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Giurisprudenza: Giurisprudenza Sentenze per esteso massime | Categoria: Rifiuti Numero: 24838 | Data di udienza: 13 Aprile 2016

* CODICE DELL’AMBIENTE – RIFIUTI – Configurabilità del reato di gestione abusiva di rifiuti – Concreta attività posta in essere in assenza dei prescritti titoli abilitativi – Artt. 183, 188, 192, 208, 209, 211, 212, 214, 215 e 216 256, 258 e 266 c.4° D.Lgs. n.152/2006 – Giurisprudenza – Gestione dei rifiuti e assoluta occasionalità – Differenza – Attività e condotta occasionale – Valutazione di fatto rimessa al giudice del merito.


Provvedimento: Sentenza
Sezione: 3^
Regione:
Città:
Data di pubblicazione: 15 Giugno 2016
Numero: 24838
Data di udienza: 13 Aprile 2016
Presidente: Ramacci
Estensore: Mocci


Premassima

* CODICE DELL’AMBIENTE – RIFIUTI – Configurabilità del reato di gestione abusiva di rifiuti – Concreta attività posta in essere in assenza dei prescritti titoli abilitativi – Artt. 183, 188, 192, 208, 209, 211, 212, 214, 215 e 216 256, 258 e 266 c.4° D.Lgs. n.152/2006 – Giurisprudenza – Gestione dei rifiuti e assoluta occasionalità – Differenza – Attività e condotta occasionale – Valutazione di fatto rimessa al giudice del merito.



Massima

 

 

CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. 3^ 15/06/2016 (ud. 13/04/2016) Sentenza n.24838 

  
  
CODICE DELL’AMBIENTE – RIFIUTI – Configurabilità del reato di gestione abusiva di rifiuti – Concreta attività posta in essere in assenza dei prescritti titoli abilitativi – Artt. 183, 188, 192, 208, 209, 211, 212, 214, 215 e 216 256, 258 e 266 c.4° D.Lgs. n.152/2006.
 
Ai fini della configurabilità del reato di gestione abusiva di rifiuti, non rileva la qualifica soggettiva del soggetto agente bensì la concreta attività posta in essere in assenza dei prescritti titoli abilitativi, che può essere svolta anche di fatto o in modo secondario, purché non sia caratterizzata da assoluta occasionalità (Nella specie il carattere non occasionale della condotta è stato desunto dall’esistenza di una minima organizzazione dell’attività, dal quantitativo dei rifiuti gestiti, dalla predisposizione di un veicolo adeguato e funzionale al loro trasporto, dallo svolgimento in tre distinte occasioni delle operazioni preliminari di raccolta, raggruppamento e cernita dei soli metalli, dalla successiva vendita e dal fine di profitto perseguito dall’imputato).
 
 
RIFIUTI – Gestione dei rifiuti e assoluta occasionalità – Differenza  – Attività e condotta occasionale – Valutazione di fatto rimessa al giudice del merito.
 
In materia di gestione dei rifiuti, l’assoluta occasionalità non può essere desunta esclusivamente dalla natura giuridica del soggetto agente (privato, imprenditore, ecc.), dovendo invece ritenersi non integrata in presenza di una serie di indici dai quali poter desumere un minimum di organizzazione che escluda la natura esclusivamente solipsistica della condotta (ad es., dato ponderale dei rifiuti oggetto di gestione, necessità di un veicolo adeguato e funzionale al trasporto di rifiuti, fine di profitto perseguito). In altri termini, se un soggetto – anche, come nel caso di specie, mero “detentore” di rifiuti – appresta una serie di condotte finalizzate alla gestione di rifiuti, mediante preliminare raccolta, raggruppamento, trasporto e vendita di rifiuti, pur non esercitando in forma imprenditoriale, pone in essere una “attività” di gestione di rifiuti per la quale occorre preliminarmente ottenere i necessari titoli abilitativi. Evidentemente il profilo della assoluta occasionalità sarà oggetto precipuo della valutazione di fatto rimessa al giudice del merito, e dunque questione essenzialmente probatoria, e, ove congruamente motivata, non sarà suscettibile di censura in sede di legittimità. Va ribadito inoltre, che, in ragione della occasionalità, trattandosi di illecito istantaneo, ai fini della configurabilità del reato di cui all’art. 256, comma 1, lett. a), d.lgs 152 del 2006, è sufficiente anche una sola condotta integrante una delle ipotesi alternative tipizzate dalla fattispecie penale (Sez. 3, n. 8979 del 2/10/2014, dep. 2015, Cristinzio; Sez. 3, n. 45306 del 17/10/2013, Carlino; Sez. 3, n. 24428 del 25/05/2011, D’Andrea; Sez. 3, n. 21655 del 13/04/2010, Hrustic), purchè costituisca una “attività” e non sia assolutamente occasionale.
 
 

(Annulla senza rinvio sentenza del 03/11/2014 del GUP presso il Tribunale di Trani) Pres. RAMACCI, Rel. MOCCI, Ric. Procuratore Generale presso la Corte d’Appello di Bari nel proc. Ribatti
 
 
 
Nota
Conforme: CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. 3^ 15/06/2016 (ud. 13/04/2016) Sentenza n.24841, proc. Altamura; CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. 3^ 15/06/2016 (ud. 13/04/2016) Sentenza n.24840, proc. Ciciriello; CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. 3^ 15/06/2016 (ud. 13/04/2016) Sentenza n.24839, proc. Capogna; CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. 3^ 15/06/2016 (ud. 13/04/2016) Sentenza n.24837, proc. Pellegrini; CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. 3^ 15/06/2016 (ud. 13/04/2016) Sentenza n.24836, proc. Pellegrini; CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. 3^ 15/06/2016 (ud. 13/04/2016) Sentenza n.24835, proc. Ventola; CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. 3^ 15/06/2016 (ud. 13/04/2016) Sentenza n.24834, proc. Spinelli; CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. 3^ 15/06/2016 (ud. 13/04/2016) Sentenza n.24833, proc. Maino; CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. 3^ 15/06/2016 (ud. 13/04/2016) Sentenza n.24832, proc. Lops;

 


Allegato


Titolo Completo

CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. 3^ 15/06/2016 (ud. 13/04/2016) Sentenza n.24838

SENTENZA

 

 
 
CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. 3^ 15/06/2016 (ud. 13/04/2016) Sentenza n.24838 
 
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
 
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA PENALE
 
composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
 
omissis
 
ha pronunciato la seguente
 
SENTENZA
 
sul ricorso proposto dal Procuratore Generale presso la Corte d’Appello di Bari nel procedimento a carico di Ribatti Alessandro, nato a Terlizzi il 26/01/1987
avverso la sentenza del 03/11/2014 del GUP presso il Tribunale di Trani visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Mauro Mocci;
lette le richieste del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Alfredo Pompeo Viola, che ha concluso chiedendo l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata.
 
RITENUTO IN FATTO
 
1. Il 3 novembre 2014 Alessandro Ribatti è stato assolto dal GUP presso il Tribunale di Trani, con la formula “perché il fatto non è previsto dalla legge come reato”, dalla contravvenzione p. e p. dall’art. 256 comma 1 ° lett. a) del D.Lgs. 152 del 2006
 
Il giudice ha rilevato che la mera attività di conferimento di rifiuti non pericolosi non sarebbe rientrata tra le condotte penalmente sanzionate, non essendo specificamente prevista dalla norma, tanto più che neppure il P.M. aveva precisato l’autorizzazione, in assenza della quale l’imputato avrebbe tenuto la condotta incriminata. In ogni caso, il trasporto (per il conferimento) di rifiuti non pericolosi senza il formulario di cui all’art. 192 D.Lgs. n. 152/2006 – fra l’altro da soggetto non costituito in impresa o svolgente l’attività denunciata in maniera professionale – avrebbe dovuto reputarsi un mero illecito amministrativo.
 
2. Ha proposto ricorso per cassazione il Procuratore Generale presso la Corte d’Appello di Bari, denunciando violazione di legge, ex art. 606 comma 1 ° lett. b) c.p.p., e contraddittorietà della motivazione, ex art. 606 comma 1 ° lett. e) c.p.p.
 
Ha dedotto che il Tribunale, pur avendo ritenuto la fattispecie un illecito amministrativo, ex art. 258 comma 4° D.Lvo n. 152/2006, avrebbe poi qualificato il “conferimento” come trasporto di rifiuti ferrosi di varia natura. Tuttavia, le fasi di gestione dei rifiuti – ai sensi del combinato disposto degli artt. 183 comma 1° e 256 D.Lvo n. 152/2006 – avrebbero dovuto essere precedute da autorizzazione, iscrizione o comunicazione, sicché la mancanza di un provvedimento amministrativo avrebbe avuto rilevanza penale. E, del resto, sarebbe stata priva di pregnanza l’occasionalità dell’attività svolta, essendo quello contestato un reato istantaneo, sussistente al realizzarsi di una singola condotta tipica.
 
CONSIDERATO IN DIRITTO
 
1. Il ricorso è fondato.
 
Giova, al riguardo, premettere che le questioni di diritto proposte coincidono, pressoché totalmente, con quelle già affrontate da questa Corte nella decisione di numerosi ricorsi presentati in altri procedimenti seriali originati presso il Tribunale di Cuneo, e decisi all’udienza del 07/01/2016.
 
Va pertanto operato un espresso richiamo alle decisioni emesse, e, tra esse, in particolare a Sez. 3, n. 5716 del 07/01/2016, Isoardi, Rv. 265836, in quanto già oggetto di massimazione.
 
2. Quanto alla ritenuta lacunosità del compendio probatorio posto a fondamento della richiesta di emissione di decreto penale di condanna, con particolare riferimento alla integrazione della condotta di “trasporto”, è pacifico che il giudice per le indagini preliminari può prosciogliere la persona nei cui confronti il Pubblico Ministero abbia richiesto l’emissione di decreto penale di condanna solo per una delle ipotesi tassativamente indicate nell’art. 129 cod. proc. pen., e non anche perchè la prova risulti mancante, insufficiente o contraddittoria ai sensi dell’art. 530, comma secondo, stesso codice, posto che queste categorie, in quanto non richiamate dall’art. 129 citato, possono acquisire rilievo soltanto quando le parti, compreso il P.M., abbiano potuto esercitare compiutamente, nella sede a ciò destinata, il diritto alla prova (Sez. 3, n. 45934 del 09/10/2014, Fusco, Rv. 260941; ex multis, Sez. U, n. 18 del 9.6.1995, Cardoni, rv. 202375, che a loro volta richiamavano le sentenze nn. 19, 20, 21, 22, emesse in pari data, rispettivamente, nei proc. Omenetti, Valeri, Solustri e Tupputl; conf. sez. 5, n. 18059 del 25.3.2003, Bortolotti, rv. 224849).
 
2.1. Nel caso in esame non soltanto non ricorre la mancanza assoluta della prova non integrabile nelle fasi successive, cui pure fa riferimento la citata pronuncia delle S.U. n. 18 del 1995, unico requisito legittimante un proscioglimento ex art. 129 cod. proc. pen. dal G.i.p. investito della richiesta ex art. 459 cod. proc. pen., ma in realtà la decisione fonda sulla ritenuta carenza probatoria concernente l’attività di trasporto del materiale conferito un ragionamento congetturale, per desumerne una carenza di professionalità ed una occasionalità della condotta dalla quale trarre, a sua volta, elemento per affermare la carenza di tipicità.
 
Tuttavia, la pretesa incompletezza probatoria avrebbe dovuto imporre, nell’ambito del procedimento ‘monitorio’ attivato, la restituzione degli atti al pubblico ministero procedente.
 
3. La ratio decidendi della sentenza impugnata è incentrata sulla pretesa mancanza di tipicità della condotta accertata e contestata.
 
Al riguardo, va innanzitutto rilevata l’erroneità dell’affermazione di diritto contenuta nella sentenza impugnata, secondo la quale il “conferimento” di rifiuti non rientra nella fattispecie di gestione abusiva di rifiuti di cui all’art. 256, comma 1, lett. a, d.lgs. 152 del 2006; sia sufficiente osservare che il “conferimento” allude, con linguaggio ‘gergale’ (sebbene recepito anche dalla legislazione settoriale, ad es. nell’art. 188, comma 3, T.U. amb.), alla condotta di commercio di rifiuti, che ne presuppone, peraltro, logicamente il trasporto; è altresì evidente che la formulazione dell’imputazione è funzionale alla descrizione del fatto storico, la cui qualificazione giuridica è rimessa, nel solco dell’indicazione delle norme di legge violate, al giudice; escludere la condotta di “conferimento” dall’area di tipicità della fattispecie di cui all’art. 256, comma 1, lett. a, d.lgs. 152/2006, sol perché non riproduce lessicalmente una delle condotte – pur materialmente integrate – descritte dalla classica ‘norma a più  fattispecie’, la cui latitudine ermeneutica ed applicativa si estende pacificamente a tutte le fasi di gestione dei rifiuti, sarebbe analogo all’esito ermeneutico di un proscioglimento dal reato di omicidio, sol perché l’imputazione descrive il fatto storico di “ammazzare” un uomo, anziché “cagionare la morte” di un uomo.
 
Altrettanto erronea appare la qualificazione della condotta accertata in termini di mero trasporto senza il formulario identificativo dei rifiuti, in ragione del richiamo contenuto nell’imputazione; trattandosi di fatto diverso, ed ulteriore rispetto al trasporto e commercio abusivo, il relativo illecito può essere suscettibile di autonoma sanzione amministrativa, ma non può ritenersi assorbente del disvalore penale della gestione abusiva.
 
Anche il rilievo attribuito dalla sentenza alla omessa specificazione delle “prescritte autorizzazioni” è erroneo, in quanto, all’evidenza, l’autorizzazione necessaria per la gestione di rifiuti è quella, richiamata dalla norma incriminatrice di cui all’art. 256, comma 1, lett. a, disciplinata dall’art. 212 d.lgs. 152 del 2006.
 
4. In ordine alla pretesa irrilevanza penale della condotta in ragione della occasionalità, va ribadito che, trattandosi di illecito istantaneo, ai fini della configurabilità del reato di cui all’art. 256, comma 1, lett. a), d.lgs 152 del 2006, è sufficiente anche una sola condotta integrante una delle ipotesi alternative tipizzate dalla fattispecie penale (Sez. 3, n. 8979 del 2/10/2014, dep. 2015, Cristinzio, Rv. 262514; Sez. 3, n. 45306 del 17/10/2013, Carlino, Rv. 257631; Sez. 3, n. 24428 del 25/05/2011, D’Andrea, Rv. 250674; Sez. 3, n. 21655 del 13/04/2010, Hrustic, Rv. 247605), purchè costituisca una “attività” e non sia assolutamente occasionale.
 
La nozione di assoluta occasionalità è stata al riguardo approfondita da Sez. 3, n. 29992 del 24/06/2014, Lazzaro, Rv. 260266, che ha chiarito che la fattispecie di cui all’art. 256, comma primo, D.Lgs. n. 152 del 2006, la quale sanziona le attività di gestione compiute in mancanza della prescritta autorizzazione, iscrizione o comunicazione di cui agli artt. 208, 209, 210, 211, 212, 214, 215 e 216 del medesimo D.Lgs., è configurabile anche con riferimento alle condotte di raccolta e di trasporto esercitate in forma ambulante e con una minima organizzazione, salva l’applicabilità della deroga di cui al comma quinto dell’art. 266 del D.Lgs. 152 del 2006, per la cui operatività occorre che il soggetto sia in possesso del titolo abilitativo per l’esercizio di attività commerciale in forma ambulante ai sensi del D.Lgs. 31 marzo 1998, n. 114 e che si tratti di rifiuti che formano oggetto del suo commercio.
 
Al riguardo, l’orientamento è stato ribadito dalla già richiamata Sez. 3, n.5716 del 07/01/2016, Isoardi, Rv. 265836, alla quale è possibile rinviare quanto all’apparato argomentativo, che ha, altresì, affermato: “Ai fini della configurabilità del reato di gestione abusiva di rifiuti, non rileva la qualifica soggettiva del soggetto agente bensì la concreta attività posta in essere in assenza dei prescritti titoli abilitativi, che può essere svolta anche di fatto o in modo secondario, purché non sia caratterizzata da assoluta occasionalista (Nella specie il carattere non occasionale della condotta è stato desunto dall’esistenza di una minima organizzazione dell’attività, dal quantitativo dei rifiuti gestiti, dalla predisposizione di un veicolo adeguato e funzionale al loro trasporto, dallo svolgimento in tre distinte occasioni delle operazioni preliminari di raccolta, raggruppamento e cernita dei soli metalli, dalla successiva vendita e dal fine di profitto perseguito dall’imputato)”).
 
Pertanto, l’assoluta occasionalità non può essere desunta esclusivamente dalla natura giuridica del soggetto agente (privato, imprenditore, ecc.), dovendo invece ritenersi non integrata in presenza di una serie di indici dai quali poter desumere un minimum di organizzazione che escluda la natura esclusivamente solipsistica della condotta (ad es., dato ponderale dei rifiuti oggetto di gestione, necessità di un veicolo adeguato e funzionale al trasporto di rifiuti, fine di profitto perseguito). In altri termini, se un soggetto – anche, come nel caso di specie, mero “detentore” di rifiuti – appresta una serie di condotte finalizzate alla gestione di rifiuti, mediante preliminare raccolta, raggruppamento, trasporto e vendita di rifiuti, pur non esercitando in forma imprenditoriale, pone in essere una “attività” di gestione di rifiuti per la quale occorre preliminarmente ottenere i necessari titoli abilitativi.
 
Evidentemente il profilo della assoluta occasionalità sarà oggetto precipuo della valutazione di fatto rimessa al giudice del merito, e dunque questione essenzialmente probatoria, e, ove congruamente motivata, non sarà suscettibile di censura in sede di legittimità.
 
Va, infine, evidenziato che l’art. 30 della L. 28/12/2015, n. 221 (c.d. legge sulla Green Economy) ha introdotto il comma 1-bis dell’art. 188 d.lgs. 152 del 2006, secondo cui: “Il produttore iniziale o altro detentore dei rifiuti di rame o di metalli ferrosi e non ferrosi che non provvede direttamente al loro trattamento deve consegnarli unicamente ad imprese autorizzate alle attività di trasporto e raccolta di rifiuti o di bonifica dei siti o alle attività di commercio o di intermediazione senza detenzione dei rifiuti, ovvero a un ente o impresa che effettua le operazioni di trattamento dei rifiuti o ad un soggetto pubblico o privato addetto alla raccolta dei rifiuti, in conformità all’art. 212, comma 5, ovvero al recupero o smaltimento dei rifiuti, autorizzati ai sensi delle disposizioni della parte quarta del presente decreto. Alla raccolta e al trasporto dei rifiuti di rame e di metalli ferrosi e non ferrosi non si applica la disciplina di cui all’art. 266, comma 5“.
 
4.2. Nel caso di specie, e limitandosi alle condotte che risultano contestate nell’imputazione, risulta che il trasporto ed il conseguente commercio di rifiuti ferrosi siano stati effettuati con riguardo ad un notevole quantitativo; tali condotte, lungi dall’essere connotate da assoluta occasionalità, denotano un minimum di organizzazione, atteso che la raccolta di ben 352 kg. di rifiuti metallici implica una preliminare fase di raggruppamento e cernita dei soli metalli, il trasporto di un tale consistente quantitativo di rifiuti necessita di un apposito veicolo, adeguato e funzionale al contenimento degli stessi, ed il commercio è evidentemente finalizzato all’ottenimento di un profitto.
 
5. La sentenza impugnata va dunque annullata con trasmissione al Tribunale di Trani, per l’ulteriore corso.
 
P.Q.M.
 
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata ed ordina la trasmissione degli atti al Tribunale di Trani.
 
Così deciso il 13/04/2016
 
 
 

 

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