Giurisprudenza: Giurisprudenza Sentenze per esteso massime |
Categoria: Aree protette,
Beni culturali ed ambientali,
Diritto processuale penale,
Diritto urbanistico - edilizia
Numero: 43919 |
Data di udienza: 27 Aprile 2016
* BENI CULTURALI E AMBIENTALI – DIRITTO URBANISTICO – AREE PROTETTE – Esecuzione dell’attività edilizia abusiva nonostante il sequestro dell’immobile – Termine della prescrizione – Calcola della decorrenza – Opere abusive in zona sismica sottoposta a vincolo paesaggistico e all’interno di un Parco nazionale – Violazione dei sigilli – Art. 349 c.p. – Artt.44, c.1, lett.e), 64, 65, 71, 72, 75, 93, 94, 95 d.P.R. n. 380/2001 – Art. 181, c.1, del d.lgs. n. 42/2004 – Criteri per individuare la natura pertinenziale delle opere – Requisito dell’individualità fisica e strutturale – Assenza – Permesso di costruire – Necessità – Giurisprudenza – PROCEDURA PENALE – Possibilità di rilevare e dichiarare le cause di non punibilità a norma dell’art. 129 cod. proc. pen. – Limiti – Inammissibilità del ricorso per cassazione.
Provvedimento: Sentenza
Sezione: 3^
Regione:
Città:
Data di pubblicazione: 18 Ottobre 2016
Numero: 43919
Data di udienza: 27 Aprile 2016
Presidente: Fiale
Estensore: ANDRONIO
Premassima
* BENI CULTURALI E AMBIENTALI – DIRITTO URBANISTICO – AREE PROTETTE – Esecuzione dell’attività edilizia abusiva nonostante il sequestro dell’immobile – Termine della prescrizione – Calcola della decorrenza – Opere abusive in zona sismica sottoposta a vincolo paesaggistico e all’interno di un Parco nazionale – Violazione dei sigilli – Art. 349 c.p. – Artt.44, c.1, lett.e), 64, 65, 71, 72, 75, 93, 94, 95 d.P.R. n. 380/2001 – Art. 181, c.1, del d.lgs. n. 42/2004 – Criteri per individuare la natura pertinenziale delle opere – Requisito dell’individualità fisica e strutturale – Assenza – Permesso di costruire – Necessità – Giurisprudenza – PROCEDURA PENALE – Possibilità di rilevare e dichiarare le cause di non punibilità a norma dell’art. 129 cod. proc. pen. – Limiti – Inammissibilità del ricorso per cassazione.
Massima
CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. 3^ 18/10/2016 (ud. 27/04/2016) Sentenza n.43919
BENI CULTURALI E AMBIENTALI – DIRITTO URBANISTICO – AREE PROTETTE – Esecuzione dell’attività edilizia abusiva nonostante il sequestro dell’immobile – Termine della prescrizione – Calcola della decorrenza – Opere abusive in zona sismica sottoposta a vincolo paesaggistico e all’interno di un Parco nazionale – Violazione dei sigilli – Art. 349 c.p. – Artt.44, c.1, lett.e), 64, 65, 71, 72, 75, 93, 94, 95 d.P.R. n. 380/2001 –
Art. 181, c.1, del d.lgs. n. 42/2004.
Qualora l’esecuzione dell’attività edilizia abusiva prosegua nonostante il sequestro dell’immobile, il termine della prescrizione decorre dal momento della cessazione finale dell’attività (Cass., sez. 3, 12/12/2013, n.5480, rv. 258930; sez. 3, 23/09/2008, n. 40026).
DIRITTO URBANISTICO – Criteri per individuare la natura pertinenziale delle opere – Requisito dell’individualità fisica e strutturale – Assenza – Permesso di costruire – Necessità – Giurisprudenza.
La natura pertinenziale deve essere esclusa per le opere prive del requisito dell’individualità fisica e strutturale, che costituiscano parte integrante dell’edificio sul quale sono realizzate (Cass., sez. 3, 26/06/2013, n. 42330; sez. 3, 6/05/2010, n. 21351; sez. 3, 18/05/2006 n. 17083; sez. 3, 9/01/2003, n. 239).
PROCEDURA PENALE – Possibilità di rilevare e dichiarare le cause di non punibilità a norma dell’art. 129 cod. proc. pen. – Limiti – Inammissibilità del ricorso per cassazione.
La possibilità di rilevare e dichiarare le cause di non punibilità a norma dell’
art. 129 cod. proc. pen., ivi compresa la prescrizione, è preclusa dall’inammissibilità del ricorso per cassazione, anche dovuta alla genericità o alla manifesta infondatezza dei motivi, che non consente il formarsi di un valido rapporto di impugnazione (Cass., sez. 3, 8/10/2009, n. 42839; sez. 1, 4/06/2008, n. 24688; sez. un., 22/03/2005, n. 4).
(Dichiara inammissibile il ricorso avverso sentenza della CORTE D’APPELLO DI NAPOLI del 12/01/2015) Pres. FIALE, Rel. ANDRONIO, Ric. De Vito
Allegato
Titolo Completo
CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. 3^ 18/10/2016 (ud. 27/04/2016) Sentenza n.43919
SENTENZA
CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. 3^ 18/10/2016 (ud. 27/04/2016) Sentenza n.43919
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA PENALE
composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
omissis
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso proposto da De Vito Salvatore, nato a Ottaviano il 15 giugno 1953
avverso la sentenza della Corte d’appello di Napoli del 12 gennaio 2015;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Alessandro M. Andronio;
udito il pubblico ministero, in persona del sostituto procuratore generale Marilia Di Nardo, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. – Con sentenza del 12 gennaio 2015, la Corte d’appello di Napoli ha confermato la sentenza del Tribunale di Nola, con la quale imputato era stato condannato alla pena di un anno di reclusione ed euro 1.000,00 di multa, condizionalmente sospesa, con l’ordine di demolizione delle opere abusive, per avere realizzato, in zona sismica, sottoposta a vincolo paesaggistico e all’interno di un Parco nazionale, in mancanza del permesso di costruire, dell’autorizzazione paesaggistica e del nulla osta dell’Ente Parco, nonché in violazione degli obblighi imposti dalla normativa antisismica e sul cemento armato, l’abusiva sopraelevazione di un edificio, analiticamente descritta nell’imputazione, nonché per avere, in qualità di custode, violato i sigilli apposti all’edificio, continuando la realizzazione delle opere abusive (artt. 81, secondo comma, cod. pen.,
44, comma 1, lettera e), 64, 65, 71, 72, 75, 93, 94, 95 del d.P.R. n. 380 del 2001,
181, comma 1, del d.lgs. n. 42 del 2004, 30 della legge n. 394 del 1991, 349, secondo comma, cod. pen.; fatti accertati il 14 luglio 2009, il 16 agosto 2010, il 29 maggio 2011).
2. – Avverso la sentenza l’imputato ha proposto personalmente ricorso per cassazione, deducendo, in primo luogo, l’intervenuta prescrizione dei reati contravvenzionali contestati. La difesa osserva che i reati erano stati accertati 14 luglio 2009, data in cui il manufatto era stato sottoposto a sequestro preventivo, e che le uniche sospensioni del corso della prescrizione sono dovute a legittimi impedimenti del difensore e dell’imputato, per un totale di 120 giorni; con la conseguenza che il termine prescrizionale avrebbe dovuto essere ritenuto già decorso l’11 novembre 2014.
Con un secondo motivo di doglianza, si deducono vizi della motivazione in relazione ai reati contravvenzionali contestati, sul rilievo che l’ufficio tecnico comunale aveva affermato che le opere avrebbero potuto essere realizzate anche con denuncia di inizio attività, in mancanza di ancoraggio al suolo della struttura in ferro. Non si sarebbe considerata, inoltre, la natura pertinenziale delle opere in contestazione.
In terzo luogo, si lamenta la carenza di motivazione in relazione al mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche con giudizio di prevalenza sua contestata aggravante di cui al secondo comma dell’art. 349 cod. pen.
CONSIDERATO IN DIRITTO
3. – Il ricorso è inammissibile.
3.1. – Il primo motivo di doglianza, relativo alla prescrizione dei reati contravvenzionali, è manifestamente infondato e comunque prospettato in modo non specifico.
Tali reati sono contestati come accertati una prima volta il 14 luglio 2009, poi il 16 agosto 2010 e, quanto alla violazione dei sigilli, il 29 maggio 2011.
L’imputato nulla ha rilevato nei gradi di giudizio di merito circa il tempus commissi delicti, e si è limitato ad eccepire, per la prima volta con il ricorso per cassazione, l’avvenuta prescrizione dei reati in un momento precedente alla pronuncia della sentenza d’appello. Quest’ultima risulta, del resto, correttamente motivata sul punto, laddove evidenzia che le opere, all’atto dell’accertamento del 14 luglio 2009, non erano state completate e che le stesse non erano complete neanche alla data del 16 agosto 2010, come dimostrato dal verbale di sequestro con allegate fotografie e dalla deposizione del geometra dell’ufficio tecnico, tanto che l’attività edificatoria abusiva era proseguita per la realizzazione di impianti, infissi e canna fumaria almeno fino al 29 maggio 2011. Trova perciò applicazione il principio, costantemente affermato dalla giurisprudenza di questa Corte, secondo cui, qualora l’esecuzione dell’attività edilizia abusiva prosegua nonostante il sequestro dell’immobile, il termine della prescrizione decorre dal momento della cessazione finale dell’attività (ex multis, sez. 3, 12 dicembre 2013, n.
5480, rv. 258930; sez. 3, 23 settembre 2008, n. 40026, rv. 241293).
3.2. – Il secondo motivo di ricorso, con il quale si sostiene che le opere avrebbero potuto essere realizzate con d.i.a. e che si trattava comunque della realizzazione di una pertinenza rispetto all’edificio principale, è anch’esso manifestamente infondato. Come correttamente evidenziato dai giudici di merito, le opere, fin dall’epoca del primo sequestro, consistevano in una struttura realizzata in ferro infissa stabilmente al suolo ed erano finalizzate alla realizzazione di locali destinati all’abitazione, cosicché per le stesse sarebbe stato necessario il permesso di costruire. Quanto alla natura pertinenziale, la stessa è stata dedotta per la prima volta con il ricorso per cassazione ed è, in ogni caso, manifestamente insussistente, trattandosi di opere non dotate di una propria individualità rispetto all’edificio preesistente. Si è infatti più volte affermato che la natura pertinenziale deve essere esclusa per le opere prive del requisito dell’individualità fisica e strutturale, che costituiscano parte integrante dell’edificio sul quale sono realizzate (ex plurimis, sez. 3, 26 giugno 2013, n. 42330, rv. 257290; sez. 3, 6 maggio 2010, n. 21351, rv. 247628; sez. 3, 18 maggio 2006 n. 17083; sez. 3, 9 gennaio 2003, n. 239).
3.3. – Inammissibile è il terzo motivo, relativo alle attenuanti generiche. Con conforme e corretta valutazione di merito – insindacabile in questa sede – i giudici di primo e secondo grado hanno evidenziato la pervicacia dimostrata dall’imputato nella reiterata prosecuzione dei lavori, in mancanza di tutti i titoli abilitativi necessari e in – violazione dei sigilli, giungendo all’irrogazione di una pena assai modesta rispetto alla gravità dei fatti e alla personalità dell’imputato, perché di poco superiore al minimo edittale per il reato-base (violazione dei sigilli), con minimi aumenti per la continuazione con i reati-satellite.
4. – Né può essere in questa sede dichiarata la prescrizione dei reati, che devono essere considerati commessi non prima del 16 agosto 2010, epoca del secondo accertamento svolto dalla polizia municipale. Il relativo termine complessivo quinquennale sarebbe infatti decorso il 16 agosto 2015, con l’aggiunta di 120 giorni di sospensione della prescrizione, per impedimenti dell’imputato e del difensore, giungendosi così al 14 dicembre 2015, data successiva alla pronuncia della sentenza impugnata. In presenza di un ricorso inammissibile, quale quello in esame, trova dunque applicazione il principio, costantemente enunciato dalla giurisprudenza di questa Corte, secondo cui la possibilità di rilevare e dichiarare le cause di non punibilità a norma dell’
art. 129 cod. proc. pen., ivi compresa la prescrizione, è preclusa dall’inammissibilità del ricorso per cassazione, anche dovuta alla genericità o alla manifesta infondatezza dei motivi, che non consente il formarsi di un valido rapporto di impugnazione (
ex plurimis, sez. 3, 8 ottobre 2009, n. 42839; sez. 1, 4 giugno 2008, n. 24688; sez. un., 22 marzo 2005, n. 4).
Tenuto conto della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale e rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che «la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità», alla declaratoria dell’inammissibilità medesima consegue, a norma dell’
art. 616 cod. proc. pen., l’onere delle spese del procedimento nonché quello del versamento della somma, in favore della Cassa delle ammende, equitativamente fissata in € 1.500,00.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di € 1.500,00 in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 27 aprile 2016.