Giurisprudenza: Giurisprudenza Sentenze per esteso massime |
Categoria: Beni culturali ed ambientali,
Diritto processuale penale,
Diritto urbanistico - edilizia
Numero: 23220 |
Data di udienza: 11 Aprile 2012
* BENI CULTURALI ED AMBIENTALI – Reato paesaggistico – Rimessione in pristino spontanea delle aree o degli immobili – Causa estintiva del reato – Operatività e limiti – Art. 181 quinquies D.Lgs. n. 42/2004 – DIRITTO URBANISTICO – Costruzione di una strada in zona paesisticamente vincolata – Permesso di costruire – Nulla osta paesaggistico – Necessità – Assenza – Reati di cui agli articoli 44 lettera c) d.p.r. 380/01 e 734 del codice penale – Configurabilità – DIRITTO PROCESSUALE PENALE – Reati contravvenzionali – Buona fede – Rilevanza giuridica – Elemento positivo estraneo all’agente – Onere della prova – Sentenza di appello – Specifiche censure – motivi “per relationem” – Difetto di motivazione – Sussistenza.
Provvedimento: Sentenza
Sezione: 3^
Regione:
Città:
Data di pubblicazione: 13 Giugno 2012
Numero: 23220
Data di udienza: 11 Aprile 2012
Presidente: Mannino
Estensore: Sarno
Premassima
* BENI CULTURALI ED AMBIENTALI – Reato paesaggistico – Rimessione in pristino spontanea delle aree o degli immobili – Causa estintiva del reato – Operatività e limiti – Art. 181 quinquies D.Lgs. n. 42/2004 – DIRITTO URBANISTICO – Costruzione di una strada in zona paesisticamente vincolata – Permesso di costruire – Nulla osta paesaggistico – Necessità – Assenza – Reati di cui agli articoli 44 lettera c) d.p.r. 380/01 e 734 del codice penale – Configurabilità – DIRITTO PROCESSUALE PENALE – Reati contravvenzionali – Buona fede – Rilevanza giuridica – Elemento positivo estraneo all’agente – Onere della prova – Sentenza di appello – Specifiche censure – motivi “per relationem” – Difetto di motivazione – Sussistenza.
Massima
CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez.3^, 13 giugno 2012 (Ud. 11/4/2012) Sentenza n. 23220
BENI CULTURALI ED AMBIENTALI – Reato paesaggistico – Rimessione in pristino spontanea delle aree o degli immobili – Causa estintiva del reato – Operatività e limiti – Art. 181 quinquies D.Lgs. n. 42/2004.
Ai sensi dell’art. 181 quinquies Decreto Legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, la rimessione in pristino delle aree o degli immobili soggetti a vincolo paesaggistico, da parte del trasgressore, estingue il reato di cui al comma primo solo qualora non sia stata ancora disposta d’ufficio dall’Autorità amministrativa. (Cass. Sez. 3, n. 3945 del 19/12/2005). Pertanto, tale disposizione, (nella parte in cui prevede l’estinzione del reato ambientale), opera esclusivamente nell’ipotesi che la persona responsabile della violazione abbia spontaneamente rimosso le opere abusive, con ciò intendendosi che la rimozione deve avere luogo prima che l’ente competente intervenga mediante ordine di demolizione o di rimessione in pristino (Cass. Sez. 3 n. 3064 del 2007). Inoltre, si è escluso che possa ritenersi sufficiente per il privato dare esecuzione all’ingiunzione dell’autorità ed evitare in tal modo l’esecuzione coatta da parte dell’ente pubblico in quanto l’esecuzione dell’ordine dell’autorità rappresenta un atto dovuto e non assume rilievo al fine di escludere la punibilità della violazione commessa (Cass. Sez. 3^, 2/2/2012, Sentenza n. 4434).
(annulla con rinvio sentenza n. 644/2010 CORTE APPELLO di FIRENZE, del 20/01/2011) Pres. Mannino, Est. Sarno, Ric. Forum Ambientalista
DIRITTO URBANISTICO – BENI CULTURALI ED AMBIENTALI -Costruzione di una strada in zona paesisticamente vincolata- Permesso di costruire – Nulla osta paesaggistico – Necessità – Assenza – Reati di cui agli articoli 44 lettera c) d.p.r. 380/01 e 734 del codice penale – Configurabilità.
In relazione al reato di cui all’art. 44 lett. c) DPR 380/01 la costruzione di una strada richiede la concessione edilizia e, quando sorge in zona paesisticamente vincolata, anche l’autorizzazione regionale, poiché viene posta in essere una trasformazione ambientale, che rende indispensabile l’intervento e la valutazione delle due autorità locali, preposte al controllo del territorio sotto i diversi profili urbanistico e paesaggistico. Tale principio vale anche per le strade campestri (Cass. Sez. 3, n. 30594 del 03/06/2004). Fattispecie: realizzazione di tracciato di viabilità in difformità dal titolo autorizzatorio e nulla osta paesaggistico.
(annulla con rinvio sentenza n. 644/2010 CORTE APPELLO di FIRENZE, del 20/01/2011) Pres. Mannino, Est. Sarno, Ric. Forum Ambientalista
DIRITTO PROCESSUALE PENALE – Reati contravvenzionali – Buona fede – Rilevanza giuridica – Elemento positivo estraneo all’agente – Onere della prova.
In materia di reati contravvenzionali la buona fede acquista giuridica rilevanza soltanto se si traduce, a causa di un elemento positivo estraneo all’agente, in uno stato soggettivo tale da escludere la colpa oppure se l’imputato prova di aver fatto quanto poteva per osservare la legge per cui nessun rimprovero può essergli mosso, neppure per negligenza o imprudenza (Cass. Sez. 3, n. 9955 del 08/07/1988) Ed è pacificamente l’imputato a dover dare la prova della sussistenza di un elemento positivo di tal genere e anche di dimostrare di avere compiuto tutto quanto poteva per osservare la norma violata (Cass. Sez. 3, n. 12710 del 29/11/1994; Cass. Sez. 3, n. 46671 del 05/10/2004).
(annulla con rinvio sentenza n. 644/2010 CORTE APPELLO di FIRENZE, del 20/01/2011) Pres. Mannino, Est. Sarno, Ric. Forum Ambientalista
DIRITTO PROCESSUALE PENALE – Sentenza di appello – Specifiche censure – motivi “per relationem” – Difetto di motivazione – Sussistenza.
In materia processuale, è viziata da difetto di motivazione la sentenza di appello che, in presenza di specifiche censure su uno o più punti della decisione impugnata, motivi “per relationem“, limitandosi a richiamare quest’ultima (Cass. Sez. 3, n. 24252 del 13/05/2010).
(annulla con rinvio sentenza n. 644/2010 CORTE APPELLO di FIRENZE, del 20/01/2011) Pres. Mannino, Est. Sarno, Ric. Forum Ambientalista
Allegato
Titolo Completo
CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez.3^, 13 giugno 2012 (Ud. 11/4/2012) Sentenza n. 23220
SENTENZA
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
TERZA SEZIONE PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SAVERIO FELICE MANNINO – Presidente
Dott. ALFREDO TE RESI – Consigliere
Dott. GUICLA MULLIRI – Consigliere
Dott. GIULIO SARNO – Consigliere Rel.
Dott. SANTI GAllARA – Consigliere
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
1) FORUM AMBIENTALISTA
1) ASSOCIAZIONE LEGAMBIENTE – CIRCOLO DI PISTOIA
2) SOMIGLI STEFANO N. IL 20/02/1945 * C/
2) TALINI ROBERTO N. IL 25/08/1942 * C/
avverso la sentenza n. 644/2010 CORTE APPELLO di FIRENZE, del 20/01/2011
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 11/04/2012 la relazione fatta dal Consigliere Dott. GIULIO SARNO
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. Gioacchino Izzo che ha concluso per l’annullamento con rinvio;
Udito, per la parte civile, l’Avv. Bartolomei Nando di Cecina
Udito il difensore Avv. Niccolai Andrea di Pistoia (nuova nomina)
Ritenuto in fatto
1. L’Associazione Forum Ambientalista e Legambiente, entrambe parti civili nel procedimento penale, propongono ricorso per cassazione avverso la sentenza in epigrafe con la quale la corte di appello di Firenze ha confermato quella emessa dal tribunale di Pistoia in data 16 novembre 2009.
Nell’occasione il tribunale aveva assolto perché il fatto non sussiste gli imputati Talini Roberto e Somigli Stefano dai reati di cui agli articoli 44 lettera c) d.p.r. 380/01 e 734 del codice penale loro contestati per avere in qualità di direttore e di legale rappresentante della ditta Pistolambiente srl realizzato opere edilizie e di trasformazione del territorio in area boscata consistite nella costruzione di un tracciato di viabilità delle dimensioni di 74 mt di lunghezza e della larghezza media di metri 6 su cui risultavano essere state abbattute ed estirpate 57 piante adulte di specie varie tra cui, robina,e corbezzolo e pini marittimi di oltre 40. anni.
Con la medesima sentenza il tribunale aveva dichiarato non doversi procedere ai sensi dell’articolo 181 quinquies in relazione all’articolo 181 comma uno D. Lgs n.42/04.
2. Deducono in questa sede i ricorrenti:
2.1 vizio della motivazione e violazione di legge con riferimento al rigetto dei motivi di appello avuto riguardo al reato di cui agli articoli 44 lett, c) dpr 380/01 e 734 cod. pen evidenziando al riguardo che la corte, a fronte dei motivi di impugnazione consistiti nel censurare, anche sotto il profilo del difetto di motivazione, la sentenza assolutoria di primo grado, ha ritenuto di non dover qualificare l’opera sotto il profilo oggettivo come intervento edilizio con conseguente esclusione del reato di cui all’articolo 44 lett. c) limitandosi a richiamare le argomentazioni della prima sentenza che aveva escluso sulla base di elementi incongrui che il disboscamento potesse fungere da bretella o stradella di cantiere. Si aggiunge che i giudici di appello, in relazione al profilo soggettivo dei reati, si era espressa in termini di involontarietà e di sbaglio della condotta e che, a prescindere dal linguaggio atecnico e contraddittorio utilizzato, non aveva considerato la natura contravvenzionale dei reati punibili anche per colpa. In più sarebbero rimasti del tutto inesplorati gli aspetti connessi all’assunzione della posizione di garanzia da parte degli imputati ed i profili soggettivi della relativa responsabilità. Ugualmente la sentenza avrebbe omesso di rispondere alle censure mosse dalla parte civile e dal pubblico ministero sotto il profilo della natura permanente del reato di cui all’articolo 734 del codice penale e dal vulnus agli assetti biologici naturali cagionati dalla condotta contestata;
2.2 inosservanza erronea applicazione della legge in relazione all’articolo 181 comma uno quinquies D.Lgs n.42/04 e vizio di motivazione sul punto in quanto la corte territoriale non avrebbe tenuto nel debito conto che l’asserita e comunque parziale rimessione in pristino era avvenuta non spontaneamente da parte del trasgressore ma solo in conseguenza dell’espressa ingiunzione al ripristino emessa in data 18 agosto 2007 dalla competente autorità amministrativa;
2.3 violazione di legge e vizio di motivazione in ordine alla circostanza che la corte di merito, nel confermare la sentenza di primo grado appellata dalle parti civili, ha condannato queste ultime in solido tra di loro al pagamento delle spese del grado di appello senza precisare se si trattasse di quelle da rifondere gli imputati o delle generiche spese processuali non addebitabili comunque alla parte civile;
3. Nell’interesse di Talini è stata presentata memoria in cui si stigmatizzano le censure come questioni di fatto e si ribadisce l’operatività dell’art. 181 quinquies D.Lgs 42/04.
Considerato in diritto
4. Il ricorso, valevole per i soli effetti civili in quanto proposto unicamente dalle parti civili, è fondato nei limiti di seguito indicati.
4.1 Il primo motivo riguarda la violazione degli artt. 44 lett. c) DPR 380/01 e 734 cod. pen. inerenti il disboscamento e la costruzione del tracciato di viabilità.
Ora occorre anzitutto distinguere tra le due imputazioni.
4.1.1 In relazione al reato di cui all’art. 44 lett. c) DPR 380/01 la giurisprudenza della Corte si è più volte espressa nel senso che la costruzione di una strada richiede la concessione edilizia e, quando sorge in zona paesisticamente vincolata, anche l’autorizzazione regionale, poiché viene posta in essere una trasformazione ambientale, che rende indispensabile l’intervento e la valutazione delle due autorità locali, preposte al controllo del territorio sotto i diversi profili urbanistico e paesaggistico. (Sez. 3, n. 8507 del 26/05/1995 Rv. 202490; Sez. 3, n. 33186 del 03/06/2004 Rv. 229130); e tale principio è stato ritenuto valere anche per le strade campestri (Sez. 3, n. 10162 del 29/06/1981 Rv. 150947; Sez. 3, n. 30594 del 03/06/2004 Rv. 230152) con motivazioni che il Collegio richiama in quanto condivise.
Ciò posto si appalesa evidente l’inconferenza della risposta fornita dai giudici di appello ai rilievi formulati nei confronti della decisione di primo grado che aveva ritenuto di non dover qualificare l’opera come intervento edilizio.
I giudici di secondo grado si sono limitati, infatti, a rilevare che il disboscamento era avvenuto per errore e ad escludere che la bretella realizzata fosse di qualche utilità per facilitare i lavori che la ditta degli imputati doveva svolgere.
E’ per contro evidente che la questione concernente la sussistenza del reato debba essere esaminata sotto un diverso profilo in quanto ciò che in realtà rileva è unicamente la valutazione circa la esistenza di una trasformazione ambientale, a prescindere dalle ragioni per cui è stata posta in essere.
Al riguardo manca, invece, come detto, qualsiasi analisi da parte dei giudici di appello.
4.1.2 Ed anche per il reato di cui all’art. 734 cod. pen. manca qualsiasi risposta alle censure formulate nei motivi di appello con cui erano stati rilevati la natura permanente del vulnus ambientale, l’aggravamento del pericolo di dissesti geologici, la scomparsa di uccelli, ecc. per contrastare la pronuncia assolutoria.
Il che rappresenta senz’altro vizio deducibile in sede di legittimità risolvendosi nel vizio dì mancanza di motivazione il richiamo acritico da parte del giudice di appello delle valutazioni del precedente grado senza alcun apporto rielaborativo necessitato da specifiche doglianze delle parti interessate e senza alcuna valutazione in ordine alla bontà o meno delle censure mosse. Si è infatti già affermato che è viziata da difetto di motivazione la sentenza di appello che, in presenza di specifiche censure su uno o più punti della decisione impugnata, motivi “per relationem”, limitandosi a richiamare quest’ultima (Sez. 3, n. 24252 del 13/05/2010 Rv. 247287).
4.1.3 Fondati sono altresì i rilievi circa la sussistenza del profilo soggettivo per la violazione degli artt. 44 lett. c) DPR 380/01 e 734 cod.pen..
Al riguardo si rileva che il riferimento allo “sbaglio degli operai” contenuto in sentenza, a prescindere dalla atecnicità dell’espressione, non risponde ai rilievi formulati nei motivi d’appello medesimi.
Entrambi i reati (art. 44 lett. c) DPR 380/01 e 734 cod. pen.) hanno infatti natura contravvenzionale e, dunque, per la punibilità è sufficiente il profilo colposo.
Non basta dunque l’errore ad escludere il reato.
E’ oramai consolidato infatti l’orientamento secondo cui in materia contravvenzionale la buona fede acquista giuridica rilevanza soltanto se si traduce, a causa di un elemento positivo estraneo all’agente, in uno stato soggettivo tale da escludere la colpa oppure se l’imputato prova di aver fatto quanto poteva per osservare la legge per cui nessun rimprovero può essergli mosso, neppure per negligenza o imprudenza (Sez. 3, n. 9955 del 08/07/1988 Rv. 179397) Ed è pacificamente l’imputato a dover dare la prova della sussistenza di un elemento positivo di tal genere e anche di dimostrare di avere compiuto tutto quanto poteva per osservare la norma violata (Sez. 3, n. 12710 del 29/11/1994 Rv. 200950; Sez. 3, n. 46671 del 05/10/2004 Rv. 230889).
Ma nemmeno sul punto vi è motivazione.
5 Quanto al secondo motivo di ricorso la questione principale attiene alla valutazione della spontaneità del ripristino.
Sostiene la parte ricorrente che la corte territoriale non ha tenuto nel debito conto che l’asserita e comunque parziale rimessa in pristino è avvenuta solo quale conseguenza dell’espressa ingiunzione al ripristino emessa in data 10 agosto 2007 dalla competente autorità a seguito della precedente comunicazione in data 10 luglio 2007 con la quale il comune aveva avvisato gli imputati dell’avvio di un procedimento amministrativo per la realizzazione di tracciato di viabilità in difformità dal titolo autorizzatorio e nulla osta paesaggistico.
Si aggiunge anche che il 10/8/2007 l’iter procedimentale era comunque concluso senza che le parti avessero provveduto ancora a ripristinare i luoghi essendosi gli imputati limitati in data 7 agosto 2007 ad una nota di controdeduzioni con impegno all’intervento di ripristino nei mesi successivi.
Ciò posto è senz’altro vero, come affermano i ricorrenti, che questa Corte si è già pronunciata nel senso che ai sensi dell’art. 181 quinquies D.Lgs. 22 gennaio 2004, n. 42, la rimessione in pristino delle aree o degli immobili soggetti a vincolo paesaggistico, da parte del trasgressore, estingue il reato di cui al comma primo solo qualora non sia stata ancora disposta d’ufficio dall’Autorità amministrativa. (Sez. 3, n. 3945 del 19/12/2005 Rv. 234046).
Nel caso cui la decisione si riferisce, la Corte ha specificamente escluso l’applicazione della fattispecie estintiva dell’art. 181 quinquies, risultando il ripristino effettuato dopo che era stata emessa l’ingiunzione a demolire da parte del Comune, anche se non era iniziata la fase esecutiva.
5.1 Nella specie i giudici di appello omettono anzitutto di confrontarsi con il dato indicato dai ricorrenti nei motivi di impugnazione e, cioè, che due giorni prima dell’ordinanza di rimessione in pristino gli imputati si erano limitati al semplice impegno al ripristino e che, pertanto, il ripristino medesimo di è verosimilmente realizzato comunque dopo l’ordine di rimessione.
Come rilevato dai ricorrenti, infatti, il giudice di prime cure, così come quello di appello, hanno fondato la loro decisione unicamente sull’atto di avvio del procedimento del 10 luglio 2007, omettendo quindi di considerare il successivo decreto del 10 agosto 2007 che, sulla base di quanto sin qui detto, avrebbe in ogni caso precluso l’estinzione del reato ai sensi dell’articolo 181 quinquies.
Ed anche recentemente si è affermato che la disposizione dell’articolo 181, comma 1 quinquies, nella parte in cui prevede l’estinzione del reato ambientale, opera esclusivamente nell’ipotesi che la persona responsabile della violazione abbia spontaneamente rimosso le opere abusive, con ciò intendendosi che la rimozione deve avere luogo prima che l’ente competente intervenga mediante ordine di demolizione o di rimessione in pristino (per tutte, Sez. 3 n. 3064 del 2007, RV 238628).
Nell’occasione si è in particolare escluso che possa ritenersi sufficiente per il privato dare esecuzione all’ingiunzione dell’autorità ed evitare in tal modo l’esecuzione coatta da parte dell’ente pubblico in quanto l’esecuzione dell’ordine dell’autorità rappresenta un atto dovuto e non assume rilievo al fine di escludere la punibilità della violazione commessa (Sez. 3^, 2 febbraio 2012, Sentenza n. 4434).
6. Quanto precede consente di ritenere allo stato assorbita l’ulteriore questione posta dai ricorrenti i quali ritengono che vada anticipata al momento dell’avvio del procedimento amministrativo la preclusione alla estinzione del reato.
6. Va pertanto disposto ai sensi dell’articolo 622 cpp l’annullamento con rinvio al giudice civile competente per valore della sentenza impugnata affinché proceda ad un nuovo esame della vicenda tenendo conto dei principi innanzi affermati.
8. Non si rende necessario pertanto affrontare in questa sede le ulteriori doglianze relative alla liquidazione alla condanna alle spese della parte civile per il grado di appello e, ovviamente, la liquidazione delle spese di parte civile per questo grado di giudizio viene rimessa alla decisione definitiva sulla vicenda.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata e rinvia ai giudice civile competente per valore in grado di appello.
Roma, 11.4.2012