+39-0941.327734 abbonati@ambientediritto.it
Giurisprudenza: Giurisprudenza Sentenze per esteso massime | Categoria: Beni culturali ed ambientali, Diritto processuale penale, Diritto urbanistico - edilizia Numero: 21181 | Data di udienza: 26 Giugno 2020

BENI CULTURALI ED AMBIENTALI – Opere edilizie abusive – Condono ambientale – Presupposti di fatto e di diritto legittimanti – Istanza di accertamento di compatibilità – Effetti dell’accertamento di compatibilità – Art. 44, d.P.R. n. 380/2001 – Art. 181, d.lgs. n.42/2004 – DIRITTO URBANISTICO – EDILIZIA – Strumenti urbanistici – Interventi edilizi realizzati in difformità – Rilascio della sanatoria – Estinzione del reato edilizio – Minore impatto paesaggistico – Presupposto – Doppia conformità – Artt. 16 r 39, L.R. Sardegna n. 23/1985 – DIRITTO PROCESSUALE PENALE – Sequestro preventivo o probatorio – Ricorso per cassazione – Nozione di violazione di legge – Errores in iudicando o in procedendo – Vizi della motivazione – Poteri del giudice del riesame – Integrazione e correzione del provvedimento impugnato sulla scorta dei documenti in possesso – Giurisprudenza.


Provvedimento: SENTENZA
Sezione: 3^
Regione:
Città:
Data di pubblicazione: 16 Luglio 2020
Numero: 21181
Data di udienza: 26 Giugno 2020
Presidente: RAMACCI
Estensore: CORBETTA


Premassima

BENI CULTURALI ED AMBIENTALI – Opere edilizie abusive – Condono ambientale – Presupposti di fatto e di diritto legittimanti – Istanza di accertamento di compatibilità – Effetti dell’accertamento di compatibilità – Art. 44, d.P.R. n. 380/2001 – Art. 181, d.lgs. n.42/2004 – DIRITTO URBANISTICO – EDILIZIA – Strumenti urbanistici – Interventi edilizi realizzati in difformità – Rilascio della sanatoria – Estinzione del reato edilizio – Minore impatto paesaggistico – Presupposto – Doppia conformità – Artt. 16 r 39, L.R. Sardegna n. 23/1985 – DIRITTO PROCESSUALE PENALE – Sequestro preventivo o probatorio – Ricorso per cassazione – Nozione di violazione di legge – Errores in iudicando o in procedendo – Vizi della motivazione – Poteri del giudice del riesame – Integrazione e correzione del provvedimento impugnato sulla scorta dei documenti in possesso – Giurisprudenza.



Massima

CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. 3^, 16/07/2020 (Ud. 26/06/2020), Sentenza n.21181

BENI CULTURALI ED AMBIENTALI – Opere edilizie abusive – Condono ambientale – Presupposti di fatto e di diritto legittimanti – Istanza di accertamento di compatibilità – Effetti dell’accertamento di compatibilità – Art. 44, d.P.R. n. 380/2001 – Art. 181, d.lgs. n.42/2004.

La presentazione dell’istanza di accertamento di compatibilità di cui all’art. 181, commi 1-ter e 1- quater, d.lgs. n. 42 del 2004, non determina alcuna sospensione del processo penale in difetto di un’espressa previsione normativa, e, per altro verso, che il rilascio di detto accertamento di compatibilità nemmeno determina automaticamente la non punibilità dei predetti reati, in quanto compete sempre al giudice l’accertamento dei presupposti di fatto e di diritto legittimanti l’applicazione del cosiddetto condono ambientale

DIRITTO URBANISTICO – EDILIZIA – Strumenti urbanistici – Interventi edilizi realizzati in difformità – Rilascio della sanatoria – Estinzione del reato edilizio – Minore impatto paesaggistico – Presupposto – Doppia conformità – Artt. 16 r 39, L.R. Sardegna n. 23/1985.

Il rilascio della sanatoria, di cui all’art. 16 L.r. Sardegna n. 23 del 1985, è subordinato alla c.d. doppia conformità (all’epoca del rilascio del titolo e allo stato attuale) degli strumenti urbanistici degli interventi edilizi realizzati in difformità, e che, allo stato della legislazione vigente, l’intervento in esame, pur astrattamente autorizzabile ai sensi dell’art. 39, comma 13, L. R. Sardegna n. 8 del 2015, presuppone il minore impatto paesaggistico determinato dalla nuova costruzione rispetto a quella precedente.

DIRITTO PROCESSUALE PENALE – Sequestro preventivo o probatorio – Ricorso per cassazione – Nozione di violazione di legge – Errores in iudicando o in procedendo – Vizi della motivazione.

Il ricorso per cassazione contro ordinanze emesse in materia di sequestro preventivo o probatorio è ammesso solo per violazione di legge, in tale nozione dovendosi comprendere sia gli errores in iudicando o in procedendo, sia quei vizi della motivazione così radicali da rendere l’apparato argomentativo posto a sostegno del provvedimento o del tutto mancante o privo dei requisiti minimi di coerenza, completezza e ragionevolezza e quindi inidoneo a rendere comprensibile l’itinerario logico seguito dal giudice.

DIRITTO PROCESSUALE PENALE – Poteri del giudice del riesame – Integrazione e correzione del provvedimento impugnato sulla scorta dei documenti in possesso.

Il giudice del riesame non può compiere accertamenti, ma può integrare e correggere il provvedimento impugnato sulla scorta dei documenti in suo possesso, e ciò anche al fine di replicare alla censure mosse con la richiesta di riesame.

(dich. inammissibili i ricorsi avverso ordinanza del 15/10/2019 del TRIBUNALE DELLA LIBERTÀ DI SASSARI) Pres. RAMACCI, Rel. CORBETTA, Ric. Marzano


Allegato


Titolo Completo

CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. 3^, 16/07/2020 (Ud. 26/06/2020), Sentenza n.21181

SENTENZA

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA PENALE

composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

omissis

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

sui ricorsi proposti da:
Marzano Vittorio, nato a Camposannpiero;
Marzano Loredana, nata a Roma;

avverso l’ordinanza del 15/10/2019 del TRIBUNALE DELLA LIBERTÀ DI SASSARI;

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;

udita la relazione svolta dal consigliere Stefano Corbetta;

letta le requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Marilia di Nardo, che ha concluso chiedendo l’inammissibilità dei ricorsi.

RITENUTO IN FATTO

1. Con l’impugnata ordinanza, il Tribunale di Sassari, costituito ai sensi dell’art. 324 cod. proc. pen., rigettava la richiesta di riesame proposta nell’interesse di Vittorio Marzano e di Loredana Marzano avverso il decreto con il quale il G.i.p. del Tribunale di Tempio Pausania aveva disposto il sequestro preventivo di un manufatto edilizio in corso di realizzazione di proprietà dei predetti, ipotizzando i reati di cui agli artt. 44, comma 1, lett. c) d.P.R. n. 380 del 2001 e 181, comma 1, d.lgs. n. 42 del 2004, per aver realizzato, in qualità di committenti, opere consistite nella totale demolizione del fabbricato preesistente e nell’edificazione di un nuovo manufatto in area non edificabile, in assenza di permesso di costruire e nulla osta paesaggistico, o comunque in totale difformità dal titolo abilitativo, costituito dal P.u. n. 32 del 2 dicembre 2015.

2. Avverso l’indicata ordinanza, gli indagati, per il tramite dei comuni difensori di fiducia, con un unico atto propongono ricorso per Cassazione, affidato a due motivi.

2.1. Con il primo motivo si deduce la violazione dell’art. 606, comma 1, lett. b) cod. proc. pen. in relazione agli artt. 111, comma 6, Cost., 125, 324 e 309 cod. proc. pen. Assumono i ricorrenti che la motivazione sarebbe silente sulla natura del presunto abuso loro contestato e sulla relativa qualificazione giuridica, avendo il Tribunale pedissequamente recepito le conclusioni assunte dal G.i.p., senza operare un’autonoma valutazione sul punto e senza confrontarsi con le censure difensive dedotte con la memoria versata in atti.

2.2. Con il secondo motivo si lamenta la violazione dell’art. 606, comma 1, lett. c) cod. proc. pen. in relazione agli artt. 324 e 309, comma 9, cod. proc. pen.

Ad avviso dei ricorrenti, l’ordinanza impugnata sarebbe contraddittoria laddove, preso atto del verbale di sopralluogo del 30 settembre 2019 e dell’attivazione del procedimento in sanatoria previsto dalla L.r. Sardegna n. 24 del 2016, per un verso ha affermato che la demolizione di un fabbricato preesistente e la sua integrale ricostruzione sia un intervento astrattamente autorizzabile, e, per altro verso, ha ravvisato il fumus dei reati in esame, facendo riferimento a profili di difformità ulteriori rispetto a quelli contestati dal Pubblico ministero e all’incremento volumetrico, superiore al 10%, pure non indicato nell’incolpazione provvisoria, ciò che inciderebbe sui limiti di intervento attribuiti al Tribunale cautelare con riferimento alla correlazione tra incolpazione provvisoria e decisione, essendo stati enucletati profili di illegittimità nemmeno adombrati dal titolare della pubblica accusa.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. I ricorsi sono inammissibili per la manifesta infondatezza dei motivi, esaminabili congiuntamente in considerazione della stretta correlazione tra le questioni dedotte.

2. In via preliminare, per delimitare i confini del controllo esercitabile in questa sede di legittimità avverso i provvedimenti applicativi di misure ablative reali, va richiamato l’orientamento, correttamente evocato anche dai ricorrenti, secondo cui, il ricorso per cassazione contro ordinanze emesse in materia di sequestro preventivo o probatorio è ammesso solo per violazione di legge, in tale nozione dovendosi comprendere sia gli errores in iudicando o in procedendo, sia quei vizi della motivazione così radicali da rendere l’apparato argomentativo posto a sostegno del provvedimento o del tutto mancante o privo dei requisiti minimi di coerenza, completezza e ragionevolezza e quindi inidoneo a rendere comprensibile l’itinerario logico seguito dal giudice (Sez. U, n. 25932 del 29/05/2008 – dep. 26/06/2008, Ivanov, Rv. 239692; di recente, Sez. 3, n. 4919 del 14/07/2016 – dep. 02/02/2017, Faiella, Rv. 269296; Sez. 2, n. 18951 del
14/03/2017 – dep. 20/04/2017, Napoli, Rv. 269656).

3. Ciò posto, la motivazione resa dal provvedimento impugnato appare in linea con i principi sopra indicati, avendo il Tribunale cautelare, con motivazione coerente e adeguata, esplicitato le ragioni posto a fondamento della sussistenza del fumus commissi delicti e puntualmente confutato le argomentazioni difensive, valorizzando elementi fattuali evincibili dagli atti.

4. In punto di fatto, secondo quanto accertato in sede di merito, sul terreno in questione insiste un fabbricato a uso residenziale risalente al 1936, costituito da un corpo principale disposto su due livelli piani, una dependance e un ripostiglio, entrambi su un unico livello, realizzati con diverse tipologie costruttive.

Gli indagati ottennero un titolo abilitativo, costituito dal P.U. n. 382 del 2 dicembre 2015, che autorizzava la ristrutturazione e la messa in sicurezza di tutti in corpi, con una parziale demolizione di alcune strutture, con un incremento volumetrico pari al 10% rispetto all’edificio preesistente, che avrebbe riguardato il ripostiglio.

All’atto del sopralluogo, avvenuto il 3 settembre 2019, si constatò la realizzazione di opere in totale difformità rispetto al progetto approvato, in quanto, come si ricava dalla comparazione tra le immagini del vecchio fabbricato e quello in edificazione, la demolizione delle strutture preesistenti era stata pressoché totale, fatta eccezione per un muretto esterno di delimitazione della corte, lungo pochi metri, e per una piccola porzione di pavimentazione interna.

5. Ciò posto, il Tribunale cautelare ha confermato la sussistenza dei reati in contestazioni, rilevando, in primo luogo, che, diversamente da quanto dedotto dai ricorrenti – secondo cui si tratterebbe di difformità da classificarsi tra le “varianti non sostanziali” autorizzabili mediante SCIA – dagli atti emerge che nessuna domanda fu mai presentata in data antecedente alla realizzazione delle opere di totale demolizione e ricostruzione non contemplate nel progetto, opere rispetto alle quali, quindi, non era stata attenuta alcuna autorizzazione in variante rispetto al progetto approvato, di talché essere furono realizzate in difformità rispetto al titolo abilitativo rilasciato.

6. In secondo luogo, con motivazione adeguata, il Tribunale distrettuale ha rigettato la prospettazione difensiva tesa a valorizzare l’avvenuta presentazione, in data successiva al sequestro, di una D.U.A. in sanatoria, la cui approvazione determinerebbe l’estinzione dei reati in questioni, osservando come, in riferimento al reato ex art. 181, comma 1, d.lgs. n. 42 del 2004, non sia stato nemmeno richiesto un accertamento di compatibilità paesaggistica.

A tal proposito, va ricordato, per un verso, che la presentazione dell’istanza di accertamento di compatibilità di cui all’art. 181, commi 1-ter e 1- quater, d.lgs. n. 42 del 2004, non determina alcuna sospensione del processo penale in difetto di un’espressa previsione normativa (Sez. 3, n. 1442 del 06/11/2012 – dep. 11/01/2013, Pallone, Rv. 254265), e, per altro verso, che il rilascio di detto accertamento di compatibilità nemmeno determina automaticamente la non punibilità dei predetti reati, in quanto compete sempre al giudice l’accertamento dei presupposti di fatto e di diritto legittimanti l’applicazione del cosiddetto condono ambientale (Sez. 3, n. 36454 del 31/05/2019 – dep. 27/08/2019, D’Acunto, Rv. 276758; Sez. 3, n. 13730 del 12/01/2016 – dep. 06/04/2016, Principato, Rv. 266955).

7. Ancora, in relazione alla sanatoria di cui all’art. 16 L.r. Sardegna n. 23 del 1985, da cui discenderebbe l’estinzione del reato edilizio, il Tribunale cautelare ha osservato come il rilascio di detta sanatoria sia subordinato alla c.d. doppia conformità (all’epoca del rilascio del titolo e allo stato attuale) degli strumenti urbanistici degli interventi edilizi realizzati in difformità, e che, allo stato della legislazione vigente, l’intervento in esame, pur astrattamente autorizzabile ai sensi dell’art. 39, comma 13, L. R. Sardegna n. 8 del 2015, presuppone il minore impatto paesaggistico determinato dalla nuova costruzione rispetto a quella precedente, mentre, nel caso concreto, in sede di sopralluogo, si è accertato che le modifiche prospettiche (consistenti nella realizzazione di una veranda coperta con capriata lignea e di vetrate nel locale soggiorno e nella camera del primo piano in sopraelevazione nel prospetto nord-ovest) furono poste in essere nonostante che, nel corso della conferenza di servizi, l’UTP della Ras avesse negato il suo assenso e, anzi, avesse chiesto l’eliminazione del progetto, trattandosi di modifiche prospettiche particolarmente visibili dal mare, come risulta dalle relazioni tecniche a firma degli arch. Lutzoni e Frassetto.

8. L’argomentazione dedotta dai ricorrenti, secondo cui tale profilo di illegittimità non è stato oggetto di contestazione da parte del Pubblico ministero, di talché il Tribunale avrebbe esorbitato dai poteri conferiti, è destituito di fondamento.

Invero, ferma restando l’identità del fatto contestato, la valutazione di tale profilo si è resa necessaria a fronte delle argomentazioni difensive dedotte in sede di riesame, disattese dal Tribunale sulla base degli atti di indagini, conosciuti e nella disponibilità dei ricorrenti, dovendosi richiamare il principio, che il Collegio condivide e a cui intende dare continuità, secondo cui il giudice del riesame non può compiere accertamenti, ma può integrare e correggere il provvedimento impugnato sulla scorta dei documenti in suo possesso (Sez. 2, n. 3103 del 18/12/2007 – dep. 21/01/2008, Di Vincenzo e altro, Rv. 239267), e ciò anche al fine di replicare alla censure mosse con la richiesta di riesame.

9. Il Tribunale cautelare, inoltre, ha parimenti confutato l’argomentazione difensiva, secondo la quale l’aumento volumetrico sarebbe stato assentito sulla base del c.d. piano casa, di cui alla L.r. Sardegna n. 4 del 2009 e successive modificazioni, osservando come la disciplina ora richiamata non contempla alcuna possibilità di autorizzare, a nessuna condizione, aumenti di volumetria in relazione ad immobili ubicati nella zona H.

Anche in tal caso, si richiamano le considerazioni sopra svolte, dovendosi ribadire che il Tribunale cautelare si è mantenuto entro il perimetro dei poteri a lui attribuiti, evidenziando un profilo di illegittimità al fine di dare adeguata risposta alle censure mosse dagli indagati in sede di riesame.

10. In conclusione, il Tribunale ha valutato in maniera autonoma la sussistenza dei reati contestati, confutando le deduzioni difensive con motivazione coerente, completa e ragionevole, perciò idonea a rendere comprensibile l’iter logico seguito dal giudice della cautela, ciò che esclude ogni violazione di legge.

11. Essendo i ricorsi inammissibili e, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte Cost. sent. n. 186 del 13/06/2000), alla condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese del procedimento consegue quella al pagamento della sanzione pecuniaria nella misura, ritenuta equa, indicata in dispositivo.

P.Q.M.

Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 3.000,00 ciascuno in favore della Cassa delle Ammende.

Così deciso il 26/06/2020.

Iscriviti alla Newsletter GRATUITA

Ricevi gratuitamente la News Letter con le novità di AmbienteDiritto.it e QuotidianoLegale.

N.B.: se non ricevi la News Letter occorre una nuova iscrizione, il sistema elimina l'e-mail non attive o non funzionanti.

ISCRIVITI SUBITO


Iscirizione/cancellazione

Grazie, per esserti iscritto alla newsletter!