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Giurisprudenza: Giurisprudenza Sentenze per esteso massime | Categoria: Diritto demaniale, Diritto processuale penale, Diritto urbanistico - edilizia Numero: 21158 | Data di udienza: 2 Maggio 2013

DIRITTO DEMANIALE – Occupazione del demanio – Reato  ex art. 1161 Cod. Nav. – Configurabilità – Proroga, scadenza e assenza di concessione demaniale – Tipologie di concessione demaniali – Proroga e termini – Verifica della permanenza dei requisiti – Artt. 15 e 44 lett. c) d.P.R. n.380/01 – Art. 734 cod. pen. Artt. 146 e  181 d.lgs. n.42/2004 – Art. 54 e 1161 Cod. Nav. – DIRITTO URBANISTICO – Esecuzione di opere stagionali – Permesso di costruire – Natura e destinazione delle opere – Opera stagionale e opera precaria – Differenza – Mancata rimozione allo spirare del termine stagionale – Reato di cui all’art. 44 d.P.R. n.380/01 – Giudizio cautelare – Correttezza dei procedimenti amministrativi – Verifica di atti della pubblica amministrazione – Giudice di merito – DIRITTO PROCESSUALE PENALE – Illecita occupazione di suolo pubblico – Sequestro dell’area.


Provvedimento: Sentenza
Sezione: 3^
Regione:
Città:
Data di pubblicazione: 16 Maggio 2013
Numero: 21158
Data di udienza: 2 Maggio 2013
Presidente: Teresi
Estensore: Ramacci


Premassima

DIRITTO DEMANIALE – Occupazione del demanio – Reato  ex art. 1161 Cod. Nav. – Configurabilità – Proroga, scadenza e assenza di concessione demaniale – Tipologie di concessione demaniali – Proroga e termini – Verifica della permanenza dei requisiti – Artt. 15 e 44 lett. c) d.P.R. n.380/01 – Art. 734 cod. pen. Artt. 146 e  181 d.lgs. n.42/2004 – Art. 54 e 1161 Cod. Nav. – DIRITTO URBANISTICO – Esecuzione di opere stagionali – Permesso di costruire – Natura e destinazione delle opere – Opera stagionale e opera precaria – Differenza – Mancata rimozione allo spirare del termine stagionale – Reato di cui all’art. 44 d.P.R. n.380/01 – Giudizio cautelare – Correttezza dei procedimenti amministrativi – Verifica di atti della pubblica amministrazione – Giudice di merito – DIRITTO PROCESSUALE PENALE – Illecita occupazione di suolo pubblico – Sequestro dell’area.



Massima

 

 

CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez.3^, 16 Maggio 2013 (Ud. 2/05/2013) Sentenza n. 21158

DIRITTO DEMANIALE – Occupazione del demanio – Reato  ex art. 1161 Cod. Nav. – Configurabilità – Proroga, scadenza e assenza di concessione demaniale.
 
Il reato previsto all’art. 1161 Cod. Nav. si configura non soltanto attraverso l’occupazione del suolo demaniale in assenza di concessione, ma anche quando l’occupazione, effettuata sulla base di una autorizzazione stagionale, si protragga oltre il termine della stagione balneare, ciò in quanto la natura pluriennale del titolo abilitante esonera il concessionario dalla richiesta annuale, ma non esclude l’obbligo di rimuovere quanto collocato al termine del periodo di utilizzo previsto (Cass. Sez. III n. 19962, 23/5/2007; Sez. III n. 17062, 18/5/2006) nonché quando l’occupazione del demanio si protrae oltre la scadenza della concessione sino al rilascio della nuova, pur già richiesta (Cass. Sez. III n.29910, 26/7/2011; Sez. III n. 16495, 28/4/2010; Sez. III n. 16570, 2/5/2007; Sez. III n. 3535, 24/1/2003; Sez. III n. 2545, 17/3/1997).
 
(conferma ordinanza n. 178/2012 TRIB. LIBERTA’ di SALERNO, del 04/05/2012) Pres. Teresi, Est. Ramacci, Ric. Filizola
 
 
DIRITTO DEMANIALE – Tipologie di concessione demaniali – Proroga e termini – Verifica della permanenza dei requisiti – Artt. 15 e 44 lett. c) d.P.R. n.380/01 – Art. 734 cod. pen. – Artt. 146 e  181 d.lgs. n.42/2004 – Art. 54 e 1161 Cod. Nav..
 
La disposizione richiamata nel d.l. 194/2009, non prevede espressamente la necessità di una richiesta di proroga, ma la necessità di tale requisito si ricava dal tenore generale della disposizione ed è espressamente riconosciuto dalla giurisprudenza amministrativa. In effetti, la proroga è applicabile soltanto ad alcune tipologie di concessione, il che impone una verifica da parte dell’amministrazione competente ed, inoltre, il termine fissato dalla legge deve ritenersi come un termine massimo che non preclude la possibilità, per il concessionario, di richiedere ed ottenere che, per sue esigenze, l’efficacia della proroga sia contenuta entro un termine inferiore. Va inoltre considerato, in linea generale, che la proroga, riguardando una concessione valida ed ancora in essere, presuppone la verifica di tale condizione e la permanenza dei requisiti richiesti per il suo rilascio, il che implica, ancora una volta, l’esigenza di una verifica.
 
(conferma ordinanza n. 178/2012 TRIB. LIBERTA’ di SALERNO, del 04/05/2012) Pres. Teresi, Est. Ramacci, Ric. Filizola
 
 
DIRITTO URBANISTICO – Esecuzione di opere stagionali – Permesso di costruire – Natura e destinazione delle opere – Opera stagionale e opera precaria – Differenza – Mancata rimozione allo spirare del termine stagionale – Reato di cui all’art. 44 d.P.R. n.380/01.
 
Il permesso di costruire è senz’altro richiesto per l’esecuzione di opere stagionali, differenziandole da quelle precarie che, per la loro stessa natura e destinazione, non comportano effetti permanenti e definitivi sull’originario assetto del territorio tali da richiedere il preventivo rilascio di un titolo abilitativo. L’opera stagionale, diversamente da quella precaria, non è, infatti, destinata a soddisfare esigenze contingenti ma ricorrenti, sia pure soltanto in determinati periodi dell’anno e, per tale motivo, è soggetta a permesso di costruire (Cass. Sez. III n. 34763, 26/9/2011; Sez. III n. 23645, 13/6/2011; Sez. III n. 22868, 13/6/2007; Sez. III n. 13705, 19/4/2006; Sez. III n. 11880, 12/3/2004). La sua mancata rimozione allo spirare del termine stagionale configura, inoltre, il reato di cui all’art. 44 d.P.R. 380/01 poiché, in tale ipotesi, la responsabilità discende dal combinato disposto del medesimo articolo 44 e dell’art. 40, comma secondo, cod. pen., per la mancata ottemperanza all’obbligo di rimozione insito nel provvedimento autorizzatorio temporaneo (Cass. Sez. III n. 23645/2011, cit. Sez. III n. 42190, 29/11/2010; Sez. III n. 29871, 11/9/2006).
 
(conferma ordinanza n. 178/2012 TRIB. LIBERTA’ di SALERNO, del 04/05/2012) Pres. Teresi, Est. Ramacci, Ric. Filizola
 
 
DIRITTO URBANISTICO – Giudizio cautelare – Correttezza dei procedimenti amministrativi – Verifica di atti della pubblica amministrazione – Giudice di merito. 
 
L’accertamento della correttezza dei procedimenti amministrativi per il rilascio di titoli abilitativi edilizi è sostanzialmente riservata al giudice di merito, poiché presuppone necessariamente la verifica di atti della pubblica amministrazione, mentre il controllo in sede di legittimità concerne la correttezza giuridica dell’accertamento di merito sul punto. Deve peraltro tenersi conto della natura sommaria del giudizio cautelare, la quale impedisce una esaustiva verifica della regolarità dei procedimenti amministrativi, in quanto l’accertamento dell’esistenza del fumus dei reati è fondato sulle prospettazioni della pubblica accusa, che non appaiano errate sul piano giuridico ovvero non siano contraddette in modo inconfutabile dalla difesa (Cass. Sez. III n.20571, 1/6/2010).
 
(conferma ordinanza n. 178/2012 TRIB. LIBERTA’ di SALERNO, del 04/05/2012) Pres. Teresi, Est. Ramacci, Ric. Filizola
 
 
DIRITTO PROCESSUALE PENALE – DIRITTO DEMANIALE – Illecita occupazione di suolo pubblico – Sequestro dell’area.
 
Sussiste legittimamente la possibilità di procedere al sequestro al fine di impedire il protrarsi di una illecita occupazione di suolo pubblico che la sottrae alla fruizione pubblica (Cass. Sez. III n. 12504, 3/4/2012; Sez. III n. 34101, 12/10/2006, Sez. VI n. 3947, 31/1/2001).
 
(conferma ordinanza n. 178/2012 TRIB. LIBERTA’ di SALERNO, del 04/05/2012) Pres. Teresi, Est. Ramacci, Ric. Filizola
 

Allegato


Titolo Completo

CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez.3^, 16 Maggio 2013 (Ud. 2/05/2013) Sentenza n. 21158

SENTENZA

 

 
 
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
 
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
TERZA SEZIONE PENALE
 
Composta dagli ill.mi Sigg.ri Magistrati:
 
Dott. ALFREDO TERESI – Presidente
Dott. GIOVANNI AMOROSO – Consigliere
Dott. LUCA RAMACCI – Consigliere Rel.
Dott. GASTONE ANDREAZZA – Consigliere
Dott. ALESSANDRO MARIA ANDRONIO – Consigliere
 
ha pronunciato la seguente
 
SENTENZA
 
sul ricorso proposto da FILIZOLA CONCETTA N. IL 25/01/1965
avverso l’ordinanza n. 178/2012 TRIB. LIBERTA’ di SALERNO, del 04/05/2012;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. L. RAMACCI; 
sentite le conclusioni del PG Dott. M. Fraticelli;
Uditi i difensori avv. L. Clarizia e R Calicigno;
 
RITENUTO IN FATTO
 
1. Il Tribunale del Riesame di Salerno, con ordinanza del 5.5.2012 ha rigettato la richiesta di riesame avverso il decreto di sequestro preventivo emesso dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Sala Consilina il 23.3.2012 e concernente un’area demaniale marittima unitamente alle opere ivi realizzate, ipotizzandosi, nei confronti di Concetta FILIZOLA, i reati di cui agli artt. 110, 323 cod. pen. (in concorso con vari responsabili dell’ufficio tecnico comunale di Santa Marina di Policastro), 44 lett. c) d.P.R. 380/01, 734 cod. pen. e 181 d.lgs. 42/2004, 54 e 1161 Cod. Nav.
 
Osserva il Tribunale che la misura reale era stata applicata all’esito di indagini aventi ad oggetto le strutture balneari ricadenti nel territorio del comune di Santa Marina di Policastro dalle quali era emerso che, per quella gestita dalla FILIZOLA, era stato rilasciato dapprima un permesso di costruire, corredato da valida autorizzazione paesaggistica, per la realizzazione di opere stagionali da rimuovere al termine della stagione estiva, con validità di tre anni dalla data del rilascio, cui erano seguiti altri permessi di costruire, per le successive stagioni estive, senza la preventiva autorizzazione paesaggistica (dovendosi ritenere scaduto quella originariamente rilasciata per il decorso del termine di cinque anni).
 
La polizia giudiziaria operante aveva altresì rilevato che la struttura balneare realizzata non era mai stata rimossa e che la concessione demaniale per l’occupazione del suolo risultava scaduta di validità.
 
Avverso tale pronuncia la predetta propone ricorso per cassazione.
2. Con un primo motivo di ricorso deduce la violazione degli artt. 125 e 321 cod. proc. pen., rilevando che la ricostruzione della vicenda effettuata dai giudici del riesame risulterebbe carente e frammentaria, tanto da rendere non intellegibili gli esatti termini della vicenda.
 
Osserva, a tale proposito, che l’intervento edilizio sarebbe assentito da validi titoli abilitativi e che il permesso di costruire prevedeva, in realtà, un termine di tre anni per l’ultimazione dei lavori, la rimozione al termine della stagione estiva delle opere precarie (ombrelloni, lettini, passerelle ed altro) necessarie all’esercizio dell’attività balneare e la definitiva rimozione dell’intera struttura balneare entro il 31.12.2008, termine di scadenza della concessione demaniale, in caso di mancato rinnovo della stessa, con la conseguenza che il mantenimento della struttura risulterebbe connesso alla vigenza della concessione demaniale.
 
Aggiunge che tale concessione sarebbe stata rinnovata automaticamente in forza di quanto disposto dall’art. 1, comma 2 d.l. 5.10.1993 n. 400, convertito nella legge 4.12.1993, n. 494 e che, alla scadenza dei primi sei anni, l’amministrazione comunale avrebbe proceduto a richiedere annualmente, con procedura ritenuta impropria, il rinnovo delle concessioni demaniali e la proroga del titolo edilizio, con corresponsione dei relativi canoni ed imposte, senza peraltro considerare l’ulteriore proroga ex lege del termine di validità delle concessioni demaniali, fino al 31.12.2015, ad opera dell’art. 1, comma 18 d.l. 30.12.2009, n. 194, convertito nella legge 26.2.2010 n. 25.
 
La mancata considerazione di tali evenienze da parte dei giudici del riesame, rileva, evidenzierebbe come meramente apparente la motivazione posta a sostegno del provvedimento impugnato.
 
3. Con un secondo motivo di ricorso deduce la violazione di legge, osservando che erroneamente il Tribunale avrebbe ritenuto che la proroga legale della scadenza delle concessioni demaniali sarebbe soggetta a preventiva richiesta dell’interessato, poiché tale assunto non troverebbe riscontro in alcuna previsione di legge e nell’interpretazione datane nelle circolari ministeriali e dal giudice amministrativo, cosicché il reato di occupazione abusiva del suolo demaniale sarebbe insussistente.
 
4. Con un terzo motivo di ricorso rileva che il Tribunale sarebbe incorso in una ulteriore violazione di legge laddove ha ritenuto la cessazione dell’efficacia dell’autorizzazione paesaggistica per essere trascorso un quinquennio dalla data del suo rilascio, poiché l’art. 146, comma 4 d.lgs. n.42/2004 prevede un termine di efficacia quinquennale con riferimento agli interventi ancora da eseguire e non anche per quelli già eseguiti.
 
5. Con un Quarto motivo di ricorso osserva che, contrariamente a quanto sostenuto dai giudici del riesame, lo stabilimento balneare era stato realizzato in forza di valido titolo edilizio, opportunamente preceduto dall’autorizzazione paesaggistica, rispetto al quale non è previsto alcun termine di validità, con la conseguenza che quello apposto dall’amministrazione comunale nel caso in esame (e le successive previsioni di proroghe annuali) sarebbero del tutto illegittime, in quanto l’unico termine apponibile sarebbe quello per l’inizio e l’ultimazione dei lavori di cui tratta l’art. 15 d.P.R. n.380/01.
 
Rileva, inoltre, che il titolo abilitativo in questione non imporrebbe la rimozione delle opere assentite al termine della stagione estiva, bensì alla scadenza della concessione demaniale, mentre la rimozione al termine della stagione estiva riguarderebbe soltanto gli arredi e le strutture funzionali all’esercizio dell’attività balneare.
 
6. Con un auinto motivo di ricorso rileva come la sussistenza del reato di cui all’art. 734 cod. pen. sarebbe stata rilevata dai giudici del riesame sul solo, erroneo, presupposto della scadenza dell’autorizzazione paesaggistica, mentre la contravvenzione richiede, per la sua configurabilità, la sussistenza di un danno concreto.
 
7. Con un sesto motivo di ricorso lamenta che, in relazione all’ipotizzato delitto di abuso d’ufficio, nulla avrebbe osservato il Tribunale nonostante le specifiche deduzioni mosse in una memoria difensiva depositata.
 
8. Con un settimo motivo di ricorso rileva che il Tribunale avrebbe erroneamente considerato la sussistenza del periculum in mora, trattandosi, nella fattispecie, di opere già ultimate che non arrecherebbero alcun pregiudizio concreto ed attuale all’assetto territoriale e sarebbero assentite da validi titoli abilitativi.
insiste, pertanto, per l’accoglimento del ricorso.
 
CONSIDERATO IN DIRITTO
 
9. Il ricorso è infondato.
 
Occorre preliminarmente ricordare che questa Corte non ha accesso agli atti del procedimento, cosicché si palesano del tutto inconferenti i richiami ad atti amministrativi ed altri documenti effettuati in ricorso.
 
In ragione di tale circoscritta cognizione, una ricostruzione sommaria della vicenda processuale può essere effettuata solo attraverso l’esame dei limitati contenuti del provvedimento impugnato e del ricorso, dai quali emerge, tuttavia, una diversa valutazione dell’iter procedimentale seguito per la realizzazione dello stabilimento balneare. Le divergenze attengono, sostanzialmente, alla validità ed ai contenuti del permesso di costruire, alla permanenza dell’efficacia dell’autorizzazione paesaggistica rilasciata nel 2003 e considerata anche ai fini del rilascio dei permessi di costruire successivi al primo ed alla validità della concessione demaniale.
 
Si ritiene opportuno ricordare, a tale proposito, come questa Corte abbia già avuto modo di osservare che l’accertamento della correttezza dei procedimenti amministrativi per il rilascio di titoli abilitativi edilizi è sostanzialmente riservata al giudice di merito, poiché presuppone necessariamente la verifica di atti della pubblica amministrazione, mentre il controllo in sede di legittimità concerne la correttezza giuridica dell’accertamento di merito sul punto. Deve peraltro tenersi conto della natura sommaria del giudizio cautelare, la quale impedisce una esaustiva verifica della regolarità dei procedimenti amministrativi, in quanto l’accertamento dell’esistenza del fumus dei reati è fondato sulle prospettazioni della pubblica accusa, che non appaiano errate sul piano giuridico ovvero non siano contraddette in modo inconfutabile dalla difesa (così Sez. III n.20571, 1 giugno 2010).
 
10. Date tali premesse, deve osservarsi che il primo motivo di ricorso, pur facendo riferimento alla violazione degli artt. 321 e 125 cod. proc. pen., ipotizzandosi una motivazione soltanto apparente, in realtà pone in discussione la ricostruzione dei fatti operata dai giudici, lamentando carenze argomentative che devono, però, ritenersi inammissibili in quanto riferite ad un supposto vizio di motivazione e ciò in quanto il ricorso per cassazione avverso l’ordinanza emessa in sede di riesame di provvedimenti di sequestro (probatorio o preventivo) può essere proposto esclusivamente per violazione di legge e non anche con riferimento ai motivi di cui all’articolo 606, lettera e) cod. proc. pen. che, peraltro, il ricorrente espressamente richiama, unitamente ad altre disposizioni, nell’intestazione del motivo (v. SS.UU. n. 5876, 13 febbraio 2004. Conf. Sez. V n. 35532, 1 ottobre 2010; Sez. VI n. 7472, 20 febbraio 2009; Sez. V n. 8434, 28 febbraio 2007).
 
In ogni caso, le argomentazioni prospettate attengono ad aspetti che verranno poi approfonditi nei successivi motivi.
 
Resta da osservare che la ricostruzione dei fatti è stata effettuata dai giudici del riesame con espresso riferimento dapprima alla comunicazione della notizia di reato dalla quale ha tratto origine il procedimento penale e, successivamente, all’esame diretto degli atti allegati, sul contenuto dei quali essi si basano per confutare le tesi difensive, sviluppando un percorso argomentativo del tutto adeguato che non può certo definirsi meramente apparente.
 
11. Passando all’esame del secondo motivo di ricorso, concernente la validità della concessione demaniale, deve rilevarsi che lo stesso, avuto riguardo agli elementi offerti dal ricorso e dal provvedimento, si palesa infondato.
 
La questione riguarda la scadenza della concessione medesima, che il Tribunale, riportandosi a quanto rilevato dal G.I.P., colloca al 31.12.2011 e che in ricorso, pur dandosi atto che quella rilasciata in data 1.5.2008 con scadenza al 31.12.2009 era stata poi prorogata al 31.12.2010 e, dopo ancora, al 31.12.2011, viene invece individuata in un momento successivo (31.12.2015) in forza delle disposizioni contenute nell’art. 1, comma 2 d.l. 5.10.1993 n. 400, convertito nella legge 4.12.1993, n. 494 e l’art. 1, comma 18 d.l. 30.12.2009, n. 194, convertito nella legge 26.2.2010 n. 25.
 
Il comma 2 dell’art.l d.l. 400/1993, abrogato dall’art. 11, comma 1, della legge 15 dicembre 2011 n. 217 (Disposizioni per l’adempimento di obblighi derivanti dall’appartenenza dell’Italia alle Comunità europee – Legge comunitaria 2010) stabiliva che «Le concessioni di cui al comma 1, indipendentemente dalla natura o dal tipo degli impianti previsti per lo svolgimento delle attività, hanno durata di sei anni. Alla scadenza si rinnovano automaticamente per altri sei anni e così successivamente ad ogni scadenza, fatto salvo il secondo comma dell’articolo 42 del codice della navigazione. Le disposizioni del presente comma non si applicano alle concessioni rilasciate nell’ambito delle rispettive circoscrizioni territoriali dalle autorità portuali di cui alla legge 28 gennaio 1994, n. 84».
 
L’abrogazione, come espressamente chiarito dalla legge 217/2011 che vi provvedeva, si era resa necessaria per chiudere la procedura di infrazione n. 2008/4908 avviata ai sensi dell’articolo 258 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea e per rispondere all’esigenza degli operatori del mercato di usufruire di un quadro normativo stabile che, conformemente ai principi comunitari, consentisse lo sviluppo e l’innovazione dell’impresa turistico-balneare-ricreativa.
 
L’instaurazione della procedura d’infrazione e la successiva abrogazione della norma erano conseguenza di un contrasto della normativa interna con la direttiva n. 2006/123/CE nella parte in cui, con l’art. 12, comma 2, esclude il rinnovo automatico della concessione, oltre che con i principi del Trattato in tema di concorrenza e di libertà di stabilimento.
 
L’art. 1, comma 18 d.l. 194/2009 ha prorogato i termini di scadenza delle concessioni di beni demaniali marittimi con finalità turistico-ricreative dapprima al 31.12.2005, come ricordato in ricorso e, successivamente, con le modifiche apportate dal d.l. 18 ottobre 2012, convertito nella legge 17 dicembre 2012, n. 221, al 31.12.2020.
 
Come rilevato dalla Corte Costituzionale (sent. 213, 18 luglio 2011) nel valutare la legittimità costituzionale di alcune disposizioni regionali in tema di proroga automatica di concessioni demaniali, il menzionato art. 1, comma 18 d.l. 194/2009 ha «carattere transitorio in attesa della revisione della legislazione in materia di rilascio delle concessioni di beni demaniali marittimi da realizzarsi, quanto ai criteri e alle modalità di affidamento, sulla base di una intesa da raggiungere in sede di Conferenza Stato-Regioni, nel rispetto dei principi di concorrenza, di libertà di stabilimento, di garanzia dell’esercizio, dello sviluppo, della valorizzazione delle attività imprenditoriali e di tutela degli investimenti, nonché in funzione del superamento del diritto di insistenza di cui al citato art. 37, secondo comma, cod. nav. La finalità del legislatore è stata, dunque, quella di rispettare gli obblighi comunitari in materia di libera concorrenza e di consentire ai titolari di stabilimenti balneari di completare l’ammortamento degli investimenti nelle more del riordino della materia, da definire in sede di Conferenza Stato-Regioni».
 
12. Ciò posto, deve rilevarsi che in ricorso, come si è già detto, si ritiene che la concessione demaniale sia stata dapprima prorogata per 6 anni, alla scadenza del 31.12.2008, fino al 31.12.2014 (in base al disposto del d.l. 400/93) e, successivamente, per l’entrata in vigore del d.l. 194/2009, al 31.12.2005 (termine che, seguendo il ragionamento prospettato in ricorso, sarebbe ora ulteriormente posticipato al 31.12.2020 a seguito delle modifiche apportate all’originaria formulazione del decreto).
 
Tale assunto, tuttavia, non può essere condiviso.
 
In primo luogo, non si spiegherebbe come mai, pur in presenza di una proroga ex lege della concessione demaniale, siano state comunque richieste e rilasciate, come riconosciuto in ricorso, le due ulteriori proroghe, di cui si è detto in precedenza, con autonomi provvedimenti.
 
In secondo luogo, deve dubitarsi anche dell’applicabilità ed efficacia del d.l. 400/93, tenendo conto di quanto rilevato recentemente dalla giurisprudenza amministrativa (Cons. Stato Sez. VI n. 525, 29 gennaio 2013).
 
Ricorda infatti il giudice amministrativo come la Corte Costituzionale abbia ripetutamente rilevato (sentenze nn. 213/2011, 340/2010, 233/2010 e 180/2010) che le disposizioni le quali prevedono proroghe automatiche di concessioni demaniali marittime violano l’art. 117, comma 1 Cost. per contrasto con i vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario in tema di diritto di stabilimento e di tutela della concorrenza e ciò in quanto l’automatismo della proroga della concessione determina una disparità di trattamento tra gli operatori del settore, violando i principi di concorrenza, poiché a coloro che in precedenza non gestivano il demanio marittimo ne é preclusa, alla scadenza della concessione, la possibilità di prendere il posto del precedente gestore, se non nel caso in cui questi ometta di richiedere la proroga o la chieda senza un valido programma di investimenti.
 
In tale contrasto il giudice amministrativo rinviene un obbligo di disapplicazione della norma per il periodo in cui è stata in vigore, con conseguente annullamento dei provvedimenti adottati in ragione del venir meno del presupposto normativo su cui si fondavano.
 
13. Collocando dunque la scadenza della concessione demaniale al 31.12.2011, come ha fatto il Tribunale del riesame, restava da risolvere l’ulteriore questione concernente l’applicabilità, nella fattispecie, del d.l. 194/2009, che i giudici hanno escluso sul presupposto che mancherebbe una espressa richiesta da parte del soggetto interessato, richiesta che in ricorso si assume non dovuta perché non prevista dalla legge.
 
Ritiene il Collegio che le considerazioni svolte dal Tribunale siano condivisibili.
 
Invero, come osservato in ricorso, la disposizione richiamata non prevede espressamente la necessità di una richiesta di proroga, ma la necessità di tale requisito si ricava dal tenore generale della disposizione ed è espressamente riconosciuto dalla giurisprudenza amministrativa.
 
In effetti, come osservato nel provvedimento impugnato, la proroga è applicabile soltanto ad alcune tipologie di concessione, il che impone una verifica da parte dell’amministrazione competente ed, inoltre, il termine fissato dalla legge deve ritenersi come un termine massimo che non preclude la possibilità, per il concessionario, di richiedere ed ottenere che, per sue esigenze, l’efficacia della proroga sia contenuta entro un termine inferiore.
 
Va inoltre considerato, in linea generale, che la proroga, riguardando una concessione valida ed ancora in essere, presuppone la verifica di tale condizione e la permanenza dei requisiti richiesti per il suo rilascio, il che implica, ancora una volta, l’esigenza di una verifica.
 
La necessità di una espressa richiesta, come si è detto, è esplicitamente riconosciuta in atti e nei provvedimenti richiamati anche in ricorso.
 
In particolare, la Circolare del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti n. 6105 del 6.5.2010, che il ricorso menziona, nel fornire alle amministrazioni destinatarie alcuni suggerimenti interpretativi ed applicativi, individua gli organi competenti al rilascio del titolo, cosicché è evidente che detti organi debbano essere attivati dal privato interessato e specifica, ulteriormente, che della proroga venga dato atto con annotazione sul provvedimento concessorio mediante l’apposizione della dicitura «Validità prorogata sino al 31 dicembre 2015 ai sensi dell’articolo 1, comma 18, del decreto-legge 30 dicembre 2009, n. 194, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 2010, n. 25», prevedendo dunque, anche in questo caso, che l’interessato si attivi in tal senso.
 
La stessa annotazione è richiesta anche dalla Circolare n. 46 del 21.3.2012 che la difesa ha menzionato nel corso della discussione e che riguarda, tuttavia, le concessioni diverse da quelle riferite all’uso o scopo turistico – ricreativo.
 
Anche la giurisprudenza amministrativa richiamata in ricorso e nel provvedimento impugnato (ad esempio, TAR Campania – Salerno sent. 1582, 1583, 1584, 1585, 1586, 1587, 1588, 1589, 1590) ritiene scontata la richiesta di proroga da parte del privato, atteso che le ricordate pronunce riguardano proprio l’impugnazione di provvedimenti reiettivi di «richiesta di proroga automatica fino al 31-12.2005» e la legittimità della procedura seguita dall’amministrazione non viene posta minimamente in dubbio in relazione alla necessità di una istanza del concessionario finalizzata al rilascio della proroga.
 
14. Ne consegue che il Tribunale, in assenza di specifiche allegazioni da parte della ricorrente, ha del tutto correttamente individuata la data di scadenza della concessione demaniale e ritenuto sussistente il fumus del reato di cui all’art. 1161 Cod. Nav.
Secondo la giurisprudenza di questa Corte, infatti, tale reato si configura non soltanto attraverso l’occupazione del suolo demaniale in assenza di concessione, ma anche quando l’occupazione, effettuata sulla base di una autorizzazione stagionale, si protragga oltre il termine della stagione balneare, ciò in quanto la natura pluriennale del titolo abilitante esonera il concessionario dalla richiesta annuale, ma non esclude l’obbligo di rimuovere quanto collocato al termine del periodo di utilizzo previsto (Sez. III n. 19962, 23 maggio 2007; Sez. III n. 17062, 18 maggio 2006) nonché quando l’occupazione del demanio si protrae oltre la scadenza della concessione sino al rilascio della nuova, pur già richiesta (Sez. III n.29910, 26 luglio 2011; Sez. III n. 16495, 28 aprile 2010; Sez. III n. 16570, 2 maggio 2007; Sez. III n. 3535, 24 gennaio 2003; Sez. III n. 2545, 17 marzo 1997).
 
15. Il terzo e quarto motivo di ricorso, concernenti il permesso di costruire e l’autorizzazione paesaggistica, possono essere unitariamente trattati, in considerazione dell’intima correlazione esistente tra i due provvedimenti, costituendo l’autorizzazione dell’ente preposto alla tutela del vincolo un presupposto dell’efficacia del titolo abilitativo edilizio.
 
Va in primo luogo rilevato che, contrariamente a quanto sembra volersi affermare in ricorso, deve escludersi ogni dipendenza tra tali titoli abilitativi e la concessione demaniale, diversi essendo i presupposti per il rilascio, in quanto il permesso di costruire legittima l’esecuzione di interventi di trasformazione urbanistica ed edilizia del territorio secondo la relativa disciplina e dando concreta attuazione alle scelte operate con gli strumenti di pianificazione, l’autorizzazione paesaggistica concerne una valutazione circa l’incidenza di un intervento sull’originario assetto dei luoghi soggetti a particolare protezione, mentre la concessione demaniale consente il godimento del bene demaniale entro i limiti stabiliti dal provvedimento.
 
Occorre poi ricordare che il permesso di costruire è senz’altro richiesto per l’esecuzione di opere stagionali, differenziandole da quelle precarie che, per la loro stessa natura e destinazione, non comportano effetti permanenti e definitivi sull’originario assetto del territorio tali da richiedere il preventivo rilascio di un titolo abilitativo.
 
L’opera stagionale, diversamente da quella precaria, non è, infatti, destinata a soddisfare esigenze contingenti ma ricorrenti, sia pure soltanto in determinati periodi dell’anno e, per tale motivo, è soggetta a permesso di costruire (Sez. III n. 34763, 26 settembre 2011; Sez. III n. 23645, 13 giugno 2011; Sez. III n. 22868, 13 giugno 2007; Sez. III n. 13705, 19 aprile 2006; Sez. III n. 11880, 12 marzo 2004).
 
La sua mancata rimozione allo spirare del termine stagionale configura, inoltre, il reato di cui all’art. 44 d.RR. 380/01 poiché, in tale ipotesi, la responsabilità discende dal combinato disposto del medesimo articolo 44 e dell’art. 40, comma secondo, cod. pen., per la mancata ottemperanza all’obbligo di rimozione insito nel provvedimento autorizzatorio temporaneo (Sez. III n. 23645/2011, cit. Sez. III n. 42190, 29 novembre 2010; Sez. III n. 29871, 11 settembre 2006).
 
16. Ciò premesso, deve rilevarsi che il Tribunale assume, nel provvedimento impugnato, che il titolo edilizio rilasciato nella fattispecie riguarda esclusivamente opere stagionali da installarsi annualmente all’inizio della stagione estiva per essere rimosse al termine della stessa con un limite di validità di tre anni, allo spirare del quale sono stati rilasciati altri due permessi di costruire ritenuti tuttavia non validi perché emessi in base all’autorizzazione paesaggistica riferita al primo titolo abilitativo e considerata ormai scaduta per il decorso del termine quinquennale.
 
A tale osservazioni si oppone, in ricorso, che la legge non prevede termini di efficacia per i richiamati titoli abilitativi se non per i lavori ancora da eseguire e non anche per quelli ormai ultimati.
 
Occorre rilevare, in primo luogo, sulla base di quanto emerge dal provvedimento impugnato, che gli interventi autorizzati riguardavano opere stagionali, le quali andavano quindi rimosse alla fine di ogni stagione balneare, non essendo altrimenti possibile il rilascio di un permesso di costruire soggetto a termine.
 
La mancata rimozione al termine della stagione, pure accertata in fatto, come indicato dal Tribunale, configura, di per sé, come già ricordato, il reato urbanistico, così come questo sarebbe configurabile nel caso in cui le opere realizzate consistessero in strutture permanenti , incompatibili con il ricordato concetto di «stagionalità» (né potrebbe ritenersi valido, a tale proposito, il riferimento, effettuato in ricorso, a strutture amovibili – ombrelloni, sdraio etc. – che per la loro natura e consistenza non richiederebbero alcun titolo abilitativo).
 
Va ulteriormente considerato che, in presenza di opere diverse da quelle assentite, verrebbe a configurarsi anche la violazione paesaggistica.
 
Quanto ai riferimenti, effettuati in ricorso, riguardanti i termini indicati nell’art. 15 d.P.R. n.380/01 e 146 d.lgs. n.42/2004, deve dirsi che l’osservazione è pertinente, perché i limiti di efficacia temporale previsti dall’art.15 del d.P.R. 380/01 riguardano la data di inizio e di ultimazione dei lavori e, riferendosi tale titolo abilitativo a trasformazioni del territorio prevedibilmente connotate da stabilità, deve escludersi la possibilità di una efficacia temporalmente limitata.
 
Altrettanto pertinente risulta il rilevo formulato con riferimento all’autorizzazione paesaggistica poiché, anche in questo caso, la previsione di un termine di efficacia riguarda esclusivamente lavori da eseguire, come emerge dal tenore letterale dell’art. 146 d.lgs. 42/2004, il quale prevede un termine di cinque anni, scaduto il quale «l’esecuzione dei progettati lavori deve essere sottoposta a nuova autorizzazione».
 
La efficacia dell’autorizzazione paesaggistica verrebbe dunque meno in caso di mancata esecuzione dell’intervento autorizzato nel termine, ma anche in caso di esecuzione di interventi ulteriori o diversi da quelli autorizzati.
 
Va però rilevato, sempre sulla base della limitata cognizione di questa Corte, cui non è consentito l’accesso agli atti, che tali osservazioni paiono inconferenti, risultando determinate, come si è detto, la realizzazione di opere stabili o, comunque, la mancata rimozione delle opere stagionali, configurandosi, in tal caso, interventi avulsi dal titolo abilitativo edilizio e da quello paesaggistico.
 
In ogni caso, tali aspetti concernono la validità dei titoli abilitativi, che dovrà essere oggetto di valutazione da parte del giudice del merito, come dianzi ricordato e, comunque, la misura cautelare reale resta applicabile in presenza del fumus del reato di cui all’art. 1161 Cod. Nav.
 
17. Per quanto riguarda il quinto e sesto motivo di ricorso deve rilevarsi che il Tribunale, nel confermare la misura reale, ha specificamente richiamato i reati contestati ai capi b) ed e) della rubrica (violazione edilizia e violazione dell’art. 1161 Cod. Nav.) ai fini della valutazione sulla sussistenza dei presupposti di applicabilità del sequestro, cosicché non rileva la mancanza di un espressa verifica del fumus degli ulteriori reati contestati e, segnatamente, dei reati di cui agli artt. 323 e 734 cod. pen.
   
18. Per ciò che attiene, infine, al periculum in mora, di cui tratta il settimo motivo di ricorso, osserva il Collegio che il Tribunale lo ha ravvisato, in primo luogo, «nell’impatto ambientale, anche visivo non indifferente» causato dalla presenza delle opere ritenute abusive e tale aspetto risulta senz’altro significativo se si considera la permanente presenza di opere che avrebbero dovuto essere rimosse al termine di ogni stagione balneare.
 
In secondo luogo, i giudici del riesame giustificano la misura anche in considerazione della natura permanente del reato di occupazione del suolo demaniale e della necessità di impedire il protrarsi di tale illecita situazione.
 
Tale affermazione appare conforme a legge e perfettamente in linea con la giurisprudenza di questa Corte, la quale ha ripetutamente riconosciuto la possibilità di procedere al sequestro al fine di impedire il protrarsi di una illecita occupazione di suolo pubblico che la sottrae alla fruizione pubblica (Sez. III n. 12504, 3 aprile 2012; Sez. III n. 34101, 12 ottobre 2006, Sez. VI n. 3947, 31 gennaio 2001).
 
19. Il ricorso deve pertanto essere rigettato, con le consequenziali statuizioni indicate in dispositivo.
 
P.Q.M.
 
Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del procedimento.
 
Cosi deciso in data 2.5.2013
 

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