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Giurisprudenza: Giurisprudenza Sentenze per esteso massime | Categoria: Diritto venatorio e della pesca Numero: 18493 | Data di udienza: 21 Gennaio 2016

DIRITTO VENATORIO – CACCIA – Strumenti di pianificazione della attività faunistico venatoria – Piani faunistici venatori regionali – Esercizio venatorio e onere di informazione – Oasi provinciale di protezione faunistica – Assenza di tabellazione – Ininfluenza – Artt. 10, comma 9, 21 e 30 L. 157/92.


Provvedimento: Sentenza
Sezione: 3^
Regione:
Città:
Data di pubblicazione: 4 Maggio 2016
Numero: 18493
Data di udienza: 21 Gennaio 2016
Presidente: Ramacci
Estensore: Liberati


Premassima

DIRITTO VENATORIO – CACCIA – Strumenti di pianificazione della attività faunistico venatoria – Piani faunistici venatori regionali – Esercizio venatorio e onere di informazione – Oasi provinciale di protezione faunistica – Assenza di tabellazione – Ininfluenza – Artt. 10, comma 9, 21 e 30 L. 157/92.



Massima

 

 


CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. 3^ 04/05/2016 (Ud. 21/01/2016) Sentenza n.18493



DIRITTO VENATORIO – CACCIA – Strumenti di pianificazione della attività faunistico venatoria – Piani faunistici venatori regionali – Esercizio venatorio e onere di informazione – Oasi provinciale di protezione faunistica – Assenza di tabellazione – Ininfluenza – Artt. 10, comma 9, 21 e 30 L. 157/92.
 
La natura di strumenti di pianificazione della attività faunistico venatoria dei suddetti piani venatori regionali comporta, per chi intenda esercitare la caccia, un onere di informazione circa la loro esistenza ed il loro contenuto, costituendo obbligo di colui che si accinga ad esercitare l’attività venatoria preventivamente verificare quale sia la pianificazione territoriale al riguardo, allo scopo di individuare le aree nelle quali la caccia sia consentita e possa quindi lecitamente essere esercitata, attraverso la consultazione della cartografia allegata al piani venatori regionali. Le tabelle apposte nelle varie zone individuate dai piani venatori hanno la diversa funzione di delimitare fisicamente i confini delle zone stesse, che debbono, evidentemente, essere preventivamente individuate come quelle nelle quali, sulla base della suddetta pianificazione regionale, sia consentita la caccia. Ne consegue che l’esercizio della caccia in un’oasi provinciale di protezione faunistica, agevolmente individuabile nella sua estensione fisica sulla base della conformazione dei luoghi non può dirsi compiuto ignorando il divieto solo perché non erano presenti le tabelle.
 
 
(conferma sentenza del 20/3/2015 della Corte d’appello di Lecce) Pres. RAMACCI, Rel. LIBERATI, Ric. Giacovelli
 

Allegato


Titolo Completo

CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. 3^ 04/05/2016 (Ud. 21/01/2016) Sentenza n.18493

SENTENZA

 

 
CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. 3^ 04/05/2016 (Ud. 21/01/2016) Sentenza n.18493

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
 
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA PENALE
 
composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
 
omissis
 
ha pronunciato la seguente
 
SENTENZA
 
sul ricorso proposto da: Giacovelli Vito, nato a Ostuni il 8/1/1973
avverso la sentenza del 20/3/2015 della Corte d’appello di Lecce visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Giovanni Liberati;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Felicetta Marinelli, che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso;
udito per l’imputato l’avv. Mario Guagliani, che ha concluso chiedendo l’accoglimento del ricorso.

RITENUTO IN FATTO
 
1. Con sentenza del 20 marzo 2015 la Corte d’appello di Lecce, provvedendo sulla impugnazione proposta da Vito Giacovelli nei confronti della sentenza del 20 febbraio 2013 del Tribunale di Brindisi, che lo aveva condannato alla pena di un mese di arresto ed euro 500 di ammenda per il reato di cui agli artt. 21, comma 1, lett. c), e 30, comma 1, lett. d), I. 157/92 (per avere esercitato la caccia senza autorizzazione), ha concesso all’appellante il beneficio della non menzione della condanna nel certificato del casellario giudiziale e sostituito la pena detentiva di un mese di arresto con quella corrispondente di euro 7.500 di ammenda, confermando nel resto la sentenza di primo grado. 
 
Ha escluso la Corte territoriale la rilevanza (ai fini della esclusione della consapevolezza di esercitare la caccia in zona protetta) della assenza di tabellazione dell’area provinciale sottratta alla attività venatoria, sulla base del rilievo che l’area all’interno della quale era stato sorpreso l’imputato (un’oasi prevista dal piano faunistico regionale ai sensi dell’art. 10, comma 9, L. 157/92) era chiaramente indicata nella cartografia pubblicata sul bollettino ufficiale della Regione Puglia, ed era fisicamente delimitata in modo evidente dalla strada statale e dal mare, sottolineando che l’esercizio della caccia impone oneri di informazione rigorosi. Ha dunque ritenuto la Corte d’appello che viola una regola di diligenza il cacciatore che eserciti l’attività venatoria senza avere adeguatamente verificato se la zona prescelta rientri tra le zone protette dai piani faunistici regolarmente pubblicati.
 
2. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso l’imputato mediante il suo difensore, affidato ad un unico articolato motivo, mediante il quale ha denunciato violazione di legge processuale, in relazione agli artt. 125, comma 3, e 178, lett. c), cod. proc. pen., e di legge penale in relazione agli artt. 21 e 30 L. 157/92.
 
Ha lamentato vizio di motivazione in relazione alla propria doglianza relativa al regime di pubblicità delle aree faunistiche nazionali rispetto a quelle regionali o provinciali, non avendo tra l’altro la Corte d’appello indicato il bollettino regionale nel quale sarebbe stata reperibile la cartografia con l’indicazione delle aree protette. Ha contestato anche il riferimento all’obbligo di diligenza a carico dei cacciatori, in ragione della natura derogatoria della disciplina regionale.

CONSIDERATO IN DIRITTO
 
Il ricorso è infondato.
 
La Corte d’appello ha escluso la rilevanza della mancanza della tabellazione dell’area nella quale il ricorrente venne sorpreso ad esercitare la caccia (realizzata successivamente dalla Amministrazione provinciale di Brindisi), sulla base del rilievo che tale area era compresa in un’oasi provinciale di protezione faunistica prevista dal piano faunistico venatorio regionale, pubblicato sul bollettino regionale della Regione Puglia n. 119 del 3/8/2009 ed attuato con regolamento regionale n. 17 del 30/7/2009, evidenziando che detta area era chiaramente indicata nella cartografia pubblicata nel suddetto bollettino regionale ed era anche fisicamente delimitata dalla strada statale e dal mare, in modo da essere agevolmente identificabile.
 
Tali considerazioni risultano corrette e non si pongono in contrasto con il consolidato orientamento interpretativo di questa Corte (richiamato anche dal ricorrente), in ordine alla necessità della segnalazione, mediante regolare tabellazione, del divieto di esercizio della caccia in aree naturali protette, che determina una presunzione di conoscenza a carico dell’autore della esistenza del divieto, sollevando l’accusa dall’onere di dimostrare la conoscenza della proibizione, che, invece, deve essere dimostrata in concreto in caso di mancanza di tabellazione (così Sez. 3, n. 39112 del 29/05/2013, Tarquinio, Rv. 257525; conf. Sez. 3, Sentenza n. 9576 del 25/01/2012, Falco, Rv. 252249), in quanto nella specie la caccia fu esercitata in area compresa in un’oasi provinciale di protezione faunistica prevista dal piano faunistico venatorio regionale, indicata nella apposita cartografia pubblicata sul bollettino regionale e delimitata fisicamente.
 
L’art. 10 della L. 11/2/1992 n. 157, che contempla i piani faunistici venatori, stabilisce che il territorio agro-silvo-pastorale di ogni area provinciale, nella misura del 10-20% nella zona faunistica delle Alpi e del 20-30% nella zona faunistica di pianura, sia soggetto a forme di gestione che precludano la caccia, e che il restante territorio sia destinato alla caccia programmata o alla caccia a gestione privata. Tale articolazione territoriale, compresa l’individuazione delle zone di protezione, è definita dalle Regioni e dalle Province e Città Metropolitane attraverso i piani faunistico venatori.
 
Il contenuto e la portata di tali piani sono specificati nei commi 7 e 8 della medesima disposizione, secondo cui “7. Ai fini della pianificazione generale del territorio agro-silvo-pastorale le province predispongono, articolandoli per comprensori omogenei, piani faunistico-venatori. Le province predispongono altresi’ piani di miglioramento ambientale tesi a favorire la riproduzione naturale di fauna selvatica nonche’ piani di immissione di fauna selvatica anche tramite la cattura di selvatici presenti in soprannumero nei parchi nazionali e regionali ed in altri ambiti faunistici, salvo accertamento delle compatibilita’ genetiche da parte dell’Istituto nazionale per la fauna selvatica e sentite le organizzazioni professionali agricole presenti nel Comitato tecnico faunistico-venatorio nazionale tramite le loro strutture regionali. 8. I piani faunistico-venatori di cui al comma 7 comprendono: a) le oasi di protezione, destinate al rifugio, alla riproduzione ed alla sosta della fauna selvatica; b) le zone di ripopolamento e cattura, destinate alla riproduzione della fauna selvatica allo stato naturale ed alla cattura della stessa per l’immissione sul territorio in tempi e condizioni utili all’ambientamento fino alla ricostituzione e alla stabilizzazione della densita’ faunistica ottimale per il territorio; e) i centri pubblici di riproduzione della fauna selvatica allo stato naturale, ai fini di ricostituzione delle popolazioni autoctone; d) i centri privati di riproduzione di fauna selvatica allo stato naturale, organizzati in forma di azienda agricola singola, consortile o cooperativa, ove e’ vietato l’esercizio dell’attivita’ venatoria ed e’ consentito il prelievo di animali allevati appartenenti a specie cacciabili da parte del titolare dell’impresa agricola, di dipendenti della stessa e di persone nominativamente indicate; e) le zone e i periodi per l’addestramento, l’allenamento e le gare di cani anche su fauna selvatica naturale o con l’abbattimento di fauna di allevamento appartenente a specie cacciabili, la cui gestione puo’ essere affidata ad associazioni venatorie e cinofile ovvero ad imprenditori agricoli singoli o associati; f) i criteri per la determinazione del risarcimento in favore dei conduttori dei fondi rustici per i danni arrecati dalla fauna selvatica alle produzioni agricole e alle opere approntate su fondi vincolati per gli scopi di cui alle lettere a), b) e e): g) i criteri della corresponsione degli incentivi in favore dei proprietari o conduttori dei fondi rustici, singoli o associati, che si impegnino alla tutela ed al ripristino degli habitat naturali e all’incremento della fauna selvatica nelle zone di cui alle lettere a) e b); h) l’identificazione delle zone in cui sono collocabili gli appostamenti fissi”.
 
Le forme di pubblicità ed opponibilità di tali vincoli sono contemplate dai successivi commi 9 e 13 della medesima disposizione, secondo cui “9. Ogni zona dovra’ essere indicata da tabelle perimetrali, esenti da tasse, secondo le disposizioni impartite dalle regioni, apposte a cura dell’ente, associazione o privato che si preposto o incaricato della gestione della singola zona 13. La deliberazione che determina il perimetro delle zone da vincolare, come indicato al comma 8, lettere a), b) e e), deve essere notificata ai proprietari o conduttori dei fondi interessati e pubblicata mediante affissione all’albo pretorio dei comuni territorialmente interessati”, con l’ulteriore previsione, costituente clausola di chiusura, che, in caso di opposizione dei proprietari “17. Nelle zone non vincolate per la opposizione manifestata dai proprietari o conduttori di fondi interessati, resta, in ogni caso, precluso l’esercizio dell’attivita’ venatoria. Le regioni possono destinare le suddette aree ad altro uso nell’ambito della pianificazione faunistico- venatoria”.
 
La natura di strumenti di pianificazione della attività faunistico venatoria dei suddetti piani venatori regionali comporta, per chi intenda esercitare la caccia, un onere di informazione circa la loro esistenza ed il loro contenuto, costituendo obbligo di colui che si accinga ad esercitare l’attività venatoria preventivamente verificare quale sia la pianificazione territoriale al riguardo, allo scopo di individuare le aree nelle quali la caccia sia consentita e possa quindi lecitamente essere esercitata, attraverso la consultazione della cartografia allegata al piani venatori regionali. Le tabelle apposte nelle varie zone individuate dai piani venatori hanno la diversa funzione di delimitare fisicamente i confini delle zone stesse, che debbono, evidentemente, essere preventivamente individuate come quelle nelle quali, sulla base della suddetta pianificazione regionale, sia consentita la caccia. 
 
Ne consegue che l’esercizio della caccia in un’oasi provinciale di protezione faunistica, agevolmente individuabile nella sua estensione fisica sulla base della conformazione dei luoghi (in quanto delimitata dal mare da un lato e dalla strada statale dall’altro), non può dirsi compiuto ignorando il divieto solo perché non erano presenti le tabelle, in quanto l’area nella quale si trovava il ricorrente nell’esercizio della caccia era all’interno di un’oasi provinciale di protezione faunistica, nella quale il ricorrente non avrebbe dovuto recarsi, a prescindere dalla esistenza o meno delle tabelle di delimitazione dell’area stessa, la cui estensione era comunque individuabile attraverso i suoi confini fisici, sicché tale mancanza non consente di escludere la consapevolezza del ricorrente in ordine alla esistenza del divieto.
 
Entrambe le censure sollevate dal Giacovelli debbono, quindi, essere disattese, non sussistendo né il vizio di motivazione di motivazione denunciato, avendo la Corte d’appello illustrato le ragioni della ritenuta conoscenza del divieto da parte dell’imputato, né la violazione di legge prospettata, per il corretto rilievo del suddetto onere di preventiva informazione e verifica del contenuto dei piani faunistici venatori.
 
In conclusione il ricorso deve essere respinto ed il ricorrente condannato al pagamento delle spese processuali.
 
P.Q.M.
 
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
 
Così deciso il 21/1/2016
 
 
 
 

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