Giurisprudenza: Giurisprudenza Sentenze per esteso massime |
Categoria: Beni culturali ed ambientali,
Diritto urbanistico - edilizia
Numero: 4434 |
Data di udienza:
* BENI CULTURALI ED AMBIENTALI – DIRITTO URBANISTICO – Abusi edilizi in area soggetta a vincolo paesaggistico – Realizzazione di una struttura abitativa non precaria – Estinzione del reato ambientale – Spontanea rimozione delle opere abusive – Operatività – Esecuzione dell’ordine dell’autorità – Atto dovuto – Effetti estintivi sul reato urbanistico – Esclusione – Reati ex artt. 181 D. L.vo n. 42/2004 e 44, lett. c) D.P.R. n. 380/2001.
Provvedimento: Sentenza
Sezione: 3^
Regione:
Città:
Data di pubblicazione: 2 Febbraio 2012
Numero: 4434
Data di udienza:
Presidente: Fiale
Estensore: Marini
Premassima
* BENI CULTURALI ED AMBIENTALI – DIRITTO URBANISTICO – Abusi edilizi in area soggetta a vincolo paesaggistico – Realizzazione di una struttura abitativa non precaria – Estinzione del reato ambientale – Spontanea rimozione delle opere abusive – Operatività – Esecuzione dell’ordine dell’autorità – Atto dovuto – Effetti estintivi sul reato urbanistico – Esclusione – Reati ex artt. 181 D. L.vo n. 42/2004 e 44, lett. c) D.P.R. n. 380/2001.
Massima
CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. 3^, 2 febbraio 2012, Sentenza n. 4434
BENI CULTURALI ED AMBIENTALI – DIRITTO URBANISTICO – Abusi edilizi in area soggetta a vincolo paesaggistico – Realizzazione di una struttura abitativa non precaria – Estinzione del reato ambientale – Spontanea rimozione delle opere abusive – Operatività – Esecuzione dell’ordine dell’autorità – Atto dovuto – Effetti estintivi sul reato urbanistico – Esclusione – Reati ex artt. 181 D. L.vo n. 42/2004 e 44, lett. c) D.P.R. n. 380/2001.
La disposizione dell’
articolo 181, comma 1-quinquies, del Decreto Legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, nella parte in cui prevede l’estinzione del reato ambientale, opera esclusivamente nell’ipotesi che la persona responsabile della violazione abbia spontaneamente rimosso le opere abusive, con ciò intendendosi che la rimozione deve avere luogo prima che l’ente competente intervenga mediante ordine di demolizione o di rimessione in pristino (Cass. Sez.3^, sentenza n. 3064/2007). Pertanto, l’esecuzione dell’ordine dell’autorità rappresenta un atto dovuto e non assume rilievo al fine di escludere la punibilità della violazione commessa. Pertanto, la demolizione delle opere successivamente all’accertamento non produce effetti estintivi sul reato urbanistico (Cass. Sez. 3^, sentenza n. 17535/2010).
Pres. Fiale, Rel. Marini
Allegato
Titolo Completo
CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. 3^, 2 febbraio 2012, Sentenza n. 4434
SENTENZA
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. FIALE Aldo – Presidente
Dott. AMORESANO Silvio – Consigliere
Dott. MULLIRI Guicla – Consigliere
Dott. MARINI Luigi – Consigliere Rel.
Dott. SARNO Giulio – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
– sul ricorso proposto da: AR. Ro., nata a (..ad..);
– Sentita la relazione effettuata dal Consigliere Luigi Marini;
– Udito il Pubblico Ministero nella persona del Cons. LETTIERI Nicola, che ha concluso per l’annullamento con rinvio della sentenza limitatamente al capo B). Rigetto nel resto.
– Udito il Difensore, Avv. Ca. Gi. , che ha concluso per l’accoglimento del ricorso con annullamento anche del capo A).
RILEVA
Il Tribunale ha ritenuto il reato integrato dalla costruzione abusiva di un’arca con base in cemento destinata a servizi e dal posizionamento di una casa mobile su un’area soggetta a vincolo paesaggistico, di proprieta’ del figlio ma in uso all’imputata.
La Corte di Appello nel confermare tale decisione ha considerato la struttura abitativa stabilmente posizionata sul terreno e, dunque, priva del carattere di precarieta’, con conseguente alterazione dell’assetto paesaggistico, e ha escluso che la rimozione delle opere a seguito di ingiunzione dell’ente territoriale integri la causa di non punibilita’ prevista dal
Decreto Legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, articolo 181, comma 1-quinquies.
Avverso la sentenza della Corte di Appello la Sig.ra Ar. propone ricorso lamentando errata applicazione di legge e vizio di motivazione ex articolo 606 c.p.p., lettera b) ed e) in relazione alla mancata assoluzione per il reato ambientale, avendo la ricorrente provveduto a rimuovere la struttura prima che l’ente pubblico vi provvedesse d’autorita’. La ricorrente lamenta, poi, l’eccessivita’ della pena.
OSSERVA
Osserva preliminarmente la Corte che deve considerarsi manifestamente infondata la questione posta in sede di discussione con riferimento al capo A) della rubrica, sia perche’ si e’ in presenza di questione non avanzata nell’ambito dei motivi di appello sia perche’ si tratta di tema su cui la costante giurisprudenza di questa Corte esclude che la demolizione delle opere successivamente all’accertamento produca effetti estintivi sul reato urbanistico (per tutte. Terza Sezione Penale, sentenza n. 17535 del 2010, rv 247167).
Venendo all’esame del motivo concernente il capo B), la giurisprudenza e’ costante nell’affermare che la disposizione dell’
articolo 181, comma 1-quinquies, citato, nella parte in cui prevede l’estinzione del reato ambientale, opera esclusivamente nell’ipotesi che la persona responsabile della violazione abbia spontaneamente rimosso le opere abusive, con cio’ intendendosi che la rimozione deve avere luogo prima che l’ente competente intervenga mediante ordine di demolizione o di rimessione in pristino (per tutte, Terza Sezione Penale, sentenza n. 3064 del 2007, rv 238628). Va, dunque, rigettata perche’ manifestamente infondata l’interpretazione proposta dalla ricorrente, secondo cui sarebbe sufficiente per il privato dare esecuzione all’ingiunzione dell’autorita’ ed evitare in tal modo l’esecuzione coatta da parte dell’ente pubblico: l’esecuzione dell’ordine dell’autorita’ rappresenta un atto dovuto e non assume rilievo al fine di escludere la punibilita’ della violazione commessa.
Sulla base delle considerazioni fin qui svolte il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con conseguente onere per la ricorrente, ai sensi dell’articolo 616 c.p.p., di sostenere le spese del procedimento.
Tenuto, poi, conto della sentenza della Corte costituzionale in data del 13 giugno 2000, n. 186, e considerato che non vi e’ ragione di ritenere che il ricorso sia stato presentato senza “versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilita’”, si dispone che la ricorrente versi la somma, determinata in via equitativa, di euro 1.000,00 in favore della cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio, nonche’ al versamento della somma di euro 1.000,00 alla cassa delle ammende.