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Giurisprudenza: Giurisprudenza Sentenze per esteso massime | Categoria: Diritto urbanistico - edilizia Numero: 50649 | Data di udienza: 9 Ottobre 2018

DIRITTO URBANISTICO – EDILIZIA – Serre mobili stagionali sprovviste di strutture in muratura – Attività edilizia libera – Avanserra ancorata su piattaforma in cemento – Requisiti di stabilità, consistenza e non precarietà – Necessita del permesso di costruire – Artt. 3, 6, 44 lett. b), 93, 94 e 95 d.PR. 3802001 – Strutture di servizio e supporto ad impianti serricoli – Realizzazione della "avanserra" – Platea in cemento – Esecuzione in zona sismica – Rilievo ai fini urbanistici – Permesso di costruire – Necessità.


Provvedimento: Sentenza
Sezione: 3^
Regione:
Città:
Data di pubblicazione: 8 Novembre 2018
Numero: 50649
Data di udienza: 9 Ottobre 2018
Presidente: RAMACCI
Estensore: RAMACCI


Premassima

DIRITTO URBANISTICO – EDILIZIA – Serre mobili stagionali sprovviste di strutture in muratura – Attività edilizia libera – Avanserra ancorata su piattaforma in cemento – Requisiti di stabilità, consistenza e non precarietà – Necessita del permesso di costruire – Artt. 3, 6, 44 lett. b), 93, 94 e 95 d.PR. 3802001 – Strutture di servizio e supporto ad impianti serricoli – Realizzazione della "avanserra" – Platea in cemento – Esecuzione in zona sismica – Rilievo ai fini urbanistici – Permesso di costruire – Necessità.



Massima

 

 

 
CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez.3^ 08/11/2018 (Ud. 09/10/2018), Sentenza n.50649
 

DIRITTO URBANISTICO – EDILIZIA – Serre mobili stagionali sprovviste di strutture in muratura – Attività edilizia libera – Avanserra ancorata su piattaforma in cemento – Requisiti di stabilità, consistenza e non precarietà – Necessita del permesso di costruire – Artt. 3, 6, 44 lett. b), 93, 94 e 95 d.PR. 3802001.
 
Le serre mobili stagionali, sprovviste di strutture in muratura, funzionali allo svolgimento dell’attività agricola rientrano, ai sensi dell’articolo 6, comma 1, lettera e) d.P.R. 3801, tra le ipotesi di attività edilizia libera, mentre per quelle di diversa consistenza e destinazione necessita del permesso di costruire, assumendo rilevanza decisiva la presenza di requisiti di stabilità o di rilevante consistenza, tale da alterare in modo duraturo l’assetto urbanistico – ambientale (Cass. Sez. 3, n. 37139 del 10/4/2013, Di Benedetto; Sez. 3, n. 36594 del 17/5/2012, Giuffrida; Sez. 3, n. 46767 del 16/11/2005, Mule’; Sez. 3, n. 33158 del 29/5/2002, P.M. in proc. Bianchini ed altre prec. conf.). Fattispecie: realizzazione di una struttura portante metallica bullonata su piastre ancorate su piattaforma in cemento assimilabile ad "avanserra", in zona sismica, in assenza di permesso di costruire, senza darne preavviso scritto allo sportello unico, senza preventiva autorizzazione scritta del competente ufficio tecnico regionale e senza direzione lavori da parte di professionista abilitato.
  

DIRITTO URBANISTICO – EDILIZIA – Strutture di servizio e supporto ad impianti serricoli – Realizzazione della "avanserra" – Platea in cemento – Esecuzione in zona sismica- Rilievo ai fini urbanistici – Permesso di costruire – Necessità.
  
La sola realizzazione della platea in cemento assume rilievo ai fini urbanistici ed è soggetta a permesso di costruire, sulla base di quanto disposto dal T.U. dell’edilizia, tutti gli interventi che, indipendentemente dalla realizzazione di volumi, incidono sul tessuto urbanistico del territorio, determinando una trasformazione in via permanente del suolo inedificato (cfr. Sez. 3, n. 1308 del 15/11/2016 (dep.2017), Palma; Sez. 3, n. 4916 del 13/11/2014 (dep.2015), Agostini; Sez. 3, n. 8064 del 2/12/2008 (dep. 2009), P.G. in proc. Dominelli), comprendendo, tra questi, la realizzazione di una piattaforma con struttura intelaiata in cemento armato (Sez. 3, n. 31399 del 11 /5/2018, Spica). E’ appena il caso di rilevare, infine, che nessun rilievo ha il fatto che l’opera fosse una "avanserra" e non una serra, atteso che tali manufatti, per definizione, sono sostanzialmente strutture di servizio e supporto ad impianti serricoli ed, in ogni caso, ciò che qui rileva è la trasformazione urbanistica ed edilizia del territorio, che la stessa determina rendendo necessario il permesso di costruire.
 
 
(conferma sentenza del 21/02/2018 della CORTE APPELLO di SALERNO) Pres. RAMACCI, Rel. RAMACCI, Ric. Montella

Allegato


Titolo Completo

CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez.3^ 08/11/2018 (Ud. 09/10/2018), Sentenza n.50649

SENTENZA

 

 

 
 
CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez.3^ 08/11/2018 (Ud. 09/10/2018), Sentenza n.50649

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
 
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA PENALE,
 
composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
 
omissis
 
ha pronunciato la seguente
 
SENTENZA
 
sui ricorsi proposti da:
 
MONTELLA VINCENZO nato a MONTECORVINO PUGLIANO;
 
MONTELLA ETERNA nato a EBOLI;
 
avverso la sentenza del 21/02/2018 della CORTE APPELLO di SALERNO;
 
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
 
udita la relazione svolta dal Presidente LUCA RAMACCI;
 
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore FRANCESCO SALZANO che ha concluso chiedendo
 
Il Proc. Gen. conclude per l’annullamento;
 
Udito il difensore (avv. S. P.);  
 
Il difensore presente chiede l’accoglimento del ricorso. 
 
RITENUTO IN FATTO
 
1. La Corte d’Appello di Salerno, con sentenza del 21 febbraio 2018 ha riformato la decisione emessa il 13 maggio 2016 dal Tribunale di quella città nei confronti di Vincenzo MONTELLA ed Eterna MONTELLA, appellata dal Procuratore Generale limitatamente a due capi di imputazione, dichiarando la penale responsabilità degli imputati in ordine ai reati loro iscritti ai capi 1 e 2 dell’imputazione, riuniti gli stessi sotto il vincolo della continuazione.
 
Gli imputati erano chiamati a rispondere delle contravvenzioni di cui agli articoli 110 cod. pen., 44 lett. b), 93, 94 e 95 d.PR. 380\2001, perché, in concorso tra loro, Vincenzo MONTELLA quale proprietario e locatore del terreno, Eterna MONTELLA quale conduttrice del terreno stesso e committente dei lavori, realizzavano, in zona sismica, un impianto di serricoltura in assenza di permesso di costruire, senza darne preavviso scritto allo sportello unico, senza preventiva autorizzazione scritta del competente ufficio tecnico regionale e senza direzione lavori da parte di professionista abilitato.
 
In particolare, realizzavano una struttura assimilabile ad "avanserra" delle dimensioni di m. 20 x 18, avente altezze comprese tra m. 4,20 e 6,20, con struttura portante metallica bullonata su piastre ancorate su piattaforma in cemento di spessore di cm. 30, coperture in telone in PVC opaco e tamponamenti in pannelli prefabbricati coibentati. All’interno della struttura erano presenti impianti tecnologici ed attrezzature funzionali al processo produttivo, quali una cella frigorifera di m. 4,80 x 6,80 x 3,60 di altezza; un prefabbricato delle dimensioni di m. 10,20 x 2,60 x 2,60 di altezza, ospitante ufficio, servizi igienici e spogliatoi, nonché impiantistica di tipo industriale, sotto-servizi per la regimentazione delle acque nere e bianche con allacciamenti permanenti di acqua, energia elettrica, impianto fognario per le acque nere (in Montecorvino Pugliano, accertato il 18 ottobre 2013).
 
Avverso tale pronuncia i predetti imputati propongono congiuntamente ricorso per cassazione tramite il loro difensore di fiducia, deducendo i motivi di seguito enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione, ai sensi dell’art. 173 disp. att. cod. proc. pen.
 
 
2. Con un primo motivo di ricorso deducono la violazione di legge, osservando che i giudici del gravame non avrebbero proceduto alla necessaria rinnovazione del dibattimento mediante l’assunzione delle prove ritualmente dedotte e non assunte dal giudice di prime cure, rilevando come fosse stata depositata una lista testi del pubblico ministero con due testimoni indicati.
 
Evidenziano, a tale proposito, che il giudizio di primo grado si era concluso prima ancora che venisse dichiarata l’apertura del dibattimento, perché il Tribunale aveva ritenuto che i documenti prodotti della difesa determinassero il venir meno del reato contestato e rilevano che, nel corso del processo, non sarebbe stata acquisita alcuna prova sulla colpevolezza degli imputati, in quanto non erano stati escussi i testi della pubblica accusa, non erano stati acquisiti i documenti comprovanti la prospettazione accusatoria e non erano stati sentiti i testi della difesa. Aggiungono che lo stesso procuratore generale appellante aveva richiesto la rinnovazione dell’Istruzione dibattimentale.
 
 
3. Con un secondo motivo di ricorso deducono che la sentenza impugnata violerebbe i principi del contraddittorio e del giusto processo, nonché il diritto di difesa, in quanto l’unico elemento sul quale si fonda la riforma della sentenza del Tribunale e la conseguente affermazione di responsabilità degli imputati è un verbale di sequestro e accertamento della polizia giudiziaria del quale giudice di appello non indica neppure la data.
 
 
4. Con un terzo motivo di ricorso deducono che la sentenza impugnata avrebbe erroneamente ritenuto che, per le opere realizzate, fosse necessario il permesso di costruire e non la DIA e che tale affermazione non sarebbe suffragata da alcun elemento di prova acquisito nel corso del processo.
 
Aggiungono che una circolare attuativa dell’Assessorato regionale all’agricoltura consentirebbe la realizzazione della "avanserra", della quale fornisce una definizione alla quale risponderebbero le opere realizzate, mentre l’unica opera muraria sarebbe la piattaforma di cemento alla quale la struttura portante era ancorata con bulloni, che, però, non supererebbe il piano di campagna, trattandosi di pavimento di calpestio esplicitamente ammesso dall’articolo 3, comma 1 del d.P.R. 380/2001.
 
Rilevano come, in definitiva, le caratteristiche costruttive la destinazione della "avanserra" fossero del tutto compatibili con la normativa regionale di settore.
 
Insistono pertanto per l’accoglimento dei ricorsi. 
 
CONSIDERATO IN DIRITTO
 
1. I ricorsi sono infondati.
 
 
2. Va rilevato, con riferimento al primo ed al secondo motivo di ricorso, i quali possono essere unitariamente esaminati, che dalla sentenza impugnata emerge come il giudizio di primo grado si sia concluso, in assenza di istruzione dibattimentale, sulla base della sola disamina di atti abilitativi ritenuti dal primo giudice idonei per la regolare realizzazione dei manufatti per cui è processo.
 
Tali documenti, come evidenziato in ricorso (pag. 3) erano stati prodotti dalla difesa la quale, evidentemente, non ha ritenuto di insistere per l’ulteriore trattazione del procedimento di primo grado, così come il pubblico ministero di udienza e la produzione documentale è stata ritenuta sufficiente dal Tribunale.
 
La decisione del primo giudice è stata impugnata dal Procuratore Generale presso la Corte di appello, con richiesta di rinnovazione dell’istruzione dibattimentale, formulata anche in sede di discussione in via subordinata rispetto all’accoglimento dell’appello.
 
La difesa degli imputati, come riportato in sentenza, si è limitata a richiedere la conferma della sentenza impugnata e neppure in ricorso specifica di aver richiesto ai giudici del gravame di provvedere nel modo sollecitato dal Procuratore Generale appellante.
 
I ricorrenti, invero, formulano sostanzialmente osservazioni critiche sull’operato del primo giudice, censurando ciò che nel giudizio di primo grado avevano evidentemente accettato.
 
Lamentano, in definitiva, il fatto che nel giudizio di primo grado non sono stati sentiti i testi dell’accusa, non sono stati acquisiti documenti comprovanti la prospettazione accusatoria e non sono stati escussi i testi della difesa.
 
Pur formulando tali rilievi, tuttavia, i ricorrenti non spiegano quale concreto ed effettivo rilievo avrebbe potuto avere, ai fini della decisione di appello, l’eventuale assunzione delle prove che il Tribunale aveva ritenuto di non assumere nel silenzio delle parti, limitandosi a considerazioni del tutto generiche ed affermando che la Corte territoriale avrebbe dovuto provvedere, quantomeno, ad escutere in contraddittorio i testi dell’accusa, ma senza indicare quali fossero e come le loro dichiarazioni avrebbero potuto eventualmente contrastare il dato documentale. Analogamente, i testi della difesa vengono solo menzionati senza indicare chi fossero, né la loro qualifica o la rilevanza ai fini della decisione.
 
Si assume poi, ma senza spiegare come, che la difesa avrebbe potuto dimostrare l’estraneità ai fatti quantomeno di uno degli imputati, senza dire quale, ovvero dimostrare che le opere erano state realizzate in epoca remota, ancorché non specificata e, in ogni caso, che l’appello era infondato.
 
Si tratta, a ben vedere, di mere supposizioni prive di concreto rilievo e caratterizzate da evidente aspecificità.
 
Le generiche censure vengono poi corredate da richiami alla giurisprudenza di questa Corte non pienamente pertinenti, non avendo comportato la decisione in esame una diversa valutazione della prova dichiarativa, bensì il solo apprezzamento di dati documentali.
 
I giudici dell’appello, i quali disponevano, ovviamente, dei titoli abilitativi e della documentazione prodotta dalla difesa a corredo della richiesta assolutoria, hanno preso in esame la consistenza delle opere ed escluso ogni rilievo alla DIA ed al nulla osta (n. 23762 del 18/11 /2013) rilasciato dall’amministrazione comunale, osservando che gli interventi avrebbero richiesto il permesso di costruire per essere lecitamente realizzati ed un permesso in sanatoria per doppia conformità per essere eventualmente regolarizzati, dando successivamente atto di aver considerato gli elementi contenuti nel fascicolo processuale e, segnatamente, il verbale di sequestro e quello di accertamento effettuato dalla polizia giudiziaria del quale, effettivamente, manca la data, risultando uno spazio bianco nel testo della sentenza, frutto evidente di una mera svista, ma evidentemente individuabile negli atti del processo.
 
 
3. Si tratta, ad avviso del Collegio, di una motivazione certamente scarna ed essenziale, ma comunque sufficiente, diversamente da quanto prospettato in ricorso, ad esplicitare le ragioni per le quali i giudici sono pervenuti ad una affermazione di responsabilità penale degli imputati ed alla quale si contrappongono, come si è detto, generiche censure e mere congetture.
 
Va peraltro ricordato come questa Corte abbia già avuto modo di chiarire che la necessità per il giudice dell’appello di procedere, anche d’ufficio, alla rinnovazione dibattimentale della prova nel caso di riforma della sentenza di assoluzione concerne il solo caso in cui al ribaltamento della decisione si giunga esclusivamente sulla base di un diverso apprezzamento dell’attendibilità di una dichiarazione ritenuta decisiva e non anche l’ipotesi in cui si pervenga al diverso approdo decisionale in forza della rivalutazione di un compendio probatorio di carattere documentale (Sez. 3, n. 31949 del 20/09/2016 (dep.2017), Felice, Rv. 270632)
 
 
4. Quanto al titolo abilitativo necessario per la realizzazione degli interventi, la soluzione adottata dalla Corte territoriale è corretta.
 
Invero, le serre mobili stagionali, sprovviste di strutture in muratura, funzionali allo svolgimento dell’attività agricola rientrano, ai sensi dell’articolo 6, comma 1, lettera e) d.P.R. 380\01, tra le ipotesi di attività edilizia libera, mentre per quelle di diversa consistenza e destinazione, la giurisprudenza di questa Corte è unanime nel ritenere la necessità del permesso di costruire, assumendo rilevanza decisiva la presenza di requisiti di stabilità o di rilevante consistenza, tale da alterare in modo duraturo l’assetto urbanistico – ambientale (cfr. Sez. 3, n. 37139 del 10/4/2013, Di Benedetto, Rv. 257679; Sez. 3, n. 36594 del 17/5/2012, Giuffrida, Rv. 253572; Sez. 3, n. 46767 del 16/11/2005, Mule’, Rv. 232655; Sez. 3, n. 33158 del 29/5/2002, P.M. in proc. Bianchini P, Rv. 222255 ed altre prec. conf.).
 
In un caso, inoltre, è stata affrontata, con riferimento alla realizzazione di serre per colture a ciclo stagionale, senza opere di fondazione, la questione relativa ai criteri di interpretazione di disposizioni legislative regionali, espressione del potere concorrente con quello dello Stato in materia urbanistica, che non devono collidere con i principi fondamentali dettati in materia edilizia-urbanistica dalla legislazione statale (Sez. 3, n. 20752 del 14/3/2003, Girardi, Rv. 225301) seguendo un orientamento consolidato (v. ad es., Sez. 3, n. 30657 del 20/12/2016 (dep. 2017), Calabro’ e altro, Rv. 27021O; Sez. 3, n. 28560 del 26/3/2014, Alonzo, Rv. 259938; Sez. 3, n. 2017 del 25/10/2007 (dep. 2008), Giangrasso,Rv. 238555; Sez. 3, n. 33039 del 15/6/2006, P.M. in proc. Moltisanti, Rv. 234935; Sez. 3, n. 4861 del 9/12/2004 (dep. 2005), Garufl, Rv. 230914; Sez. 3, n. 6814 del 11 /1 /2002, Castiglia V, Rv. 221427).
 
Nel caso di specie, peraltro, viene invocata dai ricorrenti la legislazione regionale della Campania richiamando, ancora una volta del tutto genericamente, una "circolare attuativa" dell’Assessorato regionale, di nessun valore cogente (v. da ultimo, in tal senso Sez. U, n. 10424 del 18/1/2018, Del Fabro, Rv. 272163, in motivazione,con richiami ai prec.). 
 
Il riferimento, verosimilmente, è alla legge regionale n. 8\1995 e successive modifiche ed integrazioni, alla quale, tuttavia, le opere realizzate non paiono riconducibili sulla base della loro stessa descrizione.
 
L’art. 3 della legge, ad esempio, vieta, al comma primo, il ricorso ad opere murarie eccedenti il piano di campagna, mentre la platea in cemento ove posano le opere per cui è processo ha un’altezza di 30 centimetri e l’art. 6, comma 1 vieta la realizzazione di impianti aventi, al colmo, un’altezza superiore a 6 metri, mentre l’altezza del manufatto realizzato dai ricorrenti misura m. 6,20 di altezza massima.
 
Nondimeno, la sola realizzazione della platea in cemento assume rilievo ai fini urbanistici, avendo questa Corte più volte stabilito che sono soggetti a permesso di costruire, sulla base di quanto disposto dal T.U. dell’edilizia, tutti gli interventi che, indipendentemente dalla realizzazione di volumi, incidono sul tessuto urbanistico del territorio, determinando una trasformazione in via permanente del suolo inedificato (cfr. Sez. 3, n. 1308 del 15/11/2016 (dep.2017), Palma, Rv. 268847; Sez. 3, n. 4916 del 13/11/2014 (dep.2015), Agostini, Rv. 262475; Sez. 3, n. 8064 del 2/12/2008 (dep. 2009), P.G. in proc. Dominelli e altro, Rv. 242741; Sez. 3, n. 6930 del 27/1 /2004, laccarino, Rv. 227566; Sez. 3, n. 6920 del 21 /01 /2004, Perani, Rv. 227565; Sez. 3, n. 38055 del 30/9/2002, Raciti, Rv. 222849 ed altre prec. Conf.), comprendendo, tra questi, la realizzazione di una piattaforma con struttura intelaiata in cemento armato (Sez. 3, n. 31399 del 11 /5/2018, Spica, non ancora massimata).
 
E’ appena il caso di rilevare, infine, che nessun rilievo ha il fatto che l’opera fosse una "avanserra" e non una serra, atteso che tali manufatti, per definizione, sono sostanzialmente strutture di servizio e supporto ad impianti serricoli ed, in ogni caso, ciò che qui rileva è la trasformazione urbanistica ed edilizia del territorio, che la stessa ha determinano (come emerge dalla mera descrizione), la quale rende necessario il permesso di costruire.
 
 
5. I ricorsi devono pertanto essere rigettati, con le consequenziali statuizioni indicate in dispositivo. 
 
P.Q.M.
 
Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali. 
 
Così deciso in data 9/10/2018
 

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