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Giurisprudenza: Giurisprudenza Sentenze per esteso massime | Categoria: Acqua - Inquinamento idrico, Diritto processuale penale Numero: 20086 | Data di udienza: 12 Giugno 2020

ACQUA – INQUINAMENTO IDRICO – Abbandono di siero o residuo della lavorazione del latte – Sversamento in fognatura – Scarico non autorizzato di acque reflue industriali – Artt. 137, 256 D.L.vo n.152/2006 – DIRITTO PROCESSUALE PENALE – Sospensione condizionale della pena – Carattere personalistico e rieducativo della pena.


Provvedimento: SENTENZA
Sezione: 3^
Regione:
Città:
Data di pubblicazione: 7 Luglio 2020
Numero: 20086
Data di udienza: 12 Giugno 2020
Presidente: ACETO
Estensore: CORBETTA


Premassima

ACQUA – INQUINAMENTO IDRICO – Abbandono di siero o residuo della lavorazione del latte – Sversamento in fognatura – Scarico non autorizzato di acque reflue industriali – Artt. 137, 256 D.L.vo n.152/2006 – DIRITTO PROCESSUALE PENALE – Sospensione condizionale della pena – Carattere personalistico e rieducativo della pena.



Massima

CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. 3^, 07/07/2020 (Ud. 12/06/2020), Sentenza n.20086

ACQUA – INQUINAMENTO IDRICO – Abbandono di siero o residuo della lavorazione del latte – Sversamento in fognatura – Scarico non autorizzato di acque reflue industriali – Artt. 137, 256 D.L.vo n.152/2006.

In tema di tutela delle acque, l’immissione nella rete fognaria di siero o residuo della lavorazione del latte contenuto in una cisterna di stoccaggio di un caseificio integra il reato, di cui all’art. 137 del Decreto Legislativo n.152/2006, relativo allo scarico non autorizzato di acque reflue industriali.

DIRITTO PROCESSUALE PENALE – Sospensione condizionale della pena – Carattere personalistico e rieducativo della pena.

La sospensione condizionale non può risolversi in un pregiudizio per l’imputato in termini di compromissione del carattere personalistico e rieducativo della pena; l’interesse all’impugnazione, condizionante l’ammissibilità del ricorso, si configura pertanto tutte le volte in cui il provvedimento di concessione del beneficio sia idoneo a produrre in concreto la lesione della sfera giuridica dell’impugnante e la sua eliminazione consenta il conseguimento di una situazione giuridica più vantaggiosa. Il pregiudizio addotto dall’interessato, tuttavia, in tanto è rilevante in quanto non attenga a valutazioni meramente soggettive di opportunità e di ordine pratico, ma concerna interessi giuridicamente apprezzabili in quanto correlati alla funzione stessa della sospensione condizionale, consistente nella “individualizzazione” della pena e nella sua finalizzazione alla reintegrazione sociale del condannato.

(dich. inammissibile il ricorso avverso sentenza del 19/09/2019 del TRIBUNALE DI ISERNIA) Pres. ACETO, Rel. CORBETTA, Ric. Antenucci


Allegato


Titolo Completo

CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. 3^, 07/07/2020 (Ud. 12/06/2020), Sentenza n.20086

SENTENZA

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA PENALE

composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

omissis

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

sul ricorso proposto da Antenucci Walter, nato a Agnone;

avverso la sentenza del 19/09/2019 del TRIBUNALE DI ISERNIA;

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;

udita la relazione svolta dal consigliere Stefano Corbetta;

letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Marilia Di Nardo, che ha concluso chiedendo l’inammissibilità del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. Con l’impugnata sentenza, il Tribunale di Isernia condannava Walter Antenucci alla pena di 2.000 euro di ammenda, condizionalmente sospesa, per il reato di cui all’art. 137 d.lgs. n. 152 del 2006 – così modificata all’udienza del 24 ottobre 2018 l’originaria imputazione di cui all’artt. 256, comma 2, d.lgs. n. 152 del 2006 -, a lui ascritto per aver abbandonato, immettendolo nella rete fognaria, il siero (rifiuto liquido non pericoloso cer. 020102) contenuto nella cisterna di stoccaggio dell’azienda “Caseificio Antenucci Mario s.n.c. di Antenucci Mauro, Walter e Piergiorgio”, di cui l’imputato era amministratore. In Agnone, il 21 novembre 2014.

2. Avverso l’indicata sentenza, l’imputato, per mezzo del difensore di fiducia, propone ricorso per cassazione affidato a tre motivi.

2.1. Con il primo motivo si deduce la violazione dell’art. 606, comma 1, lett. e) cod. proc. pen. in relazione all’art. 533, comma 1, cod. proc. pen. Assume il ricorrente che il Tribunale ha accertato che il 21 novembre 2014 un operaio stesse effettuando operazioni di pulizia dei silos mediante sversamento in fognatura, ma senza precisare la tipologia del liquido scaricato, stante anche l’inutilizzabilità del prelievo come statuita dal Tribunale del riesame, ritenendo in maniera apodittica che si trattasse di siero sulla base delle mere percezioni visive e olfattive degli operanti e in assenza di qualsivoglia analisi chimica, e considerando che la società aveva ottenuto l’autorizzazione allo scarico delle acque di lavaggio in data 17 ottobre 2012, prodotta dalla difesa.

2.2. Con il secondo motivo si eccepisce la violazione dell’art. 606, comma 1,lett. e) cod. proc. pen. per l’erronea valutazione di una prova decisiva.

Il ricorrente censura la sentenza impugnata, laddove non ha considerato il certificato delle analisi effettuate dal laboratorio Pasteaur sull’aliquota consegnata all’imputato dei reflui prelevati il 21 novembre 2014, documento prodotto dall’udienza dell’11 aprile 2019, da cui non emerge che il refluo sversato fosse siero o altra sostanza di cui è vietato lo scarico in fognatura.

2.3. Con il terzo motivo si lamenta la violazione dell’art. 606, comma 1, lett. b) cod. proc. pen. in relazione all’art. 163 cod. pen. Il ricorrente si duole che il Tribunale abbia riconosciuto la sospensione condizionale della pena, sebbene non richiesta, ciò che costituisce una lesione di un interesse giuridicamente apprezzabile del condannato, sia in linea astratta, stante la sua qualità di amministratore di una società, sia in concreto, dato che il caseificio Antenucci rifornisce numerosi supermercati, con intuitive ricadute di carattere economico
anche sui fratelli.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è inammissibile.

2. I primi due motivi, esaminabili congiuntamente stante la stretta relazione logica tra le questioni dedotte, sono manifestamente infondati.

3. Secondo quanto accertato dal Tribunale, a seguito di numerose segnalazioni pervenute nell’autunno del 2014 al Comando Forestale in relazione alla presenza di siero all’interno del depuratore comunale sito in località Fossato nel Comune di Agnone, personale del Corpo Forestale dello Stato effettuò controlli a tre caseifici ubicati nella zona artigianale di cui il depuratore è a servizio.

Durante un primo controllo effettuato presso il caseificio Antenucci in data 15 novembre 2014, sulla base di prove effettuate con un colorante, gli operanti riscontrarono che un tubo collegato alla cisterna di stoccaggio del siero era direttamente collegato alle rete fognaria.

Il 21 novembre successivo, alle ore 6.43, gli operanti si recarono nuovamente presso il caseificio e accertarono che il tubo proveniente dalla cisterna che conteneva i residui della lavorazione – e quindi anche il siero – prodotti il giorno precedente era collegato nello scarico ove, il precedente 14 novembre, avevano inserito il tubo, riscontrando che esso versasse nella rete fognaria.

4. Ciò premesso, la censura difensiva, secondo cui non vi sarebbe prova che la cisterna di stoccaggio la mattina del 21 novembre non contenesse del siero, anziché acqua di lavaggio, è destituita di fondamento.

Invero, con motivazione non manifestamente illogica, il Tribunale ha desunto che la sostanza sversata fosse proprio siero – o comunque un residuo della lavorazione del latte – dalla percezione diretta – sia visiva, sia olfattiva – da parte degli operanti, appartenenti a un corpo altamente specializzato, e quindi in possesso di adeguate competenze per distinguere agevolmente il siero dalle acque di lavaggio.

Peraltro, in sede di controesame la difesa avrebbe potuto verificare l’attendibilità degli operanti in relazione a quanto da loro direttamente percepito la mattina del 21 novembre, ciò che non risulta sia avvenuto, di talché la dichiarazione resa da costoro rappresenta prova piena in ordine alla natura della sostanza sversata.

Il Tribunale, inoltre, ha individuato, come elemento di conferma, quanto riferito dal teste di difesa, secondo cui nel caseificio sono presenti due silos di stoccaggio, uno del latte e l’altro del siero, e ogni giorno un dipendente effettua la pulizia di entrambi i silos, da ciò desumendo che la mattina del 21 novembre il silos contenesse residui della lavorazione del latte del giorno precedente, dato che l’attività produttiva, stante l’orario (le ore 6,43), non era ancora iniziata.

5. Una conclusione del genere non è messa in discussione dal “rapporto di prova” redatto dal tecnico del laboratorio Pasteaur, dal quale non emergono elementi che smentiscano le conclusioni sopra raggiunte, né il ricorrente le ha puntualmente indicate; al contrario, da tale documento emergono elementi di conferma, laddove si indica, con riferimento alla sostanza analizzata, che il colore è “biancastro” e che l’odore” è “tipico”: caratteristiche cromatiche e olfattive del tutto congruenti con la natura di “siero” della sostanza analizzata.

6. Si osserva, infine, che nessun rilevanza riveste l’autorizzazione allo scarico delle acque reflue industriali rilasciata dal Comune di Avignone in data 17 ottobre 2012 a Mauro Antenucci, quale legale rappresentante del “Caseificio Antenucci Mario di Antenucci Mauro, Walter e Pergiorgio” s.n.c., per l’assorbente ragione che essa non autorizzava affatto lo scarico nella rete fognaria del siero, come emerge chiaramente dall’autorizzazione medesima, laddove si prescrive che “il siero dovrà essere raccolto a parte e destinato agli usi consentiti dalle norme vigenti”.
7. Il terzo motivo è manifestamente infondato.

7.1. Invero, come affermato dalle Sezioni Unite di questa Corte, la sospensione condizionale non può risolversi in un pregiudizio per l’imputato in termini di compromissione del carattere personalistico e rieducativo della pena; l’interesse all’impugnazione, condizionante l’ammissibilità del ricorso, si configura pertanto tutte le volte in cui il provvedimento di concessione del beneficio sia idoneo a produrre in concreto la lesione della sfera giuridica dell’impugnante e la sua eliminazione consenta il conseguimento di una situazione giuridica più vantaggiosa.

Il pregiudizio addotto dall’interessato, tuttavia, in tanto è rilevante in quanto non attenga a valutazioni meramente soggettive di opportunità e di ordine pratico, ma concerna interessi giuridicamente apprezzabili in quanto correlati alla funzione stessa della sospensione condizionale, consistente nella “individualizzazione” della pena e nella sua finalizzazione alla reintegrazione sociale del condannato (Sez. U, n. 6563 del 16/03/1994 – dep. 02/06/1994, Rusconi, Rv. 197535).

In applicazione del principio, le Sezioni Unite hanno escluso che possa assumere rilevanza giuridica la mera opportunità, prospettata dal ricorrente, di riservare il beneficio per eventuali condanne a pene più gravi, perché valutazione di opportunità del tutto soggettiva e per giunta eventuale, e comunque in contraddizione con la prognosi di non reiterazione criminale, e quindi di ravvedimento, imposta dall’art. 164, comma 1, cod. pen. per la concessione del beneficio medesimo.

7.2. Nel caso di specie, il ricorso è generico, non avendo il ricorrente indicato alcun interesse giuridicamente apprezzabile da ritenersi prevalente sulla valutazione con cui è stato riconosciuta la sospensione condizionale della pena, tale non essendo né la circostanza che l’Antenucci sia amministratore della società, trattandosi di un interesse che lo stesso ricorrente definisce “in linea astratta”, e neppure il fatto che il caseificio Antenucci rifornisca numerosi supermercati, non essendo dato comprendere quali conseguenze negative di carattere economico, per sé e per i fratelli, possano derivare dalla sospensione condizionale della pena pecuniaria, che peraltro comporta un vantaggio economico, stante il mancato esborso pari alla somma inflitta a titolo di ammenda.

8. Essendo il ricorso inammissibile e, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte Cost. sent. n. 186 del 13/06/2000), alla condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento consegue quella al pagamento della sanzione pecuniaria nella misura, ritenuta equa, indicata in dispositivo.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 3.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.

Così deciso il 12/06/2020.

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