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Giurisprudenza: Giurisprudenza Sentenze per esteso massime | Categoria: Diritto urbanistico - edilizia Numero: 4924 | Data di udienza: 12 Gennaio 2016

* DIRITTO URBANISTICO – Reati edilizi e antisismici – Prevenzione del rischio sismico – Assenza della prescritta autorizzazione antisismica – Permesso di costruire in sanatoria – Tutela dei beni giuridici differenti – Artt. 22, 36, 93, 94 e 95 d.p.r. n.380/2001.


Provvedimento: Sentenza
Sezione: 3^
Regione:
Città:
Data di pubblicazione: 9 Febbraio 2016
Numero: 4924
Data di udienza: 12 Gennaio 2016
Presidente: AMORESANO
Estensore: DI NICOLA


Premassima

* DIRITTO URBANISTICO – Reati edilizi e antisismici – Prevenzione del rischio sismico – Assenza della prescritta autorizzazione antisismica – Permesso di costruire in sanatoria – Tutela dei beni giuridici differenti – Artt. 22, 36, 93, 94 e 95 d.p.r. n.380/2001.



Massima

 

 

CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez.3^ 09/02/2016 (Ud. 12/01/2016) Sentenza n.4924

 
 
DIRITTO URBANISTICO – Reati antisismici – Prevenzione del rischio sismico – Assenza della prescritta autorizzazione antisismica – Artt. 22, 36, 93, 94 e 95 d.p.r. n.380/2001
 
In materia di reati antisismici, integra la contravvenzione di cui all’art. 95 del d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, qualsiasi intervento edilizio, con la sola eccezione di quelli di semplice manutenzione ordinaria, effettuato in zona sismica, comportante o meno l’esecuzione di opere in conglomerato cementizio armato, che non sia preceduto dalla previa denuncia al competente ufficio con presentazione di un progetto redatto da tecnico abilitato, o per il quale non sia stato rilasciato il titolo abilitativo, i cui lavori non siano stati svolti sotto la direzione di professionista abilitato (Cass. Sez. 3, n. 48005 del 17/09/2014, Gulizzi), essendo stato anche recentemente ribadito che, in tema di prevenzione del rischio sismico, il reato previsto dall’art. 95 del d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380 è applicabile a qualsiasi opera, eseguita in assenza della prescritta autorizzazione antisismica, in grado di esporre a pericolo la pubblica incolumità (Sez. 3, n. 19185 del 14/01/2015, Garofano, Rv. 263376).
 

DIRITTO URBANISTICO – Reati edilizi e antisismici – Permesso di costruire in sanatoria – Tutela dei beni giuridici differenti – Art. 36 del d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380.
 
In tema di reati edilizi, il conseguimento del permesso di costruire in sanatoria ai sensi dell’art. 36 del d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, comporta l’estinzione dei soli reati contravvenzionali previsti dalle norme urbanistiche vigenti, nella cui nozione non rientra la disciplina per le costruzioni da eseguirsi nelle zone sismiche, che ha una oggettività giuridica diversa da quella riguardante il corretto assetto del territorio (Cass. Sez. F. n. 44015 del 04/09/2014, Conforti) e tale principio trova fondamento proprio nella diversa, sia pure parziale, ragione delle incriminazioni e della non piena sovrapponibilità della prospettiva di tutela dei beni giuridici cui le rispettive norme penali attribuiscono protezione. 
 

(Dichiara  inammissibile  il ricorso avverso  sentenza del  11-12-2013  del tribunale  di Frosinone) Pres. AMORESANO, Est. DI NICOLA, Ric. Patrizi
 
 

Allegato


Titolo Completo

CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez.3^ 09/02/2016 (Ud. 12/01/2016) Sentenza n.4924

SENTENZA

 

 
CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez.3^ 09/02/2016 (Ud. 12/01/2016) Sentenza n.4924
 

REPUBBLICA ITALIANA
In nome del Popolo Italiano

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
TERZA SEZIONE PENALE

Composta da

Omissis

ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA

 
 
 
 
– sul ricorso proposto da Patrizi Rocco, nato a Boville Emica il 7-11-1958
– avverso la sentenza del 11-12-2013 del tribunale di Frosinone;
– visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
– udita la relazione svolta dal consigliere Vito Di Nicola;
– Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. Pasquale Fimiani che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso;
– Udito per il ricorrente l’avv. Vincenzo Banfi che ha concluso per l’accoglimento del ricorso; 
 
RITENUTO IN FATTO
 
1. Rocco Patrizi ha appellato la sentenza indicata in epigrafe con la quale il tribunale di Frosinone lo ha condannato alla pena di € 250,00 di ammenda per il reato p.e.p. dagli articoli 81 codice penale, 93, 94 e 95 d.p.r. 6 giugno 2001, n. 380 per aver omesso di dare preavviso alle autorità di lavori eseguiti in zona sismica e per averli iniziati senza la preventiva autorizzazione; il tutto per fatti accertati in Frosinone il 6 ottobre 2008.
 
2. Con l’appello, convertito in ricorso per cassazione, il ricorrente enuncia tre motivi – qui enunciati nei limiti di cui ai sensi dell’articolo 173 delle disposizioni di attuazione al codice di procedura penale – con i quali lamenta l’erronea applicazione della legge penale sul rilievo che egli aveva effettuato un restauro e risanamento conservativo del manufatto al fine di conservare l’organismo edilizio e assicurarne la funzionalità mediante un insieme sistematico di opere che, nel rispetto degli elementi tipologici, formali e strutturali, ne consentissero una destinazione d’uso compatibile. Afferma che l’intervento di ristrutturazione complessivamente eseguito si poteva realizzare anche in base alla semplice denunzia di inizio di attività, ai sensi dell’articolo 22, comma 3, lettera a) del d.p.r. n. 380 del 2001, con la conseguenza che nel caso in esame non dovevano essere applicate le norme relative alla normativa antisismica (primo motivo).
 
Rileva poi che il reato era estinto per prescrizione che doveva essere rilevata e dichiarata dal giudice del merito, trattandosi di contravvenzione accertata in data 6 ottobre 2008 (secondo motivo), richiedendo infine una riduzione della pena (terzo motivo).
 
CONSIDERATO IN DIRITTO
 
1. Il ricorso è inammissibile perché manifestamente infondato e presentato nei casi non consentiti.
 
2. Il primo motivo di impugnazione è del tutto decontestualizzato rispetto alla ratio decidendi della sentenza impugnata.
 
Il tribunale ha infatti precisato che, a seguito degli accertamenti eseguiti dalla polizia giudiziaria e costituiti dal verbale di sopralluogo e della relativa documentazione fotografica, erano stati eseguiti lavori edili consistiti nella risistemazione del tetto e la sostituzione della tamponatura preesistente, parte in legno e parte in muratura, con una muratura in blocchetti forati, con riferimento ai quali il ricorrente aveva chiesto ed ottenuto il permesso di costruire in sanatoria, con ciò stesso ammettendo che, per l’esecuzione di detti lavori, era necessario il permesso di costruire, come del resto evidente dalla tipologia stessi dei lavori eseguiti, posto che essi hanno interessato parti essenziali dell’edificio.
 
Peraltro, ai fini dell’osservanza della normativa antisismica, non vi è una perfetta equiparazione tra interventi che richiedono il permesso di costruire e lavori che richiedono il rispetto della normativa antisimica, in quanto le ragioni che fondano l’intervento penale in tale ultimo delicato settore, che attiene alla tutela dell’incolumità pubblica, sono diverse da quelle predisposte per la tutela dell’assetto urbanistico e pertanto gli aspetti delle rispettive tutele possono tanto coincidere quanto diversificarsi.
 
Ed infatti, in materia di reati antisismici, integra la contravvenzione di cui all’art. 95 del d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, qualsiasi intervento edilizio, con la sola eccezione di quelli di semplice manutenzione ordinaria, effettuato in zona sismica, comportante o meno l’esecuzione di opere in conglomerato cementizio armato, che non sia preceduto dalla previa denuncia al competente ufficio con presentazione di un progetto redatto da tecnico abilitato, o per il quale non sia stato rilasciato il titolo abilitativo, i cui lavori non siano stati svolti sotto la direzione di professionista abilitato (Sez. 3, n. 48005 del 17/09/2014, Gulizzi, Rv. 261155), essendo stato anche recentemente ribadito che, in tema di prevenzione del rischio sismico, il reato previsto dall’art. 95 del d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380 è applicabile a qualsiasi opera, eseguita in assenza della prescritta autorizzazione antisismica, in grado di esporre a pericolo la pubblica incolumità (Sez. 3, n. 19185 del 14/01/2015, Garofano, Rv. 263376).
 
Il tribunale si è attenuto a tali principi quando ha correttamente affermato che l’articolo 94 del d.p.r. 380 del 2001 dispone che non possono iniziarsi lavori senza la preventiva autorizzazione del competente ufficio tecnico regionale, sicché, attesa la portata generale del termine “lavori”, senza ulteriore indicazioni in merito alla destinazione degli stessi, ogni opera edilizia, categoria in cui può senz’altro ricondursi l’opera in oggetto, richiede la preventiva autorizzazione, nella specie mancante perché mai chiesta o rilasciata.
 
Del resto è pacifico che, in tema di reati edilizi, il conseguimento del permesso di costruire in sanatoria ai sensi dell’art. 36 del d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, comporta l’estinzione dei soli reati contravvenzionali previsti dalle norme urbanistiche vigenti, nella cui nozione non rientra la disciplina per le costruzioni da eseguirsi nelle zone sismiche, che ha una oggettività giuridica diversa da quella riguardante il corretto assetto del territorio (Sez. F, n. 44015 del 04/09/2014, Conforti, Rv. 261099) e tale principio trova fondamento proprio nella diversa, sia pure parziale, ragione delle incriminazioni e della non piena sovrapponibilità della prospettiva di tutela dei beni giuridici cui le rispettive norme penali attribuiscono protezione. 
 
Da tutto ciò consegue l’aspecificità del motivo di impugnazione che non si confronta, sotto alcun aspetto di quelli in precedenza segnalati, con la motivazione del provvedimento impugnato, limitandosi il ricorrente ad affermare apoditticamente che, per i lavori eseguiti, poteva non necessitare il permesso di costruire ma la semplice dichiarazione di inizio di attività, mancando di considerare che anche in quest’ultimo caso non sempre l’esecuzione dei lavori si può affrancare – e a maggior ragione nel caso in esame per come ha accertato il giudice di merito con adeguata motivazione priva di vizi logici – dagli oneri, penalmente sanzionati dall’art. 95 d.p.r. 380 del 2001, di cui agli artt. 93 e 94 stesso decreto.
 
3. Il terzo motivo è squisitamente di merito e quindi irricevibile in sede di legittimità, essendo stato predisposto per il giudizio d’appello con la semplice prospettazione del seguente letterale tenore: “Per completezza di mandato e solo per mero scrupolo difensivo si chiede una riduzione della pena”.
 
4. Il secondo motivo è  manifestamente infondato perché, in considerazione dei periodi di sospensione della prescrizione (dal 16 gennaio 2013 alle 10 luglio 2013 su istanza del difensore), il termine finale di prescrizione è maturato in data 30 marzo 2014 e, dunque, successivamente alla emanazione della sentenza impugnata (del 11 dicembre 2013), con la conseguenza che la declaratoria di inammissibilità del ricorso, impedendo la regolare costituzione del rapporto giuridico processuale, impedisce di dichiarare la prescrizione del reato maturata dopo la pronuncia della sentenza impugnata.
 
5. Sulla base delle considerazioni che precedono, la Corte ritiene pertanto che il ricorso debba essere dichiarato inammissibile, con conseguente onere per il ricorrente ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., di sostenere le spese del procedimento e quelle, determinate in via equitativa, di euro 1.000,00 in favore della Cassa delle Ammende, considerato che non vi è ragione di ritenere, sulla base di quanto in precedenza esposto, che il ricorso sia stato presentato senza “versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità” ( sent. Corte cost. n. 186 del 2000). 
 
P.Q.M.
 
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 1.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.
 
Così deciso il 12/01/2016
 
 

 

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