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Giurisprudenza: Giurisprudenza Sentenze per esteso massime | Categoria: Diritto processuale penale, Diritto urbanistico - edilizia Numero: 2752 | Data di udienza: 8 Novembre 2012

* DIRITTO URBANISTICO – Realizzazione di un porticato o di una tettoia che completi un lastrico – Elementi complementari utile di un edificio – Natura pertinenziale dell’opera – Esclusione – Art.44, lett.b), d.P.R. n.380/2001DIRITTO PROCESSUALE PENALE – Giudice di legittimità – Rilettura degli elementi di fatto – Preclusione.


Provvedimento: Sentenza
Sezione: 3^
Regione:
Città:
Data di pubblicazione: 18 Gennaio 2013
Numero: 2752
Data di udienza: 8 Novembre 2012
Presidente: Squassoni
Estensore: Marini


Premassima

* DIRITTO URBANISTICO – Realizzazione di un porticato o di una tettoia che completi un lastrico – Elementi complementari utile di un edificio – Natura pertinenziale dell’opera – Esclusione – Art.44, lett.b), d.P.R. n.380/2001DIRITTO PROCESSUALE PENALE – Giudice di legittimità – Rilettura degli elementi di fatto – Preclusione.



Massima

 

 

CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez.3^, 18 Gennaio 2013 (Ud. 8/11/2012), Sentenza n. 2752

DIRITTO URBANISTICO – Realizzazione di un porticato o di una tettoia che completi un lastrico – Elementi complementari utile di un edificio – Natura pertinenziale dell’opera – Esclusione – Art.44, lett.b), d.P.R. n.380/2001.
 
Non possono essere considerate opere pertinenziali quelle che concorrono a integrare l’edificio principale e risultano per questo prive di autonomia, con la conseguenza che la realizzazione di un porticato, al pari della realizzazione di una tettoia che completi un lastrico, divengono elementi complementari che accrescono la superficie utile dell’edificio e la sua fruibilità. (Cass. Sez.3, n.20349 del 16/3/2010, Catania)
 
(conferma sentenza del 23/11/2011 della Corte di appello di Bari) Pres. Squassoni, Est. Marini, Ric. Leuce
 
 
 
DIRITTO PROCESSUALE PENALE – Giudice di legittimità – Rilettura degli elementi di fatto – Preclusione.
 
E’ preclusa al giudice di legittimità la rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione o l’autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti (Cass. Sez.6, sentenza n.22256 del 26/04-23/06/2006, Bosco).

(conferma sentenza del 23/11/2011 della Corte di appello di Bari) Pres. Squassoni, Est. Marini, Ric. Leuce
 


Allegato


Titolo Completo

CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez.3^, 18 Gennaio 2013 (Ud. 8/11/2012), Sentenza n. 2752

SENTENZA

 

REPUBBLICA ITALIANA
In nome del Popolo Italiano
 
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
TERZA SEZIONE PENALE
 
Composta da
 
Claudia Squassoni – Presidente
Alfredo Maria Lombardi – Consigliere
Luigi Marini – Consigliere Rel.
Elisabetta Rosi – Consigliere
Santi Gazzara – Consigliere
 
ha pronunciato la seguente

SENTENZA
 
– sul ricorso proposto da LEUCE Domenico, nato a San Ferdinando di Puglia l’11/8/1937;
– avverso la sentenza del 23/11/2011 della Corte di appello di Bari, che, in parziale riforma della sentenza emessa dal Tribunale di Foggia in data 27/5/2009, ha assolto l’imputato dalla realizzazione delle opere indicate al punto 3 del capo d’imputazione e ha rideterminato in 20 giorni di arresto e 3.000,00 euro di ammenda la pena inflitta per il reato ex art.44, lett.b) del d.P.R. 6 giugno 2001, n.380 con rifermento alle opere contestate ai punti 2 e 4 del capo d’imputazione, accertato l’1/2/2008.
– visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere Luigi Marini; 
– udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale, Sante Spinaci, che ha concluso chiedendo dichiararsi il ricorso inammissibile.
 
RITENUTO IN FATTO
 
1. Con sentenza emessa dal Tribunale di Foggia in data 27/5/2009 il sig.Leuce è stato assolto dalla contestazione di edificazione abusiva mossagli al punto 1 del capo d’imputazione e relativa all’edificazione di un immobile a piano terra, mentre è stato riconosciuto colpevole delle altre condotte contestate ai punti 2 (realizzazione di 2 porticati), 3 (realizzazione di una recinzione) e 4 (creazione di due manufatti in muratura) e condannato per l’ipotesi ex art.44, lett.b) del d.P.R. 6 giugno 2001, n.380, previa concessione delle circostanze attenuanti generiche, alla pena di un mese di arresto e 4.000,00 euro di ammenda, nonché alla demolizione delle opere abusive.
 
2. La sentenza della Corte di appello di Bari ha parzialmente accolto i motivi d’impugnazione, escludendo la sussistenza della condotta illecita contestata al punto 3 e ha così rideterminato in 20 giorni di arresto e 3.000,00 euro di ammenda la pena per i fatti residui di cui ai numeri 2 e 4 dell’imputazione. In particolare, la Corte di appello, rilevata l’assenza dei provvedimenti autorizzatori, ha ritenuto non provato che il muro di recinzione non fosse preesistente, mentre ha valutato come nuova costruzione la realizzazione dei due porticati e quella dei due manufatti contestati al punto 4.
 
3. Avverso tale decisione il sig. Leuce propone ricorso, in sintesi lamentando:
a) Errata applicazione di legge ex art.606, lett.b) cod. proc. pen. per avere i giudici di appello, con un improprio rinvio a decisione della Corte di legittimità in tema di edificazione di una tettoia, escluso che la realizzazione di un porticato integri opera di natura pertinenziale;
b) Errata applicazione di legge ex art.606, lett.b) cod. proc. pen. per omessa dichiarazione di estinzione del reato concernente le opere contestate al punto 4 dell’imputazione, opere realizzate in epoca anteriore all’anno 2001;
c) Intervenuta prescrizione di tutti i fatti alla data del 31/1/2012. 
 
CONSIDERATO IN DIRITTO
 
1. Premessa la manifesta infondatezza del terzo motivo di ricorso alla luce dell’esistenza di atti interruttivi che fissano alla data dell’1/2/2013 il termine prescrizionale massimo per i fatti commessi fino all’1/2/2008, la Corte considera manifestamente infondato anche il primo motivo di ricorso. A far data dalla sentenza di questa Sezione, n.4056 del 7/5/1997, Fera (rv 207609) la giurisprudenza ha costantemente affermato che non possono essere considerate opere pertinenziali quelle che concorrono a integrare l’edificio principale e risultano per questo prive di autonomia, con la conseguenza che la realizzazione di un porticato, al pari della realizzazione di una tettoia che completi un lastrico, divengono elementi complementari che accrescono la superficie utile dell’edificio e la sua fruibilità. Per una ulteriore precisazione della differenza ora richiamata si rinvia al principio affermato da Sez.3, n.20349 del 16/3/2010, Catania (rv 247108) e all’articolata motivazione che lo sostiene.
 
2. Quanto al secondo motivo di ricorso, sia il primo giudice, che ha accertato l’esistenza di opere non preesistenti e non condonate, sia i giudici di appello hanno operato una ricostruzione dei fatti che esclude la databilità all’anno 2001 delle opere oggetto di condanna. Si tratta di ricostruzione puntualmente motivata e immune da manifesta illogicità, cosi che devono trovare qui applicazione i principi interpretativi in tema di limiti del giudizio di legittimità e di definizione dei concetti di contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione, nonché in tema di travisamento del fatto che sono contenuti nelle sentenze delle Sez. Un., n.2120, del 23 novembre 1995-23 febbraio 1996, Fachini, rv 203767, e n.47289 del 2003, Petrella, rv 226074. In tale prospettiva di ordine generale va, dunque, seguita la costante affermazione giurisprudenziale del principio secondo cui è “preclusa al giudice di legittimità la rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione o l’autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti” (fra tutte: Sez.6, sentenza n.22256 del 26 aprile-23 giugno 2006, Bosco, rv 234148). Il motivo di ricorso si presenta altresì generico in quanto, a fronte delle argomentazioni esposte nelle decisioni di merito, omette di fornire elementi specifici in grado di contrastare l’accertamento compiuto e ripropone argomenti già esaminati dai giudici di appello; si versa così in ipotesi di applicazione del profilo di inammissibilità previsto dagli artt.581, lett.c), e 591, lett.c), cod. proc. pen..
 
3. Sulla base delle considerazioni fin qui svolte il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con conseguente condanna del ricorrente, ai sensi dell’art.616 c.p.p., al pagamento delle spese del presente grado di giudizio.
 
Tenuto, poi, conto della sentenza della Corte costituzionale in data del 13 giugno 2000, n.186, e considerato che non vi è ragione di ritenere che il ricorso sia stato presentato senza “versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità”, si dispone che il ricorrente versi la somma, determinata in via equitativa, di Euro 1.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
 
P.Q.M.
 
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio, nonché al versamento della somma di Euro 1.000,00 alla Cassa delle ammende.
 
Così deciso il giorno 8/11/2012
 

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