+39-0941.327734 abbonati@ambientediritto.it
Giurisprudenza: Giurisprudenza Sentenze per esteso massime | Categoria: Beni culturali ed ambientali, Diritto demaniale, Diritto urbanistico - edilizia, Pubblica amministrazione Numero: 31447 | Data di udienza: 6 Dicembre 2017

DIRITTO URBANISTICO – EDILIZIA – Lottizzazione abusiva – Buona fede al momento dell’acquisto – Restituzione del bene – Effetti – Confisca – Art. 31 d.P.R. n.380/2001 – PUBBLICA AMMINISTRAZIONE – Modificazione della destinazione d’uso dei terreni prima o dopo dell’intervenuto passaggio in giudicato della sentenza – Effetti – Orientamenti giurisprudenziali – DIRITTO DEMANIALE – Provvedimenti amministrativi incompatibili con la demanialità o vincoli in genere – Vincolo ferroviario ai sensi dell’art. 49 d.P.R. 753/80 – Vincolo ai sensi dell’art. 55 del Codice della navigazione – BENI CULTURALI ED AMBIENTALI – Vincolo paesaggistico ai sensi del d. Lgs. 42/2004.


Provvedimento: Sentenza
Sezione: 3^
Regione:
Città:
Data di pubblicazione: 11 Luglio 2018
Numero: 31447
Data di udienza: 6 Dicembre 2017
Presidente: FIALE
Estensore: MACRI'


Premassima

DIRITTO URBANISTICO – EDILIZIA – Lottizzazione abusiva – Buona fede al momento dell’acquisto – Restituzione del bene – Effetti – Confisca – Art. 31 d.P.R. n.380/2001 – PUBBLICA AMMINISTRAZIONE – Modificazione della destinazione d’uso dei terreni prima o dopo dell’intervenuto passaggio in giudicato della sentenza – Effetti – Orientamenti giurisprudenziali – DIRITTO DEMANIALE – Provvedimenti amministrativi incompatibili con la demanialità o vincoli in genere – Vincolo ferroviario ai sensi dell’art. 49 d.P.R. 753/80 – Vincolo ai sensi dell’art. 55 del Codice della navigazione – BENI CULTURALI ED AMBIENTALI – Vincolo paesaggistico ai sensi del d. Lgs. 42/2004.



Massima

 

 

CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez.3^ 11/07/2018 (Ud. 06/12/2017), Sentenza n.31447
  
 
DIRITTO URBANISTICO – EDILIZIA – Lottizzazione abusiva – Buona fede al momento dell’acquisto – Restituzione del bene – Effetti – Confisca – Art. 31 d.P.R. n.380/2001 – PUBBLICA AMMINISTRAZIONE – Modificazione della destinazione d’uso dei terreni prima o dopo dell’intervenuto passaggio in giudicato della sentenza – Effetti – Orientamenti giurisprudenziali – DIRITTO DEMANIALE – Provvedimenti amministrativi incompatibili con la demanialità o vincoli in genere – Vincolo ferroviario ai sensi dell’art. 49 d.P.R. 753/80 – Vincolo ai sensi dell’art. 55 del Codice della navigazione – BENI CULTURALI ED AMBIENTALI – Vincolo paesaggistico ai sensi del d. Lgs. 42/2004.
 
La Pubblica Amministrazione può adottare dei provvedimenti, prima o dopo il passaggio in giudicato della sentenza che ha accertato la lottizzazione abusiva ed ha disposto la confisca. Se legittimamente emanati prima del passaggio in giudicato della sentenza, non incidono sul reato, ma precludono la pronuncia della confisca perché la pubblica Amministrazione, riconoscendo ex post la conformità della lottizzazione agli strumenti urbanistici generali vigenti sul territorio, ha inteso evidentemente lasciare il terreno lottizzato alla disponibilità dei proprietari, rinunciando implicitamente ad acquisirlo al patrimonio indisponibile del Comune. Se emanati dopo il passaggio in giudicato della sentenza non incidono sulla confisca perché l’adozione di nuovi strumenti urbanistici non può retro trasferire la proprietà in favore dei privati già destinatari dell’ordine di confisca (Cass., Sez. 3, 29.5.2007, n. 21125, Licciardiello e altri; 22.4.2010, n. 34881, Franzese). Si registra tuttavia un diverso orientamento che, seppur in modo meno articolato, ammette la revoca della confisca in sede esecutiva, quando o nei limiti in cui risulti compatibile con un provvedimento di recupero adottato dall’Autorità amministrativa (Cass., Sez. 3, 29.12.2005, n. 47272, Iacopino e altri; 11.4.2007, n. 35219, Arcieri e altri, la quale ultima ha accertato l’adozione di provvedimenti amministrativi incompatibili con la volontà di acquisire il bene). Nella fattispecie, la Corte territoriale, nel rigettare l’istanza, ha richiamato un passaggio decisivo della sentenza di questa Corte che ha definito il procedimento penale che ha travolto i beni dell’odierno ricorrente: "le nuove previsioni del P.R.G non costituiscono intervento di recupero urbanistico dell’area abusivamente lottizzata; non integrano autorizzazione postuma dell’intervento lottizzatore; non sanano le costruzioni abusive preesistenti; non sì pongono in conclusione quale estrinsecazione di una volontà della Pubblica Amministrazione di riconoscere ex post la conformità degli interventi già realizzati con lo strumento urbanistico oggi in vigore e di rinunciare all’acquisizione delle aree e dei manufatti al proprio patrimonio disponibile". Pertanto, la confisca delle aree diviene definitiva e non apprezzati i provvedimenti amministrativi incompatibili con la demanialità, sicché i suoi effetti si riverberano negativamente anche sul terzo.
 
(dich. inammissibile il ricorso avverso ordinanza in data 15.11.2016 – CORTE D’APPELLO DI REGGIO CALABRIA) Pres. FIALE, Rel. MACRI’, Ric. Ciccone 

 


Allegato


Titolo Completo

CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez.3^ 11/07/2018 (Ud. 06/12/2017), Sentenza n.31447

SENTENZA

 

 

CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez.3^ 11/07/2018 (Ud. 06/12/2017), Sentenza n.31447

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
 
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA PENALE
 
composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
 
omissis
 
ha pronunciato la seguente
 
SENTENZA 
 
sul ricorso proposto da Ciccone Biagio, nato a Reggio Calabria;
 
avverso l’ordinanza in data 15.11.2016 della Corte d’appello di Reggio Calabria;
 
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
 
udita la relazione svolta dal consigliere Ubalda Macrì;
 
letta la memoria del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale, Luigi Orsi, che ha concluso chiedendo l’inammissibilità del ricorso
 
RITENUTO IN FATTO
 
1. Con ordinanza in data 15.11.2016 la Corte d’appello di Reggio Calabria ha rigettato l’istanza di revoca della confisca pronunciata dal Pretore di Reggio Calabria, sezione distaccata di Melito Porto Salvo, in data 20.4.2001 nell’ambito del procedimento di lottizzazione abusiva a carico di Ciccone Biagio e altri, indicati in ordinanza. Ha precisato che, dopo la condanna, in secondo grado era stata pronunciata l’estinzione del reato per intervenuta prescrizione con sentenza divenuta definitiva n. 2581/07.
 
In sede di esecuzione il Ciccone aveva evidenziato la modificazione della destinazione d’uso dei terreni prima dell’intervenuto passaggio in giudicato della sentenza e la buona fede al momento dell’acquisto.
 
La Corte territoriale, eseguita l’istruttoria anche a mezzo dell’acquisizione della consulenza tecnica d’ufficio dell’ing. Barreca, è pervenuta alle seguenti conclusioni: a) l’area comprata dal Ciccone, prima dell’adozione del vigente Piano regolatore generale, rientrava, sulla base del piano di fabbricazione, in "Zona residenziale turistico-alberghiera o settore F", mentre con il Piano regolatore generale del 2006 aveva acquisito la seguente destinazione urbanistica " … parte in zona omogenea di tipo B (completamento residenziale) e parte destinata a Piazza"; b) dal certificato di destinazione urbanistica risultavano anche il vincolo paesaggistico ai sensi del d. Lgs. 42/2004, il vincolo ai sensi dell’art. 55 del Codice della navigazione e relativa autorizzazione secondo le modalità stabilite dalla Capitaneria di Porto, il vincolo ferroviario ai sensi dell’art. 49 d.P.R. 753/80; e) il passaggio da zona omogenea Fa zona omogenea B non aveva costituito un intervento di recupero urbanistico dell’area abusivamente lottizzata, non aveva integrato l’autorizzazione postuma dell’intervento lottizzatore né aveva sanato le costruzioni abusive preesistenti; d) il Responsabile dell’area tecnica e del territorio del Comune di Condofuri aveva attestato che i lotti in questione erano ricompresi in area demaniale, il vigente Piano regolatore generale aveva destinato i lotti parte in zona omogenea B – completamento residenziale – e parte in piazza; e) i lotti ricadenti nell’area omogenea B erano stati alienati con l’obbligo di cessione preventiva a favore della Pubblica amministrazione, con atto notarile, delle aree necessarie all’urbanizzazione primaria e secondaria; f) le strade di nuova realizzazione dovevano avere un’ampiezza minima non inferiore a metri 10 con l’obbligo di presentazione preventiva di un piano di cessione delle aree o frazionamento delle stesse; g) si trattava di una zona, non solo demaniale e quindi non suscettibile di edificazione da parte del privato, ma di zona nella quale l’edificabilità era esclusa dal fatto che l’estensione fosse inferiore a mq 10.000; h) non era ammissibile la buona fede a fronte della demanialità dell’area.
 
 
2. Con il primo motivo, denuncia la violazione dell’art. 606, comma 1, lett. b), d) ed e), cod. proc. pen.
 
Premette a) che, unitamente ad altro soggetto, Trovato Mario, nel 2003, aveva acquistato per atto pubblico una particella di terreno con un fabbricato per il quale il Comune di Condofuri aveva già rilasciato la concessione edilizia; b) che, pertanto, non era l’originario acquirente del fondo ed era ignaro del processo di lottizzazione abusiva che aveva portato alla confisca del bene in data successiva all’acquisto, con trascrizione in Conservatoria in data successiva al 2010; c) che la Corte territoriale non aveva tenuto conto della sua buona fede, anche in considerazione del fatto che la concessione in sanatoria non era stata mai revocata; d) che i terreni, tra cui il suo, erano stato confiscati, nonostante la prescrizione del reato, perché oggetto di lottizzazione abusiva convenzionale, ovvero determinata dall’attribuzione nell’atto notarile di quote definite di proprietà degli immobili, in difformità al Piano regolatore all’epoca vigente che li indicava come ricadenti in zona F e quindi non suddivisibili in lotti; e) che nelle more del procedimento penale alcuni avevano realizzato dei manufatti che poi avevano tentato di condonare; f) che prima della definitività della confisca, il Comune aveva approvato un nuovo Piano regolatore che aveva definito la zona in zona omogenea B, che aveva consentito l’intervento diretto nella costruzione e nel rilascio dei permessi a costruire direttamente ai privati richiedenti; g) che l’ing. Barreca aveva rilevato che i fabbricati erano stati realizzati allorché lo strumento urbanistico non ne avesse previsto la realizzazione, con travisamento della prova: altro era affermare che al momento dell’acquisto non fosse possibile costruire, altro che gli immobili originari (o i terreni) fossero liberamente lottizzabili con la variazione dello strumento urbanistico.
 
Precisa che all’epoca dei fatti la lottizzazione era stata considerata abusiva perché i terreni ricadevano in zona omogenea F. La variazione dello strumento urbanistico aveva consentito la libera frazionabilità del fondo, di qui il presupposto per la revoca della confisca. A nulla rilevava l’irregolarità urbanistica dei fabbricati che poteva eliminarsi con lo strumento dell’ordinanza di demolizione degli stessi ma non con una misura ablatoria della proprietà dei terreni sui cui era stato costruito. In data anteriore alla sentenza della Corte d’appello di Reggio Calabria, il Comune di Condofuri aveva disposto il mutamento della destinazione urbanistica dell’area in oggetto, qualificandola espressamente come area di completamento, in occasione del piano regolatore generale. La decisione amministrativa del Comune precludeva ogni diversa valutazione del giudice penale.
 
Segnala quale ulteriore problema quello dell’assenza di un piano di recupero e della differenza concettuale tra piano di recupero e previsione di una nuova zona. Ciò che all’epoca dell’atto notarile era vietato, era stato invece concesso con la variazione dello strumento urbanistico. L’ing. Barreca aveva concluso che in astratto corrispondeva al vero che i lotti di terreno classificato in zona omogenea B potevano essere edificati per intervento diretto, previo rilascio del permesso a costruire, così come potevano essere liberamente frazionati. Aveva poi aggiunto una considerazione errata rispetto all’oggetto della controversia – se in corso di causa la variazione dello strumento urbanistico poteva impedire la sanzione della confisca – perché aveva affermato che, nel caso in questione, le particelle oggetto della trattazione erano state generate da una lottizzazione abusiva sicché era esclusa ogni possibilità di intervento.
 
Con il secondo motivo, discetta sulla natura demaniale delle particelle 321 e 322 e sugli effetti della buona fede. Precisa che l’area era stata definita come non più demaniale ma di proprietà privata, tanto che, con nota del 5.10.1992, precedente l’atto del 1993, l’U.T.E. competente aveva espresso parere in ordine alla voltura dei terreni in origine demaniale a nome dei privati, in ragione dei titoli di proprietà e della documentazione allegata. Quest’atto non era stato considerato, come non era stato considerato anche ai fini dell’accertamento della buona fede che il Comune di Condofuri, nel corso degli anni, aveva sempre indicato l’area come di proprietà privata e come tale era stata sempre indicata nei successivi atti. Segnala infine che per gran parte della motivazione si era fatto riferimento alla posizione del Trovato, il cui caso, pur simile, non era sovrapponibile a quello di specie. Di qui la nullità della motivazione.
 
CONSIDERATO IN DIRITTO
 
3. Il ricorso è manifestamente infondato.
 
Il ricorrente agisce quale terzo interessato, perché proprietario dell’area acquisita al demanio in virtù della confisca da lottizzazione abusiva convenzionale nonché estraneo al processo penale, non essendo stato imputato. Pretende la restituzione del bene, siccome l’intervento realizzato doveva considerarsi legittimo alla luce del Piano regolatore vigente ed egli era in buona fede al momento dell’acquisto.
 
I motivi articolati non colgono nel segno.
 
E’ ben vero che la Pubblica Amministrazione può adottare dei provvedimenti, prima o dopo il passaggio in giudicato della sentenza che ha accertato la lottizzazione abusiva ed ha disposto la confisca. Se legittimamente emanati prima del passaggio in giudicato della sentenza, non incidono sul reato, ma precludono la pronuncia della confisca perché la pubblica Amministrazione, riconoscendo ex post la conformità della lottizzazione agli strumenti urbanistici generali vigenti sul territorio, ha inteso evidentemente lasciare il terreno lottizzato alla disponibilità dei proprietari, rinunciando implicitamente ad acquisirlo al patrimonio indisponibile del Comune (Cass., Sez. 3, 5.7.2006, n. 23154, Scalici, Rv 234476; 13.12.2013, n. 4373, Franco e altro, Rv 258921; 18.2.2015, n. 43591, Di Stefano e altri, Rv 265153). Se emanati dopo il passaggio in giudicato della sentenza non incidono sulla confisca perché l’adozione di nuovi strumenti urbanistici non può retro trasferire la proprietà in favore dei privati già destinatari dell’ordine di confisca (Cass., Sez. 3, 29.5.2007, n. 21125, Licciardiello e altri, Rv 236737; 22.4.2010, n. 34881, Franzese, Rv 248360). Si registra tuttavia un diverso orientamento che, seppur in modo meno articolato, ammette la revoca della confisca in sede esecutiva, quando o nei limiti in cui risulti compatibile con un provvedimento di recupero adottato dall’Autorità amministrativa (Cass., Sez. 3, 29.12.2005, n. 47272, Iacopino e altri, Rv 232998; 11.4.2007, n. 35219, Arcieri e altri, Rv 237372, la quale ultima ha accertato l’adozione di provvedimenti amministrativi incompatibili con la volontà di acquisire il bene). 
 
Nella fattispecie, la Corte territoriale, nel rigettare l’istanza, ha richiamato un passaggio decisivo della sentenza di questa Corte che ha definito il procedimento penale che ha travolto i beni dell’odierno ricorrente: "le nuove previsioni del P.R.G non costituiscono intervento di recupero urbanistico dell’area abusivamente lottizzata; non integrano autorizzazione postuma dell’intervento lottizzatore; non sanano le costruzioni abusive preesistenti; non sì pongono in conclusione quale estrinsecazione di una volontà della Pubblica Amministrazione di riconoscere ex post la conformità degli interventi già realizzati con lo strumento urbanistico oggi in vigore e di rinunciare all’acquisizione delle aree e dei manufatti al proprio patrimonio disponibile".
 
A seguito della citata sentenza la confisca delle aree è divenuta definitiva e non sono stati apprezzati provvedimenti amministrativi incompatibili con la demanialità, sicché i suoi effetti si riverberano negativamente anche sul terzo odierno ricorrente.
 
Sulla base delle considerazioni che precedono, la Corte ritiene pertanto che il ricorso debba essere dichiarato inammissibile, con conseguente onere per il ricorrente, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., di sostenere le spese del procedimento. Tenuto, poi, conto della sentenza della Corte costituzionale in data 13 giugno 2000, n. 186, e considerato che non vi è ragione di ritenere che il ricorso sia stato presentato senza "versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità", si dispone che il ricorrente versi la somma, determinata in via equitativa, di euro 2.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.
 
P.Q.M.
 
dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di € 2.000,00 in favore della Cassa delle Ammende
 
Così deciso, il 6 dicembre 2017.
 

Iscriviti alla Newsletter GRATUITA

Ricevi gratuitamente la News Letter con le novità di AmbienteDiritto.it e QuotidianoLegale.

N.B.: se non ricevi la News Letter occorre una nuova iscrizione, il sistema elimina l'e-mail non attive o non funzionanti.

ISCRIVITI SUBITO


Iscirizione/cancellazione

Grazie, per esserti iscritto alla newsletter!