESSUALE PENALE – Elementi di prova raccolti nel corso delle intercettazioni di conversazioni – Associazione per delinquere di stampo mafioso – Contenuti informativi provenienti da soggetti intranei all’associazione mafiosa – Intercettazioni “tra presenti” da espletare in luoghi diversi da quelli indicati dall’art. 614 cod. pen. – Distinzione tra la partecipazione ad associazione mafiosa ed il concorso esterno – Individuazione della condotta associativa – Conclusione di un pactum sceleris anche soltanto per facta concludentia – Rilevanza della condotta (dell’imprenditore) – Ricorso per cassazione – Inutilizzabilità o nullità di una prova – C.d. “prova di resistenza” – Redazione della sentenza – Scadenza dei termini – Tempestività della proposizione dell’impugnazione – Corte di appello e motivazione per relationem – Tenuta del ragionamento ricostruttivo – Nuova valutazione delle risultanze acquisite – Preclusione – Vizio del travisamento della prova – Caso di “doppia conforme” – Attenuanti generiche – Concessione o diniego – Disciplina – Riqualificazione giuridica del fatto – Diritto di difesa.
Massima
CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. 2^, 23 agosto 2021 (Ud. 04/06/2021), Sentenza n.31920
RIFIUTI – Nozione di gestione di rifiuti – Discarica abusiva realizzata in area sottoposta a vincolo paesaggistico – Associazione mafiosa – Artt. 256, 260 Decreto Legislativo n. 152/2006 e 6, decreto-legge n. 172/2008 – Art. 416-bis.
In tema di rifiuti, il concetto di gestione di una discarica abusiva deve essere inteso in senso ampio, comprensivo di «qualsiasi contributo, sia attivo che passivo, diretto a realizzare od anche semplicemente a tollerare e mantenere il grave stato del fatto-reato, strutturalmente permanente»: di conseguenza, devono ritenersi sanzionate non solo le condotte di iniziale trasformazione di un sito a luogo adibito a discarica, ma anche tutte quelle che contribuiscano a mantenere tali, nel corso del tempo, le condizioni del sito stesso.
APPALTI – Delitto di turbata libertà degli incanti – Natura di reato di pericolo – Semplice idoneità degli atti ad influenzare l’andamento della gara – Differenza con il delitto di truffa – Nuova qualificazione giuridica del fatto – Effetti del ricorso dichiarato inammissibile – Preclusione dell’estinzione del reato per prescrizione.
In tema di appalti, il delitto di turbata libertà degli incanti è reato di pericolo che si configura non solo nel caso di danno effettivo, ma anche nel caso di danno mediato e potenziale, non occorrendo il conseguimento del risultato perseguito dagli autori dell’illecito, ma la semplice idoneità degli atti ad influenzare l’andamento della gara. Mentre, integra il delitto di truffa il compimento da parte degli organi apicali societari, in accordo con il soggetto estraneo, di un atto di disposizione patrimoniale in danno della società stessa, seguito dall’induzione in errore degli organi interni di controllo al fine di evitare di far emergere la reale portata della operazione. Nella specie, l’inammissibilità dei motivi relativi ai reati di turbativa d’asta, gestione abusiva di rifiuti e di una discarica, non consente il formarsi di un valido rapporto di impugnazione e, pertanto, preclude la possibilità di rilevare e dichiarare ora l’estinzione del reato per prescrizione a norma dell’art. 129 cod. proc. pen..
DIRITTO PROCESSUALE PENALE – Elementi di prova raccolti nel corso delle intercettazioni di conversazioni – Associazione per delinquere di stampo mafioso – Contenuti informativi provenienti da soggetti intranei all’associazione mafiosa – Intercettazioni “tra presenti” da espletare in luoghi diversi da quelli indicati dall’art. 614 cod. pen.
E’ consolidato anche il principio secondo cui gli elementi di prova raccolti nel corso delle intercettazioni di conversazioni alle quali non abbia partecipato l’imputato costituiscono fonte di prova diretta, soggetta al generale criterio valutativo del libero convincimento razionalmente motivato, senza che sia necessario reperire dati di riscontro esterno, con l’avvertenza che, ove tali elementi abbiano natura indiziaria, essi dovranno essere gravi, precisi e concordanti, come disposto dall’art. 192, comma 2, cod. proc. pen.. Il medesimo principio è stato affermato anche in tema di associazione per delinquere di stampo mafioso. Avuto specifico riguardo al reato ex art. 416-bis cod. pen., i contenuti informativi provenienti da soggetti intranei all’associazione mafiosa, frutto di un patrimonio conoscitivo condiviso derivante dalla circolazione all’interno del sodalizio di informazioni e notizie relative a fatti di interesse comune degli associati sono utilizzabili in modo diretto, e non come mere dichiarazioni de relato soggette a verifica di attendibilità della fonte primaria. Inoltre, per le intercettazioni “tra presenti” da espletare in luoghi diversi da quelli indicati dall’art. 614 cod. pen. (come, ad esempio, carceri, autovetture, capanni adibiti alla custodia di attrezzi agricoli, luoghi pubblici, ecc.), deve ritenersi sufficiente che il decreto autorizzativo indichi il destinatario della captazione e la tipologia di ambienti dove essa va eseguita: l’intercettazione resta utilizzabile anche qualora venga effettuata in un altro luogo rientrante nella medesima categoria.
DIRITTO PROCESSUALE PENALE – Distinzione tra la partecipazione ad associazione mafiosa ed il concorso esterno – Individuazione della condotta associativa – Conclusione di un pactum sceleris anche soltanto per facta concludentia – Rilevanza della condotta (dell’imprenditore).
La condotta associativa non è “a forma libera” (libero semmai è il tipo di prestazione promessa): consiste nella conclusione di un patto di delinquenza tra il singolo e l’organizzazione criminale, in forza del quale il primo rimane stabilmente a disposizione della seconda per il perseguimento dello scopo sociale, e la seconda, attraverso la volontà del proprio gruppo dirigente, include il primo nella propria struttura; nei profili soggettivi, c’è volontà del primo di appartenere (nel senso indicato) al gruppo, e riconoscimento dell’intraneo da parte del gruppo. Ne consegue che «partecipazione e concorso esterno costituiscono fenomeni alternativi fra loro, in quanto la condotta associativa implica la conclusione di un pactum sceleris fra il singolo e l’organizzazione criminale, in forza del quale il primo rimane stabilmente a disposizione della seconda per il perseguimento dello scopo sociale, con la volontà di appartenere al gruppo, e l’organizzazione lo riconosce ed include nella propria struttura, anche soltanto per facta concludentia e senza necessità di manifestazioni formali o rituali; il concorrente esterno, invece, rimane estraneo al vincolo associativo, pur fornendo un contributo causalmente orientato alla conservazione o al rafforzamento delle capacità operative dell’associazione ovvero di una sua articolazione di settore o territoriale, nonché diretto alla realizzazione, anche parziale, del programma criminoso della medesima. Sicché, la distinzione tra la partecipazione ad associazione mafiosa ed il concorso esterno non ha natura meramente quantitativa, ma è collegata alla organicità del rapporto tra il singolo e la consorteria. Non è ravvisabile, dunque, il dolo di partecipazione, bensì quello, diretto (non già eventuale), tipico del concorrente esterno, che agisce con la coscienza e volontà di conservare o rafforzare l’associazione, senza intenzione di farne parte. Nei fatti, la giurisprudenza, distingue il caso in cui l’imprenditore mette la propria impresa a disposizione del sodalizio, di cui condivide metodi e obiettivi, onde rafforzarne il potere economico sul territorio di riferimento, da quello in cui l’imprenditore, senza essere inserito nella struttura organizzativa del sodalizio criminale, instaura con questo un rapporto di reciproci vantaggi, consistenti nell’imporsi sul territorio in posizione dominante e nel far ottenere all’organizzazione risorse, servizi o utilità: nella prima ipotesi si ha partecipazione, nella seconda concorso esterno.
DIRITTO PROCESSUALE PENALE – Ricorso per cassazione – Inutilizzabilità o nullità di una prova – C.d. “prova di resistenza”.
Nei casi in cui con il ricorso per cassazione si lamenti l’inutilizzabilità o la nullità di una prova dalla quale siano stati desunti elementi a carico, il motivo di ricorso deve illustrare, a pena di inammissibilità per aspecificità, l’incidenza dell’eventuale eliminazione del predetto elemento ai fini della cosiddetta “prova di resistenza”, essendo in ogni caso necessario valutare se le residue risultanze, nonostante l’espunzione di quella inutilizzabile, risultino sufficienti a giustificare l’identico convincimento; gli elementi di prova acquisiti illegittimamente diventano irrilevanti ed ininfluenti se, nonostante la loro espunzione, le residue risultanze risultino sufficienti a giustificare l’identico convincimento.
DIRITTO PROCESSUALE PENALE – Redazione della sentenza – Scadenza dei termini – Tempestività della proposizione dell’impugnazione.
In materia processuale, la regola per cui il termine stabilito a giorni, il quale scade in giorno festivo, è prorogato di diritto al giorno successivo non festivo, posta nello specifico dall’art. 172, comma 3, cod. proc. pen., si applica anche agli atti e ai provvedimenti del giudice, e si riferisce perciò anche al termine per la redazione della sentenza; inoltre, nei casi in cui, come nell’art. 585, comma 2, lett. c), cod. proc. pen., è previsto che il termine assegnato per il compimento di un’attività processuale decorra dalla scadenza del termine assegnato per altra attività processuale, la proroga di diritto del giorno festivo in cui il precedente termine venga a cadere al primo giorno successivo non festivo, determina lo spostamento altresì della decorrenza del termine successivo con esso coincidente. Sicché, ai fini della tempestività della proposizione dell’impugnazione, nel caso in cui la sentenza sia emessa con la sola lettura del dispositivo con riserva di deposito della motivazione, il termine per il deposito dell’impugnazione inizi a decorrere dal primo giorno successivo alla scadenza di quello previsto per il deposito della sentenza, in virtù della regola generale di cui all’art. 172, comma 4, cod. proc. pen., non derogata dalla previsione di cui all’art. 585, comma 2 lett. c), cod. proc. pen..
DIRITTO PROCESSUALE PENALE – Corte di appello e motivazione per relationem – Tenuta del ragionamento ricostruttivo.
E’ perfettamente legittima la procedura nel quale si evince chiaramente come la Corte di appello abbia puntualmente esaminato le doglianze difensive proposte con gli appelli, con una motivazione solo in parte per relationem, ancor di più quando risulta nitido che il giudice ha preso cognizione del contenuto sostanziale delle ragioni del provvedimento di riferimento e le ha ritenute coerenti con la propria decisione. Ancora, va ricordato che, la sentenza di appello si salda con quella precedente per formare un unico complessivo corpo argomentativo, specie quando i motivi di gravame non abbiano riguardato elementi nuovi, ma si siano limitati a prospettare circostanze già esaminate e ampiamente chiarite nella pronuncia di primo grado. Inoltre, la presenza di una criticità su una delle molteplici valutazioni contenute nel provvedimento impugnato, qualora le restanti offrano ampia rassicurazione sulla tenuta del ragionamento ricostruttivo, non può comportare l’annullamento della decisione per vizio di motivazione, potendo lo stesso essere rilevante solo quando, per effetto di tale critica, all’esito di una verifica sulla completezza e globalità del giudizio operato in sede di merito, risulti disarticolato uno degli essenziali nuclei di fatto che sorreggono l’impianto della decisione.
DIRITTO PROCESSUALE PENALE – Ricorso in cassazione – Nuova valutazione delle risultanze acquisite – Preclusione.
È preclusa alla Corte di cassazione la possibilità di una nuova valutazione delle risultanze acquisite, da contrapporre a quella effettuata dal giudice di merito, attraverso una diversa lettura, sia pure anch’essa logica, dei dati processuali o una diversa ricostruzione storica dei fatti o un diverso giudizio di rilevanza o comunque di attendibilità delle fonti di prova.
DIRITTO PROCESSUALE PENALE – Vizio del travisamento della prova – Caso di “doppia conforme”.
Ai fini della configurabilità del vizio del travisamento della prova, è altresì necessario che la relativa deduzione abbia un oggetto chiaro e definito, tale da evidenziare la palese e non controvertibile difformità tra il senso intrinseco della singola dichiarazione e quello che il giudice ne abbia inopinatamente tratto; va escluso, pertanto, che integri il suddetto difetto un presunto errore nella valutazione del significato probatorio della dichiarazione medesima. In caso di “doppia conforme”, il vizio di travisamento della prova può essere rilevato in sede di legittimità solo quando il ricorrente rappresenti, con specifica deduzione, che il dato probatorio asseritamente travisato è stato per la prima volta introdotto come oggetto di valutazione nella motivazione del provvedimento di secondo grado ovvero qualora entrambi i giudici del merito siano incorsi nel medesimo travisamento delle risultanze probatorie acquisite, in forma di tale macroscopica o manifesta evidenza da imporre, in termini inequivocabili (ossia in assenza di alcun discrezionale apprezzamento di merito), il riscontro della non corrispondenza delle motivazioni di entrambe le sentenze rispetto al compendio probatorio acquisito nel contraddittorio delle parti.
DIRITTO PROCESSUALE PENALE – Attenuanti generiche – Concessione o diniego – Disciplina.
Le attenuanti generiche non vanno intese come oggetto di benevola “concessione” da parte del giudice, nell’ambito del suo potere discrezionale, ma come il riconoscimento di situazioni non contemplate specificamente, non comprese cioè tra le circostanze da valutare ai sensi dell’art. 133 cod. pen., posto che la ragion d’essere della relativa previsione normativa è quella di consentire al giudice un adeguamento, in senso più favorevole all’imputato, della sanzione prevista dalla legge, in considerazione di peculiari e non codificabili connotazioni tanto del fatto quanto del soggetto che di esso si è reso responsabile, ne deriva che la meritevolezza di detto adeguamento non può mai essere data per scontata o per presunta, sì da dar luogo all’obbligo, per il giudice, ove questi ritenga invece di escluderla, di giustificarne sotto ogni possibile profilo, l’affermata insussistenza. Inoltre, il mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche può essere legittimamente giustificato con l’assenza di elementi o circostanze di segno positivo, a maggior ragione dopo la modifica dell’art. 62-bis, disposta con il d.l. 23 maggio 2008, n. 92, convertito dalla legge 24 luglio 2008, n. 125, per effetto della quale, ai fini della concessione della diminuente non è più sufficiente lo stato di incensuratezza dell’imputato. Il giudice di merito, poi, non è tenuto a prendere in considerazione tutti gli elementi dedotti dalle parti o rilevabili dagli atti, ma è sufficiente che egli faccia riferimento a quelli ritenuti decisivi o comunque rilevanti, rimanendo tutti gli altri disattesi o superati da tale valutazione, cosicché anche i soli precedenti penali possono essere valorizzati per escludere il riconoscimento delle attenuanti.
DIRITTO PROCESSUALE PENALE – Giudizio di cassazione – Riqualificazione giuridica del fatto – Diritto di difesa.
Nel giudizio di cassazione è consentita la riqualificazione giuridica del fatto anche nel caso in cui la questione non sia stata oggetto di discussione in fase di merito o prospettata in ricorso, se la parte sia espressamente posta in condizione di interloquire sulle diverse possibili definizioni giuridiche del fatto; tale riqualificazione, per contro, non può avvenire con atto a sorpresa e con pregiudizio del diritto di difesa. Ne consegue che anche in sede di legittimità, in tale evenienza, occorre prospettare alle parti la possibilità di una diversa qualificazione giuridica del fatto, instaurando sul punto il contraddittorio, e concedere, se richiesto, un termine a difesa. Come detto, non vi è questa necessità qualora le parti siano state comunque in condizioni di interloquire sulla nuova qualificazione giuridica poi ritenuta in sentenza, risultando la stessa uno dei possibili epiloghi decisori del giudizio.
(riforma sentenza del 28/06/2018 della CORTE APPELLO DI REGGIO CALABRIA) Pres. CERVADORO, Rel. MESSINI D’AGOSTINI, Ric. Alampi