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Giurisprudenza: Giurisprudenza Sentenze per esteso massime | Categoria: Diritto urbanistico - edilizia Numero: 129 | Data di udienza: 15 Settembre 2017

DIRITTO URBANISTICO – EDILIZIA – Decadenza dei titoli abilitativi – Sequestro preventivo – Edificazione di un immobile abusivo – Esigenza di impedire la prosecuzione dei lavori ancora in corso – Art. 44 lett. c) dpr n. 380/2001 – Esclusione di colpevolezza per errore di diritto dipendente da ignoranza inevitabile della legge penale – Buona fede dell’agente – Limiti.


Provvedimento: Sentenza
Sezione: 3^
Regione:
Città:
Data di pubblicazione: 8 Gennaio 2018
Numero: 129
Data di udienza: 15 Settembre 2017
Presidente: FIALE
Estensore: DI STASI


Premassima

DIRITTO URBANISTICO – EDILIZIA – Decadenza dei titoli abilitativi – Sequestro preventivo – Edificazione di un immobile abusivo – Esigenza di impedire la prosecuzione dei lavori ancora in corso – Art. 44 lett. c) dpr n. 380/2001 – Esclusione di colpevolezza per errore di diritto dipendente da ignoranza inevitabile della legge penale – Buona fede dell’agente – Limiti.



Massima

 




CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. 3^ 08/01/2018 (Ud. 15/09/2017), Sentenza n.129

 
DIRITTO URBANISTICO – EDILIZIA – Decadenza dei titoli abilitativi – Sequestro preventivo – Edificazione di un immobile abusivo – Esigenza di impedire la prosecuzione dei lavori ancora in corso – Art. 44 lett. c) dpr n. 380/2001.
 
In tema di reati edilizi, l’esigenza di impedire la prosecuzione dei lavori di edificazione di un immobile abusivo ancora in corso è, di per sé, condizione sufficiente per disporre e mantenere il sequestro preventivo del manufatto e dell’area ove esso insiste, indipendentemente dalla natura e dalla entità degli interventi ancora da eseguire per ultimarlo (Sez.3, n.49220 del 06/11/2014; Sez. 3, n.38216 del 28/09/2011).
 

DIRITTO URBANISTICO – EDILIZIA – Esclusione di colpevolezza per errore di diritto dipendente da ignoranza inevitabile della legge penale – Buona fede dell’agente – Limiti – Edilizia: titoli abilitativi decaduti.
 
Nei reati contravvenzionali, la buona fede dell’agente tale da escludere l’elemento soggettivo non può essere determinata dalla mera non conoscenza della legge, bensì da un fattore positivo esterno che abbia indotto il soggetto in errore incolpevole (Sez., n.4951 del 17/12/1999,dep.21/04/2000; Sez.3, n.172 del 06/11/2007, dep. 07/01/2008; Sez.3,n.48925 del 22/10/2009), e che la esclusione di colpevolezza per errore di diritto dipendente da ignoranza inevitabile della legge penale può essere giustificata da un complessivo e pacifico orientamento giurisprudenziale che abbia indotto nell’agente la ragionevole conclusione della correttezza della propria interpretazione normativa; inoltre, in caso di giurisprudenza non conforme o di oscurità del dettato normativo sulla regola di condotta da seguire non è possibile invocare la condizione soggettiva di ignoranza inevitabile, atteso che in caso di dubbio si determina l’obbligo di astensione dall’intervento e dell’espletamento di qualsiasi utile accertamento per conseguire la corretta conoscenza della legislazione vigente in materia (Sez.3, n.28397 del 16/04/2004; Sez.6, n.6991 del 25/01/2011). Fattispecie: attività illecita di trasformazione del territorio con conseguente aggravamento delle consegue del reato.
 
 
(conferma ordinanza del 30/01/2017 – TRIBUNALE DI SASSARI) Pres. FIALE, Rel. DI STASI, Ric. Marcon  ed altri 

Allegato


Titolo Completo

CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. 3^ 08/01/2018 (Ud. 15/09/2017), Sentenza n.129

SENTENZA

 

 

 
 
 

CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. 3^ 08/01/2018 (Ud. 15/09/2017), Sentenza n.129


REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
 
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA PENALE
 
composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
 
omissis
 
ha pronunciato la seguente
 
SENTENZA
 
sul ricorso proposto da:
 
MARCON LEONARDO, nato a Loria il 22/07/1964;
 
MARCONFABIO, nato a Loria il 12/07/1959;
 
FORTI ANNALISA, nata a Andria il 01/02/1959;
 
ADDIS ANTONIO, nato a Sassari il 03/07/1986;
 
avverso l’ordinanza del 30/01/2017 del Tribunale di Sassari visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
 
udita la relazione svolta dal consigliere Dott.ssa Antonella Di Stasi;
 
letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale dott.ssa Delia Cardia, che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso. 
 
RITENUTO IN FATTO
 
1. Con ordinanza del 30.01.2017, il Tribunale di Sassari rigettava la richiesta di riesame proposta da Marcon Leonardo, Marcon Fabio, Forti Annalisa e Addis Antonio, avverso il decreto di sequestro preventivo disposto in data 27.12.2016 dagli operanti della Stazione Forestale e di Vigilanza Ambientale di Olbia e convalidato dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Tempio Pausania con decreto del 5.1.2017.
 
Il Tribunale riteneva sussistente il fumus commissi delicti limitatamente al reato di cui agli artt. 110 cp, 44 lett. c) dpr n. 380/2001- per l’abusiva costruzione di due manufatti ancora in corso di realizzazione in Golfo Aranci, loc. Su Laccu/Donnigheddu – ed il periculum in mora ravvisato nella circostanza che la disponibilità delle opere abusive rendeva concreto il pericolo di prosecuzione dell’attività illecita di trasformazione del territorio con conseguente aggravamento delle consegue del reato.
 
2. Avverso tale ordinanza hanno proposto ricorso per cassazione Marcon Leonardo, Marcon Fabio, Forti Annalisa e Addis Antonio, per il tramite del difensore di fiducia, articolando tre motivi di seguito enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione, come disposto dall’art. 173 comma 1, disp. att. cod. proc. pen.
 
Con il primo motivo deducono violazione di legge in relazione agli artt. 8 e 9 della LR Sardegna21.11.2011 n.21, art 1 LR Sardegna 7.10.2013 n. 28 e art 30 di 21.6.2013 n. 69 conv. in L 9.8.2013 n. 98, deducendo che l’affermata perdita di efficacia delle DIA presentate il 14.2.2011 sarebbe conseguenza della errata interpretazione delle norme urbanistiche relative all’ampliamento dei termini di decadenza dei titoli abilitativi, norme che, invece, conferirebbero validità ed efficacia delle DIA al momento del sequestro avvenuto in data 27.12.2016, quantomeno fino al 14.2.2017.
 
Con il secondo motivo deducono violazione di legge in relazione all’art. 44 lett. c) dPR n. 380/2001 per omessa motivazione in ordine alla sussistenza dell’elemento soggettivo del reato, deducendo che sarebbe di immediato rilievo l’insussistenza della colpa per la buona fede degli indagati a fronte di una farraginosa normativa urbanistica di riferimento, che renderebbe incolpevole ed inevitabile l’eventuale errore di diritto.
 
Con il terzo motivo deducono violazione di legge in relazione agli artt. 321 cpp, 125 comma 3 cpp e 44 lett. c) dpr n. 380/2001 per motivazione contraddittoria, generica e/o apparente in ordine alla sussistenza del periculum, deducendo che la motivazione offerta dal Tribunale in ordine alla finalità preventiva sarebbe generica e fondata su considerazioni di principio in quanto correlata unicamente alla prosecuzione dell’asserita attività abusiva.
 
Chiedono, pertanto, l’annullamento del provvedimento impugnato.
 
Il Sostituto Procuratore generale presso questa Corte ha rassegnato ex art. 611 cod. proc. pen. le proprie conclusioni, rimarcando l’infondatezza dei motivi proposti e chiedendo il rigetto del ricorso.

CONSIDERATO IN DIRITTO
 
1. Il primo motivo di ricorso è infondato.
 
I ricorrenti sono indagati, secondo l’imputazione provvisoria, in relazione alla contravvenzione di cui agli artt. 110 cp, 44 lett. e) dpr n. 380/2001 per aver realizzato manufatti in corso di realizzazione con muri perimetrali in elevazione, in assenza di titolo o comunque in quanto titolari di DIA decadute di diritto.
 
Come emerge dalla imputazione e dalla descrizione delle opere abusive contenute nel provvedimento impugnato, trattasi di nuove costruzioni che non rientrano nel disposto della legge regionale invocata dal ricorrente, ma necessitano di permesso di costruire.
 
Gli artt. 2,3,4 della legge n. 4/2009 – richiamati dall’art. 10 comma 3-, infatti, contemplano rispettivamente, quali opere seguibili a mezzo DIA, interventi di adeguamento e ampliamento del patrimonio edilizio esistente, interventi di ampliamento per le costruzioni in zona agricola e interventi di ampliamento a finalità turistico-ricettiva.
 
Risulta, pertanto, irrilevante la questione di efficacia delle Dia presentate il 14.2.2011.
 
2. Il secondo motivo di ricorso è infondato.
 
La questione relativa alla sussistenza dell’elemento soggettivo del reato contestato era stata dedotta in maniera del tutto generica nell’atto di riesame ed è manifestamente infondata; pertanto, alcun obbligo motivazione era configurabile a carico del Tribunale del riesame, secondo il principio consolidato in base al quale il giudice non è obbligato a motivare in ordine ad istanze e deduzioni, nel caso in cui esse appaiano improponibili sia per genericità, sia per manifesta infondatezza (Sez.2, n.49007 del 16/09/2014, Rv.261423; Sez.3, n.53710 del 23/02/2016, Rv.268705).
 
Giova, peraltro, ricordare che, secondo la giurisprudenza consolidata di questa Corte, nei reati contravvenzionali, la buona fede dell’agente tale da escludere l’elemento soggettivo non può essere determinata dalla mera non conoscenza della legge, bensì da un fattore positivo esterno che abbia indotto il soggetto in errore incolpevole (Sez., n.4951 del 17/12/1999,dep.21/04/2000,Rv. 216561; Sez.3, n.172 del 06/11/2007, dep. 07/01/2008, Rv.238600; Sez.3,n.48925 del 22/10/2009, Rv.245917), e che la esclusione di colpevolezza per errore di diritto dipendente da ignoranza inevitabile della legge penale può essere giustificata da un complessivo e pacifico orientamento giurisprudenziale che abbia indotto nell’agente la ragionevole conclusione della correttezza della propria interpretazione normativa; inoltre, in caso di giurisprudenza non conforme o di oscurità del dettato normativo sulla regola di condotta da seguire non è possibile invocare la condizione soggettiva di ignoranza inevitabile, atteso che in caso di dubbio si determina l’obbligo di astensione dall’intervento e dell’espletamento di qualsiasi utile accertamento per conseguire la corretta conoscenza della legislazione vigente in materia (Sez.3, n.28397 del 16/04/2004, Rv.229060; Sez.6, n.6991 del 25/01/2011, Rv.249451).
 
3. Il terzo motivo di ricorso è infondato.
 
Il Tribunale ha rilevato come, dalla documentazione in atti, sia possibile constatare che, all’atto del sequestro, l’intervento abusivo era in corso di esecuzione e ha valutato, quindi, che la libera disponibilità del bene consentirebbe l’ultimazione dei lavori ed il consolidamento dell’opera abusiva, ritenendo, conseguentemente, la piena sussistenza del periculum.
 
La decisione è corretta in quanto conforme al principio di diritto secondo il quale in tema di reati edilizi, l’esigenza di impedire la prosecuzione dei lavori di edificazione di un immobile abusivo ancora in corso è, di per sé, condizione sufficiente per disporre e mantenere il sequestro preventivo del manufatto e dell’area ove esso insiste, indipendentemente dalla natura e dalla entità degli interventi ancora da eseguire per ultimarlo (Sez.3, n.49220 del 06/11/2014, Rv.261215; Sez. 3, n.38216 del 28/09/2011, Rv. 251302).
 
4. Consegue, pertanto, il rigetto dei ricorsi e la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali in base al disposto dell’art. 616 cod.proc.pen.
 
P.Q.M.
 
Rigetta i ricorsi e condannai ricorrenti al pagamento delle spese processuali. 
 
Così deciso il 15/09/2017
 
 
 

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