DIRITTO DEMANIALE – Stabilimento balneare – Realizzazione di opere senza autorizzazione su area demaniale marittima (deposito in legno ed un gazebo)- Sottrazione del bene alla fruibilità collettiva – Natura di reato permanente di abusiva occupazione – Illecita innovazione – Reato istantaneo – Giurisprudenza – Reato di cui agli artt. 54 e 1161 cod. nav. – DIRITTO PROCESSUALE PENALE – Erronea indicazione della norma di legge violata nel capo di imputazione – Irrilevanza a fronte di una contestazione in fatto precisa e dettagliata – Vulnus delle prerogative difensive – Esclusione – Fattispecie.
Provvedimento: SENTENZA
Sezione: 3^
Regione:
Città:
Data di pubblicazione: 15 Gennaio 2021
Numero: 1726
Data di udienza: 23 Novembre 2020
Presidente: SARNO
Estensore: ANDRONIO
Premassima
DIRITTO DEMANIALE – Stabilimento balneare – Realizzazione di opere senza autorizzazione su area demaniale marittima (deposito in legno ed un gazebo)- Sottrazione del bene alla fruibilità collettiva – Natura di reato permanente di abusiva occupazione – Illecita innovazione – Reato istantaneo – Giurisprudenza – Reato di cui agli artt. 54 e 1161 cod. nav. – DIRITTO PROCESSUALE PENALE – Erronea indicazione della norma di legge violata nel capo di imputazione – Irrilevanza a fronte di una contestazione in fatto precisa e dettagliata – Vulnus delle prerogative difensive – Esclusione – Fattispecie.
Massima
CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. 3^, 15/01/2021 (Ud. 23/11/2020), Sentenza n.1726
DIRITTO DEMANIALE – Stabilimento balneare – Realizzazione di opere senza autorizzazione su area demaniale marittima (deposito in legno ed un gazebo)- Sottrazione del bene alla fruibilità collettiva – Natura di reato permanente di abusiva occupazione – Illecita innovazione – Reato istantaneo – Giurisprudenza – Reato di cui agli artt. 54 e 1161 cod. nav..
La realizzazione di un’opera senza autorizzazione su area demaniale può integrare il reato permanente di abusiva occupazione se il godimento dell’area viene sottratto alla fruibilità collettiva, mentre configura il reato istantaneo di illecita innovazione nel caso in cui l’opera non determini alcuna limitazione nel godimento comune del bene. Il discrimine tra le due ipotesi, invero, è dato dall’essersi o non essersi determinata, a seguito della innovazione non autorizzata, una nuova occupazione di una area demaniale marittima, a prescindere dalla circostanza – di per sé non decisiva – dell’essere o non essere intervenuta la nuova opera in un’area già lecitamente occupata.
DIRITTO PROCESSUALE PENALE – Erronea indicazione della norma di legge violata nel capo di imputazione – Irrilevanza a fronte di una contestazione in fatto precisa e dettagliata – Vulnus alle prerogative difensive – Esclusione – Fattispecie.
E’ irrilevante l’erronea indicazione della norma di legge violata nel capo di imputazione, purché il fatto sia specificato in modo puntuale e da ciò non derivi una limitazione all’esercizio del diritto di difesa. Nel caso di specie, a fronte di una contestazione in fatto precisa e dettagliata, l’errata indicazione del testo normativo applicabile – art. 1164 anziché art. 1161 cod. nav. – non si è in alcun modo tradotta in un vulnus alle prerogative difensive, perché la difesa ha mostrato di avere pienamente compreso il contenuto della contestazione, articolando rilievi circa le fattispecie dell’occupazione abusiva e della realizzazione di innovazioni non autorizzate, previste dalla seconda delle richiamate disposizioni.
(rigetta i ricorsi avverso sentenza del 25/02/2019 del TRIBUNALE DI FOGGIA) Pres. SARNO, Rel. ANDRONIO, Ric. Riondino
Allegato
Titolo Completo
CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. 3^, 15/01/2021 (Ud. 23/11/2020), Sentenza n.1726SENTENZA
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA PENALE
composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
omissis
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso proposto da Riondino Maria, nata a Margherita di Savoia;
avverso la sentenza del 25/02/2019 del TRIBUNALE DI FOGGIA;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Alessandro Maria Andronio;
letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Fulvio Baldi, ai sensi dell’art. 23, comma 8, del d.l. n. 137 del 2020, che ha concluso chiedendo che il ricorso sia rigettato.
RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza del 25 febbraio 2019, il Tribunale di Foggia ha condannato l’imputata alla pena dell’ammenda, in relazione al reato di cui agli artt. 54 e 1161 cod. nav., perché, in qualità di titolare dello stabilimento balneare “Lido Sirenetta”, occupava arbitrariamente parte del suolo appartenente al demanio marittimo mediante realizzazione di due diverse opere edilizie, quali un deposito in legno ed
un gazebo.
2. Avverso la sentenza l’imputata ha proposto, tramite il difensore, ricorso per cassazione, lamentando, con unico motivo di doglianza, la violazione degli artt. 521 cod. proc. pen., 1161 e 1164 cod. nav. per la mancata correlazione fra l’imputazione e la sentenza, sul rilievo che la condotta descritta nella contestazione non sarebbe corrispondente a quanto effettivamente accertato dal Tribunale sotto un duplice profilo.
In primo luogo, si lamenta che il giudice avrebbe considerato la realizzazione di siffatte opere come “occupazione arbitraria” del demanio marittimo, per poi ricondurle all’art. 1164 cod. nav., il quale non prevede un illecito penale, bensì un semplice illecito amministrativo.
In secondo luogo, si lamentano la mancata indicazione, nel capo d’imputazione, dell’art. 1161 cod. nav., disposizione che avrebbe potuto essere applicata nel caso di specie, nonché l’erroneità del riferimento della stessa imputazione ad un’occupazione arbitraria del suolo demaniale.
Sotto tale secondo profilo, si evidenzia come la fattispecie incriminatrice del richiamato art. 1161 si riferisca sia all’occupazione arbitraria, ovvero alla condotta di chi occupi il suolo demaniale in mancanza di titolo, sia alla realizzazione di innovazioni non autorizzate, da parte di un soggetto dotato di titolo concessorio.
Si lamenta, sul punto, che all’imputata sarebbe stata contestata la prima fattispecie, pur trattandosi di un soggetto dotato della concessione, che le attribuiva la qualità di “titolare del lido balneare”.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è infondato.
1.1. Secondo quanto affermato dalla giurisprudenza di legittimità, è irrilevante l’erronea indicazione della norma di legge violata nel capo di imputazione, purché il fatto sia specificato in modo puntuale e da ciò non derivi una limitazione all’esercizio del diritto di difesa (ex plurimis, Sez. 1, n. 30141 del 05/04/2019; Sez. 3, n. 22434 del 19/02/2013; Sez. 3, n. 5469 del 05/12/2013).
Nel caso di specie, a fronte di una contestazione in fatto precisa e dettagliata, l’errata indicazione del testo normativo applicabile – art. 1164 anziché art. 1161 cod. nav. – non si è in alcun modo tradotta in un vulnus alle prerogative difensive, perché la difesa ha mostrato di avere pienamente compreso il contenuto della contestazione, articolando rilievi circa le fattispecie dell’occupazione abusiva e della realizzazione di innovazioni non autorizzate, previste dalla seconda delle richiamate disposizioni.
1.2. Quanto alla censura relativa all’individuazione della condotta contestata, deve premettersi che la realizzazione di un’opera senza autorizzazione su area demaniale può integrare il reato permanente di abusiva occupazione se il godimento dell’area viene sottratto alla fruibilità collettiva, mentre configura il reato istantaneo di illecita innovazione nel caso in cui l’opera non determini alcuna limitazione nel godimento comune del bene (ex plurimis, Sez. 3, n. 29044 del 22/06/2013; Sez. 3 n. 20766 del 03/05/2006).
Per la giurisprudenza di legittimità, «il discrimine tra le due ipotesi, invero, è dato dall’essersi o non essersi determinata, a seguito della innovazione non autorizzata, una nuova occupazione di una area demaniale marittima, a prescindere dalla circostanza – di per sé non decisiva – dell’essere o non essere intervenuta la nuova opera in un’area già lecitamente occupata» (Cass. Sez. 3, n. 39455 del 22/05/2012).
Ne deriva, quanto al caso in esame, che il Tribunale ha correttamente ritenuto sussistente il reato di realizzazione di opere senza autorizzazione, trattandosi di strutture non autorizzate dalla concessione della quale l’imputata era titolare.
E non rileva in contrario la mera esistenza della concessione sull’area oggetto delle innovazioni in esame, perché la difesa non sostiene, neanche in via di mera prospettazione, che le opere effettivamente realizzate fossero consentite dal titolo concessorio.
2. Il ricorso, per tali motivi, deve essere rigettato, con condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 23/11/2020.