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Giurisprudenza: Giurisprudenza Sentenze per esteso massime | Categoria: Aree protette, Diritto venatorio e della pesca Numero: 31380 | Data di udienza: 21 Marzo 2018

AREE PROTETTE – DIRITTO VENATORIO – Caccia in aree naturali protette – Differenza tra mancanza di tabellazione e regolare tabellazione – Presunzione di conoscenza a carico del trasgressore – Consapevolezza del divieto – Normale diligenza – Reato di cui 21 c.1 lett. c) e 30 c.1 lett. d) L n. 157/1992 – Giurisprudenza.


Provvedimento: Sentenza
Sezione: 3^
Regione:
Città:
Data di pubblicazione: 10 Luglio 2018
Numero: 31380
Data di udienza: 21 Marzo 2018
Presidente: DI NICOLA
Estensore: GAI


Premassima

AREE PROTETTE – DIRITTO VENATORIO – Caccia in aree naturali protette – Differenza tra mancanza di tabellazione e regolare tabellazione – Presunzione di conoscenza a carico del trasgressore – Consapevolezza del divieto – Normale diligenza – Reato di cui 21 c.1 lett. c) e 30 c.1 lett. d) L n. 157/1992 – Giurisprudenza.



Massima

 

 


CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. 3^ 10/07/2018 (Ud. 21/03/2018), Sentenza n.31380


AREE PROTETTE – DIRITTO VENATORIO – Caccia in aree naturali protette – Differenza tra mancanza di tabellazione e regolare tabellazione – Presunzione di conoscenza a carico del trasgressore – Consapevolezza del divieto – Normale diligenza – Reato di cui 21 c.1 lett. c) e 30 c.1 lett. d) L n. 157/1992.
 
La necessità della segnalazione mediante regolare tabellazione, del divieto di esercizio della caccia in aree naturali protette, determina una presunzione di conoscenza a carico dell’autore della esistenza del divieto, sollevando l’accusa dall’onere di dimostrare la conoscenza della proibizione, che, invece, deve essere dimostrata in concreto in caso di mancanza di tabellazione (Sez. 3, n. 39112 del 29/05/2013; Sez. 3, Sentenza n. 9576 del 25/01/2012, Falco). Pertanto, in presenza di una tabellazione regolare, la conoscenza del divieto si presume ed il trasgressore, salvo casi eccezionali, non può invocare a propria discolpa l’ignoranza del divieto. La stessa mancanza di tabellazione o la sua inadeguatezza non determina, peraltro, automaticamente la non configurabilità del reato, ma pone a carico dell’accusa l’onere di dimostrare che, nonostante la mancanza di tabelle, il trasgressore aveva la consapevotezza del divieto (Sez. 3, n. 35195 del 30/03/2017, Ciriello; Sez. 3, n. 17102 del 08/03/2016, Puglia). Nella specie, il reato contestato è una contravvenzione a struttura non necessariamente dolosa, potendo l’elemento soggettivo essere integrato anche dalla colpa ed essendo il fatto di reato tipicizzato attraverso na condotta consistente, tra l’altro, nel divieto di esercizio venatorio nelle oasi protette. Concludendo, le tabelle apposte nella varie zone individuate nei piani venatori non soltanto hanno la diversa funzione di delimitare fisicamente i confini delle zone stesse, che debbono essere, evidentemente, preventivamente individuate come quelle nelle quali sia consentita la caccia, ma il reato è configurabile anche nelle zone vietate ancorchè prive di tabellazione, se si prova che l’agente conosceva il divieto o che, con l’uso della normale diligenza, avrebbe dovuto conoscerlo.
 
(annulla senza rinvio sentenza del 18/11/2016 della CORTE D’APPELLO DI LECCE) Pres. DI NICOLA, Rel. GAI, Ric. Nestola

Allegato


Titolo Completo

CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. 3^ 10/07/2018 (Ud. 21/03/2018), Sentenza n.31380

SENTENZA

 

 

 
 
CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. 3^ 10/07/2018 (Ud. 21/03/2018), Sentenza n.31380
 
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
 
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA PENALE
 
composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
 
omissis
 
ha pronunciato la seguente
 
SENTENZA
 
sul ricorso proposto da Nestola Claudio, nato a Lecce ìl 14/02/1965;
 
avverso la sentenza del 18/11/2016 della Corte d’appello dì Lecce;
 
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
 
udita la relazione svolta dal consigliere Emanuela Gai;
 
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procura ore generale Gianluigi Pratola, che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso;
 
udito per l’imputato l’avv. Luigi Taumaturgo in sost. e Bonsegna, che ha concluso chiedendo l’accoglimento del ricorso.
 
RITENUTO IN FATTO
 
1. Con sentenza del 18 novembre 2017, la Corte d’appello di Lecce ha confermato la sentenza del Tribunale di Lecce con la quale Nestola Claudio era stato condannato alla pena di mesi due di arresto e € 600,00 di ammenda, per il reato di cui 21 comma 1 lett. c) e 30 comma 1 lett. d) della legge n. 157 del 1992, per avere esercitato attività venatoria, mediante utilizzo di fucile sovrapposto cal. 12 marca Beretta, all’interno dell’oasi naturale (protezione faunistica denominata Masseria Lo Lezzi – La Nuova. Accertato in Copertino il 20/11/2011. 
 
2. Avverso la sentenza ha presentato ricorso l’imputato, a mezzo del difensore di fiducia, e ne ha chiesto l’annullamento deducendo con unico motivo la violazione di legge penale in relazione agli artt. 43 punt 3, e 48 lett. d) della L.R. 27/98.
 
Argomenta il ricorrente che l’affermazione di responsabilità penale dell’imputato sarebbe stata dichiarata nonostante dall’istruttoria svolta fosse pacificamente emerso che la zona protetta, nella quale il prevenuto è stato individuato dagli agenti della polizia provinciale di Lecce, zona istituita nel 2009 con Piano Faunistico regionale, pubblicato sul Bollettino Ufficiale della regione Puglia, era all’epoca dei fatti priva della tabellazione. La legge regionale, e segnatamente l’art. 43 L.R. n. 27 del 1998, nel stabilire specifici divieti rispetto all’attività venatoria prevederebbe, appunto, il divieto di caccia "nei parchi naturali regionali nelle riserve naturali conformemente alla legislazione nazionale in materia di parchi e riserve naturali, nonché sparare delle zone comprese nel raggio di 100 metri, purché opportunamente tabellate", sicchè in assenza di tabellazione non potrebbe ravvisarsi il reato.
 
Con riferimento a questo tema, la giurisprudenza di legittimi à avrebbe in più occasioni ribadito che il divieto di esercizio dell’attività venatoria nelle aree naturali protette si presume conosciuto dal trasgressore se segnalato da regola regolare tabellazione e solleva l’accusa dall’onere di prova, viceversa in assenza di tabellazione il divieto di caccia si presume ignoto e l’accusa de e dimostrare che nonostante l’assenza di indicazioni, il trascrittore fosse comunque conoscenza della prevenzione.
 
Nel caso in esame, la Corte d’appello di Lecce avrebbe stravolto la costante giurisprudenza della Corte di cassazione, seguendo altra isolata pronuncia, ed avrebbe ritenuto al contrario che, ai fini della prova della compone te soggettiva del reato, nonostante non fosse segnalata la zona, l’imputato e a gravato da obblighi informativi, derivanti dallo svolgimento di attività venatoria che impone a coloro che la esercitano abitualmente oneri di informazione altre tanto rigorosi e facilmente rispettabili attraverso la consultazione dei Bollettini ufficiali. Al contrario, poiché nella zona manca la tabellazione, e non essendo previsto alcun obbligo di consultazione del predetto bollettino ufficiale, i giudici del merito avrebbero erroneamente interpretato la disposizione di legge ed erroneamente affermato sulla scorta di questa, la responsabilità penale dell’imputato.
 
3. In udienza, il Procuratore generale ha chiesto il rigetto del ricorso.
 
CONSIDERATO IN DIRITTO
 
4. Il ricorso non è fondato, ma non manifestamente infondato, situazione che consente di rilevare la causa estintiva della prescrizione del reato maturata nelle more del giudizio.
 
Dalle concordi sentenze di merito risulta accertato in atto, e non contestato, che l’imputato venne sorpreso in atteggiamento di caccia all’interno dell’area di protezione faunistica Oasi Provinciale denominata Massaria Lo Lezzi – La Nuova, prevista dal Piano faunistico venatorio regionale 2009/2014, pubblicato sul BUR della Regione Puglia, e che l’area era priva di indicazione del divieto (c.d. tabellazione).
 
Incontestata la materialità dei fatti, viene qui in rilievo la rilevanza della c.d. tabellazione dell’area ai fini della sussistenza del reato di esercizio di attività venatoria in violazione dei divieti ex art. 21 comma 1 lett. e) e 30 comma 1 lett. d) della legge n. 157 del 1992.
 
Ciò premesso, questa Corte intende dare continuità al principio affermato dalla sentenza della Corte di cassazione n. 18493 del 2016, di cui la corte territoriale ha fatto applicazione nella conferma della pronuncia di condanna.
 
5. Va ricordato che, secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte, che il Collegio condivide, la necessità della segnalazione mediante regolare tabellazione, del divieto di esercizio della caccia in aree naturali protette, determina una presunzione di conoscenza a carico dell’autore della esistenza del divieto, sollevando l’accusa dall’onere di dimostrare la conoscenza della proibizione, che, invece, deve essere dimostrata in concreto in caso di mancanza di tabellazione (Sez. 3, n. 39112 del 29/05/2013, Rv. 257525; Sez. 3, Sentenza n. 9576 del 25/01/2012, Falco, Rv. 252249).
 
Ancora di recente questa Corte di legittimità si è espressa nei termini ed ha ribadito il principio secondo cui, in presenza di una tabellazione regolare, la conoscenza del divieto si presume ed il trasgressore, salvo casi eccezionali, non può invocare a propria discolpa l’ignoranza del divieto. La stessa mancanza di tabellazione o la sua inadeguatezza non determina, peraltro, automaticamente la non configurabilità del reato, ma pone a carico dell’accusa l’onere di dimostrare che, nonostante la mancanza di tabelle, il trasgressore aveva la consapevolezza del divieto (Sez. 3, n. 35195 del 30/03/2017, Ciriello, Rv. 270681; Sez. 3, n. 17102 del 08/03/2016, Puglia, Rv. 266638).
 
6. Nel caso in scrutinio la Corte d’appello, sulla scorta dell’accertamento in punto di fatto sopra ricordato, ha escluso la rilevanza della mancanza della tabellazione dell’area nella quale il ricorrente venne sorpreso ad esercitare la caccia, sulla base del rilievo che tale area era compresa in un’oasi provinciale di protezione faunistica prevista dal piano faunistico venatorio regionale, pubblicato sul Bollettino Regionale della Regione Puglia n. 119 del 3/8/2009 e attuato con regolamento regionale n. 17 del 30/7/2009, evidenziando, altresì, he detta area era chiaramente indicata nella cartografia pubblicata nel suddetto bollettino regionale ed era anche fisicamente delimitata dalla strada statale dal mare, in modo da essere agevolmente identificabile, sottolineando, altresì, che il ricorrente era residente nella zona. Sulla base di ciò, la Corte d’appello, ha conseguentemente ritenuto, a carico del ricorrente, un onere informativo in considerazione della consapevolezza da parte sua, quantomeno essendo della zona, di esercitare l’attività venatoria nel territorio di un’oasi naturale. Cossichè vige – per chi intenda esercitare, in un’oasi naturale la caccia, che è notoriamente soggetta a divieti, un onere di informazione circa l’esistenza ed il contenuto dei piani regionali di pianificazione della attività faunistico venatoria, costituendo obbligo di colui che si accinge ad esercitarla, verificare preventivamente, attraverso la consultazione degli atti normativi pubblicati sul Bollettino della Regione, quale sia la pianificazione territoriale al riguardo, allo scopo di individuare le aree nelle quali la caccia sia consentita e possa quindi lecitamente essere esercitata, attraverso l’esame della cartografa allegata ai piani venatori regionali.
 
Il reato contestato è una contravvenzione a struttura niente affatto necessariamente dolosa, potendo l’elemento soggettivo essere integrato anche dalla colpa ed essendo il fatto di reato tipicizzato attraverso na condotta consistente, tra l’altro, nel divieto di esercizio venatorio nelle oasi protette.
 
Le tabelle apposte nella varie zone individuate nei piani venatori non soltanto hanno la diversa funzione di delimitare fisicamente i confini delle zone stesse, che debbono essere, evidentemente, preventivamente individuate come quelle nelle quali sia consentita la caccia, ma il reato è configurabile anche nelle zone vietate ancorchè prive di tabellazione, se si prova che l’agente conosceva il divieto o che, con l’uso della normale diligenza, avrebbe dovuto conoscerlo.
 
7. Peraltro, nelle more del giudizio, è maturata la prescrizione del reato che, in presenza di un ricorso non inammissibile, deve essere rilevata in questa sede con annullamento della sentenza senza rinvio.  

P.Q.M.
 
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata essendo il reato estinto per prescrizione.
 
Così deciso il 21/03/2018
 

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