Giurisprudenza: Giurisprudenza Sentenze per esteso massime |
Categoria: Rifiuti
Numero: 740 |
Data di udienza: 24 Ottobre 2018
* RIFIUTI – Attività di abbandono/deposito incontrollato – Responsabilità dei titolari dell’impresa o responsabili di enti – Omessa vigilanza – Art. 256, c.2, D.L.vo n.152/2006 – Abbandono di rifiuti occasionale e in misura limitata effettuato dall’impresa – Configurabilità del reato in un’unica azione – Giurisprudenza.
Provvedimento: Sentenza
Sezione: 3^
Regione:
Città:
Data di pubblicazione: 9 Gennaio 2019
Numero: 740
Data di udienza: 24 Ottobre 2018
Presidente: LAPALORCIA
Estensore: DI STASI
Premassima
* RIFIUTI – Attività di abbandono/deposito incontrollato – Responsabilità dei titolari dell’impresa o responsabili di enti – Omessa vigilanza – Art. 256, c.2, D.L.vo n.152/2006 – Abbandono di rifiuti occasionale e in misura limitata effettuato dall’impresa – Configurabilità del reato in un’unica azione – Giurisprudenza.
Massima
CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. 3^ 09/01/2019 (Ud. 24/10/2018), Sentenza n.740
RIFIUTI – Attività di abbandono/deposito incontrollato – Responsabilità dei titolari dell’impresa o responsabili di enti – Omessa vigilanza – Art. 256, c.2, D.L.vo n.152/2006.
Ai sensi dell’art. 256, comma 2, del D.L.vo n.152/2006, i titolari e i responsabili di enti ed imprese rispondono del reato di abbandono incontrollato di rifiuti anche sotto il profilo della omessa vigilanza sull’operato dei dipendenti che abbiano posto in essere la condotta di abbandono. La norma, nell’individuare i possibili autori del reato, non intende certamente riferirsi al titolare dell’impresa o al responsabile dell’ente quali persone fisiche, bensì ad essi quali legali responsabili dell’impresa/ente cui deve essere ricondotta l’attività di abbandono/deposito incontrollato. Sicché è sufficiente che l’abbandono/deposito venga posto in essere anche tramite persone fisiche diverse dal titolare/legale rappresentante perché questi ne risponda, purché ciò avvenga nell’ambito delle attività riconducibili alle imprese e agli enti da loro rappresentati.
RIFIUTI – Abbandono di rifiuti occasionale e in misura limitata effettuato dall’impresa – Configurabilità del reato in un’unica azione – Giurisprudenza.
L’abbandono di rifiuti effettuato dal titolare di una impresa configura il reato di cui all’art. 256, comma 2, d.lvo 152/2006 anche se effettuato occasionalmente ed in misura limitata, atteso che l’abbandono differisce dalla discarica abusiva proprio per la mera occasionalità, desumibile dall’unicità ed estemporaneità della condotta – che si risolve nel semplice collocamento dei rifiuti in un determinato luogo, in assenza di attività prodromiche o successive e dalla quantità dei rifiuti abbandonati, mentre nella discarica abusiva la condotta o è abituale – come nel caso di plurimi conferimenti – o, pur quando consiste in un’unica azione, è comunque strutturata, ancorché grossolanamente, al fine della definitiva collocazione dei rifiuti in loco (Sez.3,n 18399 del 16/03/2017).
(dich. inammissibile il ricorso avverso sentenza del 16/01/2018 – TRIBUNALE DI FERMO) Pres. LAPALORCIA, Rel. DI STASI, Ric. Steca
Allegato
Titolo Completo
CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. 3^ 09/01/2019 (Ud. 24/10/2018), Sentenza n.740
SENTENZA
CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. 3^ 09/01/2019 (Ud. 24/10/2018), Sentenza n.740
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA PENALE
composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
omissis
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso proposto da Steca Federico, nato a Monterubbiano;
avverso la sentenza del 16/01/2018 del Tribunale di Fermo;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Antonella Di Stasi;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Stefano Tocci, che ha concluso chiedendo la declaratoria di inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza del 16/01/2018, il Tribunale di Fermo dichiarava Steca Federico responsabile del reato di cui all’art. 256, comma 2, d.lgs 152/06 – perché, quale titolare dell’impresa STECA spa, abbandonava in modo incontrollato rifiuti costituiti da materiale di risulta degli scavi che la suddetta impresa aveva operato, scaricandoli nel fondo appartenente a Colarizzi Giuseppe – e lo condannava alla pena di euro 7.000,00 di ammenda.
2. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione Steca Federico, a mezzo del difensore di fiducia, articolando i motivi di seguito enunciati.
Il ricorrente deduce violazione di legge, vizio di motivazione e travisamento della prova, argomentando che nessuno dei testimoni escussi aveva riferito in maniera precisa il nome del soggetto giuridico che avrebbe posto in essere la presunta attività di abbandono incontrollato di rifiuti; inoltre, sulla base delle dichiarazioni rese dal teste Steca Lucio era stato accertato che il materiale era rimasto sul terreno solo un paio di settimane, tanto da non potersi configurare l’ipotesi delittuosa contestata; infine, l’imputato era il legale rappresentante della società STECA spa e non il direttore dei lavori e non poteva essere ritenuto responsabile del resto.
Chiede, pertanto, l’annullamento della sentenza impugnata.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso va dichiarato inammissibile perché tardivamente proposto.
Il termine per impugnare per l’imputato – assente nel giudizio di merito – era di quindici giorni, ai sensi dell’art. 585 comma 1 lett. a) e comma 2 lett. b) cod.proc.pen., decorrente dal giorno 16.1.2018, essendo stata la sentenza impugnata deliberata in tale data e contestualmente depositata la motivazione.
Va ricordato che all’imputato assente, in base al disposto dell’art. 548, comma 3 cod.proc.pen. (come modificato dalla L n. 67/2004) non spetta alcuna notifica della sentenza ed essa, laddove venga effettuata, non produce alcun effetto sulla decorrenza del termine per impugnare (Sez.3, n.19618 del 22/03/2017, Rv.270217).
Il termine per l’impugnazione, quindi, scadeva il 31.1.2018 (mercoledì), mentre il ricorso per cassazione risulta depositato solo in data 1.2.2018, vale a dire con un giorno di ritardo rispetto allo spirare del termine di legge.
2. Peraltro, i motivi proposti sono manifestamenti infondati.
Il Tribunale, infatti, ha fatto buon governo dei seguenti principi di diritto, applicabili alla fattispecie in esame, le cui ragioni il ricorrente non tenta neppure di confutare adducendo specifici motivi nuovi o diversi per sostenere l’opposta tesi:
– i titolari e i responsabili di enti ed imprese rispondono del reato di abbandono incontrollato di rifiuti anche sotto il profilo della omessa vigilanza sull’operato dei dipendenti che abbiano posto in essere la condotta di abbandono (Sez. 3, n. 40530 del 11/06/2014, Mangone, Rv. 261383; Sez. 3, n. 23971 del 25/05/2011, Graniero, Rv. 250485; Sez. 3, n. 24736 del 18/05/2007, Sorce, Rv. 236882). La norma, nell’individuare i possibili autori del reato, non intende certamente riferirsi al titolare dell’impresa o al responsabile dell’ente quali persone fisiche, bensì ad essi quali legali responsabili dell’impresa/ente cui deve essere ricondotta l’attività di abbandono/deposito incontrollato. Sicché è sufficiente che l’abbandono/deposito venga posto in essere anche tramite persone fisiche diverse dal titolare/legale rappresentante perché questi ne risponda, purché ciò avvenga nell’ambito delle attività riconducibili alle imprese e agli enti da loro rappresentati;
– l’abbandono di rifiuti effettuato dal titolare di una impresa configura il reato di cui all’art. 256, comma 2, d.lvo 152/2006 anche se effettuato occasionalmente ed in misura limitata, atteso che l’abbandono differisce dalla discarica abusiva proprio per la mera occasionalità, desumibile dall’unicità ed estemporaneità della condotta – che si risolve nel semplice collocamento dei rifiuti in un determinato luogo, in assenza di attività prodromiche o successive e dalla quantità dei rifiuti abbandonati, mentre nella discarica abusiva la condotta o è abituale – come nel caso di plurimi conferimenti – o, pur quando consiste in un’unica azione, è comunque strutturata, ancorché grossolanamente, al fine della definitiva collocazione dei rifiuti in loco (Sez.3,n 18399 del 16/03/2017, Rv. 269914).
3. Essendo il ricorso inammissibile e, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte Cost. sent. n. 186 del 13.6.2000), alla condanna del
ricorrente al pagamento delle spese del procedimento consegue quella al pagamento della sanzione pecuniaria nella misura, ritenuta equa, indicata in dispositivo.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro duemila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 24/10/2018