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Giurisprudenza: Giurisprudenza Sentenze per esteso massime | Categoria: Acqua - Inquinamento idrico, Danno ambientale, Diritto processuale penale, Inquinamento del suolo Numero: 50018 | Data di udienza: 19 Settembre 2018

INQUINAMENTO DEL SUOLO – INQUINAMENTO IDRICO – Tutela penale l’ambiente (Ecodelitti) – Configurabilità ex art. 452 bis cod. pen. – Compromissione o deterioramento dell’ambiente – Necessità – Esclusione – Contaminazione di un sito – Inquinamento ambientale potenzialmente superiore alle (CSC) concentrazioni soglia contaminazione – Concorso nel delitto di inquinamento ambientale – Presupposti – CODICE DELL’AMBIENTE e CODICE PENALE – Differenza tra le nuove norme in materie di ambiente – Nuovo delitto di inquinamento ambientale – Nozione di "compromissione" e il "deterioramento" – Integrazione del reato – Presupposti –  Giurisprudenza – DANNO AMBIENTALE – Ecoreati – Disastro ambientale – Tendenziale irreversibilità del danno – Unicità dell’azione lesiva – Prosecuzione della condotta illecita con aggravamento del danno – Cessazione della consumazione del reato – Art. 452 quater c.p – DIRITTO PROCESSUALE PENALE – Accertamento indiziario finalizzato all’applicazione di una misura cautelare personale – Fattispecie: Inquinamento ambientale – Analisi di rischio sanitario e ambientale provocato – Superamento della CSC (concentrazioni soglia contaminazione) e superamento delle CSR (Concentrazioni Soglia di Rischio) – Artt. 240 e 242 d.lgs. 152/2006.


Provvedimento: Sentenza
Sezione: 3^
Regione:
Città:
Data di pubblicazione: 6 Novembre 2018
Numero: 50018
Data di udienza: 19 Settembre 2018
Presidente: SARNO
Estensore: REYNAUD


Premassima

INQUINAMENTO DEL SUOLO – INQUINAMENTO IDRICO – Tutela penale l’ambiente (Ecodelitti) – Configurabilità ex art. 452 bis cod. pen. – Compromissione o deterioramento dell’ambiente – Necessità – Esclusione – Contaminazione di un sito – Inquinamento ambientale potenzialmente superiore alle (CSC) concentrazioni soglia contaminazione – Concorso nel delitto di inquinamento ambientale – Presupposti – CODICE DELL’AMBIENTE e CODICE PENALE – Differenza tra le nuove norme in materie di ambiente – Nuovo delitto di inquinamento ambientale – Nozione di "compromissione" e il "deterioramento" – Integrazione del reato – Presupposti –  Giurisprudenza – DANNO AMBIENTALE – Ecoreati – Disastro ambientale – Tendenziale irreversibilità del danno – Unicità dell’azione lesiva – Prosecuzione della condotta illecita con aggravamento del danno – Cessazione della consumazione del reato – Art. 452 quater c.p – DIRITTO PROCESSUALE PENALE – Accertamento indiziario finalizzato all’applicazione di una misura cautelare personale – Fattispecie: Inquinamento ambientale – Analisi di rischio sanitario e ambientale provocato – Superamento della CSC (concentrazioni soglia contaminazione) e superamento delle CSR (Concentrazioni Soglia di Rischio) – Artt. 240 e 242 d.lgs. 152/2006.



Massima

 

 


CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez.3^ 06/11/2018 (Ud. 19/09/2018), Sentenza n.50018


INQUINAMENTO DEL SUOLO – Tutela penale l’ambiente (Ecodelitti) – Configurabilità ex art. 452 bis cod. pen. – Compromissione o deterioramento dell’ambiente – Necessità – Esclusione – Contaminazione di un sito – Inquinamento ambientale potenzialmente superiore alle (CSC) concentrazioni soglia contaminazione – Concorso nel delitto di inquinamento ambientale – Presupposti – CODICE DELL’AMBIENTE e CODICE PENALE – Differenza tra le nuove norme in materie di ambiente. 
 
In tema di ecoreati, deve affermarsi il principio secondo cui il delitto di danno previsto dall’art. 452- bis cod. pen. (al quale è tendenzialmente estranea la protezione della salute pubblica) ha quale oggetto di tutela penale l’ambiente in quanto tale e postula l’accertamento di un concreto pregiudizio a questo arrecato, secondo i limiti di rilevanza determinati dalla nuova norma incriminatrice, che non richiedono la prova della contaminazione del sito nel senso indicato dagli artt. 240 ss. d.lgs. 152 del 2006. Sicché, per la sussistenza del reato previsto dall’art. 452 bis cod. pen. non si deve necessariamente accertare che ci si trovi di fronte ad un sito contaminato, infatti, secondo la definizione di cui all’art. 240, lett. e), d.lgs. 152 del 2006, testo normativo i cui concetti, elaborati in un differente contesto e a diversi fini, in assenza di specifica previsione, non possono essere richiamati per definire gli elementi costitutivi del delitto introdotto dalla successiva l. 22 maggio 2015, n. 68. Pertanto, deve osservarsi che l’art. 240 d.lgs. 152 del 2006 e le definizioni in esso contenute valgono a disciplinare l’attività di bonifica dei siti quale prevista dal Titolo V del decreto, in relazione ai profili di rischio sanitario e ambientale sulla salute umana derivanti dall’esposizione prolungata all’azione delle sostanze presenti nelle matrici ambientali contaminate. Fattispecie: abusivo sversamento in un’area di cava dismessa di centinaia di migliaia di metri cubi di rifiuti speciali di svariata origine, pericolosi e non.
 
 
INQUINAMENTO DEL SUOLO – INQUINAMENTO IDRICO – Nuovo delitto di inquinamento ambientale – Nozione di "compromissione" e il "deterioramento" – Integrazione del reato – Presupposti –  Giurisprudenza.
 
La "compromissione" e il "deterioramento" di cui al nuovo delitto di inquinamento ambientale ex art. 452 bis cod. pen. consistono in un’alterazione, significativa e misurabile, della originaria consistenza della matrice ambientale o dell’ecosistema, caratterizzata, nel caso della "compromissione", da una condizione di squilibrio funzionale, incidente sui processi naturali correlati alla specificità della matrice o dell’ecosistema medesimi e, nel caso del "deterioramento", da una condizione di squilibrio "strutturale", connesso al decadimento dello stato o della qualità degli stessi (Sez. 3, n. 46170 del 21/09/2016, Simonelli). Ai fini dell’integrazione del reato non è richiesta la tendenziale irreversibilità del danno (Sez. 3, n. 10515 del 27/10/2016, dep. 2017, Sorvillo), essendo sufficiente un evento di danneggiamento della matrice ambientale che, nel caso del "deterioramento", consiste in una riduzione della cosa che ne costituisce oggetto in uno stato tale da diminuirne in modo apprezzabile il valore o da impedirne anche parzialmente l’uso, ovvero da rendere necessaria, per il ripristino, una attività non agevole, mentre, nel caso della "compromissione", consiste in uno squilibrio funzionale che attiene alla relazione del bene aggredito con l’uomo e ai bisogni o interessi che il bene medesimo deve soddisfare (Sez. 3, n. 15865 del 31/01/2017, Rizzo).
 
 
DANNO AMBIENTALE – Ecoreati – Disastro ambientale – Tendenziale irreversibilità del danno – Unicità dell’azione lesiva – Prosecuzione della condotta illecita con aggravamento del danno – Cessazione della consumazione del reato – Art. 452 quater c.p..
 
In tema di tutela penale l’ambiente è necessaria la tendenziale irreversibilità del danno – che, se sussistente e concernente l’equilibrio di un ecosistema, integra il più grave reato di disastro ambientale punito dall’art. 452 quater cod. pen. – fino a che tale irreversibilità non si verifica, le condotte poste in essere successivamente all’iniziale "deterioramento" o "compromissione" del bene non costituiscono post factum non punibile, ma integrano singoli atti di un’unica azione lesiva che spostano in avanti la cessazione della consumazione del reato, sicché – indipendentemente dal fatto che l’inquinamento del sito sia dipeso anche da comportamenti precedenti all’introduzione nell’ordinamento della fattispecie di reato – la prosecuzione della condotta illecita con aggravamento del danno rileva ai fini della sussistenza del reato ipotizzato.
 
 
DIRITTO PROCESSUALE PENALE – Accertamento indiziario finalizzato all’applicazione di una misura cautelare personale – Fattispecie: Inquinamento ambientale – Analisi di rischio sanitario e ambientale provocato – Superamento della CSC (concentrazioni soglia contaminazione) e superamento delle CSR (Concentrazioni Soglia di Rischio) – Artt. 240 e 242 d.lgs. 152/2006.
 
L’accertamento indiziario finalizzato all’applicazione di una misura cautelare personale non ha le caratteristiche che si richiedono per la pronuncia di penale responsabilità, posto che ai fini dell’adozione di una misura cautelare personale, è sufficiente qualunque elemento probatorio idoneo a fondare un giudizio di qualificata probabilità sulla responsabilità dell’indagato in ordine ai reati addebitatigli, perché i necessari "gravi indizi di colpevolezza" non corrispondono agli "indizi" intesi quali elementi di prova idonei a fondare un motivato giudizio finale di colpevolezza e non devono, pertanto, essere valutati secondo gli stessi criteri richiesti, per il giudizio di merito, dall’art. 192, comma secondo, cod. proc. pen. – che, oltre alla gravità, richiede la precisione e la concordanza degli indizi – non richiamato dall’art. 273, comma primo-bis, cod. proc. pen. (Sez. 2, n. 22968 del 08/03/2017, Carrubba; Sez. 4, n. 6660 del 24/01/2017, Pugiotto; Sez. 4, Sentenza n. 53369 del 09/11/2016, Jovanovic). Il superamento della CSC – per diverse e significative sostanze inquinanti – è grave indizio di effettiva contaminazione rispetto al superamento delle CSR (Concentrazioni Soglia di Rischio), tanto che impone la messa in sicurezza e la bonifica del sito e l’espletamento delle operazioni di caratterizzazione e di analisi di rischio sanitario e ambientale sito specifica (cfr. artt. 240, comma 1, lett. e ed, e 242 d.lgs. 152 del 2006).
 
(conferma ordinanza del 28/05/2018 – TRIBUNALE DI NAPOLI) Pres. SARNO, Rel. REYNAUD, Ric. Izzo   

Allegato


Titolo Completo

CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez.3^ 06/11/2018 (Ud. 19/09/2018), Sentenza n.50018

SENTENZA

 

 

 
 
CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez.3^ 06/11/2018 (Ud. 19/09/2018), Sentenza n.50018
 
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
 
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA PENALE,
 
composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
 
omissis
 
ha pronunciato la seguente
 
SENTENZA 
 
sul ricorso proposto da Izzo Giovanni, n. a Sant’Agata de’ Goti;
 
avverso l’ordinanza del 28/05/2018 del Tribunale di Napoli;
 
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
 
sentita la relazione svolta dal consigliere Gianni Filippo Reynaud;
 
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Gianluigi Pratola, che ha concluso chiedendo dichiararsi l’inammissibilità del ricorso.
 
RITENUTO IN FATTO
 
1. Con ordinanza del 28 maggio 2018, la sezione per il riesame del Tribunale di Napoli, accogliendo l’appello proposto dal pubblico ministero avverso l’ordinanza del Giudice per le indagini preliminari, ha applicato a Giovanni Izzo la misura cautelare del divieto di dimora nella regione Campania in relazione al reato di cui all’art. 452 bis cod. pen. 
 
2. Avverso l’ordinanza ha proposto ricorso il difensore dell’indagato deducendo i vizi di cui all’art. 606, comma 1, lett. b), e) ed e) cod. proc. pen. Lamenta, in particolare, il ricorrente che il Tribunale lo abbia ritenuto concorrente nel delitto di inquinamento ambientale in realtà ascrivibile a tale Valentino Izzo, che sarebbe proprietario della particella catastale n. 723 del foglio 32 del N.C.T.F. del comune di Sant’Agata de’ Goti, l’unico terreno sul quale il c.t. del pubblico ministero avrebbe rilevato la compromissione o il deterioramento che costituisce evento del reato ipotizzato. Con riguardo alla particella 722 – quella di cui il ricorrente sarebbe usufruttuario – il consulente avrebbe invece rilevato soltanto una "potenziale contaminazione" che non varrebbe ad integrare gli estremi del reato ipotizzato.
 
Si deduce, inoltre, che, in violazione di legge e con motivazione illogica e contraddittoria, riconoscendo valore a quanto riferito dalla Guardia di Finanza e mai riscontrato dalla consulenza tecnica, il Tribunale avrebbe valorizzato una pretesa continuazione tra condotte recenti di contaminazione del suolo e condotte già esaminate in una sentenza emessa a carico del ricorrente e passata in giudicato.
 
Si darebbe inoltre rilievo ai fini del riconoscimento delle esigenze cautelari a fatti commessi da Izzo Fabrizio, persona diversa dal ricorrente ed estranea alla sua società Unitrans Srl.
 
CONSIDERATO IN DIRITTO
 
1. Con riguardo alle doglianze relative ai ritenuti gravi indizi di colpevolezza dell’odierno ricorrente in ordine al reato di cui all’art. 452 bis cod. pen., il ricorso è infondato, posto che l’ordinanza impugnata ha fatto corretta applicazione delle norme di legge e la motivazione non presta il fianco a censure.
 
 
2. Ed invero, contrariamente a quanto si allega in ricorso, l’ordinanza impugnata dà atto che Giovanni Izzo, sin dal 1995, è proprietario di una cava insistente sulle particelle 723 e 722 del foglio 32 del N.C.T.F. del comune di Sant’Agata de’ Goti e aveva la piena disponibilità di quell’area, sede operativa della Ecologia Unitrans Srl da lui amministrata, i cui operai – i quali dichiararono di lavorare agli ordini dell’odierno ricorrente – furono, il 20 giugno 2016, ivi sorpresi a scaricare e movimentare, con mezzi della società, rifiuti speciali colà illecitamente depositati senza autorizzazione ed in ingenti quantità (si accertò l’abusivo sversamento in un’area di cava dismessa di centinaia di migliaia di metri cubi di rifiuti speciali di svariata origine, pericolosi e non, provenienti dalle operazioni di selezione e cernita effettuate dalla Ecologica Unitrans Srl e la maggior parte del materiale rinvenuto in superficie appariva depositato di recente, per assenza di vegetazione o altri segni lasciati da eventi atmosferici).
 
L’ordinanza impugnata riferisce essere stati riscontrati nell’intera area della cava in questione (senza distinguere tra particella 723 e 722) una compromissione e un deterioramento significativi e misurabili delle matrici ambientali suolo e sottosuolo (terreno in posto e da riporto), determinati dall’interramento dei rifiuti sino a sostanzialmente riempire il sito per diversi metri (al massimo otto in profondità) e dal deposito in superficie.
 
In particolare si dà atto che il c.t. del pubblico ministero, concludendo che il sito è "potenzialmente contaminato" – ciò che lo stesso ricorrente riconosce – ha rilevato il superamento delle concentrazioni soglia di contaminazione (CSC) per siti ad uso verde pubblico, privato e residenziale in relazione a numerose sostanze chimiche inquinanti di cui alla Tab. I, All. 5, Titolo V, Parte IV del d.lgs. 152 del 2006, tra cui, oltre al Berillio (naturalmente presente trattandosi di terreno di origine vulcanico/piroclastica), altri Metalli pesanti, Idrocarburi pesanti, PCB, derivanti dai rifiuti interrati. I risultati di tali indagine hanno trovato conferma – rileva l’ordinanza impugnata – negli accertamenti effettuati dall’A.R.P.A.C. di Napoli.
 
 
2.1. Benché in tali accertamenti – richiamati nell’ordinanza – si dia atto che i sondaggi non sono stati estesi sino a raggiungere, in profondità, la formazione di tufo grigio che rappresenta il livello base di pregressa lavorazione della ex cava e tantomeno le falde acquifere sottostanti, verosimilmente collocate ad oltre 50 metri di profondità (donde la qualificazione del sito come "potenzialmente contaminato", con l’evidente utilizzo della definizione di cui all’art. 240, d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152 dipendente dal superamento delle CSC), l’ordinanza dà conto in modo logico ed adeguato, attesa anche la natura sommaria dell’accertamento cautelare, della sussistenza di gravi indizi circa la configurabilità dell’evento di compromissione o deterioramento significativi e misurabili di una vasta porzione di suolo e sottosuolo (l’area riferibile all’attività di gestione di rifiuti abusivamente svolta dal ricorrente per mezzo della Ecologica Unitrans Srl è estesa – si legge nell’ordinanza – per circa 18.000 mq.) e la sua attribuibilità alla condotta tenuta dall’indagato. Diversamente da quanto si sostiene in ricorso, il riferimento alla definizione di sito "potenzialmente contaminato" non vale certo ad escludere, con riguardo al suggestivo potere evocativo dell’avverbio, la prova indiziaria della contaminazione e, in ogni caso, quest’ultima condizione non è richiesta per affermare la compromissione della matrice ambientale.
 
Sotto il primo profilo, va ribadito che l’accertamento indiziario finalizzato all’applicazione di una misura cautelare personale non ha le caratteristiche che si richiedono per la pronuncia di penale responsabilità, posto che – secondo il maggioritario e preferibile orientamento di legittimità – ai fini dell’adozione di una misura cautelare personale, è sufficiente qualunque elemento probatorio idoneo a fondare un giudizio di qualificata probabilità sulla responsabilità dell’indagato in ordine ai reati addebitatigli, perché i necessari "gravi indizi di colpevolezza" non corrispondono agli "indizi" intesi quali elementi di prova idonei a fondare un motivato giudizio finale di colpevolezza e non devono, pertanto, essere valutati secondo gli stessi criteri richiesti, per il giudizio di merito, dall’art. 192, comma secondo, cod. proc. pen. – che, oltre alla gravità, richiede la precisione e la concordanza degli indizi – non richiamato dall’art. 273, comma primo-bis, cod. proc. pen. (Sez. 2, n. 22968 del 08/03/2017, Carrubba, Rv. 270172; Sez. 4, n. 6660 del 24/01/2017, Pugiotto, Rv. 269179; Sez. 4, Sentenza n. 53369 del 09/11/2016, Jovanovic, Rv. 268683). Il superamento della CSC – per diverse e significative sostanze inquinanti – è grave indizio di effettiva contaminazione rispetto al superamento delle CSR (Concentrazioni Soglia di Rischio), tanto che impone la messa in sicurezza e la bonifica del sito e l’espletamento delle operazioni di caratterizzazione e di analisi di rischio sanitario e ambientale sito specifica (cfr. artt. 240, comma 1, lett. e ed, e 242 d.lgs. 152 del 2006).
 
In secondo luogo, come si accennava, sarebbe errato ritenere che potersi affermare la sussistenza del reato previsto dall’art. 452 bis cod. pen. si debba necessariamente accertare che ci si trovi di fronte ad un sito contaminato, secondo la definizione di cui all’art. 240, lett. e), d.lgs. 152 del 2006, testo normativo i cui concetti, elaborati in un differente contesto e a diversi fini, in assenza di specifica previsione, non possono essere richiamati per definire gli elementi costitutivi del delitto introdotto dalla successiva l. 22 maggio 2015, n. 68, come questa Corte ha già riconosciuto nelle decisioni infra immediatamente citate. Quanto al particolare profilo qui esaminato, deve osservarsi che l’art. 240 d.lgs. 152 del 2006 e le definizioni in esso contenute valgono a disciplinare l’attività di bonifica dei siti quale prevista dal Titolo V del decreto, in relazione ai profili di rischio sanitario e ambientale sulla salute umana derivanti dall’esposizione prolungata all’azione delle sostanze presenti nelle matrici ambientali contaminate. Con riguardo al reato di inquinamento ambientale, deve invece affermarsi il principio secondo cui il delitto di danno previsto dall’art. 452- bis cod. pen. (al quale è tendenzialmente estranea la protezione della salute pubblica) ha quale oggetto di tutela penale l’ambiente in quanto tale e postula l’accertamento di un concreto pregiudizio a questo arrecato, secondo i limiti di rilevanza determinati dalla nuova norma incriminatrice, che non richiedono la prova della contaminazione del sito nel senso indicato dagli artt. 240 ss. d.lgs. 152 del 2006.
 
 
2.1.1. Sotto quest’ultimo angolo visuale, va rilevato come, sin dalle prime applicazioni giurisprudenziali della fattispecie, questa Corte abbia riconosciuto che la "compromissione" e il "deterioramento" di cui al nuovo delitto di inquinamento ambientale consistono in un’alterazione, significativa e misurabile, della originaria consistenza della matrice ambientale o dell’ecosistema, caratterizzata, nel caso della "compromissione", da una condizione di squilibrio funzionale, incidente sui processi naturali correlati alla specificità della matrice o dell’ecosistema medesimi e, nel caso del "deterioramento", da una condizione di squilibrio "strutturale", connesso al decadimento dello stato o della qualità degli stessi (Sez. 3, n. 46170 del 21/09/2016, Simonelli, Rv. 268059). Ai fini dell’integrazione del reato non è richiesta la tendenziale irreversibilità del danno (Sez. 3, n. 10515 del 27/10/2016, dep. 2017, Sorvillo, Rv. 269274), essendo sufficiente un evento di danneggiamento della matrice ambientale che, nel caso del "deterioramento", consiste in una riduzione della cosa che ne costituisce oggetto in uno stato tale da diminuirne in modo apprezzabile il valore o da impedirne anche parzialmente l’uso, ovvero da rendere necessaria, per il ripristino, una attività non agevole, mentre, nel caso della "compromissione", consiste in uno squilibrio funzionale che attiene alla relazione del bene aggredito con l’uomo e ai bisogni o interessi che il bene medesimo deve soddisfare (Sez. 3, n. 15865 del 31/01/2017, Rizzo, Rv. 269489).
 
Del resto, proprio perché è necessaria la tendenziale irreversibilità del danno – che, se sussistente e concernente l’equilibrio di un ecosistema, integra il più grave reato di disastro ambientale punito dall’art. 452 quater cod. pen. – fino a che tale irreversibilità non si verifica, le condotte poste in essere successivamente all’iniziale "deterioramento" o "compromissione" del bene non costituiscono post factum non punibile, ma integrano singoli atti di un’unica azione lesiva che spostano in avanti la cessazione della consumazione del reato (Sez. 3, n. 10515 del 27/10/2016, dep. 2017, Sorvillo, Rv. 269274; Sez. 3, n. 15865 del 31/01/2017, Rizzo, Rv. 269490), sicché – indipendentemente dal fatto che l’inquinamento del sito sia dipeso anche da comportamenti precedenti all’introduzione nell’ordinamento della fattispecie di reato – la prosecuzione della condotta illecita con aggravamento del danno da parte del ricorrente nel periodo successivo al 29 maggio 2015 quale accertata nel sopralluogo del 20 giugno 2016 rileva ai fini della sussistenza del reato ipotizzato.
 
La motivazione dell’ordinanza impugnata – che nella valutazione dei gravi indizi di colpevolezza per il delitto ipotizzato ha fatto corretta applicazione di tali principi – è dunque incensurabile in questa sede e l’infondatezza della doglianza sul punto, considerata l’inammissibilità dell’ulteriore motivo d’impugnazione di seguito immediatamente esaminato, impone il rigetto del ricorso con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
 
 
3. Quanto alle esigenze cautelari, la doglianza del ricorso è invece assolutamente generica, avendo l’ordinanza impugnata evidenziato – con motivazione non illogica e non specificamente contestata – il concreto ed attuale pericolo di reiterazione del reato, desunto, oltre che dai precedenti specifici (e da alcune condanne per contravvenzioni in materia di rifiuti pronunciate in primo grado e non confermate in appello per sopravvenuta prescrizione), da ulteriori recenti denunce effettuate a carico del ricorrente, per fatti successivi al giugno 2016, in ordine a contravvenzioni in materia di rifiuti, l’ultima delle quali effettuata il 14 aprile 2018. E ciò anche a prescindere dal rilievo – che è dunque superfluo ai fini della giustificazione delle esigenze cautelari ed evidentemente aggiunto ad colorandum nella motivazione dell’ordinanza impugnata – circa un ulteriore fatto di illecito trasporto di rifiuti e violazione di sigilli addebitato al figlio del ricorrente Fabrizio Izzo e ai due operai della Ecologia Unitrans Srl già sorpresi dalla polizia nel sopralluogo del giugno 2016.
 
P.Q.M.
 
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente Izzo Giovanni al pagamento delle spese processuali.
 
Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui agli artt. 28 reg. esec. cod. proc. pen. e 665 cod. proc. pen.
 
Così deciso il 19 settembre 2018.
 

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