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Giurisprudenza: Giurisprudenza Sentenze per esteso massime | Categoria: Maltrattamento animali Numero: 36866 | Data di udienza: 28 Giugno 2016

MALTRATTAMENTO ANIMALI – Nozione di maltrattamento – Detenzione degli animali – Assenza di cure minime – Condizioni incompatibili con la sua natura e di grave sofferenza – Art. 727 c.p. – Giurisprudenza – PROCEDURA PENALE – Ricorso in cassazione – Limiti – Accertamenti (giudizio ricostruttivo dei fatti) e gli apprezzamenti (giudizio valutativo dei fatti) – Adeguata motivazione esente da errori logici e giuridici.


Provvedimento: Sentenza
Sezione: 3^
Regione:
Città:
Data di pubblicazione: 6 Settembre 2016
Numero: 36866
Data di udienza: 28 Giugno 2016
Presidente: Ramacci
Estensore: De Masi


Premassima

MALTRATTAMENTO ANIMALI – Nozione di maltrattamento – Detenzione degli animali – Assenza di cure minime – Condizioni incompatibili con la sua natura e di grave sofferenza – Art. 727 c.p. – Giurisprudenza – PROCEDURA PENALE – Ricorso in cassazione – Limiti – Accertamenti (giudizio ricostruttivo dei fatti) e gli apprezzamenti (giudizio valutativo dei fatti) – Adeguata motivazione esente da errori logici e giuridici.



Massima

 


CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. 3^ 06/09/2016 (ud. 28/06/2016) Sentenza n.36866


MALTRATTAMENTO ANIMALI – Nozione di maltrattamento – Detenzione degli animali – Assenza di cure minime – Condizioni incompatibili con la sua natura e di grave sofferenza – Art. 727 c.p. – Giurisprudenza.
 
 
Costituiscono maltrattamenti, idonei ad integrare il reato di abbandono di animali, non soltanto quei comportamenti che offendono il comune sentimento di pietà e mitezza verso gli animali per la loro manifesta crudeltà, ma anche quelle condotte che incidono sulla sensibilità psico-fisica degli stessi, procurando loro dolore e afflizione (tra le altre, Sez. 3, n. 23723 del 12/4/2016, Giustino, Sez.3, n. 46560 del 10/7/2015, Francescangeli; Sez. 3, n. 49298 del 21/11/2012, Tomat). Il reato di cui all’art. 727 c. p. è senz’altro integrato dalla detenzione degli animali con modalità tali da arrecare gravi sofferenze, incompatibili con la loro natura, avuto riguardo, per le specie più note (quali, ad esempio, gli animali domestici), al patrimonio di comune esperienza e conoscenza e, per le altre, alle acquisizioni delle scienze naturali (per tutte, Sez.3, n. 37859 del 4/6/2014, Rainoldi; Sez. 3, n. 6829 del 17/12/2014, Garnero).
 
 
PROCEDURA PENALE – Ricorso in cassazione – Limiti – Accertamenti (giudizio ricostruttivo dei fatti) e gli apprezzamenti (giudizio valutativo dei fatti) – Adeguata motivazione esente da errori logici e giuridici.
 
Sono sottratti al sindacato di legittimità e non possono essere investiti dalla censura di difetto o contraddittorietà della motivazione solo perché contrari agli assunti del ricorrente gli accertamenti (giudizio ricostruttivo dei fatti) e gli apprezzamenti (giudizio valutativo dei fatti) cui il giudice del merito sia pervenuto attraverso l’esame delle prove, sorretto da adeguata motivazione esente da errori logici e giuridici, (Sez. 4, n. 87 del 27/9/10989, Bianchesi).
 
 
(conferma sentenza del 4/2/2015 del TRIBUNALE DI VICENZA) Pres. RAMACCI, Rel. DE MASI, Ric. Antonello
 

Allegato


Titolo Completo

CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. 3^ 06/09/2016 (ud. 28/06/2016) Sentenza n.36866

SENTENZA

 

 

CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. 3^ 06/09/2016 (ud. 28/06/2016) Sentenza n.36866

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
 
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA PENALE
 
composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
 
omissis
 
ha pronunciato la seguente
 
SENTENZA
 
sul ricorso proposto da ANTONELLO ANTONIO, nato a Schio il 16/9/1941;
avverso la sentenza del 4/2/2015 del Tribunale di Vicenza;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Oronzo De Masi;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Giuseppe Corasaniti che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso;
udito il difensore, avv. Ottorino Agati, sostituto processuale, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso; 
 
RITENUTO IN FATTO
 
Con sentenza del 4/2/2015 il Tribunale di Vicenza, in composizione monocratica, dichiarava ANTONELLO ANTONIO colpevole del reato p. e p. dall’art. 727 c.p., per aver detenuto un cane pastore tedesco in condizioni incompatibili con la sua natura e di grave sofferenza, omettendo di prestare all’animale le cure di cui necessitava e, con le attenuanti generiche, condannava l’imputato alla pena di euro 2.000,00 di multa, con i doppi benefici di legge.
 
Per la cassazione della sentenza propone ricorso l’imputato, tramite difensore fiduciario.
 
Con un primo motivo deduce, ai sensi dell’art. 606, c. 1, lett. b) ed e) c.p.p., inosservanza e/o erronea applicazione della legge penale, in relazione all’art. 727, comma 2, c.p., contraddittorietà e/o manifesta illogicità della motivazione, per non avere il Tribunale di Vicenza accertato se il cane vivesse effettivamente in condizioni di “grave sofferenza” essendovi soltanto la prova del fatto che l’imputato aveva detenuto l’animale “in condizioni di salute precarie e sicuramente produttive di sofferenza fisica”, affermazione insufficiente a fondare la declaratoria di penale responsabilità dell’imputato. La difesa del ricorrente sottolinea inoltre le divergenze riscontrabili nelle deposizioni rese nel dibattimento dai testi PICCIN, veterinario, secondo cui le condizioni di salute del cane potevano considerarsi normali e CELLERE,proprietaria del negozio di tolettatura, secondo cui il cane nemmeno si reggeva sulle zampe.
 
Con un secondo motivo deduce, ai sensi dell’art. 606, c. 1, lett. b) ed e) c.p.p., inosservanza e/o erronea applicazione della legge penale, in relazione agli artt. 42, 43 e 727, comma 2, c.p., contraddittorietà e/o manifesta illogicità della motivazione, per avere il Tribunale ritenuto sussistente l’elemento soggettivo del reato contestato senza considerare che l’imputato aveva delegato la custodia del cane al fratello, ANTONELLO EMILIO LAVINIO, che lo teneva nel giardino della sua abitazione, in Thiene, insieme ad altro pastore tedesco e che il mancato riconoscimento dei sintomi della malattia dell’animale (otite bilaterale e dermatite) non erano visibili né riconoscibili per un non esperto, tant’è che il veterinario aveva dovuto toccare l’animale liberando le zone osservate dal pelo lungo e che all’aperto, circostanza confermata dal teste ANTONELLO EMILIO LAVINIO, neppure era percepibile olfattivamente lo stato patologico a carico dell’orecchio e della pelle, l’odore del pus, infatti, la tolettatrice lo aveva avvertito solo dopo aver portato il cane all’interno del locale ove operava.
 
CONSIDERATO IN DIRITTO
 
I motivi di ricorso, che possono essere scrutinati congiuntamente attesa l’omogeneità delle censure, sono infondati.
 
L’affermazione della responsabilità dell’ ANTONELLO si fonda sul fatto che l’imputato ha detenuto il cane in luogo distante dalla propria abitazione, quindi, “con poche occasioni di stare in sua compagnia, e “in condizioni di saluta precarie e sicuramente produttive di sofferenza fisica per l’animale , non curandosi adeguatamente dello stesso – tanto da non essersi nemmeno accorto della sua situazione fisica”, sicché quel che si rimprovera al proprietario del pastore tedesco è “l’omessa prestazione di cura e assistenza, dovuta ad un comportamento di trascuratezza colposa”.
 
Orbene, gli accertamenti (giudizio ricostruttivo dei fatti) e gli apprezzamenti (giudizio valutativo dei fatti) cui il giudice del merito sia pervenuto attraverso l’esame delle prove, sorretto da adeguata motivazione esente da errori logici e giuridici, sono sottratti al sindacato di legittimità e non possono essere investiti dalla censura di difetto o contraddittorietà della motivazione solo perché contrari agli assunti del ricorrente (Sez. 4, n. 87 del 27/9/10989, Bianchesi, Rv. 182961).
 
Ne discende che non possono trovare ingresso in questa sede le deduzioni dell’ANTONELLO che attengono alla valutazione delle prove testimoniali, né rileva la prospettazione di contrasti tra le dichiarazioni rese nel dibattimento dai testi PICCIN, veterinario, e CELLERE,proprietaria del negozio di tolettatura, atteso che il Giudice a quo ha ricostruito, con motivazione adeguata e priva di illogicità, anche sulla base di certificato medico e del materiale fotografico in atti, le condizioni del cane, ed ha risolto tali contrasti affermando che “più che il bagno e la tosatura” esso aveva bisogno “di essere curato”, perché puzzava “di marcio … di rancido … lasciava delle macchie di sangue … era pien(o) di piaghe da decubito nel ventre … aveva pustole, aveva pus da tutte e due le orecchie” ed che il veterinario ha riscontrato “l’otite bilaterale purulenta una lesione dell’arto posteriore sinistro … e un evidente dermatite con essudazione nel piatto interno della coscia” dell’animale.
 
Il ricorrente propone interpretazioni alternative delle prove già analizzate dal giudicante, richiamando una diversa valutazione delle dichiarazioni dei testi, ma non risulta possibile in sede di legittimità procedere ad una rivalutazione degli elementi probatori senza scadere nel terzo grado di giudizio.
 
E la giurisprudenza costante di questa Corte afferma che costituiscono maltrattamenti, idonei ad integrare il reato di abbandono di animali, non soltanto quei comportamenti che offendono il comune sentimento di pietà e mitezza verso gli animali per la loro manifesta crudeltà, ma anche quelle condotte che incidono sulla sensibilità psico-fisica degli stessi, procurando loro dolore e afflizione (tra le altre, Sez. 3, n. 23723 del 12/4/2016, Giustino, non massimata, Sez.3, n. 46560 del 10/7/2015, Francescangeli, Rv. 265267; Sez. 3, n. 49298 del 21/11/2012, Tomat, Rv. 253882).
 
Il reato di cui all’art. 727 c. p. è senz’altro integrato dalla detenzione degli animali con modalità tali da arrecare gravi sofferenze, incompatibili con la loro natura, avuto riguardo, per le specie più note (quali, ad esempio, gli animali domestici), al patrimonio di comune esperienza e conoscenza e, per le altre, alle acquisizioni delle scienze naturali (per tutte, Sez.3, n. 37859 del 4/6/2014, Rainoldi, Rv. 260184; Sez. 3, n. 6829 del 17/12/2014, Garnero, Rv.262529).
 
Ed è esattamente ciò che ha ravvisato il Tribunale di Vicenza, alla luce delle condizioni igienico-sanitarie non adeguate nelle quali era tenuto il pastore tedesco e del dimostrato “precario” stato di salute dell’animale, sicuramente produttivo “di sofferenza fisica” per lo stesso.
 
Né vale fare riferimento all’affidamento della custodia del cane conferita al fratello dell’imputato, che lo teneva nel giardino della sua abitazione, in Thiene, perché siffatta condotta che non esclude la responsabilità del proprietario per l’omessa tempestiva prestazione delle cure di cui l’animale necessitava e, trattandosi di reato contravvenzionale punito sia titolo di dolo che di colpa, sono sanzionabili tutti gli atti colposi d’incuria che danneggiano l’animale, sicché la condizione di sofferenza del pastore tedesco è certamente imputabile, anche sotto il profilo soggettivo, all’ANTONELLO.
 
Segue, ai sensi dell’art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento.

P.Q.M.
 
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. 
 
Così deciso in Roma, il 28 giugno 2016.
 

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