Giurisprudenza: Giurisprudenza Sentenze per esteso massime | Categoria: Beni culturali ed ambientali
Numero: 47870 | Data di udienza: 9 Ottobre 2012
* BENI CULTURALI E AMBIENTALI – Aree o immobili soggetti a vincoli paesaggistici – Rimessione in pristino spontaneo da parte del trasgressore – Estinzione reato paesaggistico – Limiti – Reati di cui all’art. 181 d.Lgs. n.42/2004.
Provvedimento: Sentenza
Sezione: 3^
Regione:
Città:
Data di pubblicazione: 10 Dicembre 2012
Numero: 47870
Data di udienza: 9 Ottobre 2012
Presidente: Franco
Estensore: Andreazza
Premassima
* BENI CULTURALI E AMBIENTALI – Aree o immobili soggetti a vincoli paesaggistici – Rimessione in pristino spontaneo da parte del trasgressore – Estinzione reato paesaggistico – Limiti – Reati di cui all’art. 181 d.Lgs. n.42/2004.
Massima
CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez.3^, 10 Dicembre 2012 (Ud. 9/10/2012) Sentenza n. 47870
BENI CULTURALI E AMBIENTALI – Aree o immobili soggetti a vincoli paesaggistici – Rimessione in pristino spontaneo da parte del trasgressore – Estinzione reato paesaggistico – Limiti – Reati di cui all’art. 181 del d. Igs. n. 42/2004.
La disposizione di cui all’art. 181, comma 1 quinquies, del D.Lgs. n. 42 del 2004, in base alla quale la rimessione in pristino delle aree o degli immobili soggetti a vincoli paesaggistici, da parte del trasgressore, estingue il reato di cui al comma primo dello stesso art. 181, va interpretata nel senso che la causa estintiva resta preclusa, oltre che dalla condanna, soltanto dalla emissione di un provvedimento amministrativo idoneo ad essere eseguito d’ufficio, non essendo sufficiente ad impedire l’effetto estintivo un mero ordine di ripristino rivolto dalla autorità amministrativa o la indicazione di tempi o modalità esecutive idonee a conseguire il ripristino ( Cass. Sez. 3, n. 32553 del 23/06/2006, Pedrini e altro). Nella specie, emessa dal Comune di Sanremo un’ordinanza di demolizione di lavori abusivi, non risulta chiarito dalla sentenza impugnata se tale ordinanza fosse appunto idonea o meno ad essere eseguita d’ufficio.
(annulla senza rinvio sentenza della Corte d’Appello di Genova in data 28/09/2011) Pres. Franco, Est. Andreazza, Ric. Moraglia
Allegato
Titolo Completo
CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez.3^, 10 Dicembre 2012 (Ud. 9/10/2012) Sentenza n. 47870SENTENZA
REPUBBLICA ITALIANA
In nome del Popolo italiano
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
TERZA SEZIONE PENALE
Composta da
Amedeo Franco – Presidente
Giulio Sarno – Consigliere
Elisabetta Rosi – Consigliere
Chiara Graziosi – Consigliere
Gastone Andreazza – Consigliere Rel.
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso proposto da Moraglia Bianca Maria, n. a Sanremo il 03/03/1974; Pavone Massimiliano, n. a Sanremo, il 04/05/1974;
avverso la sentenza della Corte d’Appello di Genova in data 28/09/2011;
visti gli atti, il provvedimento denunziato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Gastone Andreazza;
udite le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore
generale P. Gaeta, che ha concluso per l’annullamento senza rinvio per prescrizione;
udite le conclusioni dell’Avv. Di Domenico che ha chiesto l’accoglimento;
RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza in data 28/09/2011 la Corte d’appello di Genova, in difformità dalla sentenza del Tribunale di Sanremo in data 14/01/2009, ha condannato Moraglia Bianca Maria e Pavone Massimiliano alla pena di mesi uno di arresto ed euro 20.000 di ammenda ciascuno per i reati di cui all’art. 44 lett. c) del Dpr n. 380 del 2001 e di cui all’art. 181 del d. Igs. n. 42 del 2004 per avere realizzato, in assenza di titoli abilitativi, un plateatico di calcestruzzo e fabbricato in muratura in laterizio e copertura in tegole, delle murature di contenimento del terreno in cemento armato, una scalinata in cemento armato e una tettoia aperta su quattro lati. La sentenza di primo grado aveva infatti dichiarato l’improcedibilità dell’azione penale per estinzione dei reati dovuta a intervenuto rilascio di permesso di costruire in sanatoria.
2. Hanno proposto ricorso per cassazione gli imputati tramite il proprio difensore.
Con un primo motivo Moraglia Bianca Maria lamenta la violazione dell’art. 181, comma 1 quinquies, del d. Igs. n. 42 del 2004; deduce che nella specie l’amministrazione aveva emesso un mero ordine di ripristino, per di più successivamente annullato dal Tar, cosicché la rimessione in pristino attuata dalla ricorrente ha comportato comunque, in virtù dell’art. 181 comma 1 quinquies cit., l’estinzione del reato di cui all’art. 181, comma 1, d. Igs. cit..
3. Con un secondo motivo, lamentando travisamento della prova, deduce che la Corte avrebbe ritenuta non provata, sulla base di mera documentazione fotografica, la rimessione in pristino da parte del trasgressore in difformità con le risultanze sul punto del verbale di accertamento di ottemperanza redatto dalla polizia municipale.
4. Con un terzo motivo lamenta contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione e travisamento della prova sul punto della ritenuta consapevolezza dell’abuso da parte dell’imputata sulla base della sua qualità di proprietaria dell’immobile e del carattere imponente della costruzione, elementi questi, tuttavia, inidonei, alla luce della giurisprudenza di legittimità, ad affermarne la responsabilità.
5. Anche Pavone Massimiliano ha proposto ricorso articolando due motivi analoghi ai primi due proposti da Moraglia Bianca Maria.
6. Infine Moraglia Bianca Maria ha depositato in data 24/09/2012 motivi aggiunti e, segnatamente, un quarto motivo con cui ribadisce la estinzione del reato a seguito della spontanea rimessione in pristino delle aree constatata con verbale del 05/11/2007, tanto più essendo stata l’ingiunzione a demolire del 20/12/06 annullata dal Tar in data 22/3/07, ed un quinto motivo volto a denunciare la mancata esplicitazione da parte della sentenza impugnata, emessa “in parziale riforma” della sentenza di primo grado, di quale parte della sentenza di primo grado sia stata confermata e quale parte invece riformata, essendo intervenuto il proscioglimento in primo grado con riferimento a due distinti reati.
CONSIDERATO IN DIRITTO
7. Va premesso che la Corte territoriale, come desumibile dalla motivazione, è pervenuta a diversa valutazione rispetto a quella del giudice di primo grado unicamente in relazione al reato ambientale sub b), giacché l’appello del P.G. era volto a contestare unicamente tale profilo della decisione e non anche il proscioglimento dal reato edilizio; in tal senso, dunque, si spiega che nel dispositivo la riforma della sentenza sia stata definita “parziale” pur avendo la Corte omesso di precisare che la condanna doveva intendersi riferita, appunto, al solo reato ambientale.
Ciò posto, ed in tal modo disatteso il quinto motivo aggiunto presentato da Moraglia Bianca Maria, evidentemente inammissibile in quanto non deducente alcuna violazione processuale che abbia comportato nullità, inutilizzabilità, inammissibilità o decadenza, va osservato che i primi due motivi presentati da ciascuno degli imputati appaiono non manifestamente infondati alla luce dell’orientamento di questa Corte secondo cui la disposizione di cui all’art. 181, comma 1 quinquies, del D.Lgs. n. 42 del 2004, in base alla quale la rimessione in pristino delle aree o degli immobili soggetti a vincoli paesaggistici, da parte del trasgressore, estingue il reato di cui al comma primo dello stesso art. 181, va interpretata nel senso che la causa estintiva resta preclusa, oltre che dalla condanna, soltanto dalla emissione di un provvedimento amministrativo idoneo ad essere eseguito d’ufficio, non essendo sufficiente ad impedire l’effetto estintivo un mero ordine di ripristino rivolto dalla autorità amministrativa o la indicazione di tempi o modalità esecutive idonee a conseguire il ripristino ( Sez. 3, n. 32553 del 23/06/2006, Pedrini e altro, Rv. 234945). Nella specie, infatti, emessa dal Comune di Sanremo un’ordinanza di demolizione di lavori abusivi, non risulta chiarito dalla sentenza impugnata se tale ordinanza fosse appunto idonea o meno ad essere eseguita d’ufficio. Né la annotazione in ordine alla riscontrata presenza, nel corso dell’accertamento del 05/11/2007, di residui in loco appare tale da rendere manifestamente infondato il motivo di ricorso teso a censurare la mancata dichiarazione di estinzione del reato per restituzione spontanea in pristino dello stato dei luoghi, non emergendo dalla sentenza l’incidenza degli stessi rispetto alla efficacia ripristinatoria dell’adempimento degli imputati.
Consegue a quanto sin qui esposto che, stante il valido rapporto di impugnazione instaurato, può essere rilevata da questa Corte, ai sensi dell’art. 129 c.p.p., la intervenuta maturazione, in data 02/11/2011 del termine di prescrizione. Detto termine, infatti, deve ritenersi corrispondente ad anni cinque, stante l’assenza di cause di sospensione, e non potendo neppure tenersi conto della contestata recidiva nei confronti di Pavone, in quanto implicitamente esclusa dalla Corte che non l’ha infatti considerata nel computo della pena. La sentenza impugnata va pertanto annullata con rinvio per essere il reato, per cui è intervenuta condanna in secondo grado, ormai estinto.
Non ricorrono del resto i presupposti per il proscioglimento nel merito degli imputati ex art. 129 cpv. c.p.p..
Infatti il sindacato di legittimità al fini dell’eventuale prevalenza delle cause di proscioglimento nel merito su quelle di estinzione dei reato ai sensi appunto dell’art. 129, cpv., c.p.p. resta circoscritto all’accertamento della ricorrenza delle condizioni per addivenire ad una pronuncia di proscioglimento nel merito con una delle formule prescritte. Ne consegue che la conclusione può essere favorevole al giudicabile solo se la prova dell’insussistenza dei fatto o dell’estraneità ad esso dell’imputato risulti evidente sulla base degli stessi elementi e delle stesse considerazioni posti a fondamento della sentenza impugnata, all’esito di un approccio valutativo da ricondurre più al concetto della “constatazione” che a quello dell’ “apprezzamento”, senza possibilità di nuove indagini ed ulteriori accertamenti (per tutte, Sez. U., n. 35490 del 28/05/2009, Tettamanti, Rv. 244275). Qualora il contenuto complessivo della sentenza non prospetti, nei limiti e con i caratteri richiesti dal richiamato art. 129, cpv. c.p.p., l’esistenza di una causa di non punibilità più favorevole all’imputato, prevale l’esigenza della definizione immediata del processo, a seguito della sopravvenienza dell’estinzione del reato per maturata prescrizione. Deve, in conclusione, affermarsi che, in presenza di una causa di estinzione del reato, non sono rilevabili in sede di legittimità vizi di motivazione della sentenza impugnata, né nullità di ordine generale, in quanto il giudice del rinvio avrebbe comunque l’obbligo di procedere immediatamente alla declaratoria della causa estintiva; è, in altri termini, precluso alla Corte di Cassazione un riesame dei fatti, agli effetti penali, finalizzato ad un eventuale annullamento con rinvio della decisione per vizi attinenti alla sua motivazione.
Esaminata alla luce dei principi appena ricordati, la sentenza impugnata non contiene, con riguardo in particolare al residuo motivo di impugnazione di Moraglia Bianca Maria elementi di giudizio che rendano evidente la sussistenza di una causa di proscioglimento nel merito avendo la Corte territoriale comunque operato una valutazione del materiale probatorio in punto di attribuibilità del fatto all’imputata.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata per essere il reato residuo di cui all’art. 181 d. Igs. n. 42 del 2004 estinto per prescrizione.
Così deciso in Roma, il 9 ottobre 2012