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Giurisprudenza: Giurisprudenza Sentenze per esteso massime | Categoria: Acqua - Inquinamento idrico, Diritto processuale penale, Rifiuti Numero: 32366 | Data di udienza: 9 Maggio 2017

* RIFIUTI – Gestione di rifiuti – Sequestro preventivo – Riesame delle prove – ACQUA – INQUINAMENTO IDRICO -Analisi sulle acque e sui materiali trattati – CODICE DELL’AMBIENTE – Inquinamento ambientale – Valutazione delle prove di plurimi reati – Argomenti carenti e manifestamente illogici – Artt. 192, 256 e 260 d.lgs. n.152/2006 – Artt. 273, 274, 321, 325, 606  cod. proc. pen. e art. 416 cod. pen. – DIRITTO PROCESSUALE PENALE – Misure cautelari personali e provvedimenti cautelari reali – Ricorso per cassazione – Verifica della gravità del quadro indiziario a carico dell’indagato e di controllo della congruenza della motivazione – Nozione di “violazione di legge”.


Provvedimento: Sentenza
Sezione: 3^
Regione:
Città:
Data di pubblicazione: 5 Luglio 2017
Numero: 32366
Data di udienza: 9 Maggio 2017
Presidente: Ramacci
Estensore: MENGONI


Premassima

* RIFIUTI – Gestione di rifiuti – Sequestro preventivo – Riesame delle prove – ACQUA – INQUINAMENTO IDRICO -Analisi sulle acque e sui materiali trattati – CODICE DELL’AMBIENTE – Inquinamento ambientale – Valutazione delle prove di plurimi reati – Argomenti carenti e manifestamente illogici – Artt. 192, 256 e 260 d.lgs. n.152/2006 – Artt. 273, 274, 321, 325, 606  cod. proc. pen. e art. 416 cod. pen. – DIRITTO PROCESSUALE PENALE – Misure cautelari personali e provvedimenti cautelari reali – Ricorso per cassazione – Verifica della gravità del quadro indiziario a carico dell’indagato e di controllo della congruenza della motivazione – Nozione di “violazione di legge”.



Massima

 

 

 
CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. 3^ 05/07/2017 (Ud. 09/05/2017) Sentenza n.32366
 
 
 
 
RIFIUTI – Gestione di rifiuti – Sequestro preventivo – Riesame delle prove – ACQUA – INQUINAMENTO IDRICO -Analisi sulle acque e sui materiali trattati – CODICE DELL’AMBIENTE – Inquinamento ambientale – Valutazione delle prove di plurimi reati – Argomenti carenti e manifestamente illogici – Artt. 192, 256 e 260 d.lgs. n.152/2006 – Artt. 273, 274, 321, 325, 606  cod. proc. pen. e art. 416 cod. pen..
 
In tema di valutazione delle prove, nella specie plurimi reati anche ambientali, ben può incidere sia sul fumus del delitto di cui all’art. 260 d.lgs. n.152/2006 (per pacifico indirizzo, reato abituale, che si perfeziona soltanto attraverso la realizzazione di più comportamenti non occasionali della stessa specie, finalizzati al conseguimento di un ingiusto profitto, con la necessaria predisposizione di una, pur rudimentale, organizzazione professionale di mezzi e capitali, che sia in grado di gestire ingenti quantitativi di rifiuti in modo continuativo; per tutte, Sez. 3, n. 52838 del 14/7/2016, Serrao), sia sulla considerazione conclusiva del Tribunale, secondo la quale dalle indagini alcuni indagati sarebbero stati coinvolti nella vicenda soltanto perché componenti le compagini societarie (sì da escludere, nell’ottica dell’ordinanza, quella plurisoggettività necessaria ai sensi dell’art. 416 cod. pen.). Sicché, tali conclusioni dovranno esser riesaminate, alla luce del materiale istruttorio qui pretermesso ma posto a fondamento dell’ordinanza del primo Giudice.
 
 
 
DIRITTO PROCESSUALE PENALE – Misure cautelari personali e provvedimenti cautelari reali – Ricorso per cassazione – Verifica della gravità del quadro indiziario a carico dell’indagato e di controllo della congruenza della motivazione – Nozione di “violazione di legge”.
 
In tema di misure cautelari personali, allorché sia denunciato, con ricorso per cassazione, vizio di motivazione del provvedimento emesso dal Tribunale del riesame in ordine alla consistenza dei gravi indizi di colpevolezza ed all’adeguatezza della misura cautelare, alla Corte Suprema spetta solo il compito di verificare, in relazione alla peculiare natura del giudizio di legittimità e ai limiti che ad esso ineriscono, se il Giudice di merito abbia dato adeguatamente conto delle ragioni che l’hanno indotto ad affermare la gravità del quadro indiziario a carico dell’indagato e di controllare la congruenza della motivazione riguardante la valutazione degli elementi indizianti rispetto ai canoni della logica e ai principi di diritto che governano l’apprezzamento delle risultanze probatorie (Cass., Sez. 4, n. 26992 del 29/5/2013, Tiana). Con riferimento, poi, ai provvedimenti cautelari reali, occorre ribadire che l’art. 325 cod. proc. pen. ammette il sindacato di legittimità soltanto per motivi attinenti alla violazione di legge; nella nozione di “violazione di legge” rientrano, in particolare, la mancanza assoluta di motivazione o la presenza di motivazione meramente apparente, in quanto correlate all’inosservanza di precise norme processuali, ma non l’illogicità manifesta, la quale può denunciarsi nel giudizio di legittimità soltanto tramite lo specifico e autonomo motivo di ricorso di cui alla lett. e) dell’art. 606 stesso codice (v., per tutte: Sez. U, n. 5876 del 28/01/2004, P.C. Ferazzi in proc. Bevilacqua; Sez. U, n. 25080 del 28/05/2003, Pellegrino S.).
 
(annulla con rinvio ordinanza del 13/12/2016 TRIBUNALE DI BRESCIA) Pres. RAMACCI, Rel. MENGONI, Ric. P.R. nei confr.di Guizzetti
 

 


Allegato


Titolo Completo

CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. 3^ 05/07/2017 (Ud. 09/05/2017) Sentenza n.32366

SENTENZA

 

 

CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. 3^ 05/07/2017 (Ud. 09/05/2017) Sentenza n.32366
 
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
 
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA PENALE
 
composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
 
omissis
 
ha pronunciato la seguente
 
SENTENZA
 
sui ricorsi proposti da
 
Procuratore distrettuale della Repubblica presso il Tribunale di Brescia nel procedimento nei confronti di G. C. A., nato a Lovere (Bg);
 
avverso l’ordinanza del 13/12/2016 del Tribunale di Brescia;
 
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
 
sentita la relazione svolta dal consigliere Enrico Mengoni; 
 
lette le conclusioni del Pubblico Ministero, Procuratore generale Felicetta Marinelli, che l’accoglimento del ricorso in persona del Sostituto ha concluso chiedendo udite le conclusioni dei difensori del ricorrente, Avv. Michele Bontempi anche in sostituzione dell’Avv. Elena Frigo, che hanno concluso chiedendo il rigetto del ricorso
 
RITENUTO IN FATTO
 
1. Con ordinanza del 6/12/2016, il Tribunale del riesame di Brescia annullava il provvedimento emesso il 18/11/2016 dal Giudice per le indagini preliminari del locale Tribunale e, per l’effetto, revocava la misura cautelare degli arresti domiciliari disposta a carico di Maurizio Visinoni; a giudizio del Collegio, difettava il fumus dei delitti di cui agli artt. 416 cod. pen. e 260, d. lgs. 3 aprile 2006, n. 152, posti a fondamento della misura restrittiva, atteso che il materiale investigativo in atti consentiva di ravvisare, al più, isolate condotte illecite in materia di gestioni di rifiuti e di falso, in difetto, però, di una stabile struttura organizzata e di una continuativa attività interessante ingenti quantitativi del medesimo prodotto. Questa stessa motivazione, integralmente riportata, era poi posta a fondamento anche della diversa ordinanza emessa il 13/12/2016, con cui il Tribunale di Brescia riformava il provvedimento dell’8/11/2016 in forza del quale A. C. G. – amministratore della Eco Planet s.r.l., chiamata dai Visinoni ad eseguire analisi sulle acque e sui materiali trattati, con relativi attestati – era stato sottoposto alla misura interdittiva del divieto temporaneo di esercitare uffici direttivi delle persone giuridiche e delle imprese per 12 mesi. Da ultimo, con ulteriore provvedimento a data 13/12/2016 ed ancora con la medesima motivazione, lo stesso Tribunale annullava il decreto di sequestro preventivo emesso dal Giudice per le indagini preliminari in sede l’8/11/2016, disponendo la restituzione a Maurizio Visinoni (quale legale rappresentante della C.G.S. Trading s.r.l.) dei beni mobili ed immobili di cui al dispositivo; al contempo, annullava il decreto di sequestro preventivo emesso dal locale G.i.p. il 22/11/2016 a carico di Aliandra Visinoni (quale legale rappresentante della Visinoni Trasporti e Spedizioni s.r.l.), disponendo la restituzione alla stessa dei beni compiutamente indicati nel provvedimento.
 
2. Propone tre identici ricorsi per cassazione il Procuratore distrettuale della Repubblica presso il Tribunale di Brescia, deducendo – con unico motivo – la violazione degli artt. 273 e 274, 321 cod. proc. pen., 416 cod. pen., 260, d. lgs. n. 152 del 2016, con vizio motivazionale. Il Tribunale avrebbe revocato le misure cautelari (coercitive, interdittive e reali) in forza di argomenti carenti e manifestamente illogici, con i quali peraltro non si sarebbe misurato con i numerosi elementi sviluppati nell’ordinanza genetica; ciò, in particolare, con riguardo alla gestione di rifiuti da parte della “C.G.S. Trading s.r.l.” (poi, CGS), della “Visinoni Trasporti e Logistica s.r.l.” (poi, Visinoni) e della “Dea Steel s.r.l.” (poi, DEA), tutte riferibili a Maurizio Visinoni, e dei rapporti tra questi enti e la “Eco Planet s.r.l.”, della quale legale rappresentante era il coindagato A. C. G.. 
 
Elementi – questi richiamati – dai quali emergerebbe evidente il fumus della gestione illecita di ingenti quantitativi di rifiuti, peraltro realizzata anche attraverso differenti società (per tutte, la “Valferro s.r.l.” di Gianfranco Sanca) e confermata dai servizi di osservazione e controllo, dal sequestro di documenti falsi e dal tenore di numerose intercettazioni telefoniche, che il gravame richiama; emergenze investigative che ben darebbero conto dello stabile rapporto tra gli indagati – nell’ottica di cui alla rubrica – e della piena consapevolezza, in capo agli stessi, dell’esistenza e del carattere illecito di tale gestione, avente ad oggetto almeno 2.000 tonnellate di rifiuti speciali pericolosi. La motivazione dei provvedimenti, ancora, risulterebbe illogica quanto al riferimento a due soli campioni positivi di materiale rinvenuto presso la CGS (su sei analizzati), atteso che tale dato numerico non rivestirebbe alcun rilievo, non essendo richiesto dalla normativa; del pari, l’argomento medesimo risulterebbe contraddittorio laddove, pur concludendo per l’assenza di fumus sui reati associativi, riconoscerebbe comunque gravi indizi di colpevolezza con riguardo alle fattispecie ex artt. 256, d. lgs. n. 152 del 2006 e 481 cod. pen., così fornendo un ulteriore elemento a sostegno dell’ipotesi accusatoria.
 
Si conclude, pertanto, per l’annullamento delle ordinanze, con riferimento ai profili sia personali che reali alle stesse afferenti, anche nell’ottica di cui all’art.321 cod. proc. pen..
 
Con requisitoria scritta del 4/4/2017, il Procuratore generale presso questa Corte ha chiesto l’annullamento con rinvio dell’ordinanza reale (in aula, poi, anche di quelle personali), condividendo gli argomenti di cui al gravame.
 
In data 11/4/2017, i difensori del G. hanno presentato memoria, deducendo l’inammissibilità del ricorso del pubblico ministero, attesa la fondatezza degli argomenti impiegati dal Tribunale.
 
In data 22/4/2017, anche i difensori di Maurizio ed Aliandra Visinoni hanno depositato memoria, rappresentando l’inammissibilità (o la infondatezza) delle impugnazioni – peraltro di mero fatto – sia per l’assenza di qualsivoglia richiamo ai gravi indizi di colpevolezza ed alle esigenze cautelari, sia per la mancanza di riferimenti di sorta all’indagata Visinoni.
 
CONSIDERATO IN DIRITTO
 
3. I gravami – da trattare congiuntamente, attesane l’identità di contenuto, al pari dell’identità di contenuto delle tre ordinanze impugnate – risultano fondati.
 
Al riguardo, osserva innanzitutto il Collegio che, per consolidato indirizzo di questa Corte, in tema di misure cautelari personali, allorché sia denunciato, con ricorso per cassazione, vizio di motivazione del provvedimento emesso dal Tribunale del riesame in ordine alla consistenza dei gravi indizi di colpevolezza ed all’adeguatezza della misura cautelare, alla Corte Suprema spetta solo il compito di verificare, in relazione alla peculiare natura del giudizio di legittimità e ai limiti che ad esso ineriscono, se il Giudice di merito abbia dato adeguatamente conto delle ragioni che l’hanno indotto ad affermare la gravità del quadro indiziario a carico dell’indagato e di controllare la congruenza della motivazione riguardante la valutazione degli elementi indizianti rispetto ai canoni della logica e ai principi di diritto che governano l’apprezzamento delle risultanze probatorie (per tutte, Sez. 4, n. 26992 del 29/5/2013, Tiana, Rv. 255460). Con riferimento, poi, ai provvedimenti cautelari reali, occorre ribadire che l’art. 325 cod. proc. pen. ammette il sindacato di legittimità soltanto per motivi attinenti alla violazione di legge; nella nozione di “violazione di legge” rientrano, in particolare, la mancanza assoluta di motivazione o la presenza di motivazione meramente apparente, in quanto correlate all’inosservanza di precise norme processuali, ma non l’illogicità manifesta, la quale può denunciarsi nel giudizio di legittimità soltanto tramite lo specifico e autonomo motivo di ricorso di cui alla lett. e) dell’art. 606 stesso codice (v., per tutte: Sez. U, n. 5876 del 28/01/2004, P.C. Ferazzi in proc. Bevilacqua, Rv. 226710; Sez. U, n. 25080 del 28/05/2003, Pellegrino S., Rv. 224611).
 
4. Ciò premesso, le ordinanze impugnate – pur prendendo le mosse dalla «assodata esistenza di floridi rapporti commerciali tra le parti in causa» (società del gruppo Visinoni e Valferro) e pur accertata la presenza, presso CGS, di rifiuti speciali pericolosi, in difetto di autorizzazione e di qualsivoglia giustificazione – hanno sostenuto che non vi sarebbero sufficienti indizi per affermare che questi prodotti avessero costituito oggetto di cessioni continuative alla Valferro (che li avrebbe occultati e miscelati con propri rottami ferrosi, per poi inviarli ad acciaierie locali), difettando gli esiti di analisi eseguite al riguardo su rifiuti rinvenuti presso entrambi gli enti; quel che, peraltro, priverebbe tout court di forza indiziante anche le intercettazioni telefoniche in atti. Ne deriverebbe, dunque, l’assenza di fumus quanto al delitto di cui all’art. 260, d. lgs. n. 152 del 2006 (contestato a Maurizio, Marinella e Gianmario Visinoni), anche sotto il profilo della ingente quantità richiesta dalla norma. In ordine, poi, alla fattispecie plurisoggettiva ex art. 416 cod. pen. (ascritta ai citati Visinoni, oltre che a G.), il compendio investigativo avrebbe fatto emergere soltanto la figura di
 
Maurizio Visinoni, «a capo di tutte le operazioni, non potendo di certo confondersi gli elementi costituivi del contestato delitto associativo con la compagine societaria». Quanto precede, all’evidenza, con efficacia ex se preclusiva di ogni misura cautelare reale, nei termini del sequestro preventivo, invero annullata – come premesso – con ordinanza del 13/12/2016.
 
5. Orbene, ritiene il Collegio che tale ripetuta motivazione sia carente e gravata dalla contestata illogicità manifesta, sì da meritare l’annullamento con riguardo a tutti i provvedimenti impugnati; in particolare, quanto al delitto di cui al d. lgs. n. 152 del 2006, il Tribunale ha assegnato esclusivo rilievo ad una duplice emergenza istruttoria (due soli campioni positivi su sei, quanto al materiale rinvenuto presso CGS; assenza di esiti quanto alle analisi sui rifiuti rinvenuti presso Valferro), senza però esaminare affatto – salvo poi pervenire, eventualmente, alle stesse conclusioni ulteriori e numerosi elementi investigativi pur diffusamente posti a fondamento dell’ordinanza genetica, e richiamati nel presente ricorso.
 
Ci si riferisce, in particolare, alle intercettazioni telefoniche tra Maurizio Visinoni ed altri soggetti del settore (Daniele Pavoni, Andrea Zendra, il coindagato Stefano Sanca), che – giusta solo il mero tenore letterale – lasciano emergere indicazioni meritevoli di attento esame già in sede cautelare, specie con riguardo alla sussistenza di una struttura organizzata e stabile, nonché di ingenti quantitativi di rifiuti pericolosi trattati senza autorizzazione (“Schiuma questa merda di scaglia”; “Stamattina li han beccati tutti e due … li hanno messi in parte … li hanno spalati e tutto quanto … li hanno tirato fuori e cazzo è venuta fuori quella scoria … e dopo sai … se ribalti il carico salta fuori”; “Tu puoi mescolarla fino a che vuoi”; “Andrea ascolta una cosa, quel materiale lì famoso, quelle due camionate lì, cosa dici di far giù un buco e buttarle giù?” Al che Zendra risponde affermativamente: “Sempre il solito”). Ulteriori conversazioni, poi, appaiono suscettibili di fornire indizi rilevanti anche con riguardo al delitto di cui all’art. 416 cod. pen., coinvolgendo indagati diversi da Maurizio Visinoni; ad esempio quelle – non espressamente contestate nel provvedimento, ma neppure analizzate – tra Gianmario e Stefano Visinoni (nelle quali il primo chiede all’altro “Riesci a coprirla dopo? Cos’è che ne facciamo? Quella merda … o gli metti sopra un viaggio … una palata di scaglia che si mischia”), oppure tra Gianmario Visinoni ed A. C. G. (nella quale il primo chiede di effettuare sugli stessi campioni di scaglia due distinte analisi, una per il materiale in entrata ed una per quello in uscita, lavorato. Con la raccomandazione, peraltro, di “non farli uscire proprio uguali”, facendo perciò risultare comunque un qualche trattamento sul prodotto. Più avanti, peraltro, Visinoni chiede a G. un’analisi “19, metalli ferrosi … 19 02 02 deve essere … che esca simile, più o meno sì”. Al che G. risponde “Va bene ci penso io”, e l’altro “Se tu riesci a farmelo datato … vedi te … qualche giorno fa”).
 
Conversazioni – queste appena menzionate (unitamente a molte altre di analogo tenore, ad esempio in materia di controlli sulle acque) e riportate in modo analitico nel provvedimento genetico – che avrebbero dunque meritato un accurato esame in seno alle ordinanze, alla luce non soltanto del loro significativo tenore e di una abitualità di legami (quantomeno) poco limpidi che sembrerebbero evidenziare (quel che potrebbe assumere rilievo con riguardo al fumus di condotte contestate ex artt. 416 cod. pen. e 260, d. lgs. n. 152 del 2006), ma anche dell’individuazione degli interlocutori, quali (per limitarsi agli indagati interessati dai presenti ricorsi personali) Maurizio Visinoni, i suoi familiari e G.. Quel che, pertanto, ben avrebbe potuto incidere sia sul fumus del delitto di cui all’art. 260 in esame (per pacifico indirizzo, reato abituale, che si perfeziona soltanto attraverso la realizzazione di più comportamenti non occasionali della stessa specie, finalizzati al conseguimento di un ingiusto profitto, con la necessaria predisposizione di una, pur rudimentale, organizzazione professionale di mezzi e capitali, che sia in grado di gestire ingenti quantitativi di rifiuti in modo continuativo; per tutte, Sez. 3, n. 52838 del 14/7/2016, Serrao, Rv. 268920), sia sulla considerazione conclusiva del Tribunale, secondo la quale l’unica figura emersa dalle indagini risulterebbe quella di Maurizio Visinoni, mentre i familiari di questi ed il G. sarebbero stati coinvolti nella vicenda soltanto perché componenti le compagini societarie (sì da escludere, nell’ottica dell’ordinanza, quella plurisoggettività necessaria ai sensi dell’art. 416 cod. pen.); conclusione, quindi, che dovrà esser riesaminata, alla luce del materiale istruttorio qui pretermesso ma posto a fondamento dell’ordinanza del primo Giudice.
 
6. Il mancato riferimento agli elementi che precedono – si ribadisce, non esclusi dall’ordinanza impugnata, ma neppure trattati in alcun punto – risulta poi viepiù rilevante, nell’esame intrinseco della motivazione, alla luce della (invece) riconosciuta sussistenza del fumus dei reati cui agli artt. 256, d. lgs. n. 152 del 2006 (per rifiuti custoditi in CGS e gestiti senza le prescritte autorizzazioni) e 481 cod. pen. (risultante da una conversazione del 29/4/2015 tra Maurizio Visinoni ed il G., nel corso della quale i due concordavano il carattere alterato di alcune analisi e relative certificazioni quanto ai rifiuti smaltiti), giusta l’ordinanza 6/12/2012; condotte che il Tribunale del riesame ha ritenuto occasionali e marginali, tali da non costituire ex se espressione di un’associazione per delinquere o di un’attività organizzata per il traffico illecito di ingenti quantitativi di rifiuti, ma che, diversamente, avrebbero dovuto esser lette in uno con i numerosi e rilevanti elementi istruttori sopra richiamati, in atti ma del tutto pretermessi, al fine di verificare la perdurante tenuta argomentativa delle conclusioni di cui a tutte le ordinanze qui impugnate.
 
Quel che il Collegio di merito, dunque, è ora chiamato a compiere, con ogni riguardo tanto alle misure cautelari quanto a quelle reali, in punto di fumus e di periculum; e con la considerazione conclusiva, a tale ultimo proposito, che le esigenze da garantire – ampiamente analizzate nell’ordinanza genetica alle pagg. 26-28 – sono state invece del tutto tralasciate dal Tribunale di Brescia, ossia tout court non esaminate, alla luce della disattesa sussistenza di ogni fumus delle condotte di cui alla rubrica.
   
7. Si impone, pertanto, l’annullamento con rinvio di tutte le ordinanze, affinché il Tribunale del riesame di Brescia colmi le lacune argomentative indicate nel presente provvedi mento.
 
P.Q.M.
 
Annulla con rinvio l’ordinanza impugnata al Tribunale di Brescia. 
 
Così deciso in Roma, il 9 maggio 
 

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