Provvedimento: Sentenza
Sezione: 3^
Regione:
Città:
Data di pubblicazione: 19 Maggio 2015
Numero: 20544
Data di udienza: 8 Aprile 2015
Presidente: Mannino
Estensore: Mengoni
Premassima
DIRITTO URBANISTICO – Realizzazione tettoia di copertura – Preventivo rilascio del permesso di costruire – Necessità – Concetto di pertinenza urbanistica – BENI CULTURALI E AMBIENTALI – DIRITTO PROCESSUALE PENALE – Violazioni urbanistiche e paesaggistiche – Sospensione condizionale della pena – Subordinata alla demolizione – LEGITTIMAZIONE PROCESSUALE – Associazioni ambientaliste – Costituzione di parte civile – Legittimazione – Artt. 44, lett. c), d.P.R. n. 380/2001, 616 cod. proc. pen. e 181, d. Lgs. n. 42/2004.
Massima
CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez.3^ 19/05/2015 (Ud. 8/4/2015) Sentenza n.20544
DIRITTO URBANISTICO – Realizzazione tettoia di copertura – Preventivo rilascio del permesso di costruire – Necessità – Concetto di pertinenza urbanistica – Art. 44, lett. b) del d.P.R. n. 380/2001.
In materia urbanistica, integra il reato previsto dall’art. 44, lett. b) del d.P.R. n. 380 del 2001 la realizzazione, senza il preventivo rilascio del permesso di costruire, di una tettoia di copertura che, non rientrando nella nozione tecnico-giuridica di pertinenza per la mancanza di una propria individualità fisica e strutturale, costituisce parte integrante dell’edificio sul quale viene realizzata (Cass. Sez. 3, n. 42330 del 26/6/2014, Salanitro; Sez. 3, n. 21351 del 6/5/2010, Savino; Sez. 3, n. 40843 dell’11/10/2005, Daniele); ciò in quanto, in urbanistica, il concetto di pertinenza ha caratteristiche sue proprie, diverse da quelle definite dal codice civile, riferendosi ad un’opera autonoma dotata di una propria individualità, in rapporto funzionale con l’edificio principale, laddove la parte dell’edificio stesso appartiene senza autonomia alla sua struttura (Cass. Sez. 3, n. 17083 del 7/4/2006, Miranda).
BENI CULTURALI E AMBIENTALI – DIRITTO PROCESSUALE PENALE – Violazioni urbanistiche e paesaggistiche – Sospensione condizionale della pena – Subordinata alla demolizione – D. Lgs. n. 42/2004.
In tema di violazioni urbanistiche, il giudice può subordinare la sospensione condizionale della pena inflitta alla demolizione dell’opera eseguita, avendo tale ordine, alla stregua di quanto previsto dall’art. 165 cod. pen., la funzione di eliminare le conseguenze dannose del reato (per tutte, Sez. 3, n. 3685 dell’11/12/2013, Russo). Nella specie, proprio la vigenza del vincolo paesaggistico – e connesso divieto di autorizzazioni in sanatoria – comporta che la tettoia, «per dimensioni, mantiene oggettiva incidenza nell’ordinato sviluppo del territorio, ove non rimossa».
LEGITTIMAZIONE PROCESSUALE – Associazioni ambientaliste – Costituzione di parte civile – Legittimazione – Artt. 44, lett. c), d.P.R. n. 380/2001, e 181, d. Lgs. n. 42/2004.
Le associazioni ambientaliste sono legittimate alla costituzione di parte civile, costituzione giustificata dalla tutela non solo degli interessi ambientali “in senso stretto”, ma anche di quelli “in senso lato”, comprendenti «la conservazione e valorizzazione dell’ambiente in termine ampio, del paesaggio urbano, rurale, naturale e dei monumenti» (per tutte, Cass. Sez. 3, n. 3872 del 22/10/2010, Legambiente Regione Sicilia). Esattamente come nel caso di specie, a fronte di una violazione ex artt. 44, lett. c), d.P.R. n. 380 del 2001, e 181, d. Lgs. n. 42 del 2004, tale cioè da comprendere una pluralità di beni tutelati epperò concretamente individualizzati, in relazione ai quali l’associazione ambientalista in oggetto è esponenziale di un interesse meritevole di tutela.
(dichiara inammissibile il ricorso avverso sentenza del 2/10/2013 Corte di appello di Lecce) Pres. Mannino Est. Mengoni Ric. Marzo
Allegato
Titolo Completo
CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez.3^ 19/05/2015 (Ud. 8/4/2015) Sentenza n.20544
SENTENZA
CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez.3^ 19/05/2015 (Ud. 8/4/2015) Sentenza n.20544
REPUBBLICA ITALIANA
In nome del Popolo Italiano
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
TERZA SEZIONE PENALE
Composta da
Saverio F. Mannino – Presidente –
Renato Grillo
Vito Di Nicola
Luca Ramacci
Enrico Mengoni – Relatore –
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
– sul ricorso proposto da Marzo Marco, nato ad Aradeo (Le) il 24/4/1976
– avverso la sentenza pronunciata dalla Corte di appello di Lecce in data 2/10/2013;
– visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
– sentita la relazione svolta dal consigliere Enrico Mengoni;
– sentite le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Francesco Salzano, che ha chiesto il rigetto del ricorso
RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza del 2/10/2013, la Corte di appello di Lecce confermava nei confronti di Marco Marzo la pronuncia emessa il 26/1/2012 dal Tribunale di Lecce, riformandola invece nei confronti dei coimputati Cosimo Marzo ed Anna
Maria Greco, assolti per non aver commesso il fatto; a tutti era ascritta la violazione degli artt. 110 cod. pen., 44, comma 1, lett. c), d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, per aver realizzato una tettoia abusiva in zona sottoposta a vincolo paesaggistico.
2. Ricorre per cassazione il Marzo, a mezzo del proprio difensore, deducendo tre motivi:
– inosservanza ed erronea applicazione della legge penale, violazione dell’art. 25, comma 2, Cost., mancanza, contraddittorietà ed illogicità della motivazione. La Corte di appello avrebbe confermato la condanna aderendo ad un’interpretazione errata del concetto di pertinenza, invero riferibile ad opere – come la tettoia in oggetto – che ha funzione meramente servente rispetto all’immobile (un ristorante), fissata al suolo con bulloni e facilmente smontabile, di dimensioni minime. Un bene, quindi, caratterizzato da assoluta strumentalità rispetto a quello principale, priva di autonomia funzionale ed economica;
– violazione degli artt. 163, 165 e 192 cod. pen.. La Corte avrebbe eluso il terzo motivo di appello, atteso che la sospensione condizionale della pena non poteva esser subordinata alla demolizione dell’opera, invero assentibile ed oggetto di abuso meramente formale;
– violazione e falsa applicazione del
d. Lgs. n. 152 del 2006 con riguardo alla costituzione di parte civile da parte di Legambiente. La Corte di appello avrebbe rigettato questo motivo di gravame senza considerare che la costituzione di parte civile è possibile solo quando dall’offesa all’interesse tutelato derivi, in modo immediato e diretto, la lesione di un diritto patrimoniale o non patrimoniale; per contro, nessun risarcimento compete quando ricorra un mero «collegamento ideologico» con il bene da proteggere, quando cioè le associazione siano portatrici di un interesse che resta diffuso e, come tale, non risarcibile. Con l’effetto che Legambiente non avrebbe potuto essere ammessa quale parte civile, non avendo sostenuto costi per effetto del reato, né discredito per il mancato raggiungimento dei fini istituzionali.
CONSIDERATO IN DIRITTO
3. Il ricorso è manifestamente infondato.
Con riguardo al primo motivo, la Corte di merito – pronunciandosi sulla medesima doglianza qui riproposta – ha evidenziato con argomento adeguato e privo di censure logiche che la tettoia realizzata non poteva affatto esser qualificata quale mera pertinenza edilizia; ciò alla luce delle rilevanti dimensioni (circa 200 mq.) e del carattere del manufatto stesso, che «costituisce, all’evidenza, una forma di ampliamento del fabbricato cui inerisce» (il ristorante).
In sintesi, non un “servizio”, ma una “integrazione” della costruzione principale, parte di esso quale elemento che attiene all’essenza dell’immobile.
In tal modo, dunque, la sentenza ha fatto buon governo del principio, più volte affermato in sede di legittimità, secondo cui integra il reato previsto dall’
art. 44, lett. b) del d.P.R. n. 380 del 2001 la realizzazione, senza il preventivo rilascio del permesso di costruire, di una tettoia di copertura che, non rientrando nella nozione tecnico-giuridica di pertinenza per la mancanza di una propria individualità fisica e strutturale, costituisce parte integrante dell’edificio sul quale viene realizzata (Sez. 3, n. 42330 del 26/6/2014, Salanitro, Rv. 257290; Sez. 3, n. 21351 del 6/5/2010, Savino, Rv. 247628; Sez. 3, n. 40843 dell’11/10/2005, Daniele, Rv. 232363); ciò in quanto, in urbanistica, il concetto di pertinenza ha caratteristiche sue proprie, diverse da quelle definite dal codice civile, riferendosi ad un’opera autonoma dotata di una propria individualità, in rapporto funzionale con l’edificio principale, laddove la parte dell’edificio stesso appartiene senza autonomia alla sua struttura (Sez. 3, n. 17083 del 7/4/2006, Miranda, Rv. 234193).
Il motivo, pertanto, non può essere accolto.
4. Anche il secondo è infondato.
Si osserva che la Corte di merito – nuovamente rispondendo alla medesima doglianza – ha rilevato che il beneficio della sospensione condizionale della pena ben poteva esser subordinato alla demolizione della tettoia. In particolare, la sentenza ha sottolineato che proprio la vigenza del vincolo paesaggistico (richiamata anche nel presente ricorso) – e connesso divieto di autorizzazioni in sanatoria – comporta che la tettoia, «per dimensioni, mantiene oggettiva incidenza nell’ordinato sviluppo del territorio, ove non rimossa»; sì da confermare il costante indirizzo di legittimità in forza del quale, in tema di violazioni urbanistiche, il giudice può subordinare la sospensione condizionale della pena inflitta alla demolizione dell’opera eseguita, avendo tale ordine, alla stregua di quanto previsto dall’art. 165 cod. pen., la funzione di eliminare le conseguenze dannose del reato (per tutte, Sez. 3, n. 3685 dell’11/12/2013, Russo, Rv. 258517).
5. Da ultimo, il motivo inerente alla costituzione di parte civile, parimenti infondato.
Il Collegio di appello – rispondendo alla stessa censura – ha affermato che Legambiente Onlus/Comitato regionale Puglia era legittimata a detta
costituzione, giustificata – secondo un costante indirizzo di questa Corte – dalla tutela non solo degli interessi ambientali “in senso stretto”, ma anche di quelli “in senso lato”, comprendenti «la conservazione e valorizzazione dell’ambiente in termine ampio, del paesaggio urbano, rurale, naturale e dei monumenti» (per tutte, Sez. 3, n. 3872 del 22/10/2010, Legambiente Regione Sicilia, Rv. 249152); esattamente come nel caso di specie, a fronte di una violazione ex artt. 44, lett. c), d.P.R. n. 380 del 2001, e 181, d. Lgs. n. 42 del 2004, tale cioè da comprendere una pluralità di beni tutelati epperò concretamente individualizzati, in relazione ai quali l’associazione ambientalista in oggetto è esponenziale di un interesse meritevole di tutela.
Il ricorso, pertanto, deve essere dichiarato inammissibile. Alla luce della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale e rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che «la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità», alla declaratoria dell’inammissibilità medesima consegue, a norma dell’
art. 616 cod. proc. pen., l’onere delle spese del procedimento nonché quello del versamento della somma, in favore della Cassa delle ammende,
equitativamente fissata in euro 1.000,00.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, l’8 aprile 2015