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Giurisprudenza: Giurisprudenza Sentenze per esteso massime | Categoria: Maltrattamento animali Numero: 16042 | Data di udienza: 20 Febbraio 2018

MALTRATTAMENTO ANIMALI – Animali mantenuti in condizioni igienico-sanitarie gravemente deficitarie – Responsabilità del custode – Reato di cui all’art. 544-ter c.p. – Configurabilità.


Provvedimento: Sentenza
Sezione: 3^
Regione:
Città:
Data di pubblicazione: 11 Aprile 2018
Numero: 16042
Data di udienza: 20 Febbraio 2018
Presidente: DI NICOLA
Estensore: GALTERIO


Premassima

MALTRATTAMENTO ANIMALI – Animali mantenuti in condizioni igienico-sanitarie gravemente deficitarie – Responsabilità del custode – Reato di cui all’art. 544-ter c.p. – Configurabilità.



Massima

 

 
CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. 3^ 11/04/2018 (Ud. 20/02/2018), Sentenza n.16042

 
MALTRATTAMENTO ANIMALI – Animali mantenuti in condizioni igienico-sanitarie gravemente deficitarie – Responsabilità del custode – Reato di cui all’art. 544-ter c.p. – Configurabilità.  
 
Si configura il reato di cui all’art. 544-ter c.p., nei casi in cui si restringono animali tenuti in custodia all’interno di una gabbia di dimensioni anguste mantenendoli in condizioni igienico-sanitarie gravemente deficitarie, a causa delle quali taluni di essi avevano contratto infezioni e riportato lesioni (nella specie 11 cani di varie razze).
 
 
(dich. inammissibile il ricorso avverso sentenza in data 22.6.2017 – CORTE DI APPELLO DI BOLOGNA) Pres. DI NICOLA, Rel. GALTERIO, Ric. Cuzzani

Allegato


Titolo Completo

CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. 3^ 11/04/2018 (Ud. 20/02/2018), Sentenza n.16042

SENTENZA

 

 

 
 
CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. 3^ 11/04/2018 (Ud. 20/02/2018), Sentenza n.16042
 
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
 
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA PENALE
 
composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
 
omissis
 
ha pronunciato la seguente
 
SENTENZA 
 
sul ricorso proposto da CUZZANI ENZO, nato a Pianoro il 27.5.1961;
 
avverso la sentenza in data 22.6.2017 della Corte di Appello di Bologna; 
 
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
 
udita la relazione svolta dal consigliere Donatella Galterio;
 
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale dott. Francesco Salzano, che ha concluso chiedendo la declaratoria di inammissibilità del ricorso
 
RITENUTO IN FATTO
 
1. Con sentenza in data 22.6.2017 la Corte di Appello di Bologna ha integralmente confermato la pronuncia resa dal Tribunale della stessa città che aveva condannato Enzo Cuzzani alla pena di sei mesi di reclusione ritenendolo responsabile del reato di cui all’art. 544-ter c.p. per aver costretto undici cani di varie razze, che teneva in custodia, all’interno di una gabbia di dimensioni anguste mantenendoli in condizioni igienico-sanitarie gravemente deficitarie, a causa delle quali taluni di essi avevano contratto infezioni e riportato lesioni.
 
Avverso il suddetto provvedimento l’imputato ha proposto, per il tramite del proprio difensore, ricorso per cassazione articolando un unico motivo con il quale lamenta, in relazione al vizio di violazione di legge, la carenza della motivazione resa in ordine alla configurabilità della propria responsabilità penale non venendo ivi esplicitato l’iter logico seguito dai giudici di appello se non in modo apparente.
 
CONSIDERATO IN DIRITTO
 
Le laconiche doglianze difensive che si limitano ad una generica confutazione della motivazione senza individuare in essa fratture o carenze argomentative, così lamentando un vizio riconducibile, a dispetto del nomen juris della rubrica, alla fattispecie delineata dall’art. 606 lett. e) c.p.p., non possono trovare ingresso innanzi a questa Corte. L’indeterminatezza delle contestazioni svolte, a fronte di una motivazione tutt’altro che apparente, venendo enucleate sia le risultanze istruttorie su cui si fonda la configurabilità dell’elemento oggettivo del reato, sia la sussistenza dell’elemento psicologico, ricondotto alla volontarietà e consapevolezza della condotta, rende, al contrario, apparente il motivo articolato dalla difesa il quale, omettendo di assolvere la tipica funzione di una critica ragionata della sentenza oggetto di ricorso, si traduce nella manifesta carenza di una censura di legittimità in relazione al disposto dell’art.581 lett.c) cod. proc. pen. che necessariamente conduce, a norma dell’art.591, comma 1, lett.c) cod. proc. pen., all’inammissibilità (ex multis Sez.
4, n. 34270 del 03/07/2007 – dep. 10/09/2007, Scicchitano, Rv. 236945; Sez. 4, n.18826 del 09/02/2012 – dep. 16/05/2012 -, Pezzo Rv. 253849).
 
Va al riguardo chiarito che intanto la motivazione è qualificabile come apparente e, dunque, inesistente in quanto sia del tutto avulsa dalle risultanze processuali o si avvalga di argomentazioni di puro genere, o di asserzioni apodittiche, o di proposizioni prive di efficacia dimostrativa, cioè, in tutti i casi in cui il ragionamento espresso dal giudice a sostegno della decisione adottata sia soltanto fittizio e perciò sostanzialmente inesistente (Sez. 5, n. 24862 del 19/05/2010 – dep. 01/07/2010, Mastrogiovanni, Rv. 247682). Principio questo che declinato con riferimento alla contestazione in esame, rende la motivazione apparente allorchè il provvedimento si limiti ad indicare le fonti di prova della colpevolezza dell’imputato, senza contenere la valutazione critica ed argomentata compiuta dal giudice in merito agli elementi probatori acquisiti al processo (Sez. 3, n. 49168 del 13/10/2015 – dep. 14/12/2015, Santucci, Rv.265322), caratteristiche queste del tutto assenti, come già evidenziato, nella sentenza impugnata.
 
Segue all’esito del ricorso la condanna del ricorrente, non sussistendo elementi per ritenere che abbia proposto la presente impugnativa senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al pagamento delle spese processuali e al versamento della somma equitativamente liquidata alla Cassa delle Ammende.
 
P.Q.M.
 
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento della somma di€ 2.000 in favore della Cassa delle Ammende.
 
Così deciso il 20.2.2018
 

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