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Giurisprudenza: Giurisprudenza Sentenze per esteso massime | Categoria: Aree protette, Beni culturali ed ambientali, Diritto urbanistico - edilizia, Rifiuti Numero: 44908 | Data di udienza: 25 Ottobre 2012

* DIRITTO URBANISTICO – Lottizzazione materiale abusiva – Realizzazione impianto industriale e di altri manufatti – Configurabilità – Presupposti  – Terreni abusivamente lottizzati – Confisca obbligatoria – Natura di sanzione amministrativa – AREE PROTETTE – BENI CULTURALI ED AMBIENTALI – Violazioni edilizie e paesaggistiche – Natura permanente – Sequestro cessazione della commissione dei reati – RIFIUTI – Attività produttiva di fertilizzanti biologici e trasformazione di prodotti agricoli in compost – Autorizzazioni – Modifiche apportate in corso d’opera – Effetti – Fattispecie: opificio per la produzione di fertilizzanti biologici e trasformazione di prodotti agricoli in compost – Art. 142 lett. G e F, 143, 146 e 181 D. Lgs n. 42/2004 – Artt. 30 e 6 c.3 L n. 394/1991 – Artt. 30 e 44 DPR n. 380/2001 – Art. 734 c.p. – Art. 208 D. Lgs n. 152/2006.


Provvedimento: Sentenza
Sezione: 3^
Regione:
Città:
Data di pubblicazione: 16 Novembre 2012
Numero: 44908
Data di udienza: 25 Ottobre 2012
Presidente: Mannino
Estensore: Lombardi


Premassima

* DIRITTO URBANISTICO – Lottizzazione materiale abusiva – Realizzazione impianto industriale e di altri manufatti – Configurabilità – Presupposti  – Terreni abusivamente lottizzati – Confisca obbligatoria – Natura di sanzione amministrativa – AREE PROTETTE – BENI CULTURALI ED AMBIENTALI – Violazioni edilizie e paesaggistiche – Natura permanente – Sequestro cessazione della commissione dei reati – RIFIUTI – Attività produttiva di fertilizzanti biologici e trasformazione di prodotti agricoli in compost – Autorizzazioni – Modifiche apportate in corso d’opera – Effetti – Fattispecie: opificio per la produzione di fertilizzanti biologici e trasformazione di prodotti agricoli in compost – Art. 142 lett. G e F, 143, 146 e 181 D. Lgs n. 42/2004 – Artt. 30 e 6 c.3 L n. 394/1991 – Artt. 30 e 44 DPR n. 380/2001 – Art. 734 c.p. – Art. 208 D. Lgs n. 152/2006.



Massima

 

 

CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez.3^ 16 Novembre 2012 (Ud. 25/10/2012) Sentenza n. 44908

DIRITTO URBANISTICO – Lottizzazione materiale abusiva – Realizzazione impianto industriale e di altri manufatti – Configurabilità – Presupposti – BENI CULTURALI ED AMBIENTALI – Fattispecie: opificio per la produzione di fertilizzanti biologici e trasformazione di prodotti agricoli in compost – Art. 142 lett. G e F, 143, 146 e 181 D. Lgs n. 42/2004 – Artt. 30 e 6 c.3 L n. 394/1991 – Artt. 30 e 44 DPR n. 380/2001 – Art. 734 c.p.
 
In tema di reati urbanistici, si verifica lottizzazione (materiale) abusiva, ai sensi dell’art. 30, comma primo, del DPR n. 380/2001 “quando vengono iniziate opere che comportino trasformazione urbanistica o edilizia dei terreni stessi in violazione delle prescrizioni degli strumenti urbanistici, vigenti o adottati, o comunque stabilite dalle leggi statali o regionali o senza la prescritta autorizzazione”. Pertanto, qualsiasi intervento edilizio realizzato in assenza delle prescritte autorizzazioni, che, per la sua consistenza, si palesi idoneo a conferire al territorio un assetto diverso da quello previsto dagli strumenti urbanistici, integra la fattispecie della lottizzazione abusiva. Detta fattispecie è senz’altro integrata dalla realizzazione di un impianto di natura industriale e di altri manufatti in zona avente diversa destinazione d’uso, che stravolgano l’assetto del territorio pianificato dalla pubblica amministrazione, indipendentemente dal fatto che tale impianto renda necessaria la realizzazione di opere di urbanizzazione. Fattispecie: violazioni edilizie e paesaggistiche per avere realizzato in zona agricola, sottoposta a vincoli paesaggistici di varia natura – Piano Urbanistico Territoriale Tematico “Paesaggio” della Regione Puglia, area protetta ZPS Alta Murgia, zona SIC – un opificio per la produzione di fertilizzanti biologici e trasformazione di prodotti agricoli in compost, nonché un impianto per attività floro-vivaistica in serra, in difformità del progetto approvato ed in violazione dei predetti vincoli di inedificabilità assoluta, determinando una trasformazione urbanistica ed una modificazione dell’assetto del territorio rispetto alla sua destinazione.
 
(annulla con rinvio sentenza in data 18/11/2010 della Corte di appello di Bari) Pres. Mannino Est. Lombardi Ric. Delle Foglie
 
 
DIRITTO URBANISTICO – Terreni abusivamente lottizzati – Confisca obbligatoria – Natura di sanzione amministrativa – Art. 44, c.2 DPR n. 380/2001.
 
La confisca dei terreni abusivamente lottizzati, che segue obbligatoriamente, ai sensi dell’art. 44, comma 2, del DPR n. 380/2001, l’accertamento dell’esistenza di una lottizzazione abusiva, ha natura di sanzione amministrativa (Cass. sez. 3, 07/07/2004 n. 38728), che deve essere applicata dal giudice penale anche allorché non si pervenga alla condanna dell’imputato o alla irrogazione della pena per causa diversa da quella inerente all’accertamento dell’insussistenza degli elementi oggettivo e soggettivo del reato (Cass. sez. 3, 13/07/2009 n. 39078; conf. sentenze n. 37086/2004, Cass. n. 6396/2007, Cass. n. 9982/2008, Cass. n. 21188/2009).
 
(annulla con rinvio sentenza in data 18/11/2010 della Corte di appello di Bari) Pres. Mannino Est. Lombardi Ric. Delle Foglie
 
 
AREE PROTETTE – BENI CULTURALI ED AMBIENTALI – Violazioni edilizie e paesaggistiche – Natura permanente – Sequestro cessazione della commissione dei reati.
 
I reati aventi ad oggetto le violazioni edilizie e paesaggistiche hanno natura permanente finché si protrae l’attività edificatoria abusiva (Cass. sez. un. 27/02/2002 n. 17178). Il sequestro dei manufatti, tuttavia, determina la cessazione della commissione dei reati (Cass. sez. 3, 25/09/2001 n. 38136).
 
(annulla con rinvio sentenza in data 18/11/2010 della Corte di appello di Bari) Pres. Mannino Est. Lombardi Ric. Delle Foglie
 
 
RIFIUTI –  Attività produttiva di fertilizzanti biologici e trasformazione di prodotti agricoli in compost – Autorizzazioni – Modifiche apportate in corso d’opera – Effetti – Art. 208 D. Lgs n. 152/2006.
 
Indipendentemente dal riferimento della norma a varianti sostanziali in corso di esercizio e non in sede di realizzazione dell’impianto, è evidente che la realizzazione di un impianto sostanzialmente diverso da quello approvato rende inoperante l’approvazione stessa. In applicazione di un ordinario criterio ermeneutico, in assenza di indicazioni tecniche afferenti alla specifica materia di cui si tratta, per variante sostanziale deve intendersi la realizzazione di un impianto destinato ad una attività produttiva diversa da quella approvata, ovvero che, ferma restando la medesima tipologia di produzione, per le sue dimensioni o per l’adozione di diverse metodologie produttive abbia un impatto sul territorio incompatibile con quanto previsto dal progetto approvato. Nel caso in specie, le modifiche apportate in corso d’opera, sono state qualificate come soluzioni tecniche che “costituiscono un miglioramento funzionale ed ottimizzano l’esercizio dell’impianto”. Fattispecie: impianto per attività floro-vivaistica in serra realizzato su area protetta. Fattispecie: violazioni edilizie e paesaggistiche per avere realizzato in zona agricola, sottoposta a vincoli paesaggistici di varia natura, un opificio per la produzione di fertilizzanti biologici e trasformazione di prodotti agricoli in compost, nonché un impianto per attività floro-vivaistica in serra, in difformità del progetto approvato ed in violazione dei predetti vincoli di inedificabilità assoluta, determinando una trasformazione urbanistica ed una modificazione dell’assetto del territorio rispetto alla sua destinazione.
 
(annulla con rinvio sentenza in data 18/11/2010 della Corte di appello di Bari) Pres. Mannino Est. Lombardi Ric. Delle Foglie
 


Allegato


Titolo Completo

CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez.3^ 16 Novembre 2012 (Ud. 25/10/2012) Sentenza n. 44908

SENTENZA

 

 


REPUBBLICA ITALIANA
In nome del Popolo Italiano
 
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
TERZA SEZIONE PENALE
 
Composta da
 
Saverio Felice Mannino – Presidente
Alfredo Maria Lombardi – Relatore
Mario Gentile
Guida Mulliri
Alessandro Maria Andronio
 
ha pronunciato la seguente

SENTENZA
 
sul ricorso proposto da:
1) Delle Foglie Silvestro, nato a Acerenza il 19/07/1940 
2) Delle Foglie Claudia, nata a Modugno il 24/05/1968 
3) Delle Foglie Leonardo, nato a Modugno il 23/03/1975
 
– avverso la sentenza in data 18/11/2010 della Corte di appello di Bari
– visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
– udita la relazione svolta dal consigliere Alfredo Maria Lombardi;
– udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Nicola Lettieri, che ha concluso chiedendo l’annullamento senza rinvio della sentenza relativamente alla confisca del suolo e della serra;
– udito per la parte civile Parco Nazionale dell’Alta Murgia, l’avv. Francesco Rotunno, che ha concluso chiedendo il rigetto dei ricorsi;
– udito per la parte civile Comune di Grumo Appula l’avv. Salvatore D’Aluiso, che ha concluso chiedendo il rigetto dei ricorsi;
– udito per la parte civile W.W.F. – ONLUS l’avv. Francesco Rotunno, in sostituzione dell’avv. Alessandro Amato, che ha concluso chiedendo il rigetto dei ricorsi;
– udito per la parte civile CODACONS ONLUS ravv. Francesco Rotunno, in sostituzione dell’avv. Rosario Cristini, che ha concluso chiedendo il rigetto dei ricorsi;
– udito per la parte civile Comune di Altamura ravv. Donato Carlucci, che ha concluso chiedendo il rigetto dei ricorsi;
– udito per l’imputato Delle Foglie Silvestro l’avv. Francesco Paolo Sisto, che ha concluso chiedendo l’accoglimento del ricorso.
– udito per l’imputato Delle Foglie Leonardo gli avv. Giovanni Aricò e Luigi Paccione, che hanno concluso chiedendo l’accogli mento dei ricorso.
 
RITENUTO IN FATTO
 
Con la sentenza impugnata la Corte di appello di Bari ha confermato la sentenza del Tribunale di Bari, sezione distaccata di Modugno, in data 16/10/2009, con la quale era stata emessa pronuncia di non doversi procedere nei confronti di Delle Foglie Silvestro, Delle Foglie Claudia e Delle Foglie Leonardo in ordine ai reati: 
b) di cui all’art. 30, in relazione all’art. 6 comma 3, della L n. 394/1991; 
e) di cui all’art. 734 c.p.; 
f) di cui all’art. 44 lett. a), b) e c) del DPR n. 380/2001, per essere detti reati estinti per prescrizione, ed era stata disposta la confisca dei suoli e delle opere su essi realizzate.
 
In sintesi, le violazioni edilizie e paesaggistiche di cui ai vari capi di imputazione erano state contestate agli imputati per avere realizzato in zona agricola, sottoposta a vincoli paesaggistici di varia natura – Piano Urbanistico Territoriale Tematico “Paesaggio” della Regione Puglia, area protetta ZPS Alta Murgia, zona SIC – un opificio per la produzione di fertilizzanti biologici e trasformazione di prodotti agricoli in compost, nonché un impianto per attività floro-vivaistica in serra, in difformità del progetto approvato ed in violazione dei predetti vincoli di inedificabilità assoluta, determinando una trasformazione urbanistica ed una modificazione dell’assetto del territorio rispetto alla sua destinazione.
 
La sentenza impugnata ha in primo luogo escluso che ricorressero le condizioni per l’assoluzione degli imputati con formula ampia ai sensi dell’art. 129 c.p.p.. E’ stato, poi, affermato, quanto ai reato di lottizzazione abusiva, che le opere realizzate risultavano totalmente difformi dal progetto approvato con delibera della Provincia di Bari n. 424 del 04/09/2000 e che tali difformità avevano determinato una modificazione sostanziale delle opere ai sensi dell’art. 27 del D. Lgs. 05/02/1997 n. 22 (cosiddetto decreto Ronchi), a nulla rilevando che sotto il profilo edilizio le modifiche apportate avessero determinato l’impegno di una superficie di suolo di minore estensione. Richiamando la sentenza di primo grado sul punto, è stato altresì disatteso l’assunto difensivo secondo il quale le opere in questione non presupporrebbero la realizzazione di interventi di urbanizzazione primaria e secondaria e, pertanto, non integrerebbero la fattispecie della lottizzazione abusiva.
 
2. Avverso la sentenza ha proposto ricorso, tramite il difensore, Delle Foglie Silvestro, che la denuncia per violazione di legge e vizi di motivazione con vari mezzi di annullamento:
 
A) Violazione ed errata applicazione dell’art. 129 c.p.p..
La sentenza ha erroneamente affermato che la commissione del reato era cessata in data 18 ottobre 2004 per effetto del sequestro degli immobili. Trattandosi di reati permanenti, così come contestato dalla pubblica accusa, la cessazione dei reati si era verificata con l’emissione del decreto penale di condanna ovvero con la sentenza di primo grado.
 
B) Violazione dell’art. 129, comma 2, c.p.p..
Erroneamente la sentenza ha affermato che non emergeva dagli atti processuali l’esistenza di una causa per il proscioglimento nel merito, risultando chiaro che l’imputato aveva agito sulla scorta di atti autorizzativi e, soprattutto, nella consapevolezza che tali atti fossero assolutamente leciti e sufficienti per portare a termine l’opera.
 
C) Mancanza o manifesta illogicità della motivazione in relazione al reato di lottizzazione abusiva.
La sentenza ha affermato l’impossibilità di effettuare un compiuto accertamento in ordine all’inesistenza di elementi per pervenire al proscioglimento dell’imputato con diversa formula, mentre ha poi, contraddittoriamente, proceduto ad una approfondita valutazione della vicenda processuale in ordine alla sussistenza della lottizzazione abusiva.
 
L’illogicità della motivazione riguarda anche l’attribuzione di natura illecita allo svolgimento di attività autorizzate dalla pubblica amministrazione i cui provvedimento erano stati ritenuti legittimi dallo stesso giudice amministrativo con sentenze del TAR di Bari n. 2590/04 e 2594/04. Si contesta, poi, la rilevanza delle difformità riscontrate dai giudici di merito, deducendo che la volumetria e la superficie occupate dall’opera risultavano inferiori a quelle previste in progetto.
 
C2) Mancanza o manifesta illogicità della motivazione in relazione all’elemento psicologico del reato.
Si ribadisce che l’imputato ha operato in conformità delle autorizzazioni amministrative e si deduce, ai fini della valutazione dell’elemento psicologico del reato, che doveva tenersi conto della complessità della normativa extrapenale, sulla cui osservanza ha fatto affidamento in buona fede il Delle Foglie, avendo agito nella convinzione, indotta da regolari provvedimenti amministrativi, della liceità del proprio comportamento.
 
D) Violazione ed errata applicazione dell’art. 44, comma 2, del DPR n. 380/2001.
La confisca, secondo l’affermazione contenuta nella pronuncia della Corte Europea dei diritti dell’uomo nella sentenza 30/08/2008, Matarrese, ha natura di pena con la conseguenza che la stessa deve essere rapportata all’esistenza di una infrazione penale, sicché il giudice di appello, avendo rilevato la intervenuta prescrizione del reato e non ritenendo di dover entrare nel merito delle interpretazioni delle leggi statuali e regionali al fine di escludere la responsabilità del prevenuto avrebbe dovuto revocare la misura ablatoria.
 
E) Illegittimità della confisca in caso di estinzione del reato in relazione all’art. 117 della Costituzione.
Pur essendo stata già dichiarata la manifesta infondatezza della relativa eccezione, si ripropone la questione di legittimità della norma, in relazione al citato parametro costituzionale per incompatibilità con l’art. 7 della Convenzione Europea dei diritti dell’uomo, ai sensi del cui disposto nessuno può essere condannato per una azione o omissione che, al momento in cui è stata commessa, non costituiva reato secondo il diritto interno o internazionale. A tale principio di diritto internazionale era obbligato ad uniformarsi il legislatore nazionale ai sensi del citato art. 117 della Costituzione con la conseguente illegittimità di una norma che preveda la confisca obbligatoria in assenza di un pronunciamento di responsabilità penale.
 
3. Avverso la sentenza ha altresì proposto ricorso, tramite i difensori, Delle Foglie Leonardo, che la denuncia per violazione di norme processuali e sostanziali, nonché vizi di motivazione.
 
Il ricorrente dopo aver premesso una dettagliata ricostruzione delle vicende amministrative e giurisdizionali, in sede amministrativa e penale, che hanno interessato la realizzazione dell’impianto di compostaggio, denuncia, in estrema sintesi:
 
3.1 Violazione degli art. 129, comma 2, c.p.p., 516, comma 1, e 521 c.p.p..
Il P.M. non ha contestato l’esecuzione di lavori in difformità del progetto approvato in uno specifico capo di imputazione, né sul punto si è pronunciata la sentenza di primo grado. La sentenza impugnata, pertanto, ha violato il principio di correlazione tra accusa e sentenza, ponendo a fondamento della decisione un fatto mai contestato agli imputati.
 
Violazione di norme processuali, sostanziali e vizi di motivazione in ordine all’accertamento della totale difformità delle opere, non avendo tale punto formato oggetto di un accertamento tecnico disposto dal P.M., ed essendo stata desunta l’esistenza di una variante sostanziale ai sensi dell’art. 27 del D. Lgs n. 22/1997 da elementi di valutazione del tutto incongrui.
 
3.2 Violazione di norme processuali, sostanziali e vizi di motivazione.
 
La sentenza ha ignorato la determina dirigenziale della Provincia di Bari n. 91 del 21/08/2001, con la quale l’ente locale ha preso atto delle varianti apportate al progetto originario per una migliore ricaduta dell’impatto dell’impianto sull’ambiente circostante.
 
La sentenza ha disposto la confisca delle aree e delle opere su di esse realizzate in relazione al reato di lottizzazione abusiva, benché la normativa speciale di cui all’art. 27 del D. Lgs n. 22/1997, che disciplina la materia, non preveda alcun obbligo di lottizzazione e sia stata accertata con sentenze del TAR di Bari n. 2590 e 2594/04 la conformità delle opere alle previsioni dello strumento urbanistico generale del Comune di Grumo Appula.
 
3.3 Violazione ed errata interpretazione dell’art. 27 del D. Lgs n. 22/1997 e travisamento delle risultanze dei provvedimenti amministrativi.
 
Premesso che l’autorizzazione di cui alla disposizione citata sostituisce tutte le altre autorizzazioni e costituisce variante allo strumento urbanistico comunale, oltre a dichiarazione di pubblica utilità, urgenza ed indifferibilità dei lavori, si osserva che il comma 8 del predetto articolo dispone il rinnovo della procedura di approvazione dell’impianto solo nell’ipotesi di varianti sostanziali in corso di esercizio, mentre nel caso in esame l’impianto era ancora in costruzione. Si denuncia, poi, il travisamento delle risultanze della conferenza servizi in data 11/12/2003, con la quale sarebbe stato solo aperto un procedimento di riesame degli atti autorizzatori, nonché del parere del Comitato Tecnico Scientifico Provinciale in data 12/03/2004, che aveva concluso per l’inesistenza di modificazioni sostanziali degli impianti ed il miglioramento qualitativo della loro funzionalità.
 
3.4 Violazione di norme sostanziali e processuali, nonché vizi di motivazione.
 
La sentenza ha sostanzialmente riconosciuto la irrilevanza sul piano urbanistico-edilizio delle varianti, ma ha contraddittoriamente affermato la sussistenza del reato di lottizzazione abusiva.
 
Si ribadisce che nessuna norma prevede l’obbligo della preventiva approvazione di un piano di lottizzazione per la realizzazione di impianti autorizzati ai sensi dell’art. 27 del D. Lgs n. 22/1997 e che l’opera era pienamente compatibile con il PRG del Comune di Grumo Appula, come affermato dalle citate sentenze del TAR di Bari.
 
Si denuncia contraddittorietà della motivazione della sentenza per avere recepito le argomentazioni di quella di primo grado In ordine alla sussistenza del reato di lottizzazione abusiva, ravvisato per la trasformazione dell’assetto del territorio prodotta dall’impianto, ed affermato subito dopo che l’autorizzazione ex art. 27 del decreto Ronchi abbraccia tutti gli interessi compreso quello urbanistico ed edilizio, nonché dell’ambiente. Nel prosieguo si ribadisce la insussistenza del reato di lottizzazione abusiva, stante la conformità dell’autorizzazione alla strumento urbanistico locale come accertato dalle citate sentenze del TAR.
 
3.5 Violazione di norme sostanziali e processuali, nonché vizi di motivazione con riferimento all’elemento psicologico del reato.
 
La sentenza, nell’escludere la buona fede dell’imputato, ha totalmente ignorato la determina dirigenziale n. 91/2001 e omesso di motivare in ordine a rilevanti profili idonei ad escludere l’elemento psicologico del reato. Tra questi la stessa complessità della normativa extrapenale, ricordata dalla sentenza per giustificare la declaratoria di prescrizione in luogo di altra più favorevole.
 
Nel prosieguo si riportano i motivi di appello avverso la sentenza di primo grado per far rilevare la carenza di motivazione della sentenza impugnata in relazione alle argomentazioni negli stessi esposte anche con riferimento agli altri reati dei quali è stata dichiarata la prescrizione. In particolare con riferimento alla inesistenza di un vincolo paesaggistico derivante dal PUTT Paesaggio della Regione Puglia, nel quale PUTT non risulta inserita l’area in cui sono ubicati gli immobili, nonché l’inesistenza di un vincolo derivante dalla natura boschiva della stessa; con riferimento alla inesistenza di un vincolo derivante dall’inserimento dell’area negli elenchi delle Zone di Protezione Speciale ovvero dei Siti di Interesse Comunitario per non essere stato approvato il citato elenco dalla Commissione Europea. Sul punto viene richiamata la sentenza della Corte di giustizia CE 13 gennaio 2005 – Causa C 117/03 in ordine all’inefficacia del vincolo fino alla approvazione degli elenchi da parte della Commissione. Con riferimento alla errata equiparazione delle aree ZPS e SIC alle Aree Naturali Protette, mentre le stesse sono riconducibili al regime di protezione previsto dal DPR n. 357/1997; con riferimento alla errata esclusione che la valutazione di impatto ambientale contenga la più mite valutazione di incidenza; con riferimento all’esistenza di un vincolo derivante dalla ubicazione dell’area in “ciglio di scarpata” ai sensi dell’art. 3.09 del PUTT Puglia, di cui peraltro si contesta la sussistenza, essendo entrato in vigore il PUTT nel 2002; con riferimento all’esistenza dell’elemento psicologico dei reati, nonché delle ulteriori fattispecie contravvenzionali.
 
4.1 Con motivi aggiunti depositati il 09/11/2011 la difesa del ricorrente ha sostanzialmente ribadito le precedenti deduzioni difensive con riferimento alla citata determina dirigenziale ed all’elemento psicologico del reato.
 
4.2 Con memoria difensiva depositata il 08/11/2011 la parte civile PARCO Nazionale dell’Alta Murgia ha contestato le deduzioni dei ricorrenti, chiedendo il rigetto dei ricorsi.
 
CONSIDERATO IN DIRITTO
 
1. I ricorsi sono fondati nei limiti che di seguito vengono precisati.
 
2.1 Preliminarmente è opportuno osservare, in relazione al primo motivo di ricorso dell’imputato Delle Foglie Silvestro, che la declaratoria di estinzione per prescrizione dei reati si palesa giuridicamente corretta con riferimento alla individuazione della data di cessazione dell’attività illecita.
 
E’ noto che i reati aventi ad oggetto le violazioni edilizie e paesaggistiche hanno natura permanente finché si protrae l’attività edificatoria abusiva (sez. un. 27/02/2002 n. 17178), sicché il sequestro dei manufatti, nel caso in esame intervenuto il 18/10/2004, ha determinato la cessazione della commissione dei reati (sez. 3, 25/09/2001 n. 38136).
 
2.2 Va poi osservato, in relazione al terzo motivo di ricorso dell’imputato Delle Foglie Leonardo, che la declaratoria di prescrizione del reato rende inapplicabile il disposto dell’art. 521, comma 2, c.p.p., non essendo consentita, ai sensi dell’art. 129 c.p.p., a seguito dell’accertamento della estinzione dei reati e della conseguente impossibilità di proseguire l’azione penale, la trasmissione degli atti al pubblico ministero perché la eserciti per il fatto diverso da come descritto nel capo di imputazione.
 
Peraltro, nel caso in esame si palesa evidente che gli imputati hanno avuto modo di difendersi con riferimento a tutti i profili di illegittimità del loro operato ritenuti dai giudici di merito.
 
3.1 Passando all’esame degli ulteriori motivi di ricorso non appare giuridicamente corretta l’affermazione della sentenza impugnata, secondo la quale, nel caso di estinzione dei reati, il giudice è esonerato dall’obbligo di “vagliare la bontà di tesi giuridiche, interpretazioni di leggi statuali e regionali operata da indirizzi giurisprudenziali al fine di poter escludere che gli immobili su cui sorgono i manufatti oggetto di confisca siano o meno sottoposti a vincoli paesistico – ambientali” e, quindi, pervenire ad una pronuncia di proscioglimento con formula più favorevole di quella della declaratoria di prescrizione quale conseguenza della interpretazione di norme.
 
L’evidenza della prova dell’inesistenza del fatto costituente reato o che l’imputato l’abbia commesso o che il fatto non costituisce reato o non è previsto dalla legge come reato deve riferirsi, ex art. 129, comma 2, c.p.p., alle risultanze fattuali della condotta posta in essere e non alla individuazione ed interpretazione delle norme giuridiche che trovano applicazione nel caso concreto.
 
Va aggiunto che, in ogni caso, allorché all’accertamento della intervenuta estinzione per prescrizione del reato segue necessariamente ex art. 578 c.p.p. la 
valutazione del compendio probatorio ai fini della decisione in ordine alle statuizioni civili della sentenza, il giudizio sulla responsabilità degli imputati, ai fini della conferma delle predette statuizioni, non può non riverberarsi anche su quello penale, prevalendo sulla immediata declaratoria della causa estintiva del reato (sez. un. 29/05/2009 n. 35490, RV 24473).
 
3.2 A maggior ragione tale principio di diritto trova applicazione nell’ipotesi in cui alla declaratoria di proscioglimento dell’imputato per estinzione del reato debba obbligatoriamente seguire la misura reale della confisca.
 
E’ noto che, secondo il consolidato indirizzo interpretativo di questa Corte, la confisca dei terreni abusivamente lottizzati, che segue obbligatoriamente, ai sensi dell’art. 44, comma 2, del DPR n. 380/2001, l’accertamento dell’esistenza di una lottizzazione abusiva, ha natura di sanzione amministrativa (per tutte, sez. 3, 07/07/2004 n. 38728, RV 229609), che deve essere applicata dal giudice penale anche allorché non si pervenga alla condanna dell’imputato o alla irrogazione della pena per causa diversa da quella inerente all’accertamento dell’insussistenza degli elementi oggettivo e soggettivo del reato (sez. 3, 13/07/2009 n. 39078, RV 245347; conf. sentenze n. 37086 del 2004 Rv. 230031, n. 6396 del 2007 Rv. 236076, n. 9982 del 2008 Rv. 238984, n. 21188 del 2009 Rv. 243630 ed altre).
 
Va, poi, ricordato che la Corte Europea dei Diritti Dell’uomo ha affermato, con sentenze 30 agosto 2007 e 20 gennaio 2009 nella causa Sud Fondi S.r.l. (relativa alla confisca della cosiddetta Punta Perotti), che la confisca conseguente alla lottizzazione abusiva deve qualificarsi come una pena, ai sensi dell’art. 7 della CEDU, e, pertanto, presuppone l’accertamento anche dell’elemento soggettivo del reato ascritto al partecipante alla lottizzazione abusiva.
 
Il giudice di merito, pertanto, nell’applicare l’indicata misura ablatoria di diritti reali, a fronte dell’intervento di una causa estintiva del reato, non può esimersi dall’accertare compiutamente l’esistenza della lottizzazione abusiva e dell’elemento soggettivo del reato, che, stante la sua natura contravvenzionale, può consistere anche nella colpa.
 
3.3 Va ancora osservato, con riferimento alla deduzione dei ricorrenti circa la non configurabilità, nel caso in esame, del reato di lottizzazione abusiva in considerazione della natura delle opere realizzate, che si ha lottizzazione (materiale) abusiva, ai sensi dell’art. 30, comma primo, del DPR n. 380/2001 “quando vengono iniziate opere che comportino trasformazione urbanistica o edilizia dei terreni stessi in violazione delle prescrizioni degli strumenti urbanistici, vigenti o adottati, o comunque stabilite dalle leggi statali o regionali o senza la prescritta autorizzazione;”
Pertanto, qualsiasi intervento edilizio realizzato in assenza delle prescritte autorizzazioni, che, per la sua consistenza, si palesi idoneo a conferire al territorio un assetto diverso da quello previsto dagli strumenti urbanistici, integra la fattispecie della lottizzazione abusiva.
 
Detta fattispecie è, perciò, senz’altro integrata dalla realizzazione di un impianto di natura industriale e di altri manufatti in zona avente diversa destinazione d’uso, che stravolgano l’assetto del territorio pianificato dalla pubblica amministrazione, indipendentemente dal fatto che tale impianto renda necessaria la realizzazione di opere di urbanizzazione, che pure vengono individuate dai giudici di merito.
 
4.1 Passando all’esame delle questioni oggetto delle valutazioni contenute nella sentenza impugnata va richiamata la normativa che disciplinava la materia degli impianti di smaltimento e recupero dei rifiuti vigente all’epoca dei fatti, costituita dall’art. 27 del D. Lgs n. 22/1997 (decreto Ronchi), che trova rispondenza nell’art. 208 del vigente D. Lgs n. 152/2006.
 
L’articolo 27 così disponeva:
“Approvazione del progetto e autorizzazione alla realizzazione degli impianti di smaltimento e di recupero dei rifiuti.
1. I soggetti che intendono realizzare nuovi impianti di smaltimento o di recupero di rifiuti, anche pericolosi, devono presentare apposita domanda alla Regione competente per territorio, allegando il progetto definitivo dell’impianto e la documentazione tecnica prevista per la realizzazione del progetto stesso dalle disposizioni vigenti in materia urbanistica, di tutela ambientale, di salute e di sicurezza sul lavoro, e di igiene pubblica. Ove l’impianto debba essere sottoposto alla procedura di valutazione di impatto ambientale statale ai sensi della normativa vigente, alla domanda è altresì allegata la comunicazione del progetto all’autorità competente ai predetti fini e il termine di cui al comma 3 resta sospeso fino all’acquisizione della pronuncia sulla compatibilità ambientale ai sensi dell’articolo 6, comma 4, della legge 8 luglio 1986, n. 349, e successive modifiche e integrazioni.
 
2. Entro trenta giorni dal ricevimento della domanda di cui al comma 1, la Regione nomina un responsabile del procedimento e convoca una apposita conferenza cui partecipano i responsabili degli uffici regionali competenti, i rappresentanti degli enti locali interessati. Alla conferenza è invitato a partecipare anche il richiedente l’autorizzazione o un suo rappresentante al fine di acquisire informazioni e chiarimenti.
 
3. Entro novanta giorni dalla sua convocazione, la conferenza:
a) procede alla valutazione del progetti;
b) acquisisce e valuta tutti gli elementi relativi alla compatibilità del progetto con le esigenze ambientali e territoriali;
c) acquisisce, ove previsto dalla normativa vigente, la valutazione di compatibilità ambientale;
 
La stessa sentenza ha anche ricordato le pronunce dal TAR Puglia citate dai ricorrenti, che avevano affermato la regolarità del procedimento, preceduto dalla conferenza dei servizi, conclusosi con l’approvazione del progetto e l’inesistenza di vincoli sulle aree oggetto dell’intervento (sentenza del TAR Puglia n. 2590/2004).
 
Né, peraltro, come inizialmente rilevato la sentenza impugnata si è occupata di tale profilo per affermare l’eventuale illegittimità dei lavori in corso di esecuzione.
 
4.3 La sentenza ha, invece, ravvisato detta illegittimità esclusivamente per l’esecuzione di varianti sostanziali nella realizzazione dell’impianto che avrebbero reso necessario una nuova approvazione del progetto ai sensi del comma 8 dell’art. 27.
 
La valutazione dei giudici dì merito, però, non si palesa fondata su elementi che la suffraghino adeguatamente.
 
Va precisato sul punto che, indipendentemente dal riferimento della norma a varianti sostanziali in corso di esercizio e non in sede di realizzazione dell’impianto, è evidente che la realizzazione di un impianto sostanzialmente diverso da quello approvato rende inoperante l’approvazione stessa.
 
In applicazione di un ordinario criterio ermeneutico, in assenza di indicazioni tecniche afferenti alla specifica materia di cui si tratta, per variante sostanziale deve intendersi la realizzazione di un impianto destinato ad una attività produttiva diversa da quella approvata, ovvero che, ferma restando la medesima tipologia di produzione, per le sue dimensioni o per l’adozione di diverse metodologie produttive abbia un impatto sul territorio incompatibile con quanto previsto dal progetto approvato.
 
4.4 Orbene, nel caso in esame, emerge dalla pronuncia di merito che le modifiche apportate all’impianto in corso di realizzazione, destinato alla medesima attività produttiva di compost, avrebbero determinato un minor consumo del territorio rispetto a quello previsto dal progetto approvato, mentre nulla è dato sapere in ordine al diverso impatto ambientale delle varianti.
 
La stessa sentenza, peraltro, a fronte del parere del consulente di parte, riportato in motivazione, circa la inesistenza di varianti sostanziali, si limita a contrapporre la diversa opinione dei giudici di merito, mentre è stata del tutto ignorata la determina dirigenziale n. 91 del 21 agosto 2001 della Provincia di Bari, con la quale si prendeva atto delle modifiche apportate in corso d’opera, qualificate come soluzioni tecniche che “costituiscono un miglioramento funzionale ed ottimizzano l’esercizio dell’impianto”.
 
5. Da ultimo si osserva che la sentenza impugnata fa sostanzialmente coincidere l’elemento soggettivo del reato con la consapevolezza della condotta posta in essere dagli imputati, mentre non è stato esaminato l’eventuale affidamento del privato nei provvedimenti della pubblica amministrazione.
 
Anche sul punto non si è tenuto conto della citata determina dirigenziale, mentre la ricostruzione delle condotte successive e la attribuzione delle stesse ai singoli imputati appare frutto di una valutazione sommaria.
 
La sentenza impugnata, pertanto, deve essere annullata con rinvio per un nuovo esame che tenga conto degli affermati principi di diritto e dei rilievi che precedono.
 
P.Q.M.
 
Annulla la sentenza impugnata e rinvia ad altra sezione della Corte di appello di Bari.
 
Così deciso il 25/10/2012
 

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