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Giurisprudenza: Giurisprudenza Sentenze per esteso massime | Categoria: Beni culturali ed ambientali Numero: 9927 | Data di udienza: 7 Maggio 2015

BENI CULTURALI E AMBIENTALI – Impossessamento illecito di beni culturali appartenenti allo Stato – Reato di impossessamento – Condotta penalmente rilevante – Violazioni in materia di ricerche archeologiche – Assenza di permesso per la ricerca archeologica – Integrazione dell’elemento soggettivo – Dolo generico – Condotte previste dagli artt. 175 e 176 d.lgs. n.42/2004.


Provvedimento: Sentenza
Sezione: 3^
Regione:
Città:
Data di pubblicazione: 10 Marzo 2016
Numero: 9927
Data di udienza: 7 Maggio 2015
Presidente: Fiale
Estensore: Grillo


Premassima

BENI CULTURALI E AMBIENTALI – Impossessamento illecito di beni culturali appartenenti allo Stato – Reato di impossessamento – Condotta penalmente rilevante – Violazioni in materia di ricerche archeologiche – Assenza di permesso per la ricerca archeologica – Integrazione dell’elemento soggettivo – Dolo generico – Condotte previste dagli artt. 175 e 176 d.lgs. n.42/2004.



Massima

 

CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez.3^ 10/03/2016 (Ud. 07/05/2015)Sentenza n.9927
 
 
 
BENI CULTURALI E AMBIENTALI – Impossessamento illecito di beni culturali appartenenti allo Stato – Reato di impossessamento – Condotta penalmente rilevante – Violazioni in materia di ricerche archeologiche – Assenza di permesso per la ricerca archeologica – Integrazione dell’elemento soggettivo – Dolo generico – Condotte previste dagli artt. 175 e 176 d.lgs. n.42/2004.
 
La condotta prevista dall’art. 175 del D. Lgs. n.42/04 (già art. 124 del D.Lgs. n. 490/99) si realizza indipendentemente dal rinvenimento degli oggetti e concorre con il reato di impossessamento di oggetti di interesse archeologico, attesa la diversità delle due fattispecie, in quanto è chiamato a rispondere ugualmente di tale reato anche chi sia munito della concessione per effettuare ricerche archeologiche (Cass. Sez. 3″‘ 26.10.2007 n. 44967, Liberatore e altri): mentre, in quest’ultimo caso, la condotta penalmente rilevante riguarda l’apprensione di beni di interesse archeologico, nel primo caso la rilevanza penale deriva dall’assenza di permesso per la ricerca archeologica che, per incidens, non è necessario che avvenga in siti archeologici appositamente individuati da un provvedimento amministrativo. Con riguardo, invece, alla ipotesi contemplata dall’art. 176 del D. Lgs. n.42/04 ai fini della integrazione della fattispecie non è richiesta “la preesistenza di un provvedimento dell’autortà amministrativa che qualifichi il bene come culturale, essendo sufficiente un interesse culturale oggettivo, derivante da tipologia, localizzazione, rarità o altri analoghi criteri e la cui prova può desumersi o dalla testimonianza di organi della P.A. o da una perizia disposta dall’autorità giudiziaria” (Cass. Sez. 3″ 28.6.2007 n. 35226, Signorella; Conf. 7.7.2011 n. 41070, Saccone e altro; Conf. 18.12.2014 n. 6202, Bennardo e altro in cui si afferma che ai fini della integrazione dell’elemento soggettivo è richiesto il dolo generico, la cui prova può essere desunta anche dalla condotta post factum tenuta dal colpevole)


(riforma sentenza n. 733/2012 CORTE APPELLO di PALERMO, del 26/09/2014) Pres. FIALE, Rel. GRILLO, Ric. Sarullo
 

Allegato


Titolo Completo

CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez.3^ 10/03/2016 (Ud. 07/05/2015)Sentenza n.9927

SENTENZA

 

 

CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez.3^ 10/03/2016 (Ud. 07/05/2015)Sentenza n.9927
 
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
 
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
TERZA SEZIONE PENALE
 
 
Composta da
 
omissis
 
ha pronunciato la seguente
 
SENTENZA
 
– sul ricorso proposto da SARULLO PIETRO N. IL 24/12/1942;
– avverso la sentenza n. 733/2012 CORTE APPELLO di PALERMO, del 26/09/2014;
– visti gli atti, la sentenza e il ricorso;
– udita in PUBBLICA UDIENZA del 07/05/2015 la relazione fatta dal Consigliere Dott. RENATO GRILLO;
– Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. Izzo Gioacchino che ha concluso per l’annullamento senz arinvio per prescrizione quanto al Capo C. Inammissibilità nel resto con rideterminazione della pena in mesi 1 giorni 20 di reclusione ed euro 160 di multa.
– Udito, per la parte civile, l’Avv. //
– Uditi difensor Avv. //
 
RITENUTO IN FATTO
 
1.1 La Corte di Appello di Palermo, con sentenza del 26 settembre 20141 confermava la sentenza emessa in data 27 ottobre 2011 dal Tribunale in composizione monocratica di Sciacca nei confronti di SARULLO Pietro, imputato dei reati di cui agli artt. 175 e 176 D. Lgs. 42/04 (effettuazione di ricerche archeologiche senza la prescritta concessione ed impossessamento di beni archeologici di pertinenza dello Stato – capi A) e B) della rubrica), nonché del reato di cui all’art. 4 della L. 110/75 (porto abusivo di coltello a serramanico) – reati tutti commessi il 27 ottobre 2007 e condannato per i suddetti reati unificati per continuazione, alla pena – condizionalmente sospesa – di mesi due di reclusione ed € 200,00 di multa.
 
1.2 La Corte distrettuale, nel richiamare integralmente la motivazione della sentenza del Tribunale, ribadiva la responsabilità dell’imputato sulla base dei riscontri oggettivi (tra i quali le dichiarazioni dei verbalizzanti ed il rinvenimento indosso all’imputato del coltello, nonché il reperimento all’interno dell’auto di sua proprietà degli oggetti adoperati per le ricerche archeologiche ed i beni dei quali l’imputato si era impossessato) ed escludeva la veridicità o anche verosimiglianza della tesi difensiva prospettata dall’imputato secondo il quale gli attrezzi rinvenuti in suo possesso (compreso il coltello) servissero per la raccolta delle olive cui sarebbe stato asseritamente intento.
 
1.3 Avverso la detta sentenza ricorre il suddetto imputato a mezzo del proprio difensore di fiducia deducendo, con un primo motivo, la inosservanza della norma penale (art. 157 cod. pen.) in ordine alla mancata declaratoria di estinzione del reato sub C) per prescrizione maturata prima della decisione della Corte territoriale. Con un secondo motivo la difesa lamenta la inosservanza delle norme processuali in materia di prova indiziaria (art. 192 cod. proc. pen.) ed in materia di regola dell’oltre ogni ragionevole dubbio (art. 533 cod. proc. pen.) in relazione al fatto che nessun oggetto destinato a scavi archeologici era stato rinvenuto nella immediatezza dei controlli e che l’autovettura dove gli oggetti vennero rinvenuti era parcheggiata in località assai distante da quella in cui era stata notata la presenza del SARULLO intento a scavare. Con un terzo motivo la difesa lamenta manifesta illogicità della motivazione in punto di conferma del giudizio di responsabilità.
 
CONSIDERATO IN DIRITTO
 
1. Il ricorso è parzialmente fondato nei limiti e per le ragioni che seguono.
 
2. E’ certamente fondato il primo motivo essendo la prescrizione per il reato sub C), di natura contravvenzionale, maturata prima della sentenza di appello, pur in presenza di sospensione peraltro disposta a prescrizione già avvenuta (v. Sez. 3″ 11203/14 Sez. 4″ 49817/12). Né ricorrono elementi per pervenire ad un proscioglimento immediato ai sensi dell’art. 129 cod. proc. pen., tenuto conto degli elementi presi in esame dalla Corte di merito, né essendovi doglienze specifiche in tal senso da parte del ricorrente.
 
3. Gli altri due motivi, esaminabili congiuntamente in quanto interconnessi, risultano, invece, manifestamente infondati oltre che generici in quanto ripropongono questioni già adeguatamente valutate dalla Corte territoriale che ha preso in considerazione una serie di elementi giudicati inoppugnabili e altamente sintomatici della attribuibilità dei fatti al SARULLO.
 
3.1 Va anzitutto chiarito che al SARULLO sono stati contestati due distinti reati previsti dal D.Lgs. 42/04: in particolare l’effettuazione di ricerche archeologiche in violazione dell’art. 175 del detto D. Lgs. e l’impossessamento di oggetti di interesse archeologico (fondo di piatto in ceramica rivestita da vetrina di colore verde di età medioevale e vago di collana in pasta vitrea di età classica) appartenenti allo Stato, in violazione del successivo art. 176.
 
3.2 Sostiene il ricorrente che la Corte di merito non avrebbe tenuto conto del fatto, esposto in sede di appello, che nessun oggetto destinato a scavi archeologici era stato rinvenuto nella immediatezza dei controlli e che l’autovettura dove gli oggetti vennero rinvenuti era parcheggiata in località assai distante da quella in cui era stata notata la presenza del SARULLO intento a scavare. In realtà dal testo della sentenza impugnata non solo si evince la risposta implicita a tali censure, ma soprattutto emerge in modo chiaro quali fossero le circostanze che hanno indotto il giudice di appello a confermare la responsabilità del SARULLO per entrambi i reati contestatigli: questi, sorpreso da militari dell’Arma nell’atto di effettuare ricerche su un fondo di proprietà privata munito di metaldetector e di piccozza, si era dato alla fuga liberandosi di tali oggetti. Il SARULLO, ignaro del fatto che i militari nel frattempo si erano appostati in attesa del suo ritorno, nei pressi dell’autovettura dell’imputato, effettivamente parcheggiata in un punto distante da quello in cui l’uomo stava effettuando le ricerche, si avvicinava al proprio autoveicolo, dandosi, ancora una volta, alla fuga non appena si accorgeva della presenza dei militari che questa volta lo bloccavano. Nel corso della perquisizione veicolare, nel cofano dell’autovettura venivano rinvenuti alcuni oggetti di interesse archeologico ed altri oggetti di identica natura venivano rinvenuti in occasione della perquisizione domiciliare. Tutti questi elementi, tra loro coordinati, hanno indotto la Corte di merito a ritenere che il SARULLO fosse intento ad effettuare ricerche archeologiche senza esservi autorizzato e che detenesse abusivamente oggetti di interesse archeologico.
 
4. La condotta prevista dall’art. 175 del D. Lgs. 42/04 (già art. 124 del D.Lgs. n. 490/99 si realizza indipendentemente dal rinvenimento degli oggetti e concorre con il reato di impossessamento di oggetti di interesse archeologico, attesa la diversità delle due fattispecie, in quanto è chiamato a rispondere ugualmente di tale reato anche chi sia munito della concessione per effettuare ricerche archeologiche (Sez. 3″‘ 26.10.2007 n. 44967, Liberatore e altri, Rv. 238276): mentre, in quest’ultimo caso, la condotta penalmente rilevante riguarda l’apprensione di beni di interesse archeologico, nel primo caso la rilevanza penale deriva dall’assenza di permesso per la ricerca archeologica che, per incidens, non è necessario che avvenga in siti archeologici appositamente individuati da un provvedimento amministrativo.
 
5. Con riguardo, invece, alla ipotesi contemplata dall’art. 176 del D. Lgs. 42/04 ai fini della integrazione della fattispecie non è richiesta “la preesistenza di un provvedimento dell’autortà amministrativa che qualifichi il bene come culturale, essendo sufficiente un interesse culturale oggettivo, derivante da tipologia, localizzazione, rarità o altri analoghi criteri, e la cui prova può desumersi o dalla testimonianza di organi della P.A. o da una perizia disposta dall’autorità giudiziaria”. (Sez. 3″ 28.6.2007 n. 35226, Signorella, Rv. 237403; idem 7.7.2011 n. 41070, Saccone e altro, Rv. 251295; idem 18.12.2014 n. 6202, Bennardo e altro, Rv. 262366 in cui si afferma che ai fini della integrazione dell’elemento soggettivo è richiesto il dolo generico, la cui prova può essere desunta anche dalla condotta post factum tenuta dal colpevole)
 
6. Orbene con riguardo alle due fattispecie contestate, la Corte di merito si è esattamente attenuta ai detti criteri interpretativi, mentre le censure sollevate nel ricorso, oltre a risultare inidonee a superare le opposte argomentazioni del giudice territoriale, sono anche eccentriche rispetto al thema decidendum tenuto conto della natura delle contestazioni.
 
7. In relazione all’accoglimento del primo motivo la sentenza impugnata va annullata senza rinvio limitatamente alla contravvenzione di cui al capo C) per estinzione del reato per prescrizione: segue l’eliminazione della relativa quota di pena irrogata dal primo giudice a titolo di aumento per la ritenuta continuazione, nella misura di giorni dieci di reclusione ed € 40,00 di multa. Nel resto il ricorso va dichiarato inammissibile.
 
P.Q.M.
 
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata, limitatamente alla contravvenzione di cui al capo C) perché estinta per prescrizione ed elimina la relativa pena di giorni dieci di reclusione ed € 40,00 di multa. Dichiara inammissibile il ricorso nel resto.
 
Così deciso in Roma il 7 maggio 2015
 
 
 
 

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