DIRITTO URBANISTICO – EDILIZIA – Condono edilizio – Concetto di costruzione – Computo dei volumi interrati e seminterrati – Unicità dell’immobile e volumetria complessiva – Artificioso frazionamento della domanda volto ad eludere il limite legale di volumetria dell’opera – BENI CULTURALI ED AMBIENTALI – Reato di edificazione abusiva con ampliamento della volumetria in area sottoposta a vincolo paesaggistico – Comunanza di condotta – Rilevanza e limiti della permanenza del reato – Decorrenza del termine di prescrizione – Art. 181, d.lgs. n. 42/2004.
Provvedimento: SENTENZA
Sezione: 3^
Regione:
Città:
Data di pubblicazione: 15 Dicembre 2021
Numero: 45960
Data di udienza: 20 Ottobre 2021
Presidente: ROSI
Estensore: ANDREAZZA
Premassima
DIRITTO URBANISTICO – EDILIZIA – Condono edilizio – Concetto di costruzione – Computo dei volumi interrati e seminterrati – Unicità dell’immobile e volumetria complessiva – Artificioso frazionamento della domanda volto ad eludere il limite legale di volumetria dell’opera – BENI CULTURALI ED AMBIENTALI – Reato di edificazione abusiva con ampliamento della volumetria in area sottoposta a vincolo paesaggistico – Comunanza di condotta – Rilevanza e limiti della permanenza del reato – Decorrenza del termine di prescrizione – Art. 181, d.lgs. n. 42/2004.
Massima
CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez.3^, 15 dicembre 2021 (Ud. 20/10/2021), Sentenza n.45960
DIRITTO URBANISTICO – EDILIZIA – Condono edilizio – Concetto di costruzione – Computo dei volumi interrati e seminterrati – Unicità dell’immobile e volumetria complessiva – Artificioso frazionamento della domanda volto ad eludere il limite legale di volumetria dell’opera.
In materia di condono edilizio, nel caso di un unico immobile, rispetto al quale non sia stata effettuata alcuna divisione né siano stati costituiti diritti di proprietà o di godimento su singole porzioni, la mera disponibilità di fatto di specifiche parti del bene configura un artificioso frazionamento della domanda volto ad eludere il limite legale di volumetria dell’opera. Pertanto, il computo della volumetria deve essere effettuato, salvo che non viga una espressa e particolare disposizione contraria, con riferimento all’opera in ogni suo elemento, ivi compresi gli ambienti seminterrati ed interrati (cioè, sottostanti al livello stradale), funzionalmente asserviti, poiché nel concetto di costruzione rientra ogni intervento, che abbia rilevanza urbanistica, in quanto incide sull’assetto del territorio ed aumenta il c.d. carico urbanistico.
BENI CULTURALI ED AMBIENTALI – Reato di edificazione abusiva con ampliamento della volumetria in area sottoposta a vincolo paesaggistico – Comunanza di condotta – Rilevanza e limiti della permanenza del reato – Decorrenza del termine di prescrizione – Art. 181, d.lgs. n. 42/2004.
Si configura il reato di cui all’art. 181, comma 1 del d.lgs. n. 42 del 2004, e, dunque, anche quello del comma 1- bis per comunanza di condotta, se commesso mediante una condotta che si protrae nel tempo, come in ipotesi di edificazione di manufatto, infatti, la permanenza non è legata all’esistenza del manufatto dopo il completamento dell’opera, quanto alla sola protrazione dei lavori, cosicché lo stesso si consuma con l’esaurimento totale dell’attività, dal quale decorre il termine di prescrizione. Ricordandosi che, la permanenza del reato di edificazione abusiva termina con conseguente consumazione della fattispecie, o nel momento in cui, per qualsiasi causa volontaria o imposta, cessano o vengono sospesi i lavori abusivi, ovvero, se i lavori sono proseguiti anche dopo l’accertamento e fino alla data del giudizio, in quello della emissione della sentenza di primo grado.
(annulla senza rinvio avverso sentenza del 04/11/2020 della CORTE APPELLO di NAPOLI) Pres. ROSI, Rel. ANDREAZZA, Ric. Della Pia
Allegato
Titolo Completo
CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez.3^, 15/12/2021 (Ud. 20/10/2021), Sentenza n.45960SENTENZA
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA PENALE
composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
omissis
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sui ricorsi proposti da:
DELLA PIA nato a MERCOGLIANO;
DELLA PIA nato a AVELLINO;
avverso la sentenza del 04/11/2020 della CORTE APPELLO di NAPOLI;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere GASTONE ANDREAZZA;
lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore PIETRO MOLINO, che ha concluso chiedendo l’inammissibilità dei ricorsi;
Ricorso trattato ai sensi dell’art. 23 comma 8 del d.l. n. 137 del 2020
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Della Pia Angelo e Sabato hanno proposto ricorso avverso la sentenza della Corte di appello di Napoli del 4/11/2020 di conferma della sentenza dei 16/5/2019 del Tribunale di Avellino di condanna per il reato di cui all’art. 181, comma 1- bis, del d.lgs. n. 42 del 2004 contestato al capo 2) (essendo i restanti contestati stati dichiarati, già in primo grado, estinti per prescrizione) in relazione alla realizzazione di lavori in area sottoposta a vincolo paesaggistico con ampliamento della volumetria consentita superiore a 750 metri cubi.
2. Con un primo motivo, premesso che il limite di volumetria per le nuove costruzioni è di 1.000 e non di 750 metri cubi, contesta che tale limite sia stato nella specie superato, dovendo la complessiva volumetria di 1891,57 mc. essere suddivisa tra i due fratelli; inoltre, solo i volumi fuori terra dovrebbero essere compresi nel calcolo delle volumetrie e non anche quelli interrati; ancora, la fascia di rispetto con riguardo al fiume San Francesco, “tombato” da più di cinquant’anni, sarebbe non più rilevante dopo la delibera della Giunta regionale n. 137 del 5 aprile 2016 di irrilevanza paesaggistica di detto fiume, anche ai fini, dunque, del divieto di edificazione nella fascia predetta.
Di qui, pertanto, l’insussistenza del fatto.
3. Con un secondo motivo lamentano la violazione dell’art. 157 cod. pen. in relazione alla intervenuta prescrizione già prima della sentenza impugnata, essendo le opere già state concluse al momento del sopralluogo del 29/5/2012 come già risultato dalla sentenza di primo grado, e pur tenendosi conto della sospensione per mesi sette e giorni quattro per astensione dalle udienze del difensore.
4. Con un terzo motivo lamenta che la Corte abbia escluso il riconoscimento delle attenuanti generiche e della causa di esclusione della punibilità di cui all’art. 131-bis cod. pen. in ragione, genericamente, della gravità oggettiva dei fatti, e senza spiegazione delle concrete ragioni di tale valutazione.
5. Il primo motivo di ricorso è inammissibile.
Premesso che, come da addebito non contestato sul punto dai ricorrenti, la condotta illecita di ampliamento del manufatto si è risolta nella realizzazione di mc. 1891,157 in eccesso, in tal modo superandosi il limite volumetrico di mc. 750 richiesto per l’integrazione dell’ipotesi di cui all’art. 181, comma 1-bis, lett. b) del d.lgs. n. 42 del 2004 (nonché, quand’anche in ipotesi di nuova costruzione, quello di mc.1.000), correttamente la sentenza impugnata ha disatteso l’assunto difensivo volto a suddividere il volume complessivo dell’immobile in conseguenza del numero dei comproprietari (nella specie i due ricorrenti tra loro fratelli), non venendo dal ricorso chiarito in quali termini, nella specie, e a fronte di una imputazione riferita ad un singolo edificio residenziale, si verserebbe, come si accenna in ricorso, nell’ ipotesi di “due costruzioni”.
Sicché, a fronte di unico edificio, la prospettazione difensiva non trova rispondenza alcuna nel dettato della norma, oggettivamente riferito alla volumetria complessiva del manufatto, indistintamente considerata, oltre ad essere contrastata anche sulla base del costante indirizzo di questa Corte secondo cui, sia pure in materia di condono edilizio, nel caso di un unico immobile, rispetto al quale non sia stata effettuata alcuna divisione né siano stati costituiti diritti di proprietà o di godimento su singole porzioni, la mera disponibilità di fatto di specifiche parti del bene configura un artificioso frazionamento della domanda volto ad eludere il limite legale di volumetria dell’opera (da ultimo Sez. 4, n. 10017 del 03/03/2021, PG, Rv. 280700).
Né appare corretta la tesi volta ad escludere dal computo i volumi interrati, dovendo rammentarsi come il computo della volumetria debba essere effettuato, salvo che non viga una espressa e particolare disposizione contraria, con riferimento all’opera in ogni suo elemento, ivi compresi gli ambienti seminterrati ed interrati (cioè, sottostanti al livello stradale), funzionalmente asserviti, poiché nel concetto di costruzione rientra ogni intervento, che abbia rilevanza urbanistica, in quanto incide sull’assetto del territorio ed aumenta il c.d. carico urbanistico (Sez. 3, n. 6875 del 23/05/1997, Ciotti ed altri, Rv. 208434).
Appare inoltre inammissibile, perché generica, l’ulteriore doglianza relativa alla sopravvenuta irrilevanza paesaggistica del “Vallone” San Francesco.
Se pure, effettivamente, a dispetto della assertiva motivazione della sentenza impugnata (“non risulta…la ritenuta irrilevanza paesaggistica del rio San Francesco”), con delibera della giunta regionale Campania n.137 del 2016 è stata dichiarata «la irrilevanza paesaggistica del tratto del corso d’acqua denominato “Vallone S. Francesco inf. n. 105”, in agro del Comune di Avellino, cosi come di seguito individuato: 1.1. inizio tratto, contrassegnato dal punto “I”: (E = 480.217,27- LONG.; N = 4.529.616,78 – LAT.) sino a fine tratto, contrassegnato dal punto “F”: (E = 483.303,77 – LONG.; N = 4.529.242,46 – LAT), di complessiva lunghezza pari a 3.665 mt, con la specifica motivazione e relativi dati identificativi cartografici, così come riportati negli Allegati “A”, “B”», non risulta però, né i ricorrenti hanno specificato alcunché in proposito, che il tratto di fiume divenuto irrilevante comprenda anche quello pertinente al giudizio di specie, e che ha fondato l’addebito.
6. E’ invece fondato il secondo motivo, inerente la prescrizione.
A fronte della doglianza con cui i ricorrenti, valorizzando un testuale passaggio della sentenza di primo grado, sottolineavano come, nel corso del sopralluogo del 29/05/2012 dei tecnici comunali, gli stessi avessero constatato che i corpi di fabbrica erano completi nelle strutture in cemento armato e nelle tompagnature esterne, dunque dovendo, da tale giorno, farsi decorrere il termine di prescrizione, la sentenza impugnata si è limitata ad affermare che gli imputati hanno proseguito i lavori anche dopo la sospensione dei termini ordinata il 3/10/2011 dal direttore dei lavori, senza nulla precisare quanto alla circostanza, che rivestiva però aspetto dirimente, che tra il predetto sopralluogo del 29/05/2012 e il sequestro del 18/02/2013, vi fosse stata parimenti la prosecuzione dei lavori.
Infatti, il reato di cui all’art. 181, comma 1 del d.lgs. n. 42 del 2004, e, dunque, anche quello del comma 1- bis per comunanza di condotta, se commesso mediante una condotta che si protrae nel tempo, come in ipotesi di edificazione di manufatto, è permanente, ma la permanenza non è legata alla esistenza del manufatto dopo il completamento dell’opera, quanto alla sola protrazione dei lavori, cosicché lo stesso si consuma con l’esaurimento totale dell’attività, dal quale decorre il termine di prescrizione (Sez. 3, n. 30130 del 30/03/2017, Dinnella ed altro, 270254); sicché, in proposito, deve ricordarsi che, come più volte affermato da questa Corte, la permanenza del reato di edificazione abusiva termina, con conseguente consumazione della fattispecie, o nel momento in cui, per qualsiasi causa volontaria o imposta, cessano o vengono sospesi i lavori abusivi, ovvero, se i lavori sono proseguiti anche dopo l’accertamento e fino alla data del giudizio, in quello della emissione ‘della sentenza di primb grado (tra le altre, Sez. 3, n. 29974 del 6/05/2014, p.m. in proc. Sullo, Rv. 260498; Conseguentemente, la sentenza impugnata andrebbe annullata con rinvio per mancanza di motivazione sul punto, dovendo tuttavia constatarsi l’ormai intervenuta prescrizione in data 29/05/2021 del reato anche a volere, oggi, considerare quale dies a quo quello del sequestro in data 18/02/2013 e la sospensione per giorni 281, risultante dalla sentenza di primo grado, determinata dai rinvii del processo dal 02/02/2017 al 10/04/2017 e dal 16/02/2018 al 20/09/2018.
7. Ne consegue, assorbito il terzo motivo, che la sentenza deve essere annullata senza rinvio per estinzione del reato residuato, con conseguente revoca dell’ordine di ripristino dello stato dei luoghi impartito dalla sentenza di primo grado (Sez.3, n. 31430 del 16/05/2018, Nappo, Rv. 273764).
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata perché il reato è estinto per prescrizione. Revoca l’ordine di ripristino.
Così deciso in Roma, il 20 ottobre 2021