Giurisprudenza: Giurisprudenza Sentenze per esteso massime |
Categoria: Beni culturali ed ambientali,
Cave e miniere,
Diritto urbanistico - edilizia,
VIA VAS AIA
Numero: 28080 |
Data di udienza: 22 Marzo 2017
* CAVE E MINIERE – Coltivazione di cava di calcare per inerti – Domanda di proroga – Zona sottoposta a vincolo ambientate – Coltivazione senza la prescritta autorizzazione – Nuova autorizzazione – Necessità – Reati ex artt. 30 l. n. 394/1991, 146 e 181 d. lgs. n. 42/2004 – DIRITTO URBANISTICO – EDILIZIA – Art. 44, lett. e), d. P. R. n. 380/2001 – VIA VAS AIA – Istanza di verifica di assoggettabilità a valutazione di impatto ambientale o a valutazione di incidenza ambientale – BENI CULTURALI ED AMBIENTALI – Cava scadenza autorizzazione – Coltivazione subordinata alla nuova richiesta di autorizzazione – Effetti del silenzio dell’amministrazione preposta alla tutela del vincolo – Provvedimento autorizzatorio – Esclusione.
Provvedimento: Sentenza
Sezione: 3^
Regione:
Città:
Data di pubblicazione: 7 Giugno 2017
Numero: 28080
Data di udienza: 22 Marzo 2017
Presidente: AMORESANO
Estensore: Andreazza
Premassima
* CAVE E MINIERE – Coltivazione di cava di calcare per inerti – Domanda di proroga – Zona sottoposta a vincolo ambientate – Coltivazione senza la prescritta autorizzazione – Nuova autorizzazione – Necessità – Reati ex artt. 30 l. n. 394/1991, 146 e 181 d. lgs. n. 42/2004 – DIRITTO URBANISTICO – EDILIZIA – Art. 44, lett. e), d. P. R. n. 380/2001 – VIA VAS AIA – Istanza di verifica di assoggettabilità a valutazione di impatto ambientale o a valutazione di incidenza ambientale – BENI CULTURALI ED AMBIENTALI – Cava scadenza autorizzazione – Coltivazione subordinata alla nuova richiesta di autorizzazione – Effetti del silenzio dell’amministrazione preposta alla tutela del vincolo – Provvedimento autorizzatorio – Esclusione.
Massima
CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. 3^ 07/06/2017 (Ud. 22/03/2017) Sentenza n.28080
CAVE E MINIERE – Coltivazione di cava di calcare per inerti – Domanda di proroga – Zona sottoposta a vincolo ambientate – Coltivazione senza la prescritta autorizzazione – Nuova autorizzazione – Necessità – Reati ex artt. 30 L. n. 394/1991, 146 e 181 d. lgs. n. 42/2004 – DIRITTO URBANISTICO – EDILIZIA – Art. 44, lett. e), d. P. R. n. 380/2001 – VIA VAS AIA – Istanza di verifica di assoggettabilità a valutazione di impatto ambientale o a valutazione di incidenza ambientale.
In tema di coltivazione cave, la richiesta di proroga vale a consentire la prosecuzione dell’attività oltre il termine di scadenza originario ma non a rendere non necessaria, affinché la condotta sia penalmente lecita, l’adozione di un nuovo provvedimento autorizzativo, non surrogabile da altri atti previsti da fonti normative regionali o addirittura regolamentari, e la cui mancanza è chiaramente indicata dall’art. 181 del d.lgs. n. 42 del 2004. Va del resto sottolineato, ad ulteriore conferma della rigida necessità, in caso di scadenza dell’autorizzazione, di adozione di una nuova, che la disposizione dell’art. 146, comma 4, del d.lgs. n. 42/2004, prevede espressamente che “l’autorizzazione è efficace per un periodo di cinque anni, scaduto il quale l’esecuzione dei progettati lavori deve essere sottoposta a nuova autorizzazione”, norma, questa, che, una volta che si ritenga l’attività di coltivazione di cava assoggettata al regime autorizzatorio in questione stante la equiparazione della coltivazione a “lavori di qualsiasi genere” di cui all’art. 181 d.lgs. n. 42/2004. Né è d’ostacolo a tale conclusione il fatto che l’art. 1 della legge regionale Puglia n.33 del 2016 abbia previsto che in sede di domanda di rinnovo (che, deve tra l’altro precisarsi, è concetto diverso da quello di proroga) debba anche essere presentata istanza di verifica di assoggettabilità a valutazione di impatto ambientale o a valutazione di incidenza ambientale, dovendo in assenza di ciò intendersi sospesa l’attività estrattiva, rilevando sempre tali adempimenti con riguardo al solo profilo amministrativo delle attività estrattive.
BENI CULTURALI ED AMBIENTALI – Cava scadenza autorizzazione – Coltivazione subordinata alla nuova richiesta di autorizzazione – Effetti del silenzio dell’amministrazione preposta alla tutela del vincolo – Provvedimento autorizzatorio – Esclusione.
In tema di tutela del paesaggio, il provvedimento autorizzatorio previsto dalla legislazione di settore deve avere forma espressa, atteso che il silenzio dell’amministrazione preposta alla tutela del vincolo non può avere valore di assenso stante la necessità di valutare da parte della p.a. equilibri diversi e tenere conto del concorso di competenze statali e regionali (Sez. 3, n. 38707 del 28/05/2004, dep. 04/10/2004, Loprieno).
(conferma ordinanza del TRIBUNALE DI BARI 22/09/2016) Pres. AMORESANO, Rel. ANDREAZZA, Ric. Dileo
Allegato
Titolo Completo
CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. 3^ 07/06/2017 (Ud. 22/03/2017) Sentenza n.28080
SENTENZA
CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. 3^ 07/06/2017 (Ud. 22/03/2017) Sentenza n.28080
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA PENALE
composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
omissis
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso proposto da Dileo Gioacchino, n. a Altamura il 25/01/1946;
avverso l’ordinanza del Tribunale di Bari in data 22/09/2016;
udita la relazione svolta dal consigliere Gastone Andreazza;
lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale D. Cardia, che ha concluso per il rigetto del ricorso;
RITENUTO IN FATTO
1. Dileo Gioacchino ha proposto ricorso avverso l’ordinanza in data 22/09/2016 con cui il Tribunale del riesame di Bari ha rigettato la richiesta di riesame presentata avverso il decreto di sequestro preventivo del G.i.p. del Tribunale di Bari di area di coltivazione di cava di calcare per inerti in zona sottoposta a vincolo ambientate per i reati ex artt. 30 della l. n. 394 del 1991, 146 e 181 del d. lgs. n. 42 del 2004 e 44, lett. e), del d. P. R. n. 380 del 2001 in relazione alla condotta di coltivazione senza la prescritta autorizzazione.
2. Con un primo motivo lamenta la violazione degli artt. 14 della legge Regione Puglia, n. 37 del 1985 nonché 11 delle norme tecniche di attuazione del piano regionale delle attività estrattive e 20, comma 4, L. n. 241 del 1990.
In particolare lamenta che il provvedimento abbia inteso il silenzio serbato dalla Pubblica amministrazione sulla richiesta di proroga dell’autorizzazione all’attività estrattiva come silenzio – diniego non esistendo alcuna norma che equipari il silenzio della Regione sull’istanza di proroga al rigetto delta domanda non esistendo neppure il presupposto della previsione di un termine predeterminato il cui decorso determini l’implicita volontà di respingere l’istanza. Al contrario, il collegio avrebbe dovuto ritenere applicabile l’istituto della prorogatio sulla base della presentazione tempestiva della domanda di proroga 180 giorni prima della scadenza dell’autorizzazione sicché l’autorizzazione alla coltivazione può essere prorogata quando sussistono motivati interessi di produzione e di sviluppo economico a norma dell’art. 14, comma 3, della legge regionale n. 37 del 1985 mentre, in caso contrario, l’attività può essere proseguita in attesa del provvedimento finale di rinnovo o di diniego sulla autorizzazione concessa. Il Tribunale ha così equivocato il senso della disposizione del P.r.a.e. secondo cui, nelle more del procedimento, l’attività estrattiva può essere legittimamente proseguita, norma, questa, del resto ricalcante la disposizione dell’art. 35 della legge regionale n. 37 del 1985 sul regime transitorio e sulla sorte delle cave legittimamente in attività prima dell’entrata in vigore di detta legge regionale, non essendosi mai dubitato che nelle more della conclusione del procedimento di rilascio dell’autorizzazione richiesta entro sei mesi non potesse essere proseguita l’attività estrattiva.
3. Con un secondo motivo lamenta l’inosservanza dell’art. 125, comma 3, cod. proc. pen. per totale difetto di motivazione in ordine ai motivi di riesame illustrati alle lettere b) e c) dell’atto depositato in cancelleria in data 17/09/2016 nonché inosservanza ed erronea applicazione degli artt. 146 e 181 del d. lgs. n. 42 del 2004 e degli artt. 10 e 44 lett. c) del d.P.R. n. 380 del 2001; in particolare il provvedimento si è limitato ad osservare che l’attività di coltivazione della cava, in quanto effettuata in mancanza di titolo, integrerebbe di per sé sia l’illecito paesaggistico sia l’illecito edilizio senza confrontarsi con i motivi di riesame che invece evidenziavano l’insussistenza del fumus di tali reati posto che l’attività poteva regolarmente proseguire in regime di proroga essendo possibile ipotizzare i reati di mancanza di autorizzazione paesaggistica e autorizzazione edilizia solo in presenza di un espresso provvedimento regionale di diniego della proroga stessa.
4. In data 13/03/2017 il ricorrente ha presentato memoria ripropositiva delle ragioni illustrate in ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Entrambi i motivi, congiuntamente esaminabili, sono infondati, sia pure per ragioni di diritto diverse da quelle enunciate dal provvedimento impugnato.
L’assunto del ricorrente secondo cui sarebbe sufficiente, in caso di non completamento della coltivazione della cava nei tempi previsti, la presentazione della richiesta di proroga entro 180 giorni prima della scadenza dell’originaria autorizzazione, per continuare a coltivare la cava in oggetto anche dopo la scadenza stessa, se è infatti idoneo a consentire, sino a quando non intervenga la nuova autorizzazione, la prosecuzione dell’attività sotto il profilo amministrativo, non lo è invece quanto ai profili di carattere penale attesa l’impossibilità che la tutela penale del paesaggio sia condizionata dalla legislazione regionale.
La tesi prospettata in ricorso si basa sul testo dell’art.11 delle norme tecniche di attuazione del piano regionale delle attività estrattive secondo cui «1. Nel caso in cui il titolare di autorizzazione alla coltivazione di cava non abbia completato la coltivazione nei tempi previsti dal titolo autorizzativo, è possibile presentare domanda di proroga al competente Servizio Attività Estrattive. 2. L’istanza di proroga deve essere presentata almeno 180 giorni prima della scadenza dell’autorizzazione; qualora l’istanza pervenga oltre tale termine, la coltivazione non potrà più proseguire oltre il termine previsto dal titolo originario, trascorso il quale il Servizio Attività Estrattive della Regione adotterà apposito provvedimento di cessazione della attività di cava».
E tuttavia questa Corte ha già in precedenza, sia pure con riferimento alla sola normativa ex lege regionale Puglia n. 37 del 1985 (che prevede, all’art. 35, per le cave già “legalmente in attività” la prosecuzione dei lavori di coltivazione come subordinata alla richiesta di autorizzazione, da presentarsi entro sei mesi alla data di entrata in vigore della stessa legge), affermato, in termini comunque applicabili anche con riferimento alla disposizione dell’art. 11 delle norme tecniche di attuazione del piano regionale delle attività produttive, che le cave ubicate in zone sottoposte a vincoli paesaggistici, già coltivate al momento dell’apposizione del vincolo, possono proseguire l’attività previo rilascio, secondo la normativa regionale, di un’autonoma autorizzazione paesaggistica, non essendo sufficiente la domanda di prosecuzione (Sez. 3, n. 34102 del
12/04/2005, dep. 23/09/2005, Nardilli, Rv. 232107) e, ancora, che in tema di tutela del paesaggio, il provvedimento autorizzatorio previsto dalla legislazione di settore deve avere forma espressa, atteso che il silenzio dell’amministrazione preposta alla tutela del vincolo non può avere valore di assenso stante la necessità di valutare da parte della p.a. equilibri diversi e tenere conto del concorso di competenze statali e regionali (Sez. 3, n. 38707 del 28/05/2004, dep. 04/10/2004, Loprieno, Rv. 229599).
Sicché, in altri termini, la richiesta di proroga vale appunto a consentire la prosecuzione dell’attività oltre il termine di scadenza originario ma non a rendere non necessaria, affinché la condotta sia penalmente lecita, la adozione di nuovo provvedimento autorizzativo, non surrogabile da altri atti previsti da fonti normative regionali o addirittura regolamentari (come appunto l’art.11 invocato), e la cui mancanza è chiaramente indicata dall’art. 181 del d.lgs. n. 42 del 2004.
Va del resto sottolineato, ad ulteriore conferma della rigida necessità, in caso di scadenza dell’autorizzazione, di adozione di una nuova, che la disposizione dell’art. 146, comma 4, del d.lgs. n. 42 del 2004 cit., prevede espressamente che “l’autorizzazione è efficace per un periodo di cinque anni, scaduto il quale l’esecuzione dei progettati lavori deve essere sottoposta a nuova autorizzazione”, norma, questa, che, una volta che si ritenga l’attività di coltivazione di cava assoggettata al regime autorizzatorio in questione (cfr. Sez. 4, n. 1781 del 02/12/2008, dep. 16/01/2009, Boscacci, Rv. 242497; Sez. 3, n. 17746 del 12/01/2006, dep. 23/05/2006, P.G. in proc. Giancola, Rv. 234310) stante la equiparazione della coltivazione a “lavori di qualsiasi genere” di cui all’art. 181 cit., non vi è ragione che non debba essere applicata nella specie senza, appunto, che disposizioni regolamentari di fonte regionale possano far condurre ad una diversa conclusione.
Deve pertanto ritenersi che, pur essendo corretta la decisione del provvedimento impugnato in ordine alla sussistenza del fumus dei reati addebitati in dipendenza della mancanza, nella specie, di nuova autorizzazione alla coltivazione della cava (così potendo questa Corte esercitare legittimamente, nonostante le deduzioni in senso contrario della ricorrente esplicitate in memoria, il potere di rettificazione di cui all’art. 619, comma 1, cod. proc. pen.), la ragione sia da individuare non nel rigetto deducibile in base al silenzio mantenuto da parte dell’amministrazione in ordine alla richiesta di proroga, atteso che, essenzialmente, l’art. 11 cit. prevede a contrario che, una volta richiesta la proroga nei termini, la attività di coltivazione può proseguire, ma, come appena detto, nella esclusiva rilevanza di tale norma ai soli fini amministrativi e nella conseguente impossibilità di surrogare, ai fini penali, alla nuova autorizzazione, sempre necessaria, la richiesta di proroga dell’attività svolta sulla base di quella originaria.
Né è d’ostacolo a tale conclusione il fatto che l’art. 1 della legge regionale Puglia n.33 del 2016 abbia previsto che in sede di domanda di rinnovo (che, deve tra l’altro precisarsi, è concetto diverso da quello di proroga) debba anche essere presentata istanza di verifica di assoggettabilità a valutazione di impatto ambientale o a valutazione di incidenza ambientale, dovendo in assenza di ciò intendersi sospesa l’attività estrattiva, rilevando sempre tali adempimenti con riguardo al solo profilo amministrativo delle attività estrattive.
2. Il ricorso va pertanto rigettato con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.
Roma, 22 marzo 2017