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Giurisprudenza: Giurisprudenza Sentenze per esteso massime | Categoria: Rifiuti Numero: 6730 | Data di udienza: 22 Novembre 2017

* RIFIUTI – Spedizioni transfrontaliere di rifiuti – Stati non OCSE – Accordi bilaterali – Principi di trasparenza, tracciabilità e salubrità delle operazioni – Reg. n. 1013/2006/CE – Codice Ambiente – Artt. 194 e 259 d.lgs n.152/2006 – Giurisprudenza – Fattispecie: esportazioni di rifiuti nella Repubblica Popolare cinese – Normativa italiana in materia di spedizioni transfrontaliere di rifiuti – Regole comunitari, accordi bilaterali e disciplina applicabile. 


Provvedimento: Sentenza
Sezione: 3^
Regione:
Città:
Data di pubblicazione: 12 Febbraio 2018
Numero: 6730
Data di udienza: 22 Novembre 2017
Presidente: DI NICOLA
Estensore: MENGONI


Premassima

* RIFIUTI – Spedizioni transfrontaliere di rifiuti – Stati non OCSE – Accordi bilaterali – Principi di trasparenza, tracciabilità e salubrità delle operazioni – Reg. n. 1013/2006/CE – Codice Ambiente – Artt. 194 e 259 d.lgs n.152/2006 – Giurisprudenza – Fattispecie: esportazioni di rifiuti nella Repubblica Popolare cinese – Normativa italiana in materia di spedizioni transfrontaliere di rifiuti – Regole comunitari, accordi bilaterali e disciplina applicabile. 



Massima

 

 
CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. 3^ 12/02/2018 (Ud. 22/11/2017), Sentenza n.6730


RIFIUTI – Spedizioni transfrontaliere di rifiuti – Stati non OCSE – Accordi bilaterali – Principi di trasparenza, tracciabilità e salubrità delle operazioni – Disciplina applicabile e regolamenti comunitari – Reg. n. 1013/2006/CE – Codice Ambiente – Artt. 194 e 259 d.lgs n.152/2006 – Giurisprudenza – Fattispecie: esportazioni di rifiuti nella Repubblica Popolare cinese.
 
In tema di spedizioni transfrontaliere di rifiuti, il rinvio alla disciplina Europea (contenuta nell’art. 194, d. lgs. n. 152 del 2006) indica in chiaro modo, le disposizioni vigenti nel nostro Paese, che, sono integrate e specificate dal complesso delle disposizioni in materia e concorrono a definire in modo coerente sia gli obblighi cui debbono sottostare gli esportatori e sia i presupposti delle violazioni penalmente rilevanti (Sez. 3, n. 30797 del 26/6/2012, Del Prete; nei medesimi termini, tra le altre, Sez. 3, n. 47830 del 18/7/2017, Diaspro; Sez. 3, n. 39827 del 5/7/2012, Del Prete; Sez. 3, n. 11837 del 4/7/2012, Bidasio; Sez. 3, n. 30796 del 26/6/2012, Zhang). Fattispecie: esportazioni di rifiuti nella Repubblica Popolare cinese.
 
 
RIFIUTI – Spedizioni transfrontaliere – Normativa italiana in materia di spedizioni transfrontaliere di rifiuti – Regole comunitari, accordi bilaterali e disciplina applicabile. 
 
Il rinvio operato dall’art. 194, d. lgs. n. 152 del 2006 (Spedizioni transfrontaliere) alle regole che discendono "dai regolamenti comunitari che regolano la materia, dagli accordi bilaterali di cui all’art. 19 del Regolamento (CEE) 1 febbraio 1993, n. 259" deve intendersi esteso ai regolamenti della Comunità o dell’Unione che hanno integrato o modificato tale disciplina, a partire dal Regolamento (CE) 2006/1013 del Parlamento e del Consiglio in data 14/6/2006 (GUE 14/7/2006) per arrivare al Regolamento (CE) 2007/1418 del 29/11/2007 (GUE 4/12/2007), al Regolamento (CE) 2009/967 del 29/11/2007 (GUE 4/12/2007) e, limitatamente alla valenza interpretativa del meccanismo di formazione della legge, al Regolamento (UE) 2010/837 del 23/9/2010 (GU dell’Unione Europea del 24/9/2010). Sicché, la normativa italiana in materia di spedizioni transfrontaliere di rifiuti è integrata da quella adottata dall’istituzione Europea mediante regolamenti aventi efficacia esecutiva e dagli accordi bilaterali perfezionatisi ai sensi dell’art. 19 del Regolamento 1993/259 e ai sensi dei regolamenti successivi. A sua volta, la struttura di questi provvedimenti comporta il recepimento delle risposte che gli stati non OCSE hanno fornito al questionario loro inviato e ai periodici aggiornamenti di tali risposte, avendo l’istituzione Europea ritenuto di fare proprie su base pattizia la determinazione e la disciplina che il singolo Stato non membro intende applicare ai rifiuti non pericolosi inclusi nella lista verde provenienti dall’area comunitaria, rifiuti soggetti in via generale a procedure semplificate. Tale impostazione emerge con chiarezza dal contenuto degli artt. 35, 36 e 37 del Regolamento n. 1013/2006, cui deve farsi riferimento anche nella vigenza delle integrazioni successive, nonché dai principi generali contenuti nel successivo art. 49, disposizione che fa obbligo a tutti i privati coinvolti nelle spedizioni di operare nel rispetto dei principi di trasparenza e tracciabilità, oltre che della salubrità delle operazioni, e fa carico all’istituzione Europea e ai singoli Paesi membri di adoperarsi per garantire la regolarità delle fasi e dei contenuti delle spedizioni e di assicurarsi del rispetto dì detti principi, anche avendo riguardo alle caratteristiche dell’impianto estero di destinazione che curerà il recupero, fino a vietare i trasporti ove le garanzie necessarie non siano assicurate.
 
 
(dich. inammissibile il ricorso avverso sentenza della CORTE DI APPELLO DI GENOVA – 20/10/2016) Pres. DI NICOLA, Rel. MENGONI, Ric. Lazzati

Allegato


Titolo Completo

CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. 3^ 12/02/2018 (Ud. 22/11/2017), Sentenza n.6730

SENTENZA

 

 
 
CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. 3^ 12/02/2018 (Ud. 22/11/2017), Sentenza n.6730
 
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
 
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA PENALE
 
composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
 
omissis
 
ha pronunciato la seguente
 
SENTENZA
 
sul ricorso proposto da Lazzati Giancarlo, nato a Milano il 28/12/1965;
 
avverso la sentenza della Corte di appello di Genova del 20/10/2016;
 
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
 
sentita la relazione svolta dal consigliere Enrico Mengoni;
 
udite le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Ciro Angelillis, che ha concluso chiedendo l’annullamento con rinvio per intervenuta prescrizione;
 
udite le conclusioni del difensore del ricorrente, Avv. Alessandro Tudor, che ha concluso chiedendo l’accoglimento del ricorso;

RITENUTO IN FATTO
 
1. Con sentenza del 20/10/2016, la Corte di appello di Genova, in parziale riforma della pronuncia emessa l’11/12/2015 dal locale Tribunale, riduceva la pena inflitta a Giancarlo Lazzati a due mesi di arresto e tremila euro di ammenda; allo stesso – quale legale rappresentante della "E-METALLI s.r.l." – era contestato il reato di cui all’art. 259, comma 1, d. lgs. 3 aprile 2006, n. 152, in relazione all’art. 2, punto 35, del Regolamento CE n. 1013/2016, per aver effettuato una spedizione di rifiuti all’estero da qualificare come illegale, come diffusamente indicato in rubrica.
 
2. Propone ricorso per cassazione il Lazzati, a mezzo del proprio difensore, deducendo i seguenti motivi:
– erronea applicazione degli articoli di legge contestati, in uno con la violazione del Regolamento n. 1418/2007. La Corte di appello avrebbe confermato la condanna del ricorrente innanzitutto con richiamo all’art. 19, Regolamento CEE n. 259/1993, poi abrogato, che concernerebbe l’ipotesi di importazione di rifiuti nel territorio comunitario, non anche quella – propria del caso in esame – di esportazione verso Paesi non OCSE. Ancora, a norma dell’art. 36, Reg. n. 1013/2006, il divieto di esportazione verso queste nazione non concernerebbe tutte le tipologie di rifiuti, compresi quelli in oggetto, dovendosi soltanto adottare una particolare procedura fondata su scambio di informazioni tra Paesi; in forza della stessa, la Commissione europea, raccolte e sintetizzate tutte le risposte ottenute, dovrebbe poi adottare un Regolamento, da intendersi;
– questo, non già le risposte, come erroneamente affermato dalla Corte di appello – capace di incidere direttamente sulla normativa comunitaria e, dunque, interna. E fermo restando, peraltro, che, ai sensi del Regolamento n. 1418/2007, i rifiuti di cui trattasi potrebbero essere esportati anche in forza di un solo documento (di cui all’allegato VII dello stesso Regolamento), debitamente esibito dal Lazzeri, così emergendo che non occorreva la diversa licenza AQSIQ di cui alla rubrica; la cui necessaria disponibilità in capo all’esportatore, peraltro, sarebbe stata affermata in sentenza senza alcun richiamo alla fonte normativa, ma con un generico riferimento ad un documento allegato al Regolamento n. 1418/2007, peraltro mai riprodotto nel testo di questo. Si eccepisce, da ultimo, l’intervenuta prescrizione del reato alla data del 29/11/2016.
 
CONSIDERATO IN DIRITTO
 
4. Il ricorso risulta manifestamente infondato; con la premessa – sopra solo accennata – che al Lazzati è contestata la violazione delle norme indicate per aver effettuato una spedizione illegale di rifiuti speciali non pericolosi (cascami di ghisa, ferro e acciaio, nonché avanzi di alluminio) verso la Cina, in assenza della licenza AQSIQ "Generai Administration of Quality Supervisione, Inspection and Quarantin" intestata all’operatore comunitario, nonché della certificazione reimbarco parimenti intestata, in assenza di un contratto di compravendita sottoscritto dall’esportatore e dal destinatario dei rifiuti, nonché, infine, esibendo – all’atto dell’esportazione – false indicazioni sulla natura dei rifiuti. In Genova, accertato il 29/11/2011. 
 
5. Ciò premesso, e come più volte affermato da questa Corte con indirizzo qui da ribadire, il rinvio operato dall’art. 194, d. lgs. n. 152 del 2006 (Spedizioni transfrontaliere) alle regole che discendono "dai regolamenti comunitari che regolano la materia, dagli accordi bilaterali di cui all’art. 19 del Regolamento (CEE) 1 febbraio 1993, n. 259" deve intendersi esteso ai regolamenti della Comunità o dell’Unione che hanno integrato o modificato tale disciplina, a partire dal Regolamento (CE) 2006/1013 del Parlamento e del Consiglio in data 14/6/2006 (GUE 14/7/2006) per arrivare al Regolamento (CE) 2007/1418 del 29/11/2007 (GUE 4/12/2007), al Regolamento (CE) 2009/967 del 29/11/2007 (GUE 4/12/2007) e, limitatamente alla valenza interpretativa del meccanismo di formazione della legge, al Regolamento (UE) 2010/837 del 23/9/2010 (GU dell’Unione Europea del 24/9/2010). Risulta così evidente che la normativa italiana in materia di spedizioni transfrontaliere di rifiuti è integrata da quella adottata dall’istituzione Europea mediante regolamenti aventi efficacia esecutiva e dagli accordi bilaterali perfezionatisi ai sensi dell’art. 19 del Regolamento 1993/259 e ai sensi dei regolamenti successivi. A sua volta, la struttura di questi provvedimenti comporta il recepimento delle risposte che gli stati non OCSE hanno fornito al questionario loro inviato e ai periodici aggiornamenti di tali risposte, avendo l’istituzione Europea ritenuto di fare proprie su base pattizia la determinazione e la disciplina che il singolo Stato non membro intende applicare ai rifiuti non pericolosi inclusi nella lista verde provenienti dall’area comunitaria, rifiuti soggetti in via generale a procedure semplificate. Tale impostazione emerge con chiarezza dal contenuto degli artt. 35, 36 e 37 del Regolamento n. 1013/2006, cui deve farsi riferimento anche nella vigenza delle integrazioni successive, nonché dai principi generali contenuti nel successivo art. 49, disposizione che fa obbligo a tutti i privati coinvolti nelle spedizioni di operare nel rispetto dei principi di trasparenza e tracciabilità, oltre che della salubrità delle operazioni, e fa carico all’istituzione Europea e ai singoli Paesi membri di adoperarsi per garantire la regolarità delle fasi e dei contenuti delle spedizioni e di assicurarsi del rispetto dì detti principi, anche avendo riguardo alle caratteristiche dell’impianto estero di destinazione che curerà il recupero, fino a vietare i trasporti ove le garanzie necessarie non siano assicurate. Deve concludersi, pertanto, che sono manifestamente infondati i rilievi del ricorrente con riferimento alla carente indicazione delle fonti normative da cui discenderebbero gli obblighi che le ordinanze assumono violati, essendo chiaro, soprattutto a persone che operano professionalmente nel settore, che: a) la disciplina ricavabile dal contenuto degli allegati ai regolamenti e dalle risposte dei Paesi non membri ai questionari integra la disciplina dei medesimi regolamenti, aventi efficacia immediata nel nostro ordinamento, sulla base del meccanismo disegnato e attuato col Regolamento base, (CE) 2006/1013, in relazione a quanto previsto anche dall’art. 19 del Regolamento (CE) 1993/259 (da intendersi – il richiamo – ai soli accordi bilaterali in essa norma previsti, quale strumento che concorre a definire la disciplina, non anche alla disciplina delle importazioni nell’Unione, cui l’art. 19 stesso si riferisce, come invece dedotto dal ricorrente); b) il contenuto delle risposte ai questionari, ivi comprese le indicazioni dei rifiuti la cui importazione è vietata o soggetta a restrizioni e controlli e le indicazioni circa le regole che ogni Paese non membro chiede siano rispettate, è reso pubblico periodicamente dall’istituzione Europea e dunque conoscibile da qualsiasi operatore e rappresenta il riferimento normativo per valutare la regolarità delle operazioni di spedizione dei rifiuti; e) tale disciplina è recepita dall’ordinamento italiano sulla base del rinvio alla disciplina Europea contenuto nell’art. 194, d. lgs. n. 152 del 2006, così che le disposizioni vigenti nel nostro Paese sono integrate e specificate dal complesso delle disposizioni sopra richiamate e concorrono a definire in modo coerente gli obblighi cui debbono sottostare gli esportatori e i presupposti delle violazioni penalmente rilevanti (Sez. 3, n. 30797 del 26/6/2012, Del Prete; nei medesimi termini, tra le altre, Sez. 3, n. 47830 del 18/7/2017, Diaspro; Sez. 3, n. 39827 del 5/7/2012, Del Prete; Sez. 3, n. 11837 del 4/7/2012, Bidasio; Sez. 3, n. 30796 del 26/6/2012, Zhang; tutte non massimate).
 
6. Così richiamata la normativa di riferimento, rileva allora la Corte che della stessa ha fatto buon governo la sentenza impugnata, confermando la condanna del Lazzati con una motivazione del tutto congrua, fondata su oggettivi elementi istruttori e priva di qualsivoglia violazione di legge; come tale, dunque, non censurabile. In particolare, ribaditi i requisiti documentali richiesti dalla Repubblica Popolare cinese in tema di importazioni di rifiuti (certificato preventivo di ispezione CCIC, licenza SEPA, licenza ASQIQ), nonché tutta la giurisprudenza sopra riportata, il Collegio di appello ha evidenziato che: 1) non sussisteva alcuna carenza di indicazioni circa le fonti normative da cui discendono gli obblighi per gli esportatori comunitari, dovendosi questi trarre – come indicato – anche dal contenuto delle risposte ai questionari fornite dalla stessa Repubblica Popolare, reso pubblico dall’Istituzione europea e, dunque, conoscibile da qualsiasi operatore (come il ricorrente, che lavora professionalmente proprio in tale settore); 2) emergeva palese la violazione della normativa contestata, atteso che – a fronte della spedizione anche di cascami di alluminio, e richiesto di integrazione documentale – il ricorrente aveva presentato una licenza SEPA relativa a differente categoria di merce (rottami di rame), mentre quella ASQIQ risultava rilasciata dall’autorità cinese non all’esportatore comunitario E-METALLI s.r.l., ma alla stessa società destinataria. 
 
In punto, poi, di consapevolezza della necessità di tali documenti (correttamente rilasciati), ancora in questa sede negata (contestandosi che il Lazzati dovesse munirsi della licenza ASQIQ), la sentenza ha sottolineato che il ricorrente li aveva comunque prodotti all’Agenzia delle dogane, «malgrado la lampante differenza merceologica di tali licenze e autorizzazioni rispetto alla merce effettivamente esportata. Tale condotta artificiosa esclude in radice la colpa e conferma la sussistenza del dolo».
 
7. Quanto appena riportato, peraltro, non costituisce affatto materia di censura nel presente ricorso, invero incentrato sul richiamo alla normativa di cui all’art. 19, Regolamento n. 259/1993, nonché sull’assenza di un regolamento comunitario che avrebbe dovuto recepire le risposte fornite (anche) dalla Repubblica Popolare cinese ai questionari di cui si è detto; orbene, entrambi i profili sono stati già sopra disattesi, poiché manifestamente infondati, alla luce della costante giurisprudenza di questa Corte e, in particolare, del principio in forza del quale la disciplina ricavabile dal contenuto degli allegati ai regolamenti e dalle risposte dei Paesi non membri ai questionari integra la disciplina dei regolamenti medesimi, aventi efficacia immediata nel nostro ordinamento, sulla base del meccanismo disegnato e attuato col Regolamento base, n. 1013 del 2006, in relazione a quanto previsto anche dall’art. 19 del Regolamento n. 259 del 1993 (richiamato – si ribadisce – limitatamente alla tipologia di accordi bilaterali in esso contenuta).
 
8. Ancora, il ricorrente ha dedotto che i rifiuti in esame (B1O1O) non necessiterebbero di licenza ASQIQ, poiché sottoposti alla disciplina "semplificata" di cui all’art. 18, Reg. 1013/2006, non rientrando nella colonna b) di cui all’allegato al Regolamento n. 1418/2007; orbene, trattasi di doglianza non ammissibile in questa sede, poiché concernente una questione di puro fatto, legata all’esame dell’oggetto della condotta contestata. Al riguardo, infatti, occorre ribadire che il controllo del Giudice di legittimità sui vizi della motivazione attiene alla coerenza strutturale della decisione di cui si saggia l’oggettiva tenuta sotto il profilo logico-argomentativo, restando preclusa la rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione e l’autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti (tra le varie, Sez. 6, n. 47204 del 7/10/2015, Musso, Rv. 265482; Sez. 3, n. 12110 del 19/3/2009, Campanella, n. 12110, Rv. 243247).
 
Non solo. La medesima doglianza – la cui sintesi è: nel caso di specie non occorreva la licenza AQSIQ da parte dell’autorità cinese – è stata congruamente superata dalla Corte di appello, con un argomento non contestato e già sopra evidenziato; ossia, richiamando l’avvenuta produzione all’Agenzie delle dogane, da parte del Lazzati (a ciò sollecitato), proprio del documento in oggetto, oltre che della licenza SEPA, sebbene con caratteri irregolari, nei termini in precedenza indicati (e, parimenti, neppure citati nel presente gravame).
 
9. Il ricorso, pertanto, deve essere dichiarato inammissibile; con conseguente irrilevanza della prescrizione del reato, nelle more maturata, non essendosi formato un valido rapporto processuale (per tutte, Sez. U, n. 32 del 22/11/2000, D.L., Rv. 217266; successivamente, ex multis, Sez. 2, n. 28848 dell’8/5/2013, Ciaffoni, Rv. 256436). Alla luce della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale e rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che «la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità», alla declaratoria dell’inammissibilità medesima consegue, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., l’onere delle spese del procedimento nonché quello del versamento della somma, in favore della Cassa delle ammende, equitativamente fissata in euro 2.000,00.
 
P.Q.M.
 
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 2.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
 
Così deciso in Roma, il 22 novembre 2017
 
 
 

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