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Giurisprudenza: Giurisprudenza Sentenze per esteso massime | Categoria: Beni culturali ed ambientali, Diritto urbanistico - edilizia Numero: 32179 | Data di udienza: 9 Maggio 2018

* DIRITTO URBANISTICO – EDILIZIA – Realizzazione di un consistente incremento della superficie – Assenza di permesso a costruire e di autorizzazione paesaggistica – BENI CULTURALI ED AMBIENTALI – Rimodellamento della sagoma di un lago artificiale – Sospensione condizionale alla remissione in pristino dello stato dei luoghi – Artt. 44 lett. c) d.P.R. n. 380/2001 – Art.181, c.1, d.lgs. n.42/2004.


Provvedimento: Sentenza
Sezione: 3^
Regione:
Città:
Data di pubblicazione: 13 Luglio 2018
Numero: 32179
Data di udienza: 9 Maggio 2018
Presidente: LAPALORCIA
Estensore: CORBETTA


Premassima

* DIRITTO URBANISTICO – EDILIZIA – Realizzazione di un consistente incremento della superficie – Assenza di permesso a costruire e di autorizzazione paesaggistica – BENI CULTURALI ED AMBIENTALI – Rimodellamento della sagoma di un lago artificiale – Sospensione condizionale alla remissione in pristino dello stato dei luoghi – Artt. 44 lett. c) d.P.R. n. 380/2001 – Art.181, c.1, d.lgs. n.42/2004.



Massima

 

 

 
CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez.3^ 13/07/2018 (Ud. 09/05/2018), Sentenza n.32179
 
 
DIRITTO URBANISTICO – EDILIZIA – Realizzazione di un consistente incremento della superficie – Assenza di permesso a costruire e di autorizzazione paesaggistica – BENI CULTURALI ED AMBIENTALI – Rimodellamento della sagoma di un lago artificiale – Sospensione condizionale alla remissione in pristino dello stato dei luoghi – Artt. 44 lett. c) d.P.R. n. 380/2001 – Art.181, c.1, d.lgs. n.42/2004.
 
La realizzazione, mediante il continuo apporto di rifiuti speciali provenienti dall’attività e/o dalle demolizioni edilizie, di un consistente incremento della superficie emersa, con conseguente rimodellamento sella sagoma della superficie emersa, in assenza di permesso a costruire e di autorizzazione paesaggistica, configura i reati, di cui agli artt. 44 lett. c) d.P.R. n. 380 del 2001 e 181, comma 1, d.lgs. n. 42 del 2004. Nella specie, il riempire, per centinaia e centinaia di metri cubi di materiale di scarto dell’edilizia, un lago artificiale, ha modificato le sue sponde e ampliato di centinaia di metri quadrati la terra emersa, i fatti successi in zona soggetta a vincolo paesaggistico sono stati ritenuti in continuazione, concedendo la sospensione condizionale della pena subordinatamente alla remissione in pristino dello stato dei luoghi.
 
  
(dich. inammissibile il ricorso avverso sentenza del 17/11/2017 – CORTE D’APPELLO DI FIRENZE) Pres. LAPALORCIA, Rel. CORBETTA, Ric. Genovali

Allegato


Titolo Completo

CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez.3^ 13/07/2018 (Ud. 09/05/2018), Sentenza n.32179

SENTENZA

 

 

 
 
CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez.3^ 13/07/2018 (Ud. 09/05/2018), Sentenza n.32179

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
 
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA PENALE
 
composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
 
omissis
 
ha pronunciato la seguente
 
SENTENZA
 
sul ricorso proposto da Genovali Maurizio, nato a Viareggio il 09/10/1962;
 
avverso la sentenza del 17/11/2017 della Corte d’appello di Firenze;
 
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
 
udita la relazione svolta dal consigliere Stefano Corbetta;
 
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Pietro Gaeta, che ha concluso chiedendo l’inammissibilità del ricorso;
 
udito il difensore, avv. Alessandro Guardone, del foro di Lucca, che ha concluso chiedendo l’accoglimento del ricorso.
 
RITENUTO IN FATTO 
 
1. Con l’impugnata sentenza, la Corte d’appello di Firenze confermava la decisione resa dal Tribunale di Lucca, la quale aveva condannato Maurizio Genovali alla pena di mesi tre di arresto ed euro 35.000 di ammenda per i reati, ritenuti in continuazione, di cui agli artt. 44 lett. c) d.P.R. n. 380 del 2001 e 181, comma 1, d.lgs. n. 42 del 2004, concedendo la sospensione condizionale della pena, subordinatamente alla remissione in pristino dello stato dei luoghi; in particolare, si contesta al Genovali, in qualità di committente, quale legale rappresentante della società "La Pace di Maurizio Genovali e c. s.nc", proprietaria dell’area ove ha sede operativa la Genovali Vittorio srl, zona soggetta a vincolo paesaggistico, in assenza di permesso a costruire e di autorizzazione paesaggistica, realizzava, mediante il continuo apporto di rifiuti speciali provenienti dall’attività e/o dalle demolizioni edilizie, un consistente incremento della superficie emersa, con conseguente rimodellamento sella sagoma della superficie emersa. Il Tribunale, inoltre, mandava assolti dai medesimi reati i coimputati Monica Genovali, Bruno Quintavalle e Renzo Quintavalle (gli ultimi due, relativamente a una diversa area) per non aver commesso il fatto.
 
2. Avverso l’indicata sentenza l’imputato, per il tramite del difensore di fiducia, propone ricorso per cassazione, articolato in due motivi.
 
2.1. Con il primo motivo si deduce vizio motivazionale. Assume il difensore che la Corte territoriale avrebbe illogicamente ravvisato un contributo del ricorrente nella realizzazione degli illeciti in esame nel fatto di aver colposamente tollerato che, nel corso degli anni, una quantità ingente di materiale inerte venisse immessa nel lago artificiale, considerando che per l’accertamento del reato sarebbero stato necessario l’utilizzo di droni; pertanto, l’ampliamento delle sponde e il riempimento del lago non erano facilmente accertabili.
 
2.2. Con il secondo motivo si deduce violazione dell’art. 606, comma 1, lett. d) cod. proc. pen. per mancata assunzione di una prova decisiva e vizio motivazionale. Ad avviso del ricorrente, la Corte territoriale avrebbe erroneamente rigettato la richiesta di rinnovazione parziale del dibattimento per esaminare due testi, i quali avrebbero chiarito che l’imputato era solo formalmente legale rappresentante della società proprietaria dell’area in questione, la quale sarebbe stata gestita solamente dal padre del Genovali. La motivazione sarebbe inoltre contraddittoria, nella parte in cui, da un lato, ha assolto la sorella dell’imputato, Monica Genovali, quale comproprietaria e legale rappresentante della società proprietaria dell’area in questione, mentre, dall’altro, ha condannato il Genovali, il quale rivestiva la medesima qualifica della sorella.
 
CONSIDERATO IN DIRITTO
 
1. Il ricorso è inammissibile.
 
2. Il primo motivo è manifestamente infondato in quanto sviluppa argomentazioni di carattere fattuale, non consentite in sede di legittimità, peraltro deducendo censure già sottoposte e disattese dalla Corte territoriale con motivazione logica e adeguata.
 
Invero, premesso che il ricorrente non contesta la posizione di garanzia, derivante dalla qualifica rivestita dall’imputato, quale legale rappresentante della società "La Pace di Maurizio Genovali e c. s.n.c.", proprietaria dell’area in questione, soggetta a vincolo paesaggistico, si osserva che la Corte territoriale ha accertato, nel solco tracciato dalla sentenza di primo grado, la diretta conoscenza, da parte di Maurizio Genovali, di quanto andava a compiersi nell’area, con un impatto ambientale devastante e, soprattutto, diversamente da quanto opinato dal ricorrente, chiaramente evidente, essendosi giunti a riempire, per centinaia e centinaia di metri cubi di materiale di scarto dell’edilizia, un lago artificiale, modificando le sue sponde e ampliando di centinaia di metri quadrati la terra emersa.
 
Si tratta di un accertamento di fatto logicamente motivato che, pertanto, non è censurabile in questa sede. 
 
3. Manifestamente infondato è anche il secondo motivo.
 
3.1. Invero, la rinnovazione del giudizio in appello è istituito di carattere eccezionale al quale può farsi ricorso esclusivamente quando il giudice ritenga, nella sua discrezionalità, di non poter decidere allo stato degli atti (per tutti, cfr. Sez. U, n. 2780 del 24/01/1996 – dep. 15/03/1996, Panigoni ed altri, Rv.203974; Sez. U, n. 12602 del 17/12/2015 – dep. 25/03/2016, Ricci, Rv. 266820).
 
Si è, inoltre, chiarito che può essere censurata la mancata rinnovazione in appello dell’istruttoria dibattimentale qualora si dimostri l’esistenza, nell’apparato motivazionale posto a base della decisione impugnata, di lacune o manifeste illogicità, ricavabili dal testo del medesimo provvedimento e concernenti punti di decisiva rilevanza, le quali sarebbero state presumibilmente evitate provvedendosi all’assunzione o alla riassunzione di determinate prove in appello (Sez. 6, n. 1400 del 22/10/2014 – dep. 14/01/2015, PR, Rv. 261799; Sez. 6, n.1256 del 28/11/2013- dep. 14/01/2014, Cazzetto, Rv. 258236) .
 
3.2 Nel caso di specie, la Corte territoriale ha fatto corretta applicazione dei principi ora ricordati, evidenziando la superfluità della prova per testi indicata dalla difesa, essendo volta a provare circostante controverse (ossia che l’imputato svolgesse un ruolo subordinato al padre e che si occupasse, nella sua impresa, di mansioni non attinenti l’attività illecita, essendo anche privo di poteri decisori), e, per quanto sopra indicato, logicamente ritenute irrilevanti per escludere una responsabilità del Genovali, quantomeno per colpa.
 
3.2. Quanto, infine, al profilo attinente all’assoluzione della sorella dell’imputato, si tratta di un elemento ininfluente, avendo giudici di merito correttamente ravvisato la penale responsabilità del ricorrente, il quale ha tollerato colposamente che, nel corso degli anni, venissero depositati, sotto i propri occhi, nell’area di proprietà della società di cui era legale rappresentante, ingentissime quantità di materiale inerte, tali da modificare sensibilmente il territorio, in violazione del contratto con la s.r.l. autrice dei fatti, essendo, in ogni caso, evidente che una così imponente trasformazione edilizia e ambientale non avrebbe mai potuto essere assentita e, comunque, avendo il Genovali omesso ogni controllo su un eventuale titolo legittimante.
 
Si tratta di una motivazione giuridicamente corretta e immune da vizi logici che, pertanto, non è censurabile in sede di legittimità.
 
4. Essendo il ricorso dell’imputato inammissibile e, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte Cast. sent. n. 186 del 13/06/2000), alla condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento consegue quella al pagamento della sanzione pecuniaria nella misura, ritenuta equa, indicata in dispositivo.
 
P.Q.M.
 
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 2.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.
 
Così deciso il 09/05/2018.
 
 

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