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Giurisprudenza: Giurisprudenza Sentenze per esteso massime | Categoria: Diritto processuale civile, Diritto processuale penale, Diritto urbanistico - edilizia Numero: 52056 | Data di udienza: 13 Luglio 2017

DIRITTO URBANISTICO – EDILIZIA – Confisca non menzionato nell’originario provvedimento di sequestro e nel successivo provvedimento di confisca – Articolo 44 d.p.r. n. 380/2001 – DIRITTO PROCESSUALE PENALE – Misure cautelari reali – Confisca obbligatoria (cd. "urbanistica") – Limiti all’esecutività immediata dei provvedimenti restitutori dei beni sottoposti a sequestro preventivo – Confisca di un bene immobile realizzato con somme di denaro di illecita provenienza su terreno di provenienza lecita – DIRITTO PROCESSUALE CIVILE – Sequestro preventivo di un edificio confiscabile – Differenza tra effetti civili e penali – Reato di lottizzazione abusiva – Principio di accessione. 


Provvedimento: Sentenza
Sezione: 3^
Regione:
Città:
Data di pubblicazione: 15 Novembre 2017
Numero: 52056
Data di udienza: 13 Luglio 2017
Presidente: FIALE
Estensore: Di Nicola


Premassima

DIRITTO URBANISTICO – EDILIZIA – Confisca non menzionato nell’originario provvedimento di sequestro e nel successivo provvedimento di confisca – Articolo 44 d.p.r. n. 380/2001 – DIRITTO PROCESSUALE PENALE – Misure cautelari reali – Confisca obbligatoria (cd. "urbanistica") – Limiti all’esecutività immediata dei provvedimenti restitutori dei beni sottoposti a sequestro preventivo – Confisca di un bene immobile realizzato con somme di denaro di illecita provenienza su terreno di provenienza lecita – DIRITTO PROCESSUALE CIVILE – Sequestro preventivo di un edificio confiscabile – Differenza tra effetti civili e penali – Reato di lottizzazione abusiva – Principio di accessione. 



Massima

 

 


CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez.3^ 15/11/2017 (ud. 13/07/2017), Sentenza n.52056



DIRITTO URBANISTICO – EDILIZIA –  Confisca non menzionato nell’originario provvedimento di sequestro e nel successivo provvedimento di confisca – Articolo 44 d.p.r. n. 380/2001.
 
E’ legittima la confisca di un fabbricato costruito su un terreno sottoposto a sequestro e poi a confisca, ancorché non menzionato nell’originario provvedimento di sequestro e nel successivo provvedimento di confisca, in quanto, essendo vigente nel nostro ordinamento il principio di accessione, i beni costruiti sul fondo appartengono al relativo proprietario (articolo 934 del codice civile), con la conseguenza che l’edificazione di un nuovo fabbricato resta automaticamente esposta alla misura patrimoniale che colpisce il bene principale (Sez. 5, n. 44994 del 27/10/2011, Albanese).
 
 
DIRITTO PROCESSUALE PENALE – Misure cautelari reali – Confisca obbligatoria (cd. "urbanistica") – Limiti all’esecutività immediata dei provvedimenti restitutori dei beni sottoposti a sequestro preventivo.
 
In tema di misure cautelari reali, qualora ricorra, come nella specie, un’ipotesi di confisca obbligatoria (nel caso di specie, cd. "urbanistica"), deve escludersi l’esecutività immediata dei provvedimenti restitutori dei beni sottoposti a sequestro preventivo pur al cospetto di una sentenza di proscioglimento o di non luogo a procedere ed anche nell’ipotesi in cui non ne sia stata disposta espressamente la confisca, potendo quest’ultima intervenire perfino in sede esecutiva.
 
 
DIRITTO PROCESSUALE PENALE – DIRITTO PROCESSUALE CIVILE – Sequestro preventivo di un edificio confiscabile – Differenza tra effetti civili e penali – Reato di lottizzazione abusiva – Principio di accessione. 
 
La confisca urbanistica, prevista dal secondo comma dell’articolo 44 del d.p.r. n. 380 del 2001, ha un effetto estensivo ope legis, investendo l’intera area interessata dalla lottizzazione e, quindi, tanto i terreni quanto le opere abusivamente costruite su di essi. Ne consegue che nel reato di lottizzazione abusiva, il "principio di accessione" è normativamente declinato in quanto vanno confiscate, expressis verbis, oltre ai terreni abusivamente lottizzati, le opere abusivamente costruite sui terreni, in conformità alla ratio che sostiene il provvedimento ablativo, diretta a purgare, con la confisca e l’acquisizione di diritto e gratuitamente al patrimonio del comune, tutta la zona interessata alla lottizzazione, salvi i diritti dei terzi in buona fede, con la conseguenza che, per opere abusivamente costruite, devono intendersi anche i manufatti o i corpi di fabbrica realizzati sui terreni lottizzati proprio perché la condotta lottizzatoria può essere integrata da opere edilizie o da opere di urbanizzazione che conferiscono alla zona stessa una articolazione apprezzabile in termini di trasformazione urbanistica, predisponendo i terreni ad accogliere insediamenti non consentiti o non programmati. Su questi presupposti, infatti, la giurisprudenza di legittimità è pervenuta alla conclusione di ritenere configurabile il reato di lottizzazione abusiva non soltanto nel caso in cui oggetto della condotta illecita siano terreni illegittimamente frazionati, ma anche nel caso in cui si tratti di edifici già costruiti, in quanto l’alienazione frazionata dei singoli immobili, per il principio dell’accessione, è intimamente connessa al frazionamento in lotti del terreno su cui tali immobili sono stati edificati (Sez. 3, n. 39078 del 13/07/2009, Apponi). Mentre, in sede di procedimento di prevenzione il principio civilistico dell’accessione riceve una applicazione di segno inverso, dovendosi dare rilievo al bene di maggior valore economico, essendo necessario colpire i beni prodotti in conseguenza dell’accaparramento di profitti illeciti ed in forza del reimpiego di detti profitti proprio nella realizzazione dei fabbricati (magari su terreni legittimamente appartenenti a terzi), il che impedisce, sul piano economico e funzionale, di scinderne l’unitaria valutazione, rendendoli insuscettibili di una separata utilizzazione, posto che, in siffatti casi, il terreno, quando il valore dei fabbricati è superiore, accresce di valore per effetto dell’edificazione, sebbene abusiva dei manufatti che su di esso insistono, con la conseguenza che una meccanica applicazione del principio di accessione determinerebbe l’aggiramento della disciplina penalistica diretta a colpire i patrimoni illeciti. 
 

DIRITTO PROCESSUALE PENALE – Sequestro preventivo di un edificio confiscabile – Confisca di un bene immobile realizzato con somme di denaro di illecita provenienza su terreno di provenienza lecita.
 
Il sequestro preventivo di un edificio confiscabile a norma dell’art. 12-sexies, commi primo e secondo, D.L. 8 giugno 1992 n. 306, convertito con modif. nella L. 8 agosto 1992 n. 356, si estende alle pertinenze dell’edificio e al suolo sul quale è stato realizzato, ancorché la provenienza del suolo sia legittima (Sez. U., n. 1152 del 25/09/2008, dep. 2009, Petito), precisando che può essere disposta la confisca di un bene immobile, realizzato con somme di denaro di illecita provenienza su terreno di provenienza lecita, in quanto i due beni, sul piano economico e funzionale devono essere valutati unitariamente, non potendo essere suscettibili di un’utilizzazione separata, dovendosi dare maggior rilievo, in ambito penalistico, al superiore valore economico del fabbricato – bene principale – del quale il terreno, indipendentemente dalla sua estensione, segue il regime giuridico, quale pertinenza, in conformità agli scopi della disciplina di prevenzione (ex multis, Sez. 6, n. 16151 del 04/02/2014, Cusimano; Sez. 6, n. 18807 del 30/10/2012, dep. 2013, Martino). 
 

(conferma ordinanza del 17/02/2017 della CORTE DI APPELLO DI PALERMO) Pres. FIALE, Rel. DI NICOLA, Ric. Perini

Allegato


Titolo Completo

CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez.3^ 15/11/2017 (ud. 13/07/2017), Sentenza n.52056

SENTENZA

 

 
 
 
 
CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez.3^ 15/11/2017 (ud. 13/07/2017), Sentenza n.52056
 
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
 
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA PENALE
 
composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
 
omissis
 
ha pronunciato la seguente
 
SENTENZA 
 
sul ricorso proposto da Perini Luciano, nato a Terragnolo il 26-01-1929;
 
avverso la ordinanza del 17-02-2017 della corte di appello di Palermo;
 
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
 
lette le conclusioni del Procuratore Generale che ha chiesto l’annullamento con rinvio del provvedimento impugnato. 
 
RITENUTO IN FATTO
 
1. Luciano Perini ricorre per cassazione impugnando la ordinanza indicata in epigrafe con la quale la Corte di appello di Palermo ha disposto il dissequestro dei beni descritti in parte motiva e la loro restituzione al legittimo proprietario.
 
1.1. Nel pervenire a tale conclusione la Corte del merito ha premesso che il ricorrente aveva richiesto il dissequestro dei beni di cui ai capi E), I) e K) della rubrica in relazione alla sentenza con la quale la Corte d’appello aveva, in data 18 novembre 2015, riformato la statuizione adottata dal tribunale di Sciacca del 31 ottobre del 2012, dichiarando non doversi procedere per intervenuta prescrizione dei reati e confermando la statuizione di confisca disposta con riferimento ai terreni ed agli immobili di cui al capo A) della rubrica, nel quale era contestato il reato di lottizzazione abusiva.
 
Tuttavia, con la sopra richiamata sentenza, nulla si disponeva in ordine agli altri beni in sequestro, richiamati negli altri capi di imputazione relativi ai reati di illecita edificazione di manufatti abusivi in assenza di concessione edilizia.
 
1.2. Tanto premesso, la Corte d’appello ha osservato come l’istanza di dissequestro fondasse sul fatto, indubitabile, che la misura di sicurezza della confisca riguardasse esclusivamente le opere pertinenti il reato di lottizzazione abusiva, mentre il giudice della cognizione nulla aveva disposto con riferimento alle opere in relazione alle quali erano stati contestati i reati di costruzione in assenza di concessione.
 
1.3. Disposta perizia al fine di meglio individuare, previa descrizione analitica dei beni originariamente sottoposti a sequestro, quelli che direttamente afferivano alla lottizzazione abusiva oggetto di contestazione al capo A) e di cui era stata ordinata la confisca, la Corte di appello ha osservato che, a prescindere da qualsiasi considerazione in ordine alla presentazione (peraltro provata) dell’istanza di concessione in sanatoria e di eventuali pareri favorevoli evocati dalla difesa, i beni originariamente sottoposti a sequestro preventivo e non oggetto di confisca, dovevano essere restituiti al legittimo proprietario, salvi gli eventuali provvedimenti adottabili in proposito dalle competenti Autorità Amministrative e di conseguenza ordinava la restituzione dei beni consistenti nei quattro nuclei abitativi contrassegnati ai numeri 11), 12), 13) e 14) e più in generale quelli di cui ai capi E), I) e K), oggetto del provvedimento di sequestro preventivo del 24 aprile 2008, con restituzione di essi al legittimo titolare.
 
Tuttavia, quanto ai corpi tecnici di cui l’istante aveva richiesto la restituzione, consistenti in una cabina elettrica, un serbatoio per l’acqua potabile ed un depuratore, ha affermato che essi, pur non oggetto di confisca espressa, ricadevano su fondi confiscati con la sentenza passata in giudicato e che, in considerazione del valore presumibilmente inferiore di tali manufatti tecnici rispetto al suolo su cui sorgevano, essi dovevano, per il principio dell’accessione, ritenersi ricompresi nel provvedimento di confisca del terreno.
 
2. Per l’annullamento dell’impugnata ordinanza il ricorrente, tramite il difensore, solleva due motivi di impugnazione, qui enunciati, ai sensi dell’articolo 173 delle disposizioni di attuazione al codice di procedura penale, nei limiti strettamente necessari per la motivazione.
 
2.1. Con il primo motivo il ricorrente deduce l’inosservanza e l’erronea applicazione della legge processuale in relazione all’articolo 323 del codice di procedura penale, sul rilievo che la misura di sicurezza accessoria della confisca non risultava applicata a tutti i beni ma la confisca concerneva soltanto i beni di cui al capo A).
 
Pertanto, il Giudice di secondo grado con la sentenza n. 4174 del 2015 aveva omesso di provvedere in ordine ai beni non gravati da confisca e più specificatamente in ordine a quattro nuclei abitativi contrassegnati a numeri 11, 12, 13 e 14 oggetto dei capi di imputazione E), I), K) nonché tre corpi tecnici ossia una cabina elettrica, un serbatoio per l’acqua potabile ed un depuratore.
 
Lamenta, quindi, la violazione dell’articolo 323 del codice di procedura penale secondo il quale, anche in presenza di una pronuncia di non luogo a procedere ancorché soggetta ad impugnazione, il giudice deve ordinare che le cose sequestrate siano restituite all’avente diritto, quando non deve essere disposta la confisca a norma dell’articolo 240 del codice penale.
 
Pertanto, nel caso in cui il giudizio si concluda con una sentenza di proscioglimento o di non luogo a procedere, osserva il ricorrente che il sequestro preventivo disposto in via cautelare deve perdere efficacia, trattandosi di una forma di estinzione ex lege connessa al pronunciamento di determinate sentenze, fatta salva la differente ipotesi in cui il sequestro sia stato disposto in funzione di confisca.
 
Quindi, nel caso de quo, non solo le res (nuclei abitativi e corpi tecnici) non erano state dissequestrate e, dunque, neppure restituite all’avente diritto ma alcuna prescrizione circa tali beni era stata impartita dal Giudice procedente.
 
Conseguentemente, non essendo i corpi tecnici oggetto di confisca, la Corte di appello, non avendo di restituiti agli aventi diritto, sarebbe incorsa nella violazione di legge denunciata (articolo 323 del codice di procedura penale).
 
2.2. Con il secondo motivo il ricorrente denuncia la mancanza, la contraddittorietà e la manifesta illogicità della motivazione nella parte in cui l’ordinanza impugnata asserisce che, quanto ai corpi tecnici, essi, pur non oggetto di confisca espressa, ricadono su fondi confiscati con la sentenza passata in giudicato e che, in considerazione del valore presumibilmente inferiore di tali manufatti tecnici rispetto al suolo su cui sorgono, per principio di accessione, devono ritenersi ricompresi nel provvedimento di confisca del terreno.
 
Obietta il ricorrente che nessun immobile può essere confiscato in maniera non espressa e generica bensì necessita di una specifica individuazione; pertanto, la mancata "confisca espressa" a cui fa riferimento il secondo Giudice non è, certamente, bastevole.
 
A tal proposito il ricorrente precisa come il nostro ordinamento sia imperniato sul principio di precisione e sul principio di chiarezza, entrambi detti principi diretti a tutelare i destinatari di provvedimenti afflittivi e restrittivi, con la conseguenza che la Corte di Appello avrebbe dovuto anche per tale ragione dissequestrare i corpi tecnici, oltre ai nuclei abitativi, non essendo detti beni oggetto di confisca espressa.
 
Ancor più palese sarebbe, ad avviso del ricorrente, la manifesta illogicità e la contraddittorietà della motivazione nella parte in cui attribuisce ai corpi tecnici un valore presumibilmente inferiore rispetto al suolo confiscato, approdo che può essere facilmente smentito se solo si considera il valore economico intrinseco di detti beni nonché il loro asservimento alla struttura cui servono. 
 
Peraltro, proprio la Corte del merito, che aveva ritenuto di non dovere applicare con un semplice automatismo l’art. 323 del codice di procedura penale avvertendo l’esigenza di nominare un CTU al fine di individuare i beni immobili non oggetto di confisca, stante, altresì, la valutazione circa la possibile applicazione del principio di accessione connesso al valore della res, avrebbe dovuto estendere tali quesiti proprio al fine di valutarne il valore economico. Solo così facendo la stessa Corte avrebbe potuto cogliere l’estremo valore economico dei detti corpi tecnici rispetto al suolo e pertanto, dissequestrare gli stessi non essendo applicabile al caso di specie il principio di accessione.
 
Osserva il ricorrente come non solo i corpi tecnici avessero un valore superiore rispetto al suolo sul quale insistono ma come tale valore fosse ancora più consistente stante la strumentalità e la funzionalità degli stessi rispetto agli immobili immuni da vincoli e oggetto di dissequestro. Dunque, sarebbe stato facile dimostrare come non fosse applicabile il principio di accessione, così come declinato dalla Corte di appello, ma come si sarebbe dovuto addirittura applicare un principio di accessione inverso, posto che, per orientamento consolidato espresso dalla giurisprudenza di legittimità in materia di misure di prevenzione, quando un bene si compone di più unità, il regime penalistico cui assoggettare il cespite nella sua interezza è quello proprio della parte di valore economico e di utilizzabilità nettamente prevalenti, diventando irrilevante il principio civilistico dell’accessione. 
 
3. Il Procuratore generale ha concluso per l’annullamento con rinvio dell’ordinanza impugnata sul rilievo che, non essendo i manufatti tecnici attinti da misure reali, la loro autonomia deve essere necessariamente ridefinita nel rapporto con il terreno sul quale insistono, attraverso la valutazione delle specifiche funzionalità, eventualmente anche in relazione ad altri beni immobili estranei ad interventi ablatori, aspetto decisivo mancante di adeguata motivazione per essere stato soltanto assertivamente declinato nell’ordinanza impugnata.
 
CONSIDERATO IN DIRITTO
 
1. Il ricorso non è fondato.
 
2. I motivi di impugnazione, essendo tra loro strettamente collegati, vanno congiuntamente esaminati.
 
Il giudice dell’esecuzione si è attenuto al principio secondo il quale è legittima la confisca di un fabbricato costruito su un terreno sottoposto a sequestro e poi a confisca, ancorché non menzionato nell’originario provvedimento di sequestro e nel successivo provvedimento di confisca, in quanto, essendo vigente nel nostro ordinamento il principio di accessione, i beni costruiti sul fondo appartengono al relativo proprietario (articolo 934 del codice civile), con la conseguenza che l’edificazione di un nuovo fabbricato resta automaticamente esposta alla misura patrimoniale che colpisce il bene principale (Sez. 5, n. 44994 del 27/10/2011, Albanese, Rv. 251442).
 
Il ricorrente, a questo proposito, obietta che, ai sensi dell’articolo 323 del codice di procedura penale, i beni non sottoposti a confisca a seguito dell’emanazione della sentenza di proscioglimento, devono essere restituiti agli aventi diritto in conseguenza della perdita di efficacia del sequestro.
 
Tuttavia, in tema di misure cautelari reali, qualora ricorra, come nella specie, un’ipotesi di confisca obbligatoria (nel caso di specie, cd. "urbanistica"), deve escludersi l’esecutività immediata dei provvedimenti restitutori dei beni sottoposti a sequestro preventivo pur al cospetto di una sentenza di proscioglimento o di non luogo a procedere ed anche nell’ipotesi in cui non ne sia stata disposta espressamente la confisca, potendo quest’ultima intervenire perfino in sede esecutiva.
 
Il ricorrente osserva che, a tutto concedere, il giudice dell’esecuzione, invece di applicare meccanicamente il principio di accessione, avrebbe dovuto procedere ad una stima dei beni oggetto della confisca al fine di stabilire se i corpi di fabbrica fossero di valore superiore rispetto al suolo sul quale insistono, posto che, per orientamento consolidato espresso dalla giurisprudenza di legittimità in materia di misure di prevenzione, quando un bene si compone di più unità, il regime penalistico cui assoggettare il cespite nella sua interezza è quello proprio della parte di valore economico e di utilizzabilità nettamente prevalenti, diventando irrilevante il principio civilistico dell’accessione.
 
Il rilievo non è pertinente.
 
In sede di procedimento di prevenzione il principio civilistico dell’accessione riceve una applicazione di segno inverso, dovendosi dare rilievo al bene di maggior valore economico, essendo necessario colpire i beni prodotti in conseguenza dell’accaparramento di profitti illeciti ed in forza del reimpiego di detti profitti proprio nella realizzazione dei fabbricati (magari su terreni legittimamente appartenenti a terzi), il che impedisce, sul piano economico e funzionale, di scinderne l’unitaria valutazione, rendendoli insuscettibili di una separata utilizzazione, posto che, in siffatti casi, il terreno, quando il valore dei fabbricati è superiore, accresce di valore per effetto dell’edificazione, sebbene abusiva dei manufatti che su di esso insistono, con la conseguenza che una meccanica applicazione del principio di accessione determinerebbe l’aggiramento della disciplina penalistica diretta a colpire i patrimoni illeciti.
 
A questo proposito, la giurisprudenza di legittimità, nella sua più autorevole composizione, ha affermato che il sequestro preventivo di un edificio confiscabile a norma dell’art. 12-sexies, commi primo e secondo, D.L. 8 giugno 1992 n. 306, convertito con modif. nella L. 8 agosto 1992 n. 356, si estende alle pertinenze dell’edificio e al suolo sul quale è stato realizzato, ancorché la provenienza del suolo sia legittima (Sez. U, n. 1152 del 25/09/2008, dep. 2009, Petito, Rv. 241886), precisando che può essere disposta la confisca di un bene immobile, realizzato con somme di denaro di illecita provenienza su terreno di provenienza lecita, in quanto i due beni, sul piano economico e funzionale devono essere valutati unitariamente, non potendo essere suscettibili di un’utilizzazione separata, dovendosi dare maggior rilievo, in ambito penalistico, al superiore valore economico del fabbricato – bene principale – del quale il terreno, indipendentemente dalla sua estensione, segue il regime giuridico, quale pertinenza, in conformità agli scopi della disciplina di prevenzione (ex multis, Sez. 6, n. 16151 del 04/02/2014, Cusimano, Rv. 259763; Sez. 6, n. 18807 del 30/10/2012, dep. 2013, Martino, Rv. 255091).
 
Quindi, una tale conclusione è conforme e risponde agli scopi della disciplina in tema di misure di prevenzione reali, perché diretta a colpire gli investimenti, anche se leciti, di risorse finanziarie prodotte da attività illecite, sicché l’inversione, in sede di prevenzione penale, del principio civilistico dell’accessione fa sì che il bene che possiede un valore economico preminente non possa essere valutato a prescindere dal suolo. Questo, benché non possa ovviamente considerarsi una pertinenza degli edifici, svolge una funzione strumentale e servente rispetto agli stessi (Sez. 6, n. 18807 del 30/10/2012, cit., in motiv.). 
 
La conclusione deve essere opposta nel caso di lottizzazione abusiva perché il comma secondo dell’articolo 44 d.p.r. n. 380 del 2001 dispone che:"La sentenza definitiva del giudice penale che accerta che vi è stata lottizzazione abusiva, dispone la confisca dei terreni, abusivamente lottizzati e delle opere abusivamente costruite. Per effetto della confisca i terreni sono acquisiti di diritto e gratuitamente al patrimonio del comune nel cui territorio è avvenuta la lottizzazione. La sentenza definitiva è titolo per la immediata trascrizione nei registri immobiliari".
 
Sicché, nel reato di lottizzazione abusiva, il "principio di accessione" è normativamente declinato in quanto vanno confiscate, expressis verbis, oltre ai terreni abusivamente lottizzati, le opere abusivamente costruite sui terreni, in conformità alla ratio che sostiene il provvedimento ablativo, diretta a purgare, con la confisca e l’acquisizione di diritto e gratuitamente al patrimonio del comune, tutta la zona interessata alla lottizzazione, salvi i diritti dei terzi in buona fede, con la conseguenza che, per opere abusivamente costruite, devono intendersi anche i manufatti o i corpi di fabbrica realizzati sui terreni lottizzati proprio perché la condotta lottizzatoria può essere integrata da opere edilizie o da opere di urbanizzazione che conferiscono alla zona stessa una articolazione apprezzabile in termini di trasformazione urbanistica, predisponendo i terreni ad accogliere insediamenti non consentiti o non programmati (Sez. 3, n. del 21/05/2013, Rum, in motiv., non mass.).
 
Su questi presupposti, infatti, la giurisprudenza di legittimità è pervenuta alla conclusione di ritenere configurabile il reato di lottizzazione abusiva non soltanto nel caso in cui oggetto della condotta illecita siano terreni illegittimamente frazionati, ma anche nel caso in cui si tratti di edifici già costruiti, in quanto l’alienazione frazionata dei singoli immobili, per il principio dell’accessione, è intimamente connessa al frazionamento in lotti del terreno su cui tali immobili sono stati edificati (Sez. 3, n. 39078 del 13/07/2009, Apponi, Rv. 245344).
 
La confisca urbanistica, prevista dal secondo comma dell’articolo 44 del d.p.r. n. 380 del 2001, ha dunque un effetto estensivo ope legis, investendo l’intera area interessata dalla lottizzazione e, quindi, tanto i terreni quanto le opere abusivamente costruite su di essi.
 
Ne consegue che i principi, affermati dalla giurisprudenza di legittimità in materia di misure di prevenzione e rivendicati dal ricorrente, non possono essere esportati, pur rimanendo fermi nella sede propria, in tema di reato di lottizzazione, per il quale vige il principio opposto della accessione, indipendentemente dal valore economico dei beni oggetto del provvedimento di confisca. 
 
3. Sulla base delle considerazioni che precedono, la Corte ritiene pertanto che il ricorso debba essere respinto, con conseguente onere per il ricorrente, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., di sostenere le spese del procedimento.
 
P.Q.M.
 
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
 
Così deciso il 13/07/2017
 
 

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