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Giurisprudenza: Giurisprudenza Sentenze per esteso massime | Categoria: Beni culturali ed ambientali, Diritto processuale penale, Diritto urbanistico - edilizia Numero: 52861 | Data di udienza: 14 Luglio 2016

* DIRITTO URBANISTICO – EDILIZIA – BENI CULTURALI ED AMBIENTALI – Lottizzazione abusiva – Natura di reato a consumazione alternativa – Presenza di titolo abilitativo illegittimo – Configurabilità del reato urbanistico – Fattispecie: lottizzazione e progetto d’insieme – Artt. 30, 44, comma 1, e, del d.P.R. n. 380/2011 – Art. 181, comma 1-bis, del d.lgs. n. 42 del 2004 – Edificazione di un’area non urbanizzata – Necessità di un piano attuativo – Reato di lottizzazione abusiva configurabilità – Zone di nuova espansione o scarsamente urbanizzate – DIRITTO PROCESSUALE PENALE Periculum in mora – Sequestro finalizzato alla confisca – Art. 321, c.2, cod. proc. pen. – Giurisprudenza – Fattispecie: reati di lottizzazione abusiva in zona sottoposta a vincoli sismico, paesaggistico, idraulico, idrogeologico e ferroviario.


Provvedimento: Sentenza
Sezione: 3^
Regione:
Città:
Data di pubblicazione: 14 Dicembre 2016
Numero: 52861
Data di udienza: 14 Luglio 2016
Presidente: Fiale
Estensore: ANDRONIO


Premassima

* DIRITTO URBANISTICO – EDILIZIA – BENI CULTURALI ED AMBIENTALI – Lottizzazione abusiva – Natura di reato a consumazione alternativa – Presenza di titolo abilitativo illegittimo – Configurabilità del reato urbanistico – Fattispecie: lottizzazione e progetto d’insieme – Artt. 30, 44, comma 1, e, del d.P.R. n. 380/2011 – Art. 181, comma 1-bis, del d.lgs. n. 42 del 2004 – Edificazione di un’area non urbanizzata – Necessità di un piano attuativo – Reato di lottizzazione abusiva configurabilità – Zone di nuova espansione o scarsamente urbanizzate – DIRITTO PROCESSUALE PENALE Periculum in mora – Sequestro finalizzato alla confisca – Art. 321, c.2, cod. proc. pen. – Giurisprudenza – Fattispecie: reati di lottizzazione abusiva in zona sottoposta a vincoli sismico, paesaggistico, idraulico, idrogeologico e ferroviario.



Massima

 

 

 
 

CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. 3^ 14/12/2016 (Ud. 14/07/2016) Sentenza n.52861

 
DIRITTO URBANISTICO – EDILIZIA – BENI CULTURALI ED AMBIENTALI – Lottizzazione abusiva – Natura di reato a consumazione alternativa – Presenza di titolo abilitativo illegittimo – Configurabilità del reato urbanistico – Fattispecie: lottizzazione e progetto d’insieme – Artt. 30, 44, comma 1, e, del d.P.R. n. 380/2011 – Art. 181, comma 1-bis, del d.lgs. n. 42 del 2004.
 
La contravvenzione di lottizzazione abusiva si configura come reato a consumazione alternativa, potendo realizzarsi sia quando manchi un provvedimento di autorizzazione, sia quando quest’ultimo sussista ma contrasti con le prescrizioni degli strumenti urbanistici, in quanto grava sui soggetti che predispongono un piano di lottizzazione, sui titolari di concessione, sui committenti e costruttori l’obbligo di controllare la conformità dell’intera lottizzazione e delle singole opere alla normativa urbanistica e alle previsioni di pianificazione. Si è inoltre affermato il principio generale secondo cui, in presenza di titolo abilitativo illegittimo, non è necessario che il giudice disapplichi tale atto perché sia configurabile il reato urbanistico, in quanto è sufficiente valutare la sussistenza dell’elemento normativo della fattispecie, posto che la conformità della costruzione e della concessione ai parametri di legalità urbanistica ed edilizia è elemento costitutivo dei reati contemplati dalla normativa urbanistica. Si è però specificato che, ai fini della configurabilità delle ipotesi di reato previste nel D.P.R. n. 380 del 2001, art. 44, lettere b) e e), non possono  ritenersi realizzate in “assenza” di permesso di costruire le opere eseguite sulla base di un provvedimento abilitativo meramente illegittimo, ma non illecito o viziato da illegittimità macroscopica tale da potersi ritenere sostanzialmente mancante; con l’ulteriore precisazione che è ammesso il sindacato sull’atto amministrativo quando questo sia del tutto mancante dei requisiti di forma e di sostanza o inesistente, perché emesso da un organo assolutamente privo di potere, oppure frutto di attività criminosa da parte del soggetto pubblico che lo ha adottato o di quello privato che lo ha conseguito, mentre è escluso nel caso di mancato rispetto delle norme che regolano l’esercizio del potere, pure sussistente, di emettere il provvedimento. Nella specie, “il progetto d’insieme” è uno strumento non previsto né dalla legislazione statale né da quella regionale. Il richiamato art. 37 deve essere, dunque, ritenuto macroscopicamente illegittimo, laddove interpretato nel senso che consente l’edificazione in area non precedentemente urbanizzata in mancanza di piano attuativo o piano di lottizzazione.
 
 
DIRITTO URBANISTICO – EDILIZIA – Edificazione di un’area non urbanizzata – Necessità di un piano attuativo – Reato di lottizzazione abusiva configurabilità – Zone di nuova espansione o scarsamente urbanizzate – DIRITTO PROCESSUALE PENALE – Periculum in mora – Sequestro finalizzato alla confisca – Art. 321, c.2, cod. proc. pen. – Giurisprudenza – Fattispecie: reati di lottizzazione abusiva in zona sottoposta a vincoli sismico, paesaggistico, idraulico, idrogeologico e ferroviario.
 
In materia urbanistica, è pacifico che vi sia necessità di un piano attuativo qualora debba farsi luogo per la prima volta alla edificazione di un’area non urbanizzata. Pertanto, il reato di lottizzazione abusiva è configurabile con riferimento a zone di nuova espansione o scarsamente urbanizzate relativamente alle quali sussiste un’esigenza di raccordo con il preesistente aggregato abitativo e di potenziamento delle opere di urbanizzazione, quando l’attività edificatoria è eseguita in assenza di un piano attuativo dello strumento urbanistico generale, in quanto l’approvazione del piano di lottizzazione o di un suo equipollente si pone come condizione di legittimità per il rilascio dei singoli permessi di costruire (Cass. Sez. 3, Sentenza n. 6629 del 07/01/2014 Cc., dep. 12/02/2014; Sez. 3, Sentenza n. 23646 del 12/05/2011 Ud., dep. 13/06/2011). Inoltre, la motivazione circa il periculum in mora non è, infatti, necessaria nel caso di specie, trattandosi di un sequestro finalizzato alla confisca per lottizzazione abusiva, ai sensi dell’art. 321, comma 2, cod. proc. pen.; finalità rispetto alla quale non sussiste la necessità del presupposto del periculum in mora (ex plurimis, sez. 3, 15 aprile 2015, n. 20887; sez. 2, 26 giugno 2014, n. 31229).
 
 
(conferma ordinanza del 09/09/2015 del TRIB. LIBERTA’ di SIENA) Pres. FIALE, Rel. ANDRONIO, Ric. Passali

Allegato


Titolo Completo

CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. 3^ 14/12/2016 (Ud. 14/07/2016) Sentenza n.52861

SENTENZA

 

 

CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. 3^ 14/12/2016 (Ud. 14/07/2016) Sentenza n.52861

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
 
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA PENALE
 
composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
 
omissis
 
ha pronunciato la seguente
 
SENTENZA 
 
sul ricorso proposto da:
c/
PASSALI GIORGIO nato il 26/03/1931 a PESARO;
MASSINI RICCARDOnato il 22/05/1960 a MONTEVARCHI;
GNUDI ELISABETTA nato il 04/09/1955 a ROMA;
MASSINI GIOVANNI nato il 13/06/1934 a MONTEVARCHI;
GORI GIOVANNI PAOLOnato il 25/06/1963 a MONTEVARCHI;
MASSINI FILIPPO nato il 29/07/1964 a MONTEVARCHI;
 
avverso l’ordinanza del 09/09/2015 del TRIB. LIBERTA’ di SIENA;
sentita la relazione svolta dal Consigliere ALESSANDROMARIA ANDRONIO;
lette le conclusioni del PG M.G.F. per il rigetto dei ricorsi;

RITENUTO IN FATTO
 
1. – Con decreto del 11 luglio 2015, il Gip del Tribunale di Siena ha disposto il sequestro preventivo dell’intera “Area L località badesse”, in Comune di Monteriggioni, comprensivo di ogni edificio sulla stessa esistente, in relazione ai reati di lottizzazione abusiva in zona sottoposta a vincoli sismico, paesaggistico, idraulico, idrogeologico e ferroviario, nonché di edificazione abusiva nella stessa area (art. 30, 44, comma 1, e, del d.P.R. n. 380 del 2011, nonché 181, comma 1-bis, del d.lgs. n. 42 del 2004), con opere edilizie iniziate il 5 maggio 2011 e non terminate.
 
Con ordinanza del 9 settembre 2015, il Tribunale di Siena, in sede di riesame, ha parzialmente confermato il decreto impugnato, annullandolo limitatamente ad alcune particelle catastali (11e13, foglio 20 NCT, e 2, foglio 54 NCT), riferibili alle coindagate Batelli Roberta e Batelli Tiziana.
 
Il Tribunale rileva, in particolare che: a) l’area in questione aveva originariamente destinazione agricola; b) nel 2006, per effetto di una modifica al regolamento urbanistico, l’area è divenuta “area L, destinata ad attrezzature private di interesse collettivo” e, in particolare, connesse con la viabilità, i trasporti, logistica e i servizi all’edilizia, la cui modalità di attuazione (secondo l’art. 37 delle norme di attuazione del regolamento urbanistico) era l’intervento diretto previo “progetto di insieme”, di iniziativa pubblica o privata, il cui rapporto di copertura massima era del 30%, con altezza massima degli edifici di 6 m e con la prescrizione specifica dell’osservanza delle limitazioni di cui all’art. 73 delle norme di attuazione, in materia di rischio idraulico; c) a seguito di questo mutamento di classificazione dell’area, i proprietari delle particelle avevano depositato un progetto generale di lottizzazione; d) tale progetto si era trasformato nominalmente nel “progetto di insieme” di cui al richiamato art. 37 delle norme di attuazione del regolamento urbanistico, solo nel corpo della proposta di deliberazione n. 15 del 2008 e nella successiva delibera del Consiglio comunale del 24 giugno 2008, su indicazione dell’assessore all’urbanistica, che lo aveva definito come progetto come piano sui generis, non espressamente disciplinato dalla legge regionale n. 1 del 2005; e) tale progetto non può essere però assimilato né a un piano attuativo né a un piano di lottizzazione ed è, dunque, inidoneo a rendere legittimo l’intervento edilizio effettivamente intrapreso.
 
2. – Avverso l’ordinanza hanno proposto ricorsi per cassazione – tramite il difensore e con unico atto – i sei indagati indicati in epigrafe, tutti collegati alla società Seninvest s.r.l., che aveva acquistato i terreni compresi nell’area solo nell’anno 2011. In particolare: Passali era stato legale rappresentante di tale società al momento della richiesta di permesso di costruire; Massini Riccardo e Gnudi sono legali rappresentanti di detta società; Massini Giovanni e Massini Filippo sono legali rappresentanti della ditta che ha realizzato le opere edilizie per detta società; Gori era stato legale rappresentante di tale ditta. La difesa sottolinea preliminarmente che la deliberazione comunale secondo cui l’edificazione dell’area sarebbe dovuta avvenire senza preventivo piano attuativo (anni 2006-2008) era già stata presa prima che la società di cui sopra divenisse proprietaria di detta area, e che essa non aveva comunque partecipato in alcun modo alfa formazione di tali atti amministrativi. Inoltre, la costruzione dei manufatti che insistono sul terreno oggetto di sequestro era stata accompagnata da regolare permesso di costruire.
 
2.1. – Premesse tali considerazioni, con un primo motivo di doglianza, si rilevano l’erronea applicazione dell’art. 44, comma 2, del d.P.R. n. 380 del 2001, nonché l’omessa considerazione della buona fede degli indagati e della mancata partecipazione degli stessi alla commissione della lottizzazione abusiva. Si contesta, in particolare, l’affermazione del Tribunale secondo cui non vi sarebbe carenza dell’elemento soggettivo, trattandosi di soggetti più che qualificati nel settore edilizio ed immobiliare.
 
E non si sarebbe considerato che la contestate illegittimità del procedimento seguito dal Comune per rendere edificabile l’area non era comunque facilmente riconoscibile. Del resto, ai contratti di acquisto dei terreni erano stati allegati i certificati di destinazione urbanistica, dai quali risultava la destinazione delle aree ad attrezzatura privata di interesse collettivo e ad area per trasporti e logistica, con richiamo all’art. 37 delle norme tecniche di attuazione del regolamento comunale, il quale recava: “Modalità di attuazione: intervento diretto previo progetto di insieme di iniziativa pubblica o privata”. In mancanza dell’elemento soggettivo, non si sarebbe dunque potuto procedere al sequestro preventivo finalizzato alla confisca.
 
2.2. – Si deduce, in secondo luogo, l’erronea applicazione dell’art. 30 del d.P.R. n. 380 del 2001, sul rilievo che i privati indagati non avevano fatto altro che attuare la scelta già effettuata dal Comune in via amministrativa, con permessi di costruire regolarmente rilasciati e sulla base di un regolamento urbanistico che era ancora pienamente valido ed efficace al momento dell’edificazione.
 
2.3. – In terzo luogo, si sostiene che la scelta di non assoggettare l’area a preventivo piano attuativo sarebbe comunque legittima, ai sensi degli artt. 55 e 77 della legge della regione Toscana n. 1 del 2005. Si osserva che la prima di tale disposizioni prevedeva, al comma 4, che il regolamento urbanistico definisse interventi che, in ragione della loro complessità e rilevanza, fossero da attuare mediante i piani di cui al capo IV sezione I. Ne consegue – secondo la prospettazione difensiva – che è il regolamento edilizio a stabilire se un’area sia soggetta o meno a preventivo piano attuativo, a seconda della complessità e della rilevanza dell’intervento edilizio da svolgere. E nel caso di specie tale valutazione discrezionale sarebbe stata effettuata in modo non illegittimo, essendo stato approvato un “progetto d’insieme”, strumento non previsto dalla legislazione urbanistica, ma neppure vietato.
 
2.4. – Con un quarto motivo di doglianza, si lamenta l’erronea applicazione dell’art. 321, commi 1 e 2, cod. proc. pen., per mancanza del periculum in mora. Tale presupposto sarebbe stato necessario, perché la buona fede del terzo esclude l’applicabilità della misura sanzionatoria della confisca.
 
2.5. – Con memoria depositata in prossimità della camera di consiglio davanti a questa Corte, il difensore di Gnudi ha sostanzialmente riproposto le doglianze già esposte nel ricorso. Con successiva memoria, ha allegato la sentenza Cass., sez. 4, 17 dicembre 2015, n. 2598/2016, con la quale si sarebbe risolta in senso favorevole agli imputati la questione della legittimità della variante del regolamento edilizio approvato nel 2007 dal Comune di Monteriggioni.

CONSIDERATO IN DIRITTO
 
3. – I ricorsi sono infondati.
 
3.1. Va premesso, su un piano generale, che la contravvenzione di lottizzazione abusiva si configura come reato a consumazione alternativa, potendo realizzarsi sia quando manchi un provvedimento di autorizzazione, sia quando quest’ultimo sussista ma contrasti con le prescrizioni degli strumenti urbanistici, in quanto grava sui soggetti che predispongono un piano di lottizzazione, sui titolari di concessione, sui committenti e costruttori l’obbligo di controllare la conformità dell’intera lottizzazione e delle singole opere alla normativa urbanistica e alle previsioni di pianificazione (ex plurimis, Sez. U, Sentenza n. 5115 del 28/11/2001, dep. 2002, Rv. 220708; Sez. 3, Sentenza n. 20471 del 02/04/2003). Si è inoltre affermato il principio generale secondo cui, in presenza di titolo abilitativo illegittimo, non è necessario che il giudice disapplichi tale atto perché sia configurabile il reato urbanistico, in quanto è sufficiente valutare la sussistenza dell’elemento normativo della fattispecie, posto che la conformità della costruzione e della concessione ai parametri di legalità urbanistica ed edilizia è elemento costitutivo dei reati contemplati dalla normativa urbanistica (Sez. 3, n. 4877 del 18/12/2002, dep. 2003, Tarini, Rv. 223533; Sez. 3, Sentenza n. 39707 del 05/06/2003; Sez. 3, Sentenza n. 41620 del 02/10/2007). Si è però specificato che, ai fini della configurabilità delle ipotesi di reato previste nel D.P.R. n. 380 del 2001, art. 44, lettere b) e e), non possono  ritenersi realizzate in “assenza” di permesso di costruire le opere eseguite sulla base di un provvedimento abilitativo meramente illegittimo, ma non illecito o viziato da illegittimità macroscopica tale da potersi ritenere sostanzialmente mancante (Sez. 3, Sentenza n. 7423 del 18/12/2014, Rv. 263916); con l’ulteriore precisazione che è ammesso il sindacato sull’atto amministrativo quando questo sia del tutto mancante dei requisiti di forma e di sostanza o inesistente, perché emesso da un organo assolutamente privo di potere, oppure frutto di attività criminosa da parte del soggetto pubblico che lo ha adottato o di quello privato che lo ha conseguito, mentre è escluso nel caso di mancato rispetto delle norme che regolano l’esercizio del potere, pure sussistente, di emettere il provvedimento (Sez. 4, Sentenza n. 38824 del 17/09/2008, Rv. 241064).
 
3.2. – Venendo al caso di specie, va rilevato che, ai fini della valutazione della legittimità dell’intervento edilizio attuato, devono essere esaminate due distinte questioni: a) se sia legittimo l’art. 37 delle norme tecniche di attuazione del regolamento urbanistico, il quale consente la lottizzazione di un’area non precedentemente urbanizzata, “Previo progetto d’insieme d’iniziativa pubblica o privata”; b) se tale progetto possa essere nella sostanza assimilato a un piano attuativo o a un piano di lottizzazione e sia, dunque, idoneo a rendere legittimo l’intervento edilizio effettivamente intrapreso. 
 
Ad entrambi gli interrogativi deve essere data risposta negativa.
 
3.2.1. – Quanto al primo profilo è sufficiente qui ricordare che “il progetto d’insieme” è uno strumento non previsto né dalla legislazione statale né da quella regionale. Il richiamato art. 37 deve essere, dunque, ritenuto macroscopicamente illegittimo, laddove interpretato nel senso che consente l’edificazione in area non precedentemente urbanizzata in mancanza di piano attuativo o piano di lottizzazione.
 
3.2.2. – Quanto al secondo profilo, deve rilevarsi che il progetto sopradescritto non può in ogni caso essere assimilato ad un piano attuativo né ad un piano di lottizzazione. Esso, infatti, non ha per oggetto i profili urbanistici ma i soli profili edilizi di massima e non attiene, dunque, al corretto assetto del territorio nel suo complesso.
 
Come osservato dal Tribunale, si tratta di un piano che è vincolante solo per ciò che concerne le infrastrutture stradali, nonché le aree a parcheggio e a verde pubblico, ossia solo per le zone di logistica del comparto. Il Tribunale ha altresì chiarito che l’area in questione è un’area non urbanizzata, nella quale è ontologicamente necessaria la programmazione pubblica di tessuto, proporzionata alle esigenze abitative e produttive della collettività che vi si insedia, che non possono essere frammentate in modo arbitrario, perché trascendono dalle dimensioni dei singoli lotti e non possono neanche essere soddisfatte dai privati attraverso i singoli permessi di costruire. Ed è pacifico – nonché sostanzialmente non contestato neanche con il ricorso per cassazione – che vi sia necessità di un piano attuativo qualora debba farsi luogo per la prima volta alla edificazione di un’area non urbanizzata, come appunto nel caso di specie. La giurisprudenza di questa Corte ha infatti chiarito che, in materia edilizia, il reato di lottizzazione abusiva è configurabile con riferimento a zone di nuova espansione o scarsamente urbanizzate relativamente alle quali sussiste un’esigenza di raccordo con il preesistente aggregato abitativo e di potenziamento delle opere di urbanizzazione, quando l’attività edificatoria è eseguita in assenza di un piano attuativo dello strumento urbanistico generale, in quanto l’approvazione del piano di lottizzazione o di un suo equipollente si pone come condizione di legittimità per il rilascio dei singoli permessi di costruire (Sez. 3, Sentenza n. 6629 del 07/01/2014 Cc., dep. 12/02/2014, Rv. 258932; Sez. 3, Sentenza n. 23646 del 12/05/2011 Ud., dep. 13/06/2011, Rv. 250521).
 
Quanto alla legislazione del Regione Toscana richiamata dai ricorrenti (legge n. 1 del 2005 applicabile ratione temporis, oggi sostituita dalla legge n. 65 del 2014) deve rilevarsi che l’art. 55, comma 4, lettera g), condizionava l’esercizio della discrezionalità dell’amministrazione alla valutazione dei criteri della natura e della complessità dell’intervento; con la conseguenza che, se l’amministrazione intendeva trasformare una vasta area edificabile priva di urbanizzazione primaria secondaria, essa non poteva mai consentire interventi diretti, ma solo l’alternativa tra l’uso del piano attuativo e l’uso del piano di lottizzazione.
 
4. – Fatte queste premesse, deve ora essere esaminato il primo motivo di doglianza, con cui si lamenta l’omessa considerazione della buona fede degli indagati e della mancata partecipazione degli stessi alla commissione della lottizzazione abusiva.
 
4.1. – Il motivo è infondato.
 
La valutazione sulla mancanza di buonafede degli indagati è stata effettuata dal Tribunale in modo sufficientemente circostanziato, perché lo stesso ha evidenziato che si tratta di soggetti più che qualificati nel settore edilizio e immobiliare. Quanto alla partecipazione alla lottizzazione abusiva, si è correttamente osservato che gli indagati hanno concorso alla realizzazione dell’unitario programma di radicale e illegittima trasformazione dell’area sia sul piano materiale che sul piano negoziale. Si tratta di conclusioni che, oltre ad essere assistite da idonea motivazione, non sono comunque sindacabili in sede di legittimità, essendo il ricorso per cassazione avverso provvedimenti in materia cautelare reale limitato ai soli vizi di violazione di legge (art. 325, comma 1, cod. proc. pen.: ex plurimis, ribadiscono che il ricorso per cassazione in tema di misure cautelari reali può riguardare solo la motivazione assente o meramente apparente del provvedimento impugnato, sez. 3, 10 luglio 2015, n. 39833; sez. 6, 10 gennaio 2013, n. 6589, rv. 254893). Del resto, la valutazione operata in sede cautelare non pregiudica le ulteriori, più approfondite indagini che dovranno essere svolte sul punto nel giudizio di merito.
 
4.2. – Il secondo e il terzo motivo di doglianza – che possono essere trattati congiuntamente perché attengono entrambi alla legittimità della previsione del regolamento urbanistico che la realizzazione dell’intervento tramite “progetto d’insieme” – sono anch’essi infondati. E’ sufficiente richiamare, sul punto, quanto già sopra osservato circa la mancanza di previsioni di legge statale e regionale che autorizzino l’utilizzazione di un tale strumento e circa la non assimilabilità di tale strumento agli strumenti di pianificazione attuativa.
 
4.3. – Il quarto motivo, è manifestamente infondato, perché basato su un erroneo presupposto interpretativo. La motivazione circa il periculum in mora non è, infatti, necessaria nel caso di specie, trattandosi di un sequestro finalizzato alla confisca per lottizzazione abusiva, ai sensi dell’art. 321, comma 2, cod. proc. pen.; finalità rispetto alla quale non sussiste la necessità del presupposto del periculum in mora (ex plurimis, sez. 3, 15 aprile 2015, n. 20887, rv. 263408; sez. 2, 26 giugno 2014, n. 31229, rv. 260367).
 
4.4. – Resta da esaminare la censura – sommariamente formulata dalla difesa di Gnudi con memoria depositata il 24 giugno 2016 – secondo cui la sentenza Cass., sez. 4, 17 dicembre 2015, n. 2598/2016, avrebbe risolto in senso favorevole agli imputati la questione della legittimità della variante del regolamento edilizio approvato nel 2007 dal Comune di Monteriggioni.
 
Deve premettersi, sul punto, che la difesa si limita ad asserire che tale pronuncia avrebbe per oggetto l'<<identico problema del ricorso proposto dalla Gnudi e cioè la legittimità della variante del Regolamento edilizio approvata nel 2007», ma non chiarisce sufficientemente se la fattispecie oggetto di tale pronuncia sia effettivamente sovrapponibile a quella oggetto del presente procedimento. Dalla lettura della richiamata sentenza emerge che in quel caso il Comune aveva autorizzato l’intervento diretto in assenza di piano attuativo sull’area. E la quarta sezione giunge alla soluzione dell’annullamento con rinvio dell’ordinanza del Tribunale del riesame sul rilievo della mancanza del presupposto della illegittimità del procedimento amministrativo in esito al quale era stato rilasciato al proprietario il titolo abilitativo edilizio in conformità alla variante all’art. 31 del Regolamento urbanistico, con particolare riferimento al fatto che tale variante (e, conseguentemente, i provvedimenti amministrativi rilasciati in base ad essa) fosse viziata da illegittimità suscettibili di accertamento incidentale da parte del giudice ordinario. Si giunge a tale conclusione affermando che, alla luce della giurisprudenza amministrativa, il ricorso allo strumento attuativo può ritenersi superfluo qualora lo stato di urbanizzazione della zona sia sufficiente a sopportare il nuovo insediamento edilizio.
 
La situazione di fatto descritta nella sentenza in esame risulta, dunque, diversa da quello oggetto del presente procedimento, nel quale i ricorrenti non hanno compiutamente prospettato la circostanza che l’area fosse preventivamente urbanizzata, essendosi limitati ad affermare che l’intervento edilizio avrebbe potuto essere realizzato mediante un “progetto d’insieme” o, in ogni caso, anche in mancanza di un piano attuativo. Anche tale situazione di fatto potrà, comunque, essere oggetto di più approfondita valutazione nel corso del giudizio di merito.
 
5. – I ricorsi devono essere pertanto rigettati, con condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali.
 
P.Q.M.
 
Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali. 
 
Così deciso in Roma, il 14 luglio 2016.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

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