Giurisprudenza: Giurisprudenza Sentenze per esteso massime |
Categoria: Diritto processuale penale,
Inquinamento del suolo,
Rifiuti
Numero: 30626 |
Data di udienza: 8 Febbraio 2018
RIFIUTI – Classificazione dei rifiuti – L’analisi disposta dal giudice non è sempre necessaria – INQUINAMENTO DEL SUOLO – Sversamento incontrollato al suolo di rifiuti pericolosi – Reflui provenienti da impianto fognario civile – Osservazione diretta degli operanti di P.G. – Art. 256, comma 1, lettera B), d. lgs. 152/2006 – Giurisprudenza – DIRITTO PROCESSUALE PENALE – Chiusura della fase istruttoria senza che sia stata assunta una prova in precedenza ammessa con acquiescenza delle parti.
Provvedimento: Sentenza
Sezione: 3^
Regione:
Città:
Data di pubblicazione: 6 Luglio 2018
Numero: 30626
Data di udienza: 8 Febbraio 2018
Presidente: RAMACCI
Estensore: SOCCI
Premassima
RIFIUTI – Classificazione dei rifiuti – L’analisi disposta dal giudice non è sempre necessaria – INQUINAMENTO DEL SUOLO – Sversamento incontrollato al suolo di rifiuti pericolosi – Reflui provenienti da impianto fognario civile – Osservazione diretta degli operanti di P.G. – Art. 256, comma 1, lettera B), d. lgs. 152/2006 – Giurisprudenza – DIRITTO PROCESSUALE PENALE – Chiusura della fase istruttoria senza che sia stata assunta una prova in precedenza ammessa con acquiescenza delle parti.
Massima
CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. 3^ 06/07/2018 (Ud. 08/02/2018), Sentenza n.30626
RIFIUTI – Classificazione dei rifiuti – L’analisi disposta dal giudice non è sempre necessaria – INQUINAMENTO DEL SUOLO – Sversamento incontrollato al suolo di rifiuti pericolosi – Reflui provenienti da impianto fognario civile – Osservazione diretta degli operanti di P.G. – Art. 256, comma 1, lettera B), d. lgs. 152/2006.
Ai fini della qualificazione di un rifiuto quale tossico e nocivo, e della configurabilità del reato di cui all’
art. 256, comma 1, lettera B), d. lgs. 152/2006, non è sempre necessaria una analisi disposta dal giudice, potendosi ricavare da altri elementi del processo il relativo convincimento (nel caso di specie, per identificare la natura dei rifiuti (reflui provenienti da impianto fognario civile) non sussiste una necessità di analisi con perizia, in quanto l’osservazione diretta degli operanti di P.G. – sia del caricamento e sia dello sversamento – rende certa la natura del liquido sversato dall’autobotte).
DIRITTO PROCESSUALE PENALE – Chiusura della fase istruttoria senza che sia stata assunta una prova in precedenza ammessa con acquiescenza delle parti.
Qualora il giudice dichiari chiusa la fase istruttoria senza che sia stata assunta una prova in precedenza ammessa e le parti, corrispondendo al suo invito, procedano alla discussione senza nulla rilevare in ordine alla incompletezza dell’istruzione, la prova in questione deve ritenersi implicitamente revocata con l’acquiescenza delle parti medesime. (Sez. 5, n. 7108 del 14/12/2015 – dep. 23/02/2016, Sgherri; Sez. 6, n. 42182 del 16/10/2012 – dep. 30/10/2012, Statella e altri).
(dich. inammissibile il ricorso avverso sentenza del 28/02/2017 – TRIBUNALE di TARANTO) Pres. RAMACCI, Rel. SOCCI, Ric. Delle Grottaglie ed altro
Allegato
Titolo Completo
CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. 3^ 06/07/2018 (Ud. 08/02/2018), Sentenza n.30626
SENTENZA
CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. 3^ 06/07/2018 (Ud. 08/02/2018), Sentenza n.30626
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA PENALE
composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
omissis
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sui ricorsi proposti da:
DELLE GROTTAGLIE PIETRO nato il 18/04/1961 a LIZZANO;
AMMATURO GIUSEPPE nato il 25/01/1948 a SAN MARZANO DI SAN GIUSEPPE;
avverso la sentenza del 28/02/2017 del TRIBUNALE di TARANTO;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere ANGELO MATTEO SOCCI;
Udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore SANTE SPINACI che ha concluso per: "Rigetto del ricorso".
Il difensore presente, Avvocato ROCHIRA GIUSEPPE, sost. proc., insiste per l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. Il Tribunale di Taranto con sentenza del 28 febbraio 2017 ha condannato Pietro Delle Grottaglie e Giuseppe Ammatturo alla pena di € 2.600,00 di ammenda ciascuno, relativamente al reato di cui agli
art. 110, cod. pen. e
256, comma 1, lettera B), d. lgs. 152/2006 per avere, in concorso tra loro, smaltito illecitamente, mediante lo sversamento incontrollato al suolo, rifiuti pericolosi del tipo reflui provenienti da impianto fognario civile. Il 4 dicembre 2014.
2. I due imputati hanno proposto ricorso in Cassazione, tramite il difensore, per i motivi di seguito enunciati, nei limiti strettamente necessari per la motivazione, come disposto dall’art 173, comma 1, disp. att., cod. proc. pen.
2. 1. Motivi comuni ad entrambi. Violazione di legge, art. 111, Cost., 6, comma 2, CEDU, in relazione all’
art. 117, Cost., 24, Cost. e
190, cod. proc. pen. Violazione del diritto di difendersi provando, per non aver consentito l’escussione di un teste della difesa già ammesso; mancata assunzione di una prova decisiva.
Il Tribunale ha dato atto che la difesa aveva regolarmente citato il teste D’Aversa per l’udienza del 28 febbraio 2017, ma il teste non aveva ritirato la citazione testimoniale.
Nonostante la esplicita manifestazione della difesa in ordine all’interesse all’escussione del teste, il giudice, invece, ha ritenuto la difesa disinteressata alla citazione del teste.
Il Tribunale, quindi, non ha dato al ricorrente la possibilità di difendersi provando, anche perché il teste avrebbe dovuto deporre sulla circostanza dell’impossibilità di sversare i reflui in movimento. La perdita del carico quindi sarebbe avvenuta del tutto inconsapevolmente, e a questa prova, era diretta l’assunzione della testimonianza.
2. 2. Sempre motivo comune ai due ricorrenti. Violazione di legge, art. 256, d. lgs. 152/2006, relativamente al mancato accertamento della natura del rifiuto asseritamente sversato per strada. Omessa motivazione e travisamento delle foto, dalle quali non si evince la natura del rifiuto.
Il materiale fuoriuscito dall’autobotte era semplice acqua potabile, e non rifiuto. Nessun campionamento o prelievo è stato effettuato. Rimane quindi indimostrata la natura di rifiuto, ritenuta invece provata dalla sentenza impugnata. Il teste sentito in dibattimento non ha saputo specificare la natura della sostanza sversata dall’autobotte. Nemmeno le foto agli atti (che si allegano per l’autosufficienza del ricorso) dimostrano la natura dei reflui, le stesse sono state travisate.
Nemmeno risulta dimostrata, e logicamente motivata, la circostanza, affermata in sentenza, che l’autobotte avesse svuotato l’impianto fognario dell’abitazione sita in via Salvator Rosa n. 10.
Hanno chiesto quindi la riforma della sentenza impugnata.
2. 3. Solo per il ricorrente Giuseppe Ammaturo. Omessa motivazione sulla responsabilità concorsuale di Giuseppe Ammaturo.
Il ricorrente si accompagnava a Pietro Delle Grottaglie sull’autobotte, al posto del passeggero, in quanto Pietro era ala guida.
Nessuna motivazione logico giuridica viene fornita dalla sentenza impugnata per la responsabilità del ricorrente, che si è limitato a fare da passeggero. Il ricorrente inoltre non è il proprietario dell’autobotte.
CONSIDERATO IN DIRITTO
3. I ricorsi sono inammissibili, per manifesta infondatezza dei motivi, e per genericità.
Relativamente al primo motivo di ricorso, la decadenza (o revoca) del teste della difesa, si deve rilevare che nel ricorso per Cassazione non si evidenzia la proposizione dell’eccezione prima della discussione, con la conseguenza che la prova in questione deve ritenersi implicitamente revocata con l’acquiescenza delle parti: «Qualora il giudice dichiari chiusa la fase istruttoria senza che sia stata assunta una prova in precedenza ammessa e le parti, corrispondendo al suo invito, procedano alla discussione senza nulla rilevare in ordine alla incompletezza dell’istruzione, la prova in questione deve ritenersi implicitamente revocata con l’acquiescenza delle parti medesime. (Sez. 5, n. 7108 del 14/12/2015 – dep. 23/02/2016, Sgherri, Rv. 26607601 vedi anche Sez. 6, n. 42182 del 16/10/2012 – dep. 30/10/2012, Statella e altri, Rv. 25433801).
I ricorrenti, infatti, hanno discusso nel merito, senza ribadire l’esigenza dell’escussione del teste.
4. La decisione impugnata, relativamente alla responsabilità e alla natura del materiale sversato, con motivazione adeguata, immune da contraddizioni o da manifeste illogicità rileva che: «Il teste My Leonardo (in forza alla capitaneria di Porto di Taranto) dopo aver premesso che già in data precedente a quella in contestazione aveva avuto modo, nel corso dell’attività di indagine, esattamente in data 19 dicembre del 2014, di accertare che il Delle Grottaglie dopo aver prelevato con un autobotte i reflui da una civile abitazione nel Comune di Sava, li sversava in una stradina di campagna, ha poi riferito, con riguardo specifico ai fatti in contestazione, che in data 4 dicembre 2014 si portava alle ore 4,00 presso l’autorimessa dove il Delle Grottaglie parcheggiava l’autobotte e alle ore 5,40 notava che lo stesso alla guida del mezzo con a bordo l’Ammaturo Giuseppe, lasciava il locale, si portava presso una civile abitazione sita in Lizzano alla via Salvator Rosa n. 10 e, dopo aver prelevato i reflui, si portava sulla strada Lizzano – Sava, direzione Sava, e all’altezza del canile iniziava lo sversamento dei reflui sul ciglio della strada. Ha precisato il teste che lo sversamento avveniva alle 6,50 circa e in detta occasione, mentre seguivano l’autobotte, la loro autovettura che comunque si trovava a distanza del mezzo in argomento, iniziava a riempirsi dei reflui che in quel frangente venivano sversati sul ciglio della strada. In detta circostanza ha soggiunto, infine il teste, si procedeva al fermo e al sequestro del mezzo e alla identificazione del Delle Grottaglie che era alla guida del veicolo e dell’Ammaturo Giuseppe che viaggiava a bordo del mezzo».
4. 1. Nei ricorsi i ricorrenti, genericamente contestano la natura del materiale trasportato e sversato per strada, ritenendo (in maniera contraddittoria) che la prova testimoniale, non assunta fosse, diretta a dimostrare lo sversamento accidentale, e che fosse solo acqua potabile il materiale fuoriuscito dall’autobotte.
Tutta l’operazione è avvenuta sotto il controllo diretto degli operanti di P.G., come evidenziato dalla sentenza impugnata, con il riferimento preciso alla testimonianza di My Leonardo (in forza alla capitaneria di Porto di Taranto), che hanno assistito alla fuoriuscita dell’autobotte con a bordo i due imputati, al prelievo dei reflui di fogna presso un’abitazione e allo sversamento del contenuto dell’autobotte che ha investito anche la macchina della P.G.
4. 2. Quanto detto dimostra il pieno concorso, al fatto reato, di Giuseppe Ammaturo, in quanto egli è stato sempre presente a tutte le operazioni, e non certo si trovava nell’autobotte per caso, come da lui sostenuto nel ricorso. Era presente sin dalla partenza dell’autobotte dal garage e poi al prelievo e allo sversamento dei reflui. Egli quindi, come adeguatamente sostenuto dalla sentenza impugnata, ha operato congiuntamente all’altro ricorrente per tutte le operazioni.
4. 3. Relativamente alla natura dei rifiuti (reflui provenienti da impianto fognario civile) non sussiste una necessità di analisi con perizia, come invece sostenuto dai ricorrenti, in quanto l’osservazione diretta degli operanti di P.G. (sia del caricamento e sia dello sversamento) rende certa la natura del liquido sversato dall’autobotte: «Ai fini della qualificazione di un rifiuto quale tossico e nocivo non è sempre necessaria una analisi disposta dal giudice, potendosi ricavare da altri elementi del processo il relativo convincimento (nel caso di specie, il Nucleo Ecologico dei Carabinieri aveva certificato la presenza di sostanze quali cromo, arsenico, piombo, tipiche in rifiuti di concerie come dalla tabella allegata al D.P.R. n. 915 del 1982 e lo stesso imputato aveva ammesso l’esistenza dei rifiuti nocivi ridimensionandone solo l’aspetto quantitativo, ma non aveva fornito una adeguata prova contraria ai sensi della Delibera 24 luglio 1984 del Comitato Interministeriale)» (Sez. 3, n. 7705 del 28/06/1991 – dep. 19/07/1991, De Vita, Rv. 18780501).
I ricorrenti genericamente contestano la natura di quanto scaricato, asserendo fosse acqua potabile, ma ciò è in contrasto con quanto direttamente osservato dalla P.G.
Alla dichiarazione di inammissibilità consegue il pagamento in favore della Cassa delle ammende della somma di € 2.000,00, ciascuno, e delle spese del procedimento, ex
art 616 cod. proc. pen.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di€ 2.000,00 ciascuno in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso, il 8/02/2018