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Giurisprudenza: Giurisprudenza Sentenze per esteso massime | Categoria: Diritto processuale penale, Rifiuti Numero: 28706 | Data di udienza: 5 Aprile 2017

* RIFIUTI – Realizzazione e gestione di discarica abusiva – Area collocata all’interno dello stabilimento produttivo – Terreno privato e discarica non autorizzata destinata allo smaltimento di rifiuti pericolosi – Comproprietario – Presupposti per la configurabilità del reato – Art. 6, co. 1, lett. e), legge n. 210/2008 – Art. 256 D.Lvo n.152/2006 – DIRITTO PROCESSUALE PENALE – Giudice di appello – Diversa qualificazione del fatto – Compressione o limitazione del diritto al contraddittorio – Esclusione – Corte EDU.


Provvedimento: Sentenza
Sezione: 3^
Regione:
Città:
Data di pubblicazione: 9 Giugno 2017
Numero: 28706
Data di udienza: 5 Aprile 2017
Presidente: DI NICOLA
Estensore: SCARCELLA


Premassima

* RIFIUTI – Realizzazione e gestione di discarica abusiva – Area collocata all’interno dello stabilimento produttivo – Terreno privato e discarica non autorizzata destinata allo smaltimento di rifiuti pericolosi – Comproprietario – Presupposti per la configurabilità del reato – Art. 6, co. 1, lett. e), legge n. 210/2008 – Art. 256 D.Lvo n.152/2006 – DIRITTO PROCESSUALE PENALE – Giudice di appello – Diversa qualificazione del fatto – Compressione o limitazione del diritto al contraddittorio – Esclusione – Corte EDU.



Massima

 

 

 
CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. 3^ 09/06/2017 (Ud. 05/04/2017) Sentenza n.28706


RIFIUTI – Realizzazione e gestione di discarica abusiva – Area collocata all’interno dello stabilimento produttivo – Terreno privato e discarica non autorizzata destinata allo smaltimento di rifiuti pericolosi – Comproprietario – Presupposti per la configurabilità del reato – Art. 6, co. 1, lett. e), legge n. 210/2008.
 
In tema di rifiuti, si integra il reato di discarica abusiva dalla condotta di accumulo di rifiuti che, per le loro caratteristiche, non risultino raccolti per ricevere nei tempi previsti una o più destinazioni conformi alla legge e comportino il degrado dell’area su cui insistono (tale condotta, sulla base di specifici presupposti, può concernere anche l’accumulo di rifiuti in area collocata all’interno dello stabilimento produttivo: Sez. 3, n. 41351 del 18/09/2008 – dep. 06/11/2008, Fulgori e altro). Pertanto, ai fini della configurabilità del reato di realizzazione o gestione di discarica non autorizzata, sono necessari sia una condotta ripetuta nel tempo di accumulo di rifiuti in un’area, sia il degrado dell’area stessa, consistente nell’alterazione permanente dello stato dei luoghi, requisito che è certamente integrato nel caso in cui sia consistente la quantità di rifiuti depositati abusivamente, come nel caso di specie (Sez. 3, n. 36062 del 8/09/2004, Tomasoni). 
 
 
DIRITTO PROCESSUALE PENALE – Giudice di appello – Diversa qualificazione del fatto – Compressione o limitazione del diritto al contraddittorio – Esclusione – Corte EDU.
 
La diversa qualificazione del fatto effettuata dal giudice di appello non determina alcuna compressione o limitazione del diritto al contraddittorio, anche alla luce della regola di sistema espressa dalla Corte europea dei diritti dell’uomo (Corte EDU 11/12/2007, Drassich c. Italia), consentendo all’imputato di contestarla nel merito con il ricorso per cassazione (Sez. 2, n. 17782 del 11/04/2014 – dep. 24/04/2014, Salsi).
 
 
(dichiara inammiss. il ricorso avverso sentenza della CORTE D’APPELLO DI PALERMO del 12/05/2016) Pres. DI NICOLA, Rel. SCARCELLA, Ric. Caruso 
 

Allegato


Titolo Completo

CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. 3^ 09/06/2017 (Ud. 05/04/2017) Sentenza n.28706

SENTENZA

  

 

CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. 3^ 09/06/2017 (Ud. 05/04/2017) Sentenza n.28706

 

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
 
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA PENALE
 
composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
 
omissis
 
ha pronunciato la seguente
 
SENTENZA
 
Sul ricorso proposto da CARUSO ANGELO, n. 16/05/1946 a Palermo
 
avverso la sentenza della Corte d’appello di Palermo in data 12/05/2016;
 
visti gli atti, il provvedimento denunziato e il ricorso;
 
udita la relazione svolta dal consigliere Alessio Scarcella;
 
udita la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. M. Di Nardo, che ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso; 
 
udite, per il ricorrente, le conclusioni dell’Avv. A. Tito, sostituito dall’Avv. S. Oddi, che ha chiesto accogliersi il ricorso; 
 
RITENUTO IN FATTO
 
1. Con sentenza emessa in data 12/05/2016, depositata in data 25/05/2016 la Corte d’appello di Palermo, qualificato diversamente il fatto contestato a norma dell’art. 6, co. 1, lett. e), legge n. 210 del 2008, confermava la sentenza del tribunale di Palermo del 3/04/2014, che aveva dichiarato il Caruso colpevole del reato di cui all’art. 6, lett. a), previa diversa qualificazione giuridica dell’originaria imputazione relativa alla lett. e) del medesimo articolo (per aver realizzato e gestito su terreno di sua proprietà una discarica non autorizzata destinata allo smaltimento anche di rifiuti pericolosi), condotta contestata come commessa in data 31.03.2011, condannandolo alla pena di 1 anno di reclusione, con confisca e distruzione dei rifiuti e restituzione dell’area all’avente diritto.
 
2. Ha proposto ricorso per cassazione il Caruso, a mezzo del difensore fiduciario cassazionista, deducendo un unico motivo, di seguito enunciato nei limiti strettamente necessari per la motivazione ex art. 173 disp. att. cod. proc. pen.
 
2.1. Deduce il ricorrente, con tale unico motivo, il vizio di cui all’art. 606, lett. b) ed e) c.p.p. in relazione all’art. 6, lett. e), d.l. n. 172 del 2008, per come riqualificato dalla Corte territoriale ex art. 597, co. 3, c.p.p. e correlato vizio di mancanza e contraddittorietà della motivazione.
 
In sintesi, la censura investe l’impugnata sentenza in quanto, sostiene il ricorrente, erroneamente la Corte d’appello avrebbe riqualificato il fatto come gestione di discarica abusiva; a ciò i giudici territoriali sarebbero pervenuti travisando le risultanze processuali ed attribuendo all’imputato l’intento consapevole di adibire parte dell’area di cui è comproprietario all’illecita attività, attraverso anche l’allestimento di opere, individuate nella recinzione che da sempre delimita l’intera proprietà; il detenere all’interno di un’area di proprietà beni e materiali legittimamente acquisiti e di cui non si ha intenzione di disfarsi, a prescindere dalla loro vetustà, non consentirebbe di qualificarli come rifiuti e di ricondurre la loro detenzione a consapevole realizzazione di discarica; l’istruttoria avrebbe dimostrato che l’imputato era proprietario di tutti i mezzi di trasporto e delle roulotte presenti sul fondo e che detti mezzi venivano utilizzati per finalità ed esigenze di varia natura; su detti mezzi gli inquirenti non avrebbero svolto alcun accertamento, limitandosi a ritenerli erroneamente “rifiuti”, a differenza di quanto invece era accaduto con la prima sentenza che aveva derubricato il fatto nella lett. a) dell’art. 6 citato; nemmeno per la residua parte di quanto rivenuto nell’area potrebbe ipotizzarsi la discarica abusiva, trattandosi in gran parte di beni utilizzati e riutilizzabili (gomme; vasche di ferro; taniche di olio); la documentazione fotografica, peraltro, attesterebbe che il volume del materiale rinvenuto e qualificabile come rifiuto non sarebbe pericoloso e inferiore al volume di mc. 0,5 e ai mt. 2 di altezza, non essendo configurabile una discarica abusiva e potendosi, al più, configurare un illecito amministrativo sanzionabile ex art. 1, lett. a), d.l. n. 172 del 2008.

CONSIDERATO IN DIRITTO
 
3. Il ricorso è inammissibile per genericità e manifesta infondatezza.
 
4. Ed invero, la manifesta infondatezza del ricorso emerge dalla lettura della sentenza, avendo la Corte d’appello fornita ampia e convincente illustrazione delle ragioni per le quali il fatto andava riqualificato giuridicamente come discarica abusiva; risulta, in particolare, che sull’area in questione, di cui l’imputato è comproprietario unitamente alla moglie, vennero rinvenuti ingenti quantitativi di rifiuti di diversa specie, quantità e tipologia, tra loro assolutamente eterogenei (autovetture e furgoni in palese stato di abbandono, alcuni anche senza targa e inutilizzabili; numerose vasche e materiali in eternit; roulottes prive di targa; vari pezzi di carrozzeria in stato di abbandono; taniche in plastica contenenti olio esausto, diverse parti di motore poggiate sul suolo; frigoriferi in disuso e materiale in ferro e plastica in disuso); detto accumulo di rifiuti nell’area aveva assunto i caratteri della discarica, caratterizzandosi per l’abbandono reiterato nel tempo e protratto almeno sino alla data dell’accertamento (come testimoniato dal degrado dell’area e dalle condizioni dei materiali) di rifiuti eterogenei, con evidente esclusione di qualsiasi intenzione di riutilizzo da parte dell’imputato, palesandosi gli stessi in stato di evidente abbandono, così da determinare degrado nello stato dei luoghi, dovendosi quindi ritenere inattendibile la tesi difensiva circa l’utilizzo degli stessi per finalità personali.
 
Non può dubitarsi, dunque, che si versasse in un’ipotesi di discarica abusiva, reato integrato dalla condotta di accumulo di rifiuti che, per le loro caratteristiche, non risultino raccolti per ricevere nei tempi previsti una o più destinazioni conformi alla legge e comportino il degrado dell’area su cui insistono (In motivazione la Corte, nell’enunciare il predetto principio ha ulteriormente affermato che tale condotta, sulla base di specifici presupposti, può concernere anche l’accumulo di rifiuti in area collocata all’interno dello stabilimento produttivo: Sez. 3, n. 41351 del 18/09/2008 – dep. 06/11/2008, Fulgori e altro, Rv. 241533); del resto, come affermato da questa Corte, ai fini della configurabilità del reato di realizzazione o gestione di discarica non autorizzata, sono necessari sia una condotta ripetuta nel tempo di accumulo di rifiuti in un’area, sia il degrado dell’area stessa, consistente nell’alterazione permanente dello stato dei luoghi, requisito che è certamente integrato nel caso in cui sia consistente la quantità di rifiuti depositati abusivamente, come nel caso di specie (Sez. 3, n. 36062 del 8/09/2004, Tomasoni, Rv. 229484). Perdono, dunque, di spessore argomentativo le doglianze difensive circa l’impossibilità di qualificare come rifiuti i materiali rinvenuti, trattandosi di apprezzamento che, attinendo al fatto, è incensurabile in Cassazione, se sorretto da adeguata motivazione, come nel caso di specie è avvenuto (v., ad es.: Sez. 3, n. 8429 del 05/07/1991 – dep. 30/07/1991, Jieanmonod, Rv. 188792).
 
5. Al cospetto di tale apparato argomentativo, le doglianze del ricorrente si espongono dunque anche al vizio di genericità per aspecificità, in quanto mostrano di non tener conto delle argomentazioni sviluppate dalla Corte territoriale a confutazione delle identiche censure sollevate nell’atto di appello, per così dire “replicate” in sede di impugnazione di legittimità senza alcun apprezzabile elemento di novità né tantomeno sviluppando critiche meritevoli di pregio alla sentenza impugnata. Trova pertanto applicazione nel caso in esame la giurisprudenza consolidata di questa Corte secondo cui è inammissibile il ricorso per cassazione fondato su motivi non specifici, ossia generici ed indeterminati, che ripropongono le stesse ragioni già esaminate e ritenute infondate dal giudice del gravame o che risultano carenti della necessaria correlazione tra le argomentazioni riportate dalla decisione impugnata e quelle poste a fondamento dell’impugnazione (v., tra le tante: Sez. 4, n. 18826 del 09/02/2012 – dep. 16/05/2012, Pezzo, Rv. 253849).
 
6. Né, infine, si ravvisa alcuna violazione per la diversa qualificazione giuridica operata dalla Corte d’appello in sentenza, non avendo ovviamente modificato la pena inflitta dal primo giudice in presenza di appello del solo imputato né incidendo detta qualificazione sul termine di prescrizione del reato. Ed invero, come più volte affermato da questa Corte, la diversa qualificazione del fatto effettuata dal giudice di appello non determina alcuna compressione o limitazione del diritto al contraddittorio, anche alla luce della regola di sistema espressa dalla Corte europea dei diritti dell’uomo (Corte EDU 11 dicembre 2007, Drassich c. Italia), consentendo all’imputato di contestarla nel merito con il ricorso per cassazione (Sez. 2, n. 17782 del 11/04/2014 – dep. 24/04/2014, Salsi, Rv. 259564).
 
7. Alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonché, in mancanza di elementi atti ad escludere la colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al versamento della somma, ritenuta adeguata, di Euro 2.000,00 in favore della Cassa delle ammende.

P.Q.M.
 
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di € 2000,00 euro in favore della Cassa delle ammende.
 
Così deciso in Roma, nella sede della S.C. di Cassazione, il 5 aprile 2017
 
 

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